Non solo per le ossa. Tra le altre peculiarità quella di dimezzare il rischio di cancro al colon retto. Altra scoperta importante, tra le notevoli proprietà della vitamina D anche un valido supporto nella lotta contro il tumore. È la recente scoperta di un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Harvard che incrociando i dati sull’assunzione di vitamina D, sviluppo di polipi intestinali e cancro al colon retto in 95mila donne ha dimostrato che l’assunzione di circa 300 UI al giorno di vitamina D è in grado abbattere di circa il 50% il rischio di sviluppare il cancro intestinale. Una riduzione significativa associata al consumo di vitamina D che diminuisce notevolmente le possibilità di sviluppare questa malattia soprattutto nelle persone con meno di 50 anni. Secondo il nuovo studio, nessun miracolo, ma solo un quantitativo giornaliero pari almeno a 7,5 milligrammi. Già in passato altre indadini di laboratorio avevano trovato un legame tra la patogenesi del diffuso cancro intestinale, uno dei principali “big killer” in Italia e nel mondo e la vitamina D, tuttavia, questa è la prima ricerca a trovare un'associazione così rilevante tra il rischio di sviluppare la neoplasia e l'assunzione della vitamina, in particolar modo da fonti alimentari.
Tutte le proprietà benefiche della VITAMINA D per stare bene
A condurre il nuovo studio un team di ricerca internazionale guidata da scienziati della prestigiosa Scuola di Salute Pubblica “T.H. Chan” dell'Università di Harvard in collaborazione con i colleghi del Dana-Faber Cancer Institute, del Dipartimento di Chirurgia dell'Università di Washington, della Clinical and Translational Epidemiology Unit del Massachusetts General Hospital, dello Yale Cancer Center e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Edward L. Giovannucci, docente presso il Dipartimento di Epidemiologia dell'ateneo di Boston, sono giunti a queste conclusioni dopo aver messo a confronto il consumo di vitamina D, l'emersione di polipi precancerosi e del cancro al colon-retto in circa 95mila donne, con un'età compresa tra i 25 e i 42 anni. Durante il periodo oggetto dell’indagine ovvero, tra il 1991 e il 2015 l’équipe di ricercatori ha registrato 111 casi di cancro del colon-retto (tutti sotto i 50 anni) e 3.317 polipi del colon-retto (precursori della malattia maligna). Dallo studio è emerso che le donne che assumevano un maggiore quantitativo di vitamina D avevano un rischio sensibilmente ridotto di polipi e cancro al colon retto. L'assunzione totale di vitamina D è stata calcolata aggiungendo l'assunzione di vitamina D nella dieta e l'assunzione supplementare di vitamina D da integratori e multivitaminici specifici della vitamina D.
La vitamina D ha un'attività nota contro il cancro del colon-retto in studi di laboratorio. Poiché la carenza di vitamina D è aumentata costantemente negli ultimi anni, ci siamo chiesti se ciò potesse contribuire all'aumento dei tassi di cancro del colon-retto nei giovani individui - spiega in un comunicato stampa la professoressa Kimmie Ng, direttrice dello Young-Onset Colorectal Cancer Center del Dana-Farber Institute. - Abbiamo scoperto che l'assunzione totale di vitamina D di 300 UI al giorno o più, approssimativamente equivalente a tre bicchieri di latte, era associata a un rischio inferiore di circa il 50 percento di sviluppare il cancro del colon-retto a esordio giovanile. I nostri risultati supportano ulteriormente che la vitamina D può essere importante nei giovani adulti per la salute e possibilmente nella prevenzione del cancro del colon-retto.
Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici
L'incidenza del cancro del colon-retto tra gli adulti di età inferiore ai 50 anni è in aumento. Poiché l'eziologia del cancro del colon-retto ad esordio precoce rimane in gran parte sconosciuta, stabilire i suoi fattori di rischio è essenziale per guidare la prevenzione. Quindi, garantire un'adeguata assunzione di vitamina D potrebbe essere raccomandato come strategia per la potenziale prevenzione del cancro del colon-retto, soprattutto per i giovani adulti. Difati, si prevede che entro il 2030, quasi l'11% dei tumori del colon e il 23% dei tumori del retto si verificheranno tra gli adulti di età inferiore ai 50 anni. Rispetto al CRC diagnosticato dopo i 50 anni, il CRC a esordio precoce (definito come CRC diagnosticato prima dei 50 anni) viene tipicamente diagnosticato in uno stadio più avanzato, probabilmente a causa di ritardi nella diagnosi e un comportamento potenzialmente più aggressivo relativo alle diverse caratteristiche clinicopatologiche. Poiché una parte sostanziale dei pazienti con CRC ad esordio precoce non ha una storia familiare di CRC o sindrome ereditaria si ipotizza che i recenti cambiamenti nei fattori dello stile di vita e nei modelli dietetici scorretti contribuiscano alla crescente incidenza di CRC ad esordio precoce. Recentemente, i ricercatori hanno riscontrato anche un'associazione significativa con i comportamenti sedentari.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Fondamentale per rafforzare il sistema immunitario ed evitare sintomi di stanchezza o debolezza muscolare c’è la vitamina D. Aiuta a mantenere livelli ottimali di calcio nel sangue, fa bene ai reni e al sistema cardiovascolare. Il consiglio, soprattutto per affrontare l'autonno e preparsi all'arrivo mesi invernali, è quello di aumentare l’assunzione di alimenti che ne contengono grandi quantità come pesci grassi: salmone, acciughe e sgombro, ma anche uova, fegato e funghi.
La vitamina D, che sappiamo essere contenuta in pochi alimenti come latte, formaggi, tuorlo d’uovo, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (come sgombro, sardina, salmone) – spiega la nutrizionista nell’intervista alla Gazzetta Act!ve -, ma la abbiamo soprattutto esponendoci al sole, oppure attraverso integrazioni. Un livello di vitamina D basso porta anche ad una maggiore predisposizione ad alcune patologie come la dermatite atopica o il morbo di Crohn: alti livelli di vitamina D riducono le recidive e tengono sottotono la parte acuta di queste patologie. Questo nutriente è, infatti, indispensabile per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Inoltre favorisce la prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative oltre al metabolismo del calcio. La vitamina D è quasi sempre insufficiente e spesso va integrata separatamente. Proprio per questo può essere assunta come alimento solo in minima parte, il resto è prodotto grazie all’esposizione alla radiazione solare, in particolare ai raggi UVB. Quindi, non dimentichiamo di stare al sole il più possibile per fare il pieno di questa preziosa vitamina.
Sintomi e cause di un’ipovitaminosi D, come riconoscerla.
