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Ricerche spiegano perché non è vero che mangiare troppe uova fa male

Ancora molti tra medici, dietisti e nutrizionisti continuano a ripetere come un mantra che non bisogna consumare più di due uova a settimana. Tuttavia, sono ormai numerosi gli studi che dimostrano che le uova non costituiscono un rischio cardiovascolare e anzi potrebbero addirittura essere un fattore di protezione, considerando il loro valore nutritivo e la ricchezza di sostanze protettive. Insomma, il precetto “massimo due uova a settimana” è un mito che andrebbe abbandonato. Semmai si può discutere sul metodo di cottura o sul fatto che in molti prodotti commerciali viene usato l'uovo in polvere, altamente ossidato, questo sì che è pericoloso per le arterie. Un recente studio, estrapolato dal più ampio progetto europeo HELENA che ha coinvolto nove Paesi, ha dimostrato che consumare molte più uova delle solite due a settimana non si traduce in aumento della colesterolemia, né in un aumento del rischio cardiovascolare negli adolescenti, indipendentemente dal loro livello di attività fisica.

La conclusione di questo studio pubblicato sulla rivista Nutrición Hospitalaria conferma quanto già scoperto da precedenti esperimenti condotti su adulti sani, cioè che anche sette (si avete letto bene, 7!) uova a settimana non aumentano per nulla il rischio cardiovascolare. Le uova sono un alimento straordinario: migliore fonte proteica, ferro, vitamine del gruppo B, vitamina A, E e molto altro. Personalmente, consiglio sempre di consumare SOLO uova di origine biologica o di galline libere. Rifiutate tutto il resto e soprattutto non fatevi ingannare dalla dicitura “allevate a terra” (vedi questo mio articolo). Le uova di galline libere sono molto più nutrienti e ricche di vitamine e antiossidanti di quelle di galline tenute nei campi di concentramento delle grandi aziende produttrici di uova. Poi, occhio alla cottura: alte temperature, come nella preparazione di certe frittate, distruggono omega-3 e altre vitamine e sprigionano sostanze tossiche e ossidanti.

Fonte: Dr. Francesco Perugini Billi