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I semi di lino abbassano la pressione, ricerche lo dimostrano

Dal lino potrebbe arrivare un nuovo valido aiuto per tutte le persone che soffrono di pressione alta. Un consumo quotidiano dei semi di lino, infatti, sarebbe associato a una riduzione dell'ipertensione, stando a quanto afferma uno studio appena pubblicato sulla rivista di settore Hypertension. Grant Pierce, coordinatore dello studio e direttore del Canadian Centre for Agri-food Research in Health and Medicine dell'University of Manitoba di Winnipeg, in Canada, spiega: “finora i semi di lino, coltivati fin dall’epoca preistorica per ricavarne tessuti e già noti anche allo stesso Ippocrate per le loro virtù curative, non erano mai stati studiati per l’effetto antipertensivo, e questa è la prima dimostrazione di un effetto cardiovascolari in una popolazione di ipertesi”.

Studi precedenti avevano fatto emergere degli effetti sul sistema cardiovascolare prodotti dai semi di lino, senza erò spingersi oltre. Ci hanno pensato i ricercatori canadesi, che hanno deciso di realizzare un trial clinico randomizzato e controllato denominato Flaxplad (FLAX effects in Peripheral Arterial Disease – Effetti dei semi di lino sulla malattia arteriosa periferica). Un gruppo di 110 persone ha partecipato allo studio. I soggetti erano affetti da arteriopatia periferica e sono stati assegnati in maniera casuale a un regime alimentare che prevedeva o meno l'assunzione dissimulata di semi di lino per un periodo di 6 mesi. Al termine della sperimentazione sia la pressione sistolica che quella diastolica sono risultate più basse, rispettivamente di 10 e 7 mm/Hg, in quei pazienti che avevano assunto i semi di lino. “L’effetto antipertensivo è stato raggiunto solo nei pazienti ipertesi, con un'azione tra le più potenti osservate con la sola dieta, paragonabile a quella di molti farmaci”, precisa Pierce. “È presto per sostituire i farmaci con i semi, ma se studi futuri confermeranno i dati, il lino potrebbe diventare un modo nuovo ed economico di abbassare la pressione”, conclude il ricercatore canadese.

Fonte: Italia Salute