La vitamina D in sé quando è carente non dà segnali evidenti. Ma dal momento che la sua azione principale è l’assorbimento del calcio, in caso di carenze gravi si possono avere i sintomi tipici di una ipocalcemia, come formicolii e parestesie alle mani e ai piedi. Anche una propensione alle fratture può essere un segnale in questo senso, come pure l’astenia, la debolezza muscolare e la conseguente facilità alle cadute, poiché la vitamina D ha funzioni extrascheletriche, sul muscolo». «Con un semplice esame del sangue che misuri i livelli di calcifediolo o 25 idrossivitamina D. Livelli inferiori ai 20 nanogrammi per millilitro indicano una carenza di vitamina D». «Le cause possono essere molteplici, ma quella principale è, appunto, la ridotta esposizione al sole. La gran parte della vitamina D che serve all’organismo viene prodotta dalla pelle sotto forma di vitamina D3 o colecalciferolo (la forma inattiva della vitamina D), in risposta alle radiazioni solari. Come abbiamo visto parlando del possibile legame tra deficit di vitamina D e Covid, lo stile di vita attuale, che ci vede sempre più in luoghi chiusi, è un fattore di rischio in questo senso. Per questo il consumo di cibi addizionati di vitamina D può essere risolutivo, soprattutto a livello di popolazione generale, come sanno i Paesi del Nord Europa, in cui questa è una consuetudine consolidata e il deficit di vitamina D è meno diffuso che nei Paesi del Mediterraneo.
RIPRODUZIONE RISERVATA LIFE120 © Copyright A.R.
Per approfondimenti:
Gastroenterology "Total Vitamin D Intake and Risks of Early-Onset Colorectal Cancer and Precursors"
Fanpage "La vitamina D può dimezzare il rischio di cancro al colon retto in chi ha meno di 50 anni"
PubMed "Burning mouth syndrome: results of screening tests for vitamin and mineral deficiencies, thyroid hormone, and glucose levels-experience at Mayo Clinic over a decade"
Fanpage "Questo sintomo sulla lingua potrebbe suggerire una carenza di vitamina D"
Manuale MSD "Carenza di vitamina D"
La Repubblica "Glossolandia"
National Institutes of Health "Vitamin D"
The American Journal of Clinical Nutrition "Vitamin D and calcium supplementation reduces cancer risk: results of a randomized trial"
Asco Meeting Library "Clinically sufficient vitamin D levels at breast cancer diagnosis[...]"
Gazzetta Active "Carenza di vitamina D: ecco perché è facile averla. Come diagnosticarla ed evitarla?"
Il Giornale "Come fare il pieno di vitamina D in estate"
Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"
La Repubblica "Un mare di bellezza"
Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"
Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"
Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"
Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"
Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"
Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"
Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
Vanity Fair "Mega-dosi di vitamina C contro il cancro: il nuovo studio"
La Stampa "Le “bombe” di vitamina C potenziano le difese e l’immunoterapia anti-cancro"
Giornale di Sicilia "Tumori, uno studio conferma: Mega dosi di vitamina C endovena aiutano a difendersi"
Di Lei "Uno studio dimostra che la Vitamina C è efficace contro il cancro. Ma solo ad alte dosi"
LEGGI ANCHE: Dolore alla bocca? Tutta colpa della carenza di vitamina D
La vitamina D riduce del 90% il rischio di cancro al seno
Gli sportivi preferiscono la “D”: previene gli infortuni e aumenta le prestazioni
Nuova ricerca: Omega 3, i “grassi buoni” che avvelenano le cellule tumorali
La via del sole: la vitamina-ormone di cui non possiamo fare a meno
Bruciore, intorpidimento e formicolio di lingua e bocca. Sono questi i principali sintomi della sindrome della bocca urente molto frequente tra la popolazione. Una patologia che sembrerebbe correlata a una carenza importante. Difatti, una recente indagine condotta da un team di ricerca della Mayo Clin ha dimostrato, analizzando le analisi di circa 700 pazienti affetti da questo fastidioso disturbo che una delle condizioni più diffuse era proprio l’ipovitaminosi D ovvero, la carenza di vitamina D, un pro-ormone che si sintetizza principalmente attraverso l’esposizione solare, l’integrazione e, seppur in misura minore, con l’alimentazione. Associata soprattutto alle fratture, ma anche alla modulazione del sistema immunitario e all’aumento del rischio di infezioni. Insomma, avere livelli adeguati di vitamina D è sicuramente importante per la salute.
Glossodinia, nota anche con i nomi di sindrome della bocca urente o bruciante è una condizione patologica per la quale si riscontra un dolore intenso, percepita lungo i bordi o sulla punta della lingua, simile a quello provocato da un'ustione, a livello del cavo orale. Una sensazione anomala e spiacevole, dovuta all’azione di un agente che compromette l’integrità somatica o suscitata dallo stato di sofferenza anatomica o funzionale di un organo. Le parti colpite possono essere la lingua, le labbra, gengive, guancia, palato o l'intera bocca. Bersagliate da questa sindrome prevalentemente le donne in un'età compresa tra i 50 ed i 70 anni. La glossodinia può essere dovuta a una glossite o a un’irritazione della lingua causata da denti in cattivo stato o legata a un fattore psicologico. Inoltre, la sua forma “esfoliativa” è caratterizzata da lingua arrossata e dolente e si verifica in alcuni stati carenziali. Insomma, la sindrome della bocca ardente (BMS) è un disturbo le carenze di vitamine o minerali possono avere un ruolo nell’insorgenza di questo fastidio.
Generalmente, la carenza di vitamina D è causata dalla mancata esposizione alla luce solare. Tuttavia, anche alcuni disturbi possono causare la carenza. Tra le cause più comuni, oltre ad alcune malattie anche un’alimentazione poco bilanciata. Infatti, in condizioni di ipovitaminosi D, si manifestano in primis dolori osteo-muscolari, debolezza muscolare e fragilità ossea. Una condizione che non colpisce solo gli anziani poiché anche i neonati sviluppano il rachitismo: il cranio è molle, le ossa crescono in modo anomalo e hanno difficoltà a sedersi e a gattonare. Per scongiurare questi rischi sarebbe buona abitudine fin dalla nascita, somministrare integratori di vitamina D ai neonati. Due forme indispensabili per la buona salute: la vitamina D2, o ergocalciferolo, viene sintetizzata dalle piante e dai precursori del lievito, ed è anche la forma generalmente usata negli integratori ad alto dosaggio; mentre la vitamina D3, o colecalciferolo, è la forma più attiva di vitamina D e si origina nella pelle quando questa viene esposta alla luce diretta del sole. Le fonti alimentari più comuni sono l’olio di fegato di pesce e il pesce grasso. Le vitamine D2 e D3 non sono attive nell’organismo. Entrambe le forme devono essere elaborate (metabolizzate) nel fegato e nei reni in una forma attiva chiamata vitamina D attiva o calcitriolo. Questa forma attiva stimola l’assorbimento di calcio e fosforo nell’intestino. Il calcio e il fosforo, due minerali, vengono assorbiti nelle ossa per renderle resistenti e dense (danno origine a una processo chiamato mineralizzazione). Utilizzata per trattare psoriasi, iperparatiroidismo e osteodistrofia renale. Si è dimostrata poi un trattamento efficacie nella prevenzione di depressione o malattie cardiovascolari. Alcune evidenze scientifiche, tuttavia, indicano che l'assunzione combinata del fabbisogno giornaliero raccomandato di vitamina D e calcio riduce il rischio di fratture dell'anca nei soggetti che sono maggiormente a rischio.
