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Integrazione di coenzima Q10 fondamentale per pazienti a rischio infarto, ecco perché

Un integratore contenente l'antiossidante coenzima Q10 (CoQ10), in aggiunta alle terapie convenzionali, ha migliorato gli outcome nei pazienti con scompenso cardiaco cronico moderato-grave in un piccolo studio randomizzato e controllato con placebo, chiamato Q-SYMBIO, presentato durante l’Heart Failure Congress, conclusosi da poco a Lisbona. I pazienti trattati con l’integratore a base di CoQ10 hanno mostrato un tasso di eventi avversi cardiovascolari maggiori a 2 anni significativamente inferiore rispetto a quello dei pazienti che non l’avevano preso: 14% contro 25%. Inoltre, nel gruppo assegnato al trattamento con l’integratore, si è osservata una riduzione significativa sia della mortalità complessiva sia di quella cardiovascolare, nonché un trend non significativo verso una minore incidenza di eventi avversi (P = 0,073). Secondo il primo autore dello studio, Svend Aage Mortensen, dell’Università di Copenhagen, i comitati incaricati di produrre linee guida potrebbero pensare di inserire informazioni sul CoQ10 quale opzione da utilizzare in aggiunta alle altre terapie per lo scompenso cardiaco.

Tuttavia, Aldo Maggioni, membro della task force che ha redatto le ultime linee guida sullo scompenso cardiaco della European Society of Cardiology, non è esattamente dello stesso avviso e ha detto che i risultati non sono tali da far cambiare la pratica clinica, per via del numero di pazienti troppo basso (420) e del basso numero di eventi avversi cardiovascolari maggiori (84) verificatosi durane il trial. L’esperto italiano ha detto che se nel prossimo futuro non si avranno altri dati in questa direzione, le nuove linee guida aggiornate probabilmente citeranno i risultati dello studio Q-SYMBIO - che Maggioni ha definito interessante e incoraggiante - senza però fare una raccomandazione specifica sull’aggiunta del CoQ10 alla terapia convenzionale anti-scompenso. "Sarebbe davvero molto utile poter utilizzare un integratore alimentare - un prodotto naturale – privo di effetti collaterali, visto che i pazienti con scompenso cardiaco devono prendere un sacco di medicine" ha detto Maggioni, sottolineando l’importanza di avere a disposizione un prodotto naturale, senza effetti collaterali e senza interazioni con gli altri farmaci. Tuttavia, il cardiologo ha aggiunto di ritenere necessario un vero e proprio studio clinico su larga scala per confermare quest’ipotesi. Il CoQ10 è prodotto naturalmente dall’organismo ed è coinvolto nella produzione di energia.

È stato descritto per la prima volta nel 1950 e ora è venduto come integratore tra i prodotti da banco. Alcuni studi hanno mostrato livelli ridotti di CoQ10 nei campioni di biopsia cardiaca di pazienti con scompenso cardiaco grave e la presenza di una correlazione tra livelli plasmatici bassi del coenzima e aumento della mortalità nello scompenso cardiaco. Studi più piccoli hanno poi evidenziato alcuni benefici dell’assunzione di CoQ10 nei pazienti con scompenso cardiaco, ma nessuno di questi lavori aveva una potenza statistica sufficiente per dimostrare un effetto sulla sopravvivenza. Lo studio Q-SYMBIO è stato progettato specificamente per fornire nuove informazioni su tale questione. Al trial hanno preso parte 17 centri (situati in Australia, Austria, Danimarca, Ungheria, India, Malesia, Polonia, Slovacchia e Svezia) che hanno arruolato in totale 420 pazienti con scompenso cardiaco cronico in classe NYHA III o IV. La maggior parte aveva una frazione di eiezione ridotta (in media 31%) e l'età media era di 62,3 anni. I partecipanti sono stati  assegnati al trattamento con il CoQ10 alla dose di 100 mg tre volte al giorno o placebo, in aggiunta alla normale terapia per lo scompenso cardiaco. L'endpoint primario di lungo periodo era rappresentato dagli eventi avversi cardiovascolari maggiori (definiti in questo studio come l’insieme dei ricoveri non pianificati a causa di un peggioramento dello scompenso, i decessi per cause cardiovascolari, i trapianti cardiaci urgenti e gli impianti di supporto meccanico) a 2 anni, ma è stata fatta anche una valutazione a breve termine a 3 mesi.

Dopo 12 settimane di trattamento, la percentuale di pazienti che hanno avuto miglioramenti della classe NYHA è risultata simile nei due gruppi: 44% nel gruppo trattato con CoQ10 contro 39% nel gruppo placebo. Dopo 2 anni, tuttavia, la percentuale di pazienti migliorati è stata maggiore nel gruppo di CoQ10: 58% contro 45% (P = 0,047). Mortensen ha riferito che alcuni sono migliorati notevolmente, passando dalla classe IV alla classe I. Oltre alla riduzione dell’incidenza dell’endpoint primario, nel gruppo in trattamento attivo si sono osservate riduzioni significative della mortalità complessiva (9% contro 17%; P = 0,03) e di quella cardiovascolare (8% contro 15%; P = 0,02). Inoltre, i vantaggi del coenzima rispetto al placebo si sono mantenuti nei vari sottogruppi. Anche se il CoQ10 è disponibile come prodotto da banco, Mortensen ha detto che i pazienti non devono iniziare a prenderlo di loro iniziativa,  senza parlarne prima con il proprio medico, anche se non vi è alcuna evidenza di interazioni con i farmaci utilizzati per la cura dello scompenso cardiaco. Su questo punto si è trovato d’accordo anche Maggioni, il quale ha convenuto che i rischi di eventi avversi o di interazioni farmacologiche associati al CoQ10 sono molto bassi. "Non raccomando ai miei pazienti di comprare e prendere questo tipo di integratore, ma non sono preoccupato dal fatto che possano essere colpiti dai risultati e vogliano provare questo tipo approccio" che il cardiologo ha definito “sicuramente sicuro”.

Fonte: Pharma Star