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Ricerca: non è il sale la causa delle malattie cardiovascolari

L’idea di limitare il consumo di sale nell’alimentazione per prevenire le malattie cardiovascolari, soprattutto l’ipertensione, nasce agli inizi degli anni ’70 negli Stati Uniti. Già nel 1978 il sale veniva bollato come “il più pericoloso condimento tra tutti”. Dopo il colesterolo e i grassi saturi, ecco un altro mito negativo, un altro alimento da criminalizzare. Siccome, purtroppo, dal Dopo Guerra in avanti, tutta la medicina europea è divenuta gravemente succube di quella americana, anche da noi non ci volle tanto perché iniziassero le campagne persecutorie contro il sale.
Dagli anni ’70, abbiamo ridotto colesterolo, grassi saturi e sale, ma il trend dell’incidenza malattie cardiovascolari non si è per nulla arrestato. Per quanto riguarda la relazione sale-aumento rischio cardiovascolare, stando a molti studi e alla più recente metanalisi Cochrane pare non esistano per il momento delle dimostrazioni scientifiche inequivocabili. E’ probabile che solo una minoranza della popolazione generale sia sensibile ad un eccesso di sale nella dieta. Negli USA, per esempio, gli afro-americani lo sono molto più dei caucasici.

Alcuni studi che ne mettono in discussione l’assolutezza

• 1985 - Uno studio decennale che ha coinvolto 8.000 hawaiani è giunto alla seguente conclusione: “Non è stata trovata nessuna relazione tra assunzione di sale e aumentato rischio di ictus”.
• 1995 – Uno studio durato otto anni sulla popolazione ipertesa di New York ha scoperto che tra coloro che assumevano poco sale, il rischio di infarto era quattro volte superiore rispetto a coloro che avevano assunzioni abituali.
• 1997 – Un’analisi condotta da un ricercatore della NHLB americana (National, Heart, Lung Institute) sui risultati dello studio MRFIT (Multiple Risk Factor Intervention Trial) non ha evidenziato benefici sulla salute, in generale, dovuti ad una restrizione sodica alimentare.
• 1997 – Uno studio decennale scozzese, l’SHHS (Scottish Heart Health Study) non ha evidenziato benefici con una dieta povera di sodio.
• 1998 – Un’analisi dell’importante studio americano NHANES 1 (National Health and Nutrition Axhamination Survey) ha mostrato un aumento del 20% di infarto tra coloro che consumavano meno sale rispetto al normale.
• 1998 – Uno studio finlandese è giunto alla conclusione che la riduzione del sale non dà benefici. Gli autori hanno affermato: “I nostri risultati non confermano le raccomandazioni ufficiali, cioè una dieta iposodica non riduce il rischio di infarto”.
• 1999 – Un’altra analisi sul data base dell’ MRFIT ha confermato che la riduzione dell’assunzione di sale non porta benefici alla salute della popolazione. Uno degli autori ha affermato: “Nessuna relazione è stata osservata tra consumo di sale e aumento della mortalità”.
• 2002 –Il prestigioso Cochrane Collaboration ha prodotto (sul British Medical Journal) una meta-analisi di tutti gli studi clinici fino al quel momento pubblicati. La conclusione è stata che una dieta iposodica porta a piccole riduzione dell’ipertensione solo in soggetti sensibili e in generale nessun beneficio per la salute.
• 2003 – Ricercatori olandesi hanno analizzato un database nazionale e sono giunti a queste conclusioni: “Le variazioni di sodio e potassio entro i parametri normalmente riscontrabili tra i popoli occidentalizzati non hanno nessun reale effetto sul rischio cardiovascolare e sulla mortalità degli anziani”.
• 2006 – Un’altra analisi del database federale NHANES 1 pubblicata sulla rivista The American Journal of Medicine ha mostrato che ridurre il consumo di sodio aumenta il rischio cardiovascolare del 37%.
• 2007 – In uno studio olandese pubblicato sul European Journal of Epidemiology si afferma che una dieta iposodica non riduce il rischio di ictus e infarto, né riduce la mortalità generale.
• 2008 – Un’analisi del NHANES 2 (il più grande database federale americano sulla nutrizione e salute) pubblicata sul Journal of General Internal Medicine ha confermato i precedenti studi del 2006 e 1998 (citati sopra): nessun vantaggio per quanto riguarda il rischio cardiovascolare e morte per tutte le cause per chi sceglie una dieta iposodica.
• 2011- Uno studio pubblicato in maggio su JAMA (Journal of the American Medical Association) mostra che anche modeste riduzioni di sale alimentare potrebbero essere associate ad un incremento delle patologie cardiovascolari e della mortalità.
• 2011 – Un recentissimo studio della Cochrane Collaboration non coneferma la reale efficia di una dieta iposodica nel rischio cardiovascolare.
Tuttavia il dibattito è ancora aperto. I promotori del “sale fa male” contestano questi studi e soprattutto l’ultima analisi Cochrane e giurano che la riduzione di sale rappresenta un efficace mezzo per ridurre la pressione e la mortalità da accidente cardiovascolare.