Una vitamina liposolubile che si scioglie nel grasso ed è assorbita in modo ottimale se consumata con i grassi. Nella carenza di vitamina D, l’organismo assorbe una quantità inferiore di calcio e fosfato. Poiché calcio e fosfato non sono disponibili in quantità sufficienti per mantenere le ossa sane, la carenza di vitamina D può causare un disturbo osseo detto rachitismo nei bambini o osteomalacia negli adulti. Nell’osteomalacia, l’organismo non incorpora sufficiente calcio e altri minerali nelle ossa, causando debolezza ossea. La carenza di vitamina D in una donna in gravidanza causa la carenza nel feto e il neonato presenta un rischio elevato di sviluppare rachitismo. A volte, la carenza è tanto grave da causare osteomalacia nella donna. La carenza di vitamina D peggiora l’osteoporosi. E ancora, la carenza di vitamina D si traduce in un basso livello di calcio nel sangue. Per tentare di aumentare i livelli di calcio, l’organismo può produrre una maggiore quantità di ormone paratiroideo. Tuttavia, quando i livelli di ormone paratiroideo diventano alti (una condizione chiamata iperparatiroidismo), l’ormone induce la mobilizzazione del calcio dalle ossa per aumentare i livelli ematici di calcio. L’ormone paratiroideo causa anche l’eliminazione di più fosfato nelle urine. Sia il calcio sia il fosfato sono necessari per mantenere ossa sane. Di conseguenza, le ossa s’indeboliscono.
Gli anziani hanno maggiori probabilità di sviluppare una carenza di vitamina D per diversi motivi: il loro fabbisogno è maggiore rispetto a quello dei soggetti più giovani e tendono a trascorrere meno tempo all’aperto, quindi non sono esposti a una quantità sufficiente di luce solare. Insomma, questa carenza in genere si manifesta in soggetti che non si espongono al sole e che non consumano dosi sufficienti di vitamina D con la dieta. L’organismo potrebbe non essere in grado di assorbire una quantità sufficiente di vitamina D dal cibo. Ad esempio, nelle malattie da malassorbimento, i soggetti non sono in grado assorbire normalmente i grassi, né di assorbire la vitamina D, in quanto si tratta di una vitamina liposolubile che normalmente viene assorbita con i grassi nell’intestino tenue. Con l’avanzare dell’età, è possibile che nell’intestino venga assorbita una quantità inferiore di vitamina D. Dolori muscolari, debolezza e dolori ossei, ma non sono in età avanzata. Gli spasmi muscolari (tetania) possono essere il primo segno di rachitismo nei neonati. Sono causati da un basso livello ematico di calcio nei soggetti con grave carenza di vitamina D. Nei fanciulli e negli adolescenti camminare è indubbiamente più doloroso. Una grave carenza di vitamina D può causare varismo o valgismo delle ginocchia. Negli adulti, le ossa, soprattutto quelle della colonna, del bacino e delle gambe, diventano fragili. Le aree interessate possono essere dolenti al tatto e oggetto di fratture. Negli anziani, le fratture ossee, in particolare la frattura dell’anca , possono verificarsi semplicemente con un leggero sobbalzo o una caduta insignificante. Proprio per questo, gli integratori alimentari sono particolarmente importanti per i soggetti a rischio (come i soggetti anziani, costretti a casa o che vivono in strutture di lungodegenza).
LEGGI ANCHE: Nuova ricerca: Omega 3, i “grassi buoni” che avvelenano le cellule tumorali
Migliorano la salute e prevengono tante patologie. La scienza concorda sugli effetti benefici delle fibre. Dal sistema cardiovascolare al trattamento del diabete, dalla protezione da diversi tipi di tumori ai benefici per il tratto gastrointestinale. Insomma, non sono importanti per il loro valore nutritivo, ma sono utili contro il colesterolo e per tenere sotto controllo la glicemia. Aumentano la velocità del transito intestinale e rallentano l’assimilazione di alcune sostanze, come gli zuccheri, che vengono assorbiti con più gradualità, senza picchi glicemici. Le fibre agiscono, quindi, come controllori dell’assorbimento degli zuccheri processo che prolunga nel tempo il senso di sazietà e aiutano, di conseguenza, a tenere sotto controllo il peso. Riducono il picco glicemico post prandiale e regolano la risposta insulinica. Inoltre, le fibre, sono anche grandi alleate del nostro intestino. Particolarmente utili per chi pratica sport di endurance, favoriscono poi la motilità intestinale. Insomma, grandi alleate di salute e forma fisica. Difatti, pur non venendo assimilate dal nostro organismo, esercitano un ruolo importante per il nostro corpo, rallentando l’assimilazione dei carboidrati assunti, ovvero permettono un loro passaggio più lento nel sangue.
Tra principali effetti sull'organismo, le fibre interagiscono con il contenuto del lume intestinale tramite meccanismi osmotici, aumentano la viscosità del contenuto intestinale, hanno caratteristiche prebiotiche, ovvero in grado di stimolare selettivamente la crescita e/o l'attività metabolica di una serie di gruppi di microbi importanti per il regolare funzionamento dell'organismo, producono acidi grassi a corta catena (SCFA, Short Chain Fatty Acids), tra i quali acetato, propionato, butirrato (quest'ultimo considerato il substrato energetico preferito per gli enterociti del colon), riducono l'assorbimento di glucosio, colesterolo e sali biliari, riducono l'indice glicemico dei cibi glucidici, trattengono acqua e gas all'interno del lume intestinale, aumentano il volume, morbidezza e transito della massa fecale e infine, puliscono l'intestino. Sono contenute in abbondante quantità in alimenti come frutta, verdura, frutta secca, funghi. Pur non essendo un nutriente, la fibra alimentare esercita effetti di tipo funzionale e metabolico che la fanno ritenere un'importante componente della nostra dieta. Poi oltre al miglioramento della funzionalità intestinale e dei disturbi ad essa associati (come stipsi e diverticolosi), l'introduzione di fibra attraverso il cibo è stata correlata alla riduzione del rischio di importanti malattie cronico-degenerative, in particolare i tumori al colon-retto (in parte spiegata dalla diluizione di eventuali sostanze cancerogene e dalla riduzione del loro tempo di contatto con la mucosa), il diabete e le malattie cardiovascolari (in parte per una riduzione dei livelli ematici di colesterolo).
