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Il sole 24ore: Rabbia e ira aumentano il rischio di infarti e ictus

La rabbia aumenta il rischio di avere un infarto o un ictus. A svelarlo è un'analisi pubblicata sull'European Heart Journal dagli esperti dell'Harvard Medical School Elizabeth Mostofsky e Murray Mittleman, che insieme a Elizabeth Anne Penner del Weill Cornell Medical Center di New York hanno analizzato i dati sull'argomento presenti nella letteratura scientifica, svelando che, anche se ad essere particolarmente in pericolo sono le persone che convivono con fattori di rischio come le malattie cardiovascolari, nelle due ore successive ad un attacco di rabbia tutti corrono un serio pericolo. Il rischio è infatti cumulativo. In altre parole, le persone che si arrabbiano spesso sono in pericolo anche se non convivono con molti fattori di rischio cardiovascolare.

Il problema? Potrebbe essere lo stress 

Quando invece quest'ultimo è elevato l'aumento di infarti è stimato a 657 ogni 10 mila persone. In generale, nelle 2 ore successive a un attacco di rabbia il rischio di infarto e di ictus aumentano, rispettivamente, di circa 5 e 3 volte. Il motivo alla base di questa associazione non è chiaro e secondo i tre esperti i risultati di queste analisi non indicano necessariamente che la rabbia sia in grado di scatenare problemi cardiocircolatori. Piuttosto, la vera causa alla base del rischio potrebbe essere lo stress cronico, che oltre ad aumentare la pressione sanguigna può anche spingere ad adottare comportamenti poco salutari – come fumare o bere troppi alcolici – proprio nel tentativo di affrontare lo stress.


Le soluzioni, in realtà, sono ben altre. Secondo gli esperti bisognerebbe verificare le potenzialità di strategie mirate alla riduzione dello stress come lo yoga, che potrebbero aiutare a evitare le gravi complicazioni associate ad una vita vissuta continuamente sotto pressione. In effetti alcune ricerche hanno già dimostrato un'associazione tra la pratica della meditazione e la riduzione dell'incidenza di infarti e ictus. Che sia davvero questa la strada giusta?

Fonte: Il Sole 24Ore