L'importanza del sale per la salute

Il sale comune (NaCl) è un nutriente essenziale e vitale, che il nostro organismo non è in grado produrre da solo. Potremmo morire, se ne assumessimo troppo poco o in eccesso. La sua concentrazione nel corpo è regolata dalla perspirazione e dalla funzione renale. Un suo componente, il sodio (Na), è coinvolto nella contrazione dei muscoli (anche quelli del cuore), nella trasmissione degli impulsi nervosi e nella digestione delle proteine. E’ facilmente assorbito nell’intestino tenue, dove facilita il passaggio anche di altri nutrienti. E ’il principale elettrolita extracellulare ed è responsabile della regolazione del pH, dell’equilibrio idrico e della pressione osmotica. L’altro componente del sale è il Cloro (Cl), anch’esso importante per la salute. Equilibra il sistema acido-base del nostro organismo, facilita l’assorbimento del potassio, è coinvolto nella secrezione acida dello stomaco e rende più efficiente il trasporto dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni. Pressione arteriosa - Il sale regola il volume e la pressione del sangue e la flessibilità dei vasi sanguigni. La pressione è anche influenzata in modo variabile dall’età, sesso, ereditarietà, dieta e altri fattori. Secondo alcune autorevoli ricerche scientifiche (vedi sopra) il sale non sarebbe un fattore di rischio ipertensivo in assoluto, infatti solo in una minima parte della popolazione il consumo eccessivo di sale comune potrebbe fare aumentare la pressione. Nella maggioranza della popolazione anche un drastico aumento nel consumo di sale non influenza i valori pressori. Sistema nervoso – il sodio e il cloro giocano un ruolo molto importante nell’attivazione del sistema neuronale. Dal corretto funzionamento dei neuroni dipendono tutte le nostre funzioni fisiologiche, tra cui la contrazione muscolare. 

Metabolismo e digestione – quasi tutto il sale che consumiamo viene velocemente assorbito a livello del tenue e subito viene immesso nel torrente circolatorio e nel tessuto extracellulare. Durante la crescita, una notevole quantità di sale è assorbita dal tessuto osseo e altri tessuti. Nell’età adulta, in una persona sana, tutto il sale consumato, indipendentemente dalla quantità, viene compensato da una escrezione di eguale misura attraverso i normali emuntori. Infatti, i nostri reni sono capaci ogni giorno di filtrare una incredibile quantità di sodio. Il sale gioca un ruolo fondamentale nella digestione. Enzimi sodio-dipendenti sono richiesti per la digestione dei carboidrati complessi, che vengono così ridotti a monosaccaridi (glucosio, fruttosio e galattosio). Il sodio è necessario anche per l’assorbimento di questi zuccheri attraverso le pareti intestinali. Il sale è la nostra fonte principale di cloro, il componente maggiore dell’acido cloridrico (HCL), necessario per la digestione delle proteine. Inoltre, l’HCL sterilizza il cibo, così che eventuali microrganismi assunti con l’alimentazione non giungano vivi nell’intestino. La carenza di HCL, come nel caso di ipocloridria, può portare a vari disturbi digestivi, gonfiori, meteorismo, acne, carenza di ferro, diarrea, allergie e intolleranze alimentari multiple. Il sale è anche necessario per la digestione dei grassi, dato che il sodio è coinvolto nella sintesi dei Sali Biliari, che hanno sui grassi hanno un’azione emulsionante.

Funzioni cerebrali – il sale è fondamentale per lo sviluppo delle cellule gliali del cervello. Negli USA, tra gli anni ’80 e ’90, un’azienda che produceva un latte in formula senza sale per lattanti è stata denunciata perché la mancanza di sale impediva ai bambini di sviluppare appieno le loro potenzialità intellettuali.
Funzioni surrenalica – i surreni sono responsabili dell’increzione di almeno 50 ormoni, tra cui quelli sessuali, quelli che regolano pressione, glicemia, concentrazioni minerali, processi riparativi e stress. Per una corretta sintesi ormonale, i surreni hanno bisogno di sale. Per esempio, il trasporto di vitamina C nei surreni è sodio-dipendente e a sua volta la vitamina C è un co-fattore enzimatico coinvolto nella sintesi di parecchi ormoni. Il desiderio di sale è sintomo di insufficiente funzione surrenale. L’aldosterone regola la pressione. Durante un periodo di stress e affaticamento i livelli di quest’ormone crollano e il corpo risponde aumentando le richieste di sale.

Ipertensione, sale e acidosi

Gli studi mostrano che la risposta al sale potrebbe essere influenzata da altri fattori alimentari. Nei soggetti sensibili, il bicarbonato di sodio è il 50% meno efficace del cloruro di sodio (sale comune) nell’aumentare la pressione. Con il sodio citrato l’aumento è minimo o nullo. L’aggiunta di bicarbonato di potassio riduce la sensibilità verso il sale e addirittura è in grado di abolirla. Questi risultati fanno pensare che alla base della sensibilità al sale ci sia uno stato di lieve acidosi. Raffinato grezzo ? Anche il tipo di sale ha il suo peso. La gran parte di quello che usiamo è “raffinato” e potrebbe non essere la scelta migliore. Meglio quello grezzo: a questo proposito si legga un precedente articolo.

Fonte: Dr. Francesco Perugini Billi