Considerate essenziali perché contenendo delle sostanze inibitrici degli enzimi digestivi, rallentano e diminuiscono l'assimilazione dei nutrienti, aumentano il senso di sazietà, migliorano la motilità intestinale, riducono l'indice glicemico dei carboidrati oltre al rischio di malattie cardiovascolari e di tumore al colon. Precisa Adriano Panzironi nel libro "Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti": dal sistema cardiovascolare, alla prevenzione e al trattamento del diabete, protezione da diversi tipi di tumori e beneficio per la salute del tratto gastrointestinale.
Le fibre solubili - si legge nel libro - sono caratterizzate da composti quali beta-glucani, pectine, gomme naturali, inulina, olisaccaridi. La loro caratteristica (solubilità) è quella di assorbire acqua già nello stomaco (aumentando fino a 100 volte il volume iniziale) e di fermentare nell’intestino, con lo scopo di nutrire la flora batterica buona e le cellule colonociti (le cellule che compongono l’epitelio dell’intestino). La loro presenza è fondamentale per diverse ragioni. In primo luogo, l’aumento di volume nello stomaco (stimola il senso di sazietà facendoci mangiare di meno). Le fibre solubili una volta assorbita l’acqua si trasformano in una sostanza viscosa e gelatinosa che modifica la capacità di assorbimento dei nutrienti. Difatti legandosi agli acidi biliari (effetto chelante), diminuiscono l’assorbimento degli acidi grassi (riduzione del colesterolo nel sangue). Inoltre rallentano l’avanzamento del “chimo alimentare”, aumentando in tal modo l’azione digestiva (incrementando il tempo di contatto con gli enzimi digestivi). Migliorano l’assimilazione dei nutrienti quali: vitamine e sali minerali (i villi hanno più tempo per assimilarli). Abbassano il picco glicemico aumentando il tempo di assorbimento del glucosio. Durante l’attraversamento dell’intestino tenue sono ingerite, tramite la fermentazione, da batteri buoni (bifidus). Il processo produce acidi grassi a catena corta (soprattutto acetato, butirrato e propionato) e gas. Il butirrato è la principale fonte energetica per i colonociti (cellule epiteliali dell’intestino). L’acetato ed il propionato sono assorbiti dalle pareti del colon ed inviati al fegato, per svolgere le seguenti funzioni: stabilizzare i livelli di glucosio nel sangue, ridurre la sintesi del colesterolo, stimolare la produzione di cellule immunitarie (cellule T, anticorpi, globuli bianchi, etc.). Tali acidi grassi sono inoltre utili all’assorbimento dei minerali e neutralizzando l’acido fitico (vedremo dopo di cosa si tratta). - Il ruolo più importante che rivestono per il nostro intestino è di riuscire a modulare la proliferazione dei batteri saccarolitici verso le specie lattobacilli eterofermentanti facoltativi o etero fermentanti obbligati. Questo induce una produzione maggiore di acido butirrico, acetico e propionico ed una minore produzione di acido lattico.
DISBIOSI e INFIAMMAZIONE INTESTINALE, scopri le vere cause
Favoriscono senso di sazietà - continua nel libro - facendoci mangiare di meno. Le fibre solubili una volta assorbita l’acqua si trasformano in una sostanza viscosa e gelatinosa che modifica la capacità di assorbimento dei nutrienti. Difatti legandosi agli acidi biliari (effetto chelante), diminuiscono l’assorbimento degli acidi grassi (riduzione del colesterolo nel sangue). Inoltre rallentano l’avanzamento del “chimo alimentare”, aumentando in tal modo l’azione digestiva (incrementando il tempo di contatto con gli enzimi digestivi). Migliorano l’assimilazione dei nutrienti quali: vitamine e sali minerali (i villi hanno più tempo per assimilarli). Abbassano il picco glicemico aumentando il tempo di assorbimento del glucosio. - Durante l’attraversamento dell’intestino tenue sono ingerite, tramite la fermentazione, da batteri buoni (bifidus). Il processo produce acidi grassi a catena corta (soprattutto acetato, butirrato e propionato) e gas. Il butirrato è la principale fonte energetica per i colonociti (cellule epiteliali dell’intestino). L’acetato ed il propionato sono assorbiti dalle pareti del colon ed inviati al fegato, per svolgere le seguenti funzioni: stabilizzare i livelli di glucosio nel sangue, ridurre la sintesi del colesterolo, stimolare la produzione di cellule immunitarie (cellule T, anticorpi, globuli bianchi, etc.). Tali acidi grassi sono inoltre utili all’assorbimento dei minerali e neutralizzando l’acido fitico (vedremo dopo di cosa si tratta). - Il ruolo più importante che rivestono per il nostro intestino è di riuscire a modulare la proliferazione dei batteri saccarolitici verso le specie lattobacilli eterofermentanti facoltativi o etero fermentanti obbligati. Questo induce una produzione maggiore di acido butirrico, acetico e propionico ed una minore produzione di acido lattico. senso di sazietà facendoci mangiare di meno). - Le fibre solubili una volta assorbita l’acqua si trasformano in una sostanza viscosa e gelatinosa che modifica la capacità di assorbimento dei nutrienti. Difatti legandosi agli acidi biliari (effetto chelante), diminuiscono l’assorbimento degli acidi grassi (riduzione del colesterolo nel sangue). Inoltre rallentano l’avanzamento del “chimo alimentare”, aumentando in tal modo l’azione digestiva (incrementando il tempo di contatto con gli enzimi digestivi). Migliorano l’assimilazione dei nutrienti quali: vitamine e sali minerali (i villi hanno più tempo per assimilarli). Abbassano il picco glicemico aumentando il tempo di assorbimento del glucosio. - Durante l’attraversamento dell’intestino tenue sono ingerite, tramite la fermentazione, da batteri buoni (bifidus). Il processo produce acidi grassi a catena corta (soprattutto acetato, butirrato e propionato) e gas. Il butirrato è la principale fonte energetica per i colonociti (cellule epiteliali dell’intestino). L’acetato ed il propionato sono assorbiti dalle pareti del colon ed inviati al fegato, per svolgere le seguenti funzioni: stabilizzare i livelli di glucosio nel sangue, ridurre la sintesi del colesterolo, stimolare la produzione di cellule immunitarie (cellule T, anticorpi, globuli bianchi, etc.). Tali acidi grassi sono inoltre utili all’assorbimento dei minerali e neutralizzando l’acido fitico (vedremo dopo di cosa si tratta). - Il ruolo più importante che rivestono per il nostro intestino è di riuscire a modulare la proliferazione dei batteri saccarolitici verso le specie lattobacilli eterofermentanti facoltativi o etero fermentanti obbligati. Questo induce una produzione maggiore di acido butirrico, acetico e propionico ed una minore produzione di acido lattico.
