La chiarificazione del burro è un processo antico di oltre cinquemila anni ed è conosciuto in tutto il mondo. La rivalutazione di questo prodotto è essenziale per una dieta sana ed equilibrata. Ne parla l’esperto Il burro chiarificato possiede numerose proprietà, non solo culinarie, ma anche per la salute e il benessere. Foto: su licenza Creative Commons/Rainer Zenz Siamo ciò che mangiamo, si usa dire. Ma, ancora di più, siamo sani in base a ciò che mangiamo. Eh sì, perché un buon cibo viene considerato un mezzo di prevenzione per eccellenza. Per rifarci alle parole di Ippocrate, il padre della medicina, possiamo dire: «Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo». Tra gli alimenti più in voga del momento, non possiamo non citare il burro chiarificato. Che, anche se apparentemente si veste di moderno è in realtà un metodo molto antico di purificare il burro. Tra questi il più famoso è il cosiddetto “ghee” indiano, la cui preparazione è completamente differente dal burro chiarificato in versione occidentale. Vera e propria medicina Fin dall’antichità il burro chiarificato è stato considerato non solo un condimento o un componente fondamentale per i riti religiosi, ma una vera e propria medicina. Nei paesi orientali si dice che più è vecchio, più è in grado di curare malattie anche importanti. Viene considerato il ringiovanimento per eccellenza. Ma è ottimo per migliorare la digestione e l’assimilazione del cibo che ingeriamo. Non a caso, viene anche sfruttato come veicolo per l’assunzione di rimedi naturali. Ottimo nei soggetti anziani, in convalescenza e nei casi di deperimento organico. Ma i suoi benefici non finiscono qui. Viene prescritto, infatti, nei disturbi dell’infertilità, nei problemi mentali-emozionali e del sistema nervoso. In India si dice che è un potente Rasayana (che promuove la longevità) in grado di agire sul midollo e il tessuto nervoso. Eccellente dunque anche per gli studenti, per favorire l’apprendimento, la concentrazione e la memoria. Nonostante sia un grasso, secondo alcuni autori, è il migliore che si possa usare per rafforzare il fegato. Aiuta a disintossicare l’organismo e a migliorare il nutrimento del sangue. Per uso esterno si usa per guarire le ferite (meglio se insieme alla curcuma), per le infiammazioni, i problemi alle articolazioni e il benessere della vista. In India si chiama ghrta ma si può anche dire usli ghee o, più semplicemente, ghee (si legge ghi). In alcuni testi indiani si legge: “Shastham dhismrutimedhagnibalau shukrachakshusham”, ciò significa che può essere adoperato in oltre cento modi se lo si usa correttamente. Esiste anche una variante chiamata Shata Dhout Ghrta – ovvero il ghee lavato 100 volte – si tratta di un antico procedimento di emulsionamento con acqua che rende il prodotto sofficissimo, utilizzato come vero e proprio cosmetico anti età. Cosa accade a livello chimico? Il burro chiarificato diviene totalmente differente dal burro di uso comune. Ecco perché è così importante per la salute e la cucina. In due parole, si tratta di un grasso puro, per cui a differenza del burro normale sono state eliminate due componenti importanti: la caseina e l’acqua. In termini di conservazione ci sono molte differenze: il prodotto tradizionale non si può conservare a lungo, mentre quello chiarificato con metodi antichi sì. Il motivo è semplice: il burro contiene acqua; anzi, minuscole goccioline d’acqua che per ovvi motivi sono a rischio di attacchi batterici. Ma come è possibile trasformare un panetto solido di burro da conservare necessariamente al fresco, in un prodotto morbidissimo che si conserva anche a temperatura ambiente? «Il burro è un’emulsione di acqua (circa il 15%) in grasso (circa l’82%) – spiega l’ormai famoso chimico Dario Bressanini – Quando scaldiamo il burro a 100°C, l’acqua contenuta comincia a bollire e osserviamo la caratteristica “schiuma”. Quando