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Coronavirus o influenza stagionale? È questa la simil influenza che sta interessando l'intera popolazione. Secondo quanto riportato nel Manuale MSD, il Coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave viene trasmesso da persona a persona tramite stretto contatto personale. Si pensa che sia trasmesso più facilmente dalle goccioline respiratorie emesse quando una persona infetta tossisce o starnutisce. La diagnosi della sindrome respiratoria acuta grave viene fatta clinicamente e il trattamento è di supporto.
Il coordinamento di pratiche per un controllo rapido e rigido delle infezioni ha aiutato a controllare rapidamente l'epidemia che scoppiò nel 2002. Sebbene non siano stati segnalati nuovi casi dal 2004, non deve essere considerata debellata perché il virus causale ha una riserva animale dalla quale potrebbe teoricamente riemergere.

La prima lampante differenza tra l’influenza e il coronavirus è che la prima ha un vaccino e il secondo no. Perché «l’influenza è conosciuta da cento anni, il coronavirus da due mesi quindi parzialmente», spiega il virologo Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia anti-infettiva (Sita). «E in Italia il coronavirus è presente da almeno quattro settimane». La conseguenza più ovvia è che gli scienziati come lui, in questi giorni, leggono - perché hanno gli strumenti - i dati di Wuhan, epicentro della malattia in Cina, per capire le caratteristiche del Covid-19.

La principale differenza

La principale differenza con l’influenza è che quando siamo di fronte al Coronavirus le difficoltà respiratorie si manifestano «subito, nei primi giorni». Rispetto all’influenza il coronavirus, spiega Bassetti, provoca più facilmente complicanze a carico del sistema respiratorio come «polmoniti gravi e polmoniti interstiziali». Sempre Wuhan dà le prime risposte: «il numero di vittime lì sta progressivamente dimunuendo - continua il virologo - perché i medici stanno imparando a conoscere meglio il virus, stanno imparando come devono ventilare i pazienti» per superare la crisi respiratoria.

Il momento del contagio

In base alle informazioni finora disponibili, l’influenza e il coronavirus hanno un’altra cosa in comune: «entrambi i virus possono essere trasmessi anche in fase pre-sintomatica» spiega Bassetti, cioè nel periodo di incubazione del virus quando non si sono ancora manifestati i sintomi. Le vie di trasmissione sono note: il contatto stretto con una persona malata, si legge nelle FAQ del Ministero della Salute. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette trasmesse con saliva, tosse, starnuti, e contatti diretti personali: in primis le mani non lavate che poi toccano bocca, naso e occhi. In rari casi il contagio può avvenire attraverso contaminazione delle feci. Quello che ancora non sappiamo è se il coronavirus, come l’influenza, perderà aggressività con il caldo e le temperature elevate. Su questo non vi è certezza, spiega Bassetti, e non ve ne può essere visto che il virus circola, o almeno è stato tracciato, da pochi mesi. Non è detto insomma che il coronavirus, come l’influenza, sia stagionale.

Quando chiedere il tampone

Si legge nelle FAQ del ministero che i sintomi di influenza e coronavirus sono simili: «le persone con il virus Covid19, l'influenza o il raffreddore, tipicamente sviluppano sintomi respiratori come febbre, tosse e naso che cola». Abbiamo appena superato il picco dell’influenza stagionale, in questi giorni di forte preoccupazione chi ha mal di gola, raffreddore o sintomi influenzali deve richiedere il tampone per coronavirus? «No - risponde Bassetti - se non si è stati a contatto con uno dei due focolai dell’epidemia in Italia (nel Lodigiano e nel Padovano ndr), al momento non ha senso fare il tampone». Allo stesso modo, spiega Bassetti, se un medico ha un paziente con polmonite da pneumococco, non farà il tampone per coronavirus perché sa già qual è la causa. Nel caso di sospetto coronavirus, inoltre, è necessario effettuare esami di laboratorio con il tampone per confermare la diagnosi.

Più controlli non vuol dire più diffusione

Una differenza tra il numero di contagiati da influenza e quello da coronavirus non si può fare, non solo perché nel primo caso chi vuole si può vaccinare e nel secondo no, non solo perché il coronavirus è presente nel nostro Paese «da circa quattro settimane» stima Bassetti e l’altro è ben conosciuto ma anche perché «In Italia in questo momento siamo più proattivi, abbiamo cambiato i metodi di rilevamento e stiamo cercando il coronavirus, stiamo facendo migliaia di tamponi e quindi il numero di contagiati sta salendo: non sono sicuro che i colleghi francesi o tedeschi, ad esempio in Baviera c’è stato un cluster di coronavirus, abbiano fatto la stessa cosa» osserva Bassetti.

Soggetti più a rischio

Come l’influenza anche il coronavirus può colpire in modo più grave le stesse categorie di soggetti vulnerabili: «persone con malattie croniche, gli anziani, gli immunodepressi, i cardiopatici, i diabetici. Ma nell’85% dei casi la malattia colpisce in maniera blanda, chiarisce Bassetti, solo un 10% dei casi è grave» ma se si interviene in modo tempestivo ci sono buone possibilità di guarigione. Al coronavirus dobbiamo abituarci proprio come all’influenza, in un certo senso entrerà nella nostra quotidianità. Si parla di mesi non di settimane, nella speranza che arrivi presto un vaccino. «Il coronavirus sarà inserito nel work-up diagnostico delle polmoniti», spiega Bassetti «cioè quando un medico avrà davanti una persona con la polmonite, farà anche il controllo per coronavirus».

Differenza tra letalità e mortalità

Spesso in questi giorni nei dibattiti, si fa molta confusione tra tasso di letalità e tasso di mortalità. Il dottor Bassetti spiega bene la differenza: «Il tasso di letalità è il rapporto tra numero di infettati e morti, il tasso di mortalità riguarda l’intera popolazione quindi anche i non contagiati». L’indice di letalità fuori dalla Cina è tra lo 0,4 e 0,8 per cento, calcola Bassetti.

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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