DISBIOSI INTESTINALE e correlazione con le patologie autoimmuni
RIPRODUZIONE RISERVATA LIFE 120 © Copyright A.R.
Gazzetta Active "Fibra alimentare, l’alleata di dieta e salute: i benefici e dove trovarla"4
Gazzetta Active "Fibre, utili contro il colesterolo e per tenere sotto controllo la glicemia. Ma se siete sportivi…"
Gazzetta Active "Le fibre, grandi alleate del nostro intestino"
Wikipedia "Fibra alimentari"
Gazzetta Active "Un microbiota intestinale sano migliora la prestazione sportiva: ecco gli alimenti che lo nutrono"
Il Giornale "Probiotici e prebiotici: cosa sono, benefici e controindicazioni"
MB "Microbiota intestinale: cos’è, com’è composto, che ruolo svolge?"
Gazzetta Active "Probiotici, un aiuto per intestino e difese immunitarie"
Fondazione Veronesi "Microbiota intestinale: in che modo può influenzare la salute?"
AGI "L'abuso di antibiotici altera il sistema intestinale"
La Repubblica "Antibiotici, l’uso eccessivo altera il microbioma e aumenta il rischio di tumore al colon"
Microbiome "Antibiotic-associated dysbiosis affects the ability of the gut microbiota to control intestinal inflammation upon fecal microbiota transplantation in experimental colitis models"
Nurse Times "Scoperta IEO: troppi antibiotici possono alterare il sistema immunitario intestinale"
Ministero della Salute "Rapporto sull'uso di antibiotici"
LEGGI ANCHE: Acido butirrico, dall’ecosistema intestinale alla flora batterica
Si riflette sul nostro organismo e ne garantisce le funzioni. La flora batterica intestinale svolge un ruolo fondamentale per ottimizzare le performance degli sportivi e mantenere un sistema immunitario efficace. Mantenere in salute la flora batterica. Ulteriore conferma di quanto sosteneva il filosofo tedesco Feuerbach "noi siamo ciò che mangiamo". Composta da oltre 500 specie diverse di microrganismi, buoni e cattivi. «L'esercizio fisico stressa l'organismo: per questo una buona funzionalità intestinale è fondamentale», sottolinea in un’intervista a Gazzetta Active il dottor Francesco Confalonieri, medico chirurgo del Centro Medico Sant’Agostino specialista in Medicina dello sport, nutrizione e metodologia dell’alimentazione. Tra gli elementi essenziali dell’ecosistema intestinale (assieme alla barriera intestinale e al “secondo cervello”), la comunità microbica del tratto enterico si compone prevalentemente da comunità di batteri, oltre a lieviti, parassiti e virus che vivono in una condizione di equilibro chiamata eubiosi. Di importanza cruciale per il nostro benessere poiché, il variare del rapporto tra queste componenti aumenta il rischio di uno stato di disbiosi che può essere poi correlata a malattie non soltanto dell’apparato digerente, come ad esempio diabete, obesità, patologie cardiovascolari, Alzheimer, Parkinson, dermatite o altre a malattie sistemiche. Tra i fattori che intervengono influenzando negativamente nella determinazione della composizione del microbiota intestinale la presenza di infezioni che sopraggiungono dall’esterno e che portano a casi di disbiosi acuta e fattori che incidono in modo più subdolo e più lento determinando uno stato di disbiosi cronica, causata da alimentazioni scorrette come le diete iperproteiche (disbiosi putrefattiva) o con troppi carboidrati (disbiosi fermentativa) oppure degli stili di vita sbagliati (disbiosi deficitaria) come l’assenza di attività fisica, l’abuso di alcool, il fumo, i farmaci, etc... Insomma, la nostra salute passa anche per la salute dei suoi batteri e una dieta sana aiuta il microbiota a prosperare.
Il microbiota intestinale è l’insieme di microrganismi che popolano il nostro apparato digerente ed è importantissimo che sia ben nutrito – spiega in un'intervista a Gazzetta Active il dottor Giuseppe Rovera, medico nutrizionista e coordinatore scientifico della Riabilitazione nutrizionale dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano – A questo servono i probiotici. Nell’atleta che vuole avere successo è davvero importante fare dei cicli con questi batteri, o comunque nutrire il proprio microbiota attraverso l’alimentazione. Avere dei batteri ben nutriti permette anche di ottenere performance migliori. Sembra infatti che lo sportivo possa avere una fragilità intestinale, perché in allenamento costante e quindi sotto costante stress fisico. Nutrire il microbiota permette un’azione antinfiammatoria e protettiva delle cellule intestinali. Se un intestino è ben nutrito si ha una performance migliore. Se ci si alimenta in modo sano, regolare, costante e soprattutto vario il microbiota è ben nutrito.
Utili poi a mantenere in salute l’intestino, proteggendolo dalle infiammazioni e dall’insorgenza di tumori, gli acidi grassi a catena corta prodotti dai batteri intestinali, soprattutto l’acido butirrico. «L'acido butirrico è un acido grasso saturo, non essenziale, che si trova principalmente nel latte dei ruminanti (2-4%), e solo in tracce in quello di donna» spiega Christian Orlando, biologo. Gli acidi grassi a catena corta prodotti dai batteri intestinali, in particolare l’acido butirrico, sono essenziali per mantenere l’intestino in salute, proteggendolo così da infiammazioni e prevenendo l’insorgenza di tumori. Inoltre, il microbiota mantiene il sistema immunitario costantemente attivo. Questo avviene poiché, un microbiota ricco di batteri capaci di digerire e fermentare i flavonoidi contenuti nella frutta e nella verdura promuove la produzione di sostanze che hanno effetti protettivi sulla salute cardiovascolare. Difatti, alimenti ricchi di acidi grassi saturi e cibi eccessivamente calorici stimolano, invece, la proliferazione di ceppi di batteri che promuovono l’infiammazione.
Il peggior nemico del cancro è la vitamina D! Tra i più importanti ricercatori al mondo su questa vitamina, Carole Baggerly, direttrice e fondatrice del Grassroots Health. La sua passione per questo nutriente fondamentale è nata da un’esperienza personale: sopravvissuta al cancro al seno proprio grazie al supporto della vitamina D. Ripetutamente dimostrata poi la sua efficacia su tante patologie, tra cui malattie cardiache e diabete oltre alla riduzione del dolore cronico. Inoltre, le diverse teorie che collegano l’ipovitaminosi D al cancro sono state testate e confermate in più di 200 studi epidemiologici e da oltre 2.500 studi di laboratorio. Secondo gli esperti negli Stati Uniti si registra, tra la popolazione, un elevato livello di carenza vitaminica, perché presente naturalmente solo pochi alimenti. Quindi, secondo quanto riportato da un nuovo studio evidenziato alla riunione annuale virtuale dell’American Society of Clinical Oncology 2021, avere livelli sufficienti di vitamina D al momento della diagnosi è associato, di conseguenza, a migliori esiti nel percorso di guarigione dal cancro al seno. I ricercatori hanno misurato i livelli di vitamina D al momento della diagnosi, e quindi i risultati di sopravvivenza 10 anni dopo in quasi 4.000 persone; si è poi notato che l’assunzione di integratori di vitamina D, l’indice di massa corporea e la razza/etnia sono tutti fattori che influiscono sui livelli di vitamina D presenti nel sangue.