l’acqua è evaporata completamente, la temperatura può ricominciare a salire, tuttavia tra i 120°C e i 140°C la caseina ancora presente comincia a brunirsi, e non è possibile raggiungere temperature superiori senza far annerire e bruciare tutto». Per ovviare al problema, esiste solo un metodo: chiarificare il burro. Chiarificarlo significa «liberarlo sia dell’acqua che della caseina e tenere solo i grassi. In questo modo i grassi del burro possono raggiungere le temperature ottimali per friggere la vostra cotoletta senza correre il rischio di bruciare», continua Bressanini. Il classico panetto che tutti conosciamo contiene, oltre ai grassi, anche acqua e proteine del latte che bruciano a temperature relativamente basse con un punto di fumo compreso fra i 120°C e i 130°C, mentre il burro chiarificato può arrivare fino 190°C - 200°C. La preparazione del burro chiarificato “Occidentale” Come accennato in precedenza, è un po’ differente la procedura di preparazione del nostro burro chiarificato con quello tipico orientale. Dario Bressanini ci consiglia, qualunque metodo si scelga, di ricordare alcune caratteristiche importanti: «Prima di cominciare ricordiamo le temperature critiche fondamentali: il burro fonde completamente a 40°C; l’acqua bolle a 100°C; la caseina si dora velocemente a 120°C; brucia a 140-150°C; il grasso bolle attorno ai 180°C». Una volta tenute a mente queste cose, la procedura per chiarificare in maniera casalinga il burro è abbastanza semplice. Si scioglie il burro in un pentolino o nel forno, usando un pentolino a fondo spesso. Attendiamo che la temperatura salga a quella di ebollizione dell’acqua. «Anche se il burro raggiunge l’ebollizione per breve tempo non succede nulla di irreparabile: siamo a 100°C e la caseina ancora non si degrada. E non temete di degradare il burro, perché la temperatura di ebollizione del grasso è molto superiore», spiega Bressanini. A questa temperatura vedrete formarsi della schiuma in superficie. Si tratta di proteine “ingabbiate” da bolle di aria. «Il metodo tradizionale suggerisce di schiumarle via. Io preferisco agitare un poco la superficie per rompere le bollicine d’aria e far precipitare sul fondo la maggior parte della caseina, in questo modo non rischio di buttare del grasso con la schiumatura», consiglia Bressanini. Al termine della cottura, e dopo un raffreddamento, potrete vedere come la caseina sia precipitata al fondo. «Tradizionalmente il burro chiarificato si conservava in un recipiente di vetro, non avendo a disposizione un modo per raffreddare e riformare un panetto. Io preferisco invece riottenere un panetto di burro. […] Aspettate che si sia raffreddato a sufficienza, tenendo presente che il burro fino a 40°C sarà ancora completamente fuso. A questo punto potete trasferirlo in un bicchiere di plastica. Copritelo con della pellicola e raffreddatelo in frigorifero o in freezer». La scelta tra freezer e frigo comporta alcune differenze sull’esito finale. In freezer si raffredda più velocemente, per cui formerà dei cristalli rendendo il burro più duro. In frigo si ottiene un burro trasudante di liquido. Una volta terminato il raffreddamento di un paio d’ore si può togliere totalmente la caseina e conservare il burro chiarificato in frigo. E se volessimo preparare il ghee? La preparazione del ghee è anch’essa molto semplice da riprodurre in casa. La differenza sostanziale è che la caseina, secondo Bressanini, si separa dopo aver reagito con gli zuccheri in quella che viene definita reazione di Maillard. Questo conferisce al prodotto finale un aroma molto più intenso. Quando si prepara il ghee, si fa evaporare tutta l’acqua attraverso una cottura a bagnomaria. Al termine dell’evaporazione, quindi attorno ai 120°C, la caseina – spiega Bressanini – si deposita sul fondo e inizia a cambiare colore. «In alcune zone dell’India la caseina viene fatta brunire molto più a