Tra le categorie di persone che necessitano maggiormente di questo apporto sicuramente le donne in post-menopausa e durante l’allattamento, chi assume steroidi a lungo termine, gli anziani, le persone con malattia renale cronica, con malattia paratiroidea e chi soffre di patologie come obesità e sovrappeso. La maggior parte delle ricerche scientifiche sulla vitamina D si sono concentrate prevalentemente sui tumori del colon-retto e della mammella dimostrando che livelli ematici più elevati di vitamina D sono associati a un minor rischio di cancro del colon-retto e ha una maggiore possibilità di sopravvivere in caso di cancro al seno. Un’altra indagine particolarmente degna di nota è stata completata da Joan Lappe e Robert Heaney, nel 2007 dove ad un gruppo di donne in menopausa è stato somministrato un integratore di vitamina D per raggiungere i livelli ematici di 40 ng/ml. Per livelli ematici più elevati di vitamina D si intende qualsiasi livello che soddisfi o superi il cut-off clinico “sufficiente” (≥30 ng/ml). Secondo l’Office of Dietary Supplements del National Institutes of Health la carenza di vitamina D è inferiore a 20 ng/ml. I risultati hanno poi mostrato che queste donne hanno avuto una riduzione del 77% in termini di incidenza di tutti i tipi di tumori dopo soli quattro anni. Inoltre, 40 ng/ml di vitamina D è un livello relativamente medio, il livello ottimale di vitamina D è da 50 a 100 ng/ml. Ottenere tali risultati con soli 40 ng/ml sottolinea quanto sia potente e importante la vitamina D per il funzionamento ottimale del corpo.
La vitamina D (detta anche “calciferolo”) è una vitamina liposolubile naturalmente presente in alcuni alimenti, aggiunta ad altri e disponibile come integratore alimentare. Viene anche prodotto in modo endogeno quando i raggi ultravioletti (UV) della luce solare colpiscono la pelle e innescano la sintesi della vitamina D. La vitamina D favorisce l'assorbimento del calcio nell'intestino e mantiene adeguate concentrazioni sieriche di calcio e fosfato per consentire la normale mineralizzazione ossea e per prevenire la tetania ipocalcemica (contrazione involontaria dei muscoli, che porta a crampi e spasmi). È anche necessaria per la crescita ossea e il rimodellamento osseo da parte di osteoblasti e osteoclasti. Senza una quantità sufficiente di vitamina D, le ossa possono diventare sottili, fragili o deformate. La sufficienza di vitamina D previene poi il rachitismo nei bambini e l'osteomalacia negli adulti. Insieme al calcio, la vitamina D aiuta anche a proteggere gli anziani dall'osteoporosi. La vitamina D svolge altri ruoli importanti nel nostro corpo, inclusa la riduzione dell'infiammazione e la modulazione di processi come la crescita cellulare, la funzione neuromuscolare e immunitaria e il metabolismo del glucosio. Negli alimenti e negli integratori alimentari, la vitamina D ha due forme principali, D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo), che differiscono chimicamente solo nelle loro strutture a catena laterale. Entrambe le forme sono ben assorbite nell'intestino tenue. L'assorbimento avviene per semplice diffusione passiva e da un meccanismo che coinvolge le proteine di trasporto della membrana intestinale. La contemporanea presenza di grasso nell'intestino migliora l'assorbimento della vitamina D, ma parte della vitamina D viene assorbita anche senza grassi alimentari. Né l'invecchiamento né l'obesità alterano l'assorbimento della vitamina D dall'intestino. Pochi alimenti contengono naturalmente vitamina D tra cui la carne di pesce grasso (come trota, salmone, tonno e sgombro) anche se gli oli di fegato di pesce sono tra le migliori fonti. La dieta di un animale influisce sulla quantità di vitamina D nei suoi tessuti. Fegato di manzo, formaggio e tuorli contengono piccole quantità di vitamina D, principalmente sotto forma di vitamina D3.
Proprio in virtù dei suoi potenti effetti è stata descritta come una “sindrome da carenza da vitamina D”. Naturalmente, altri fattori nello stile di vita sono altrettanto importanti nella prevenzione del cancro: in primis l’alimentazione (come zuccheri e farine raffinate che aumentano il rischio di cancro al seno). Inoltre, dalle analisi di Carole Baggerly emerge che il 90% del cancro al seno ordinario è legato alla carenza di vitamina D, la quale è al 100% prevenibile! Il primo epidemiologo ad aver messo in relazione il binomio “carenza vitaminica-cancro al seno” è stato il dottor Cedric F. Garland della University of California di San Diego, secondo il quale in quasi tutte le forme di cancro al seno, la vitamina D influisce sulla struttura delle cellule epiteliali. Queste cellule sono tenute insieme da una sostanza simile a colla chiamata E-caderina, che fornisce la struttura alla cellula. L’E-caderina è costituita principalmente da vitamina D e calcio. Questo avviene perché in caso di deficit la struttura si sfascia e quelle cellule fanno ciò che sono programmate di fare per sopravvivere – vanno avanti e si moltiplicano. Quando questo processo di crescita (proliferazione cellulare) va fuori controllo, si trasforma in cancro. Tuttavia, anche se il cancro al seno è in corso, l’aggiunta di vitamina D può aiutare a far regredire le cellule tumorali agendo sull’E-caderina. Difatti, una volta rallentata la crescita del cancro, il sistema immunitario può cominciare a smaltire gli avanzi delle cellule tumorali.
Oltre a prevenire il cancro, l’ottimizzazione della vitamina D riduce il rischio di parto prematuro del 50%. Infatti, l’80% delle donne in gravidanza è alle prese con l’ipovitaminosi D. Carol Wagner e Bruce Hollis hanno studiato, con risultati inaspettati, anche gli effetti dei livelli di vitamina D sulle donne in gravidanza. Gli studiosi hanno dato 4.000 IU di vitamina D ad un gruppo di donne in stato di gravidanza, riducendo l’incidenza di parti prematuri del 50%. Inoltre, la vitamina D riduce anche una serie di rischi legati proprio alla gravidanza, tra cui la probabilità di avere un bambino sotto peso. Indubbiamente, il modo migliore per ottimizzare il livello di vitamina D è attraverso l’esposizione al sole. In linea di massima, è necessario esporre circa il 40% di tutto il corpo al sole per circa 20 minuti tra le ore 10 e le 14 del pomeriggio, quando il sole è allo zenit. Ovviamente, senza correre alcun pericolo con l'sposizione ai raggi ultravioletti. In assenza di tempo libero e di giornate soleggiate, una valida alternativa al sole e fonte di questo importante nutriente sono gli integratori alimentari. Una sana abitudine sostenuta e incoraggiata anche dall’Istituto di Medicina Conservativa poiché priva di particolari rischi. Numerose evidenze scientifiche dimostrano che la vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie e nel mantenimento di una salute ottimale. Ci sono circa 30.000 geni nel nostro corpo, e la vitamina D ne influenza 3.000, così come i suoi recettori si trovano in tutto il corpo. Difatti, come dimostra una ricerca su larga scala, i livelli ottimali di vitamina D possono ridurre drasticamente il rischio di cancro. Mantenere i livelli ottimali può aiutare quindi a prevenire almeno 16 diversi tipi di cancro, tra cui pancreas, polmone, ovaie, prostata e tumori della pelle.
L'abuso di antibiotici altera il sistema intestinale. Sul banco degli imputati, terapie antibiotiche ad ampio spettro come vancomicina e streptomicina che alterano sensibilmente le funzioni del sistema immunitario. È quanto emerge da uno studio condotto dal gruppo di ricercatori del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano che, coordinati da Federica Facciotti e Francesco Strati, hanno studiato su modelli sperimentali l’effetto di alcune terapie antibiotiche ad ampio spettro. I risultati dell’indagine, pubblicati sulla rivista Microbiome, mostrano che alcune terapie antibiotiche aumentano il rischio di sviluppare malattie infiammatorie oltre a diminuire l'efficacia delle terapie anticancro. Miliardi di batteri, virus, funghi, archeobatteri e protozoi abitano il nostro apparato digerente. Tuttavia, gli antibiotici colpiscono senza distinzione tra nemici e amici, tutti i microrganismi. Premesso che il microbiota intestinale gioca un ruolo centrale nella fisiologia dell'ospite e in diversi meccanismi patologici nell'uomo, gli antibiotici influenzano questo sistema compromettendo la composizione e le funzioni del microbiota intestinale inducendo effetti dannosi anche a lungo termine sull'ospite. Studi recenti, infatti, suggeriscono che l'efficacia di diverse terapie cliniche dipende dall'azione del microbiota intestinale. Nella ricerca in questione, è stata indagata la capacità d'azione dei diversi trattamenti antibiotici di influenzare il microbiota intestinale nel controllo dell'infiammazione intestinale al trapianto di microbiota fecale in un modello sperimentale di colite e in esperimenti ex vivo con biopsie intestinali umane.
Utilizzati per combattere gli agenti patogeni, gli antibiotici, non limitano la loro azione distruttiva esclusivamente ai batteri patogeni a cui sono destinati, ma la estendono indiscriminatamente ai microbi cosiddetti "buoni", fra cui quelli che risiedono nel nostro intestino e che formano il microbiota. Infatti, danneggiando la biodiversità del microbiota, gli antibiotici compromettono l'equilibrio, conosciuto come omeostasi, tra il microbiota e il sistema immunitario, diminuendo di fatto la capacità del colon di monitorare gli stati infiammatori o di resistere all'invasione di nuovi batteri patogeni. Inoltre, l'alterazione del microbiota, nota come disbiosi, a opera degli antibiotici compromette infatti la normale funzionalità dei linfociti T nella mucosa intestinale e delle cellule iNKT (Invariant Natural Killer T) particolarmente sensibili, queste ultime, alla composizione del microbiota intestinale. Il microbiota intestinale umano svolge un ruolo cruciale nel mantenimento dell'integrità del tratto gastrointestinale, dell'omeostasi del sistema immunitario e del metabolismo energetico dell'ospite. Le alterazioni di questa rete possono portare ad anomalie patologiche e infiammazioni. Tuttavia, gli antibiotici, oltre ai patogeni, influenzano anche la crescita di microbi benefici, compresi quelli che risiedono nell'intestino. Riducendo così la diversità del microbiota, gli antibiotici compromettono le interazioni ospite-microbi, l'omeostasi del sistema immunitario e anche la resistenza alla colonizzazione verso i batteri patogeni in arrivo. In sintesi, dall’indagine emerge che diversi regimi antibiotici influenzano la capacità del microbiota intestinale di controllare l'infiammazione intestinale nella colite sperimentale alterando la struttura della comunità microbica e i metaboliti derivati dal microbiota.
Dalla malattia di Crohn alla rettocolite ulcerosa, le patologie che aumentano il rischio di sviluppare tumori del colon. Forti evidenze epidemiologiche collegano l'uso di antibiotici con un aumentato rischio di condizioni infiammatorie come l'IBD, indicando un ruolo importante per il microbiota intestinale nella modulazione dell'immunità intestinale.
La nostra scoperta – spiega Facciotti - ha un grande valore clinico per la prevenzione e la cura di malattie importanti come le malattie infiammatorie croniche intestinali quali la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, che, oltre ad avere di per sé un impatto negativo sulla qualità di vita, sono collegati ad un aumentato rischio individuale di sviluppare tumori del colon. I dati epidemiologici hanno già evidenziato il legame fra l'uso di antibiotici ad ampio spettro e rischio aumentato di sviluppare funzioni aberranti del sistema immunitario. Noi abbiamo approfondito il perché e lo abbiamo dimostrato in modelli sperimentali di malattia. In sintesi la terapia antibiotica infrange i meccanismi di compensazione fra microbiota e sistema immunitario, privando l'organismo delle più efficaci barriere naturali contro diverse patologie dell'apparato digerente, incluso il cancro al colon.
Ognuno di questi antibiotici poi, agisce e influenza in modo diverso il microbiota intestinale. La disbiosi indotta da antibiotici promuove anche disfunzioni sostenute dai linfociti T e una maggiore suscettibilità all'infiammazione e alle infezioni interferendo con la regolazione microbiota-dipendente dell'immunità intestinale innata.
Gli antibiotici - continua Strati - hanno diversi meccanismi di azione e per questo possono alterare diversamente il microbiota in seguito al loro utilizzo. Abbiamo scoperto che l'uso di vancomicina e streptomicina modifica il microbiota al punto da favorire l'aumento di microorganismi con caratteristiche pro-infiammatorie, compromettendo la corretta funzionalità del sistema immunitario. L'uso di metronidazolo, invece, ha mantenuto la capacità del sistema immunitario di controllare l'infiammazione intestinale favorendo l'espansione di specie microbiche con proprietà anti-infiammatorie, nonostante il suo uso abbia comunque alterato la composizione del microbiota intestinale.