lungo, fino ad arrivare ai 140°C. Durante il riscaldamento si producono anche delle sostanze antiossidanti che aiutano a preservare il Ghee per molti mesi a temperatura ambiente». Al termine, il burro viene filtrato e fatto raffreddare, e si conserva per mesi; anzi anni, fuori dal frigo. Su yotube si possono vedere alcune applicazioni pratiche del ghee: Il risultato Cosa ha di tanto speciale il ghee? È un burro nobile, ma soprattutto purissimo, non contenendo più né proteine né acqua. Contiene circa il 60% di grassi saturi, la maggior parte di questi a catena corta. Si tratta, cioè, di grassi che il corpo non immagazzina ma che usa quotidianamente. Vi sono anche, in proporzioni relativamente elevate, acidi grassi insaturi (mediamente il 25-30%) e, in minima parte, polinsaturi (4%). La quantità di colesterolo è davvero minima: 8 mg per cucchiaino di ghee. Un cucchiaio di burro chiarificato possiede circa 300 calorie. E l’industria? L’industria utilizza un metodo completamente diverso da quello casalingo: lo fonde a vapore alla temperatura di fusione tipica del burro (mediamente 45 gradi Centigradi), dopo di che esegue una centrifugazione per eliminare proteine, lattosio e acqua. Infine, viene scaldato a 100°C per eliminare ancora gli ultimi residui di acqua e umidità. Paese che vai, burro che trovi Il burro chiarificato è uno dei pochi alimenti condivisi dal resto del mondo. In Inghilterra, per esempio, lo usano soprattutto per cucinare crostacei e carni nelle cotture a fuoco lentissimo. La Germania, invece, lo chiama Butterschmalz – letteralmente burro strutto. Mentre per gli americani è immancabile nei frutti di mare cucinati al vapore e conditi con la salsina Drawn Butter. In Uganda la salsa con il burro chiarificato si chiama Eshabwe e si tratta di un prodotto a cui viene aggiunta acqua salata fino a far diventare il prodotto bianco. Sostanzialmente si esegue un’operazione inversa – ovvero dopo aver prodotto il burro chiarificato lo si riconverte in una sorta di burro. In Brasile prende il nome di Manteiga Clarificada, ma la vera patria di questo eccezionale prodotto è l’Oriente. In Pakistan, India e Bangladesh, infatti, è usato alla stregua del nostro olio di oliva. Ottimo soprattutto insieme ai legumi, nelle fritture, col pane non lievitato e nella preparazione del pollo pakistano Karahi. In Medioriente si chiama Samnah, in Etiopia Nit’r k’ibe; in Marocco si dice Smen e viene preparato insieme a decotti di erbe o spezie. Infine, viene sepolto sotto terra per anni prima dell’uso. In Libano il burro viene cotto fino a che il grasso della padella “diviene trasparente quanto una lacrima” (dam’at el-eyn). Nel Maghreb è usanza sotterrare vasetti di burro chiarificato per anni e recuperarli solo dopo le nozze della figlia che li userà al banchetto del suo matrimonio. Alcune popolazioni fin dall’antichità lo usano come cosmetico per pelle e capelli. Per questi ultimi, aggiungono dell’ocra rossa a fini decorativi. Che dire, invece, dell’Italia? La medicina popolare lo chiamava ONT e, alla stregua del ghee, si conservava in contenitori di terracotta. Infine, un ultima – buona – notizia per chi soffre di intolleranze alimentari: «Il burro chiarificato dovrebbe essere privo di lattosio, oltre che di caseina: quindi, se avete problemi di intolleranza al lattosio, presente nel burro normale, potete consumare quello chiarificato», conclude Bressanini. Chi è Dario Bressanini Chimico, ricercatore presso il dipartimento di Scienze chimiche e ambientali dell’Università degli studi dell’Insubria a Como, inizia la sua attività di divulgazione scientifica partecipando alla prima edizione di Cosmo, siamo tutti una rete, trasmissione scientifica di Rai3 andata in onda il 4 settembre 2010. Collabora poi con la RSI - Radiotelevisione Svizzera Italiana e in radio è ospite ricorrente della trasmissioni Moebius e Il Gastronauta di Radio24. Fonte: La Stampa