Tra i tanti effetti negativi, quello sulle terapie oncologiche:
Negli ultimi anni - aggiunge Facciotti - si è capito che l'alterazione del microbiota intestinale a causa dell'utilizzo degli antibiotici rende le terapie anticancro meno efficaci proprio perché indebolisce le funzioni del sistema immunitario, che sono invece fondamentali nel successo delle terapie oncologiche. In questo momento in laboratorio stiamo studiando come le alterazioni del microbiota in pazienti di cancro al colon contribuiscano a rendere difettivo il sistema immunitario e quindi diminuire la capacità dei pazienti di combattere efficacemente i tumori del colon-retto. Il nostro prossimo passo è quindi quello di trovare dei sistemi per riportare il microbiota alterato ad uno stato di normalità ad esempio attraverso la dieta o con la somministrazione di batteri 'buoni', in modo da sostenere le funzioni anti-tumorali del sistema immunitario.
LEGGI ANCHE: Dai troppi antibiotici al Coronavirus: ecco perché in Italia si muore di più
Duemila arance al giorno tolgono il medico di torno. È quanto mostra la ricerca condotta dall'Irccs di Candiolo e pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine. Secondo quest’indagine, infatti, una mega dose di vitamina C, somministrata per via endovenosa, per almeno due settimane, potrebbe potenziare gli effetti curativi dell'immunoterapia. Quindi, una dose massiccia, l’equivalente di 2000 arance potrebbe diventare un prezioso alleato nella battaglia anti-cancro. In base a quanto dimostrato da questa ricerca, l’acido ascorbico, rafforzando il sistema immunitario, potrebbe aumentare gli effetti benefici del trattamento anti-tumorale, riducendone persino la crescita. Come si legge su La Stampa, «la “bomba” di vitamina C potenzia l’immunoterapia e la rende più tollerabile, aprendo la strada a nuove possibilità di terapie integrate che potrebbero rallentare la progressione della malattia». Tuttavia, l’uso dell’acido ascorbico in dosi massicce e per via endovenosa è una pratica terapeutica consolidata già dagli anni ’30, all’epoca principalmente come arma di contrasto a polmoniti e infezioni polmonari e, più di recente, è stato utilizzato anche nel trattamento del Covid-19. Oggi, come allora, vengono dimostrati gli effetti positivi soprattutto sul nostro sistema immunitario.
Vitamina C, un concentrato di proprietà e benefici
Lo studio, condotto su topi con melanomi o tumori della mammella, al colon-retto o al pancreas, sottoposti o meno a immunoterapia oncologica. Perché la terapia sia efficace non si parla di normali dosi di Vitamina C, ma di vere e proprie "bombe" somministrate per via endovenosa per un periodo prolungato insieme. L’alto dosaggio è necessario per sbloccare il sistema immunitario stimolando una risposta più incisiva e, al tempo stesso, per generare reazioni auotoimmuni. Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Oncologia Molecolare all’istituto di Candiolo e professore ordinario del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, ha spiegato che la scelta di testare le maga dosi di ascorbico nel peritoneo di topolini affetti da diversi tumori solidi è stato per comprenderne gli effetti sia sul tumore che sulla risposta immunitaria. I risultati dimostrano innanzitutto che la vitamina C da sola innesca i linfociti T e li attiva a una risposta più efficace contro il cancro, mettendolo nella condizione di rallentare drasticamente la sua crescita. La vitamina C è un potente antiossidante in grado di contrastare anche le infezioni respiratorie di origine virale, evitando così, lo sviluppo di complicanze. Dall’alimentazione bilanciata all’integrazione corretta. Una sorta di primo scudo contro gli attacchi esterni. Questo nutriente, importante per il nostro organismo, è presente nei kiwi, nelle arance, nelle fragole, nel ribes rosso, nel peperone rosso, nel cavolo nero, nei broccoli, negli spinaci, nella lattuga e nella rucola.
Questi promettenti risultati riaccendono i riflettori sugli effetti prodigiosi di questa importante vitamina. In sostanza, la vitamina C, seppur non contrastando direttamente il cancro, mette il nostro organismo nella condizione di fornire una risposta immunitaria capace di inibire lo sviluppo dei tumori. L’idea di questo studio, spiega Alberto Bardelli, nasce dai «dati positivi sull’aumento della sopravvivenza in pazienti con tumori trattati con vitamina C raccolti negli anni ’70 ma mai adeguatamente riprodotti e comprovati, gli studi sul ruolo di questa vitamina nel cancro sono stati a lungo abbandonati». «Questo conferma che il possibile effetto anticancro della vitamina C è mediato dall’azione positiva che essa ha sul sistema immunitario abbiamo, quindi, cercato di capire se tale effetto si mantenga anche in caso di immunoterapia, co-somministrando la vitamina C assieme a due farmaci inibitori dei checkpoint, già approvati per la terapia di alcuni tumori ma gravati da frequenti effetti collaterali, come la comparsa di resistenze al trattamento o di malattie autoimmuni» osserva Federica Di Nicolantonio, professore associato all’Università di Torino e a capo del laboratorio di epigenetica del cancro presso l’Istituto di Candiolo.
Storia e segreti della VITAMINA C nella prevenzione di tante malattie
I checkpoint sono i «freni molecolari» che vigilano sul sistema immunitario bloccherebbero reazioni di difesa eccessive che danneggerebbero i tessuti o provocherebbero malattie autoimmuni. Nel caso di tumori diventerebbe fondamentale sbloccarli, attraverso gli inibitori, in modo tale da rendere la risposta immune ancora più incisiva e in grado di avere la meglio sul cancro. Tuttavia, da non sottovalutare la comparsa di reazioni autoimmuni che impongono di sospendere le cure. «La contemporanea somministrazione delle mega-dosi di vitamina C - conclude Bardelli - ha potenziato l’effetto dell’immunoterapia con gli inibitori di checkpoint, rallentando la crescita dei tumori e addirittura portando alla regressione completa in alcuni animali con tumore al seno. Si tratta di risultati pre-clinici, ma se saranno confermati da successivi studi sull’uomo la ‘triplice terapia’ con vitamina C e i due inibitori di checkpoint potrebbe aprire la strada a nuove prospettive di cura nell’ambito delle terapie oncologiche integrate, rendendo le iniezioni endovenose di vitamina C ad alte dosi una strategia da abbinare all’immunoterapia».
LEGGI ANCHE: Dopo New York, Palermo: al via con la sperimentazione di vitamina C ad alto dosaggio
Coronavirus, New York come Shanghai: somministrati alti dosaggi di vitamina C
La prima linea di difesa è il sistema immunitario, tutti i segreti per rinforzarlo
Vitamina C e Covid: dall'azione immunomodulante alla tempesta di citochine