La vera star dell’estate è la vitamina C. Un importante alleato della nostra pelle che ne previene l’invecchiamento. E il risultato è presto detto: fresca, riposata, uniforme, luminosa e visibilmente più giovane. Da qui, la pratica ormai diffusa soprattutto negli USA e in Inghilterra tra le celebrities, per vedere la pelle più bella ed essere istantaneamente raggianti, delle infusione di vitamine e minerali. I notevoli benefici della vitamina C sono molteplici. Dall'azione antiossidante, alla protezione dai radicali liberi e, di conseguenza, previene l'invecchiamento cellulare. Inoltre, favorisce la produzione naturale di collagene, riduce la stanchezza, protegge la pelle dai raggi UV e aumenta la melanina nella grana del derma. Un valido aiuto per prevenire i segni dell’invecchiamento, le macchie cutanee, uniformare l’incarnato e rendere meno visibili i segni del tempo.
La Vitamina C è nota per essere uno dei più potenti antiossidanti, che stimolano collagene rendendo la pelle elastica e rimpolpata. Un vero e proprio alleato per sia per il sistema immunitario che per la pelle! Importante per il nostro benessere. Rinforza, quindi, il sistema immunitario e aiuta a prevenire raffreddore e influenza. La vitamina C contribuisce anche alla sintesi minerali importanti come il calcio, il ferro e l'acido folico. E ancora supporta il mantenimento in salute di vasi sanguigni, ossa e denti, oltre a partecipare alla sintesi di molte reazioni metaboliche. Questa preziosa vitamina è fondamentale per la produzione di collagene, elemento che mantiene la pelle compatta ed elastica, rinforzandola e proteggendola dall'azione dei radicali liberi. Quindi anche potente antiossidante. La vitamina C agisce migliorando compattezza della cute, stimolando la produzione di collagene, la protegge, quindi, dai danni causati dal fumo, dai raggi solari e dall'inquinamento. Inoltre, difende l’epidermide stimolando le naturali difese della pelle, proteggendola anche dallo stress ossidativo. Ma i benefici di questo importante alleato non finisco qui. L'acido ascorbico, infatti, migliora anche le concentrazioni di elastina, rendendo così la pelle più elastica e resistente.
Tra i sostenitori del suo impiego oltre che consumatore di grandi quantità di vitamina C, Linus Pauling, vincitore di due premi Nobel per la chimica. D’altronde, l’acido ascorbico contrasta i problemi cardiaci, riduce il rischio di malattie infettive, rinforza il sistema immunitario, riduce il colesterolo, incrementa la fertilità, ma è anche un alleato importante per la bellezza della pelle. Un valido rimedio naturale per avere una pelle più luminosa, quindi, anche contro fattori ambientali e naturali che, col passare del tempo, lasciano sulla pelle un colorito spento e poco uniforme. Grazie alla sua notevole azione schiarente, la vitamina C aiuta a prevenire e ridurre sia le macchie cutanee, sia le reazioni biochimiche che rendono l'incarnato spento e irregolare. Tuttavia, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarlo, questo prezioso nutriente deve essere assunto attraverso l'alimentazione e l’integrazione. Tra gli alimenti che ne sono maggiormente ricchi troviamo la frutta con agrumi, fragole e kiwi e la verdura con broccoli, spinaci e lattuga. Non dimentichiamo che un consumo regolare di questi alimenti, all’interno di una dieta equilibrata, potenzia gli effetti di questa vitamina sulla pelle.
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
«È un potente antiossidante in grado di combattere l'aging cutaneo e stimolare la sintesi del collagene», spiega al Sole 24Ore Mariuccia Bucci, dermatologa a Sesto San Giovanni (Mi). «Non solo – aggiunge la biologa -, se la nostra pelle appare spenta, affaticata, macchiata, un'applicazione topica di vitamina C aiuta a ridurre tutti questi inestetismi». Perché questo nutriente è così importante per il nostro corpo? «La vitamina della bellezza rappresenta la principale difesa contro i grassi nocivi – spiega al Sole 24Ore Nicola Sorrentino, nutrizionista a Milano - buone fonti di questa vitamina sono l'olio di semi, l'extravergine d'oliva, l'anguilla, il caviale, il tonno sottolio, le uova, la frutta secca e le foglie verdi esterne degli ortaggi». «L'acido ascorbico – continua la dermatologa – è utile nel miglioramento della struttura della pelle assicurando un miglioramento delle concentrazioni di collagene ed elastina, pilastri del derma». «E' anche utilizzato come schiarente, un suo derivato è efficace contro l'iperpigmentazione e nel ridurre le infiammazioni post trattamenti laser» conclude Mariuccia Bucci.
Insomma, pelle e vitamina C sono un vero e proprio binomio vincente. In primis è uno dei più preziosi antiossidanti disponibili in natura. Contrasta la formazione dei radicali liberi, principali responsabile dell’invecchiamento cutaneo. Protegge la cute dai raggi ultravioletti, causa di invecchiamento precoce. Anche utilizzata in sinergia con altre due vitamine, la A e la E, per contrastare l’invecchiamento. La sua funzione esfoliante, poiché è pur sempre un acido, e come il glicolico, esercita un’azione schiarente sulle macchie. O ascorbilfosfato di magnesio come agente depigmentante contro le discromie cutanee. Contribuisce alla produzione di collagene, principale sostegno di pelle e tessuti. Inoltre, la vitamina C è un prezioso alleato della pelle nella protezione dei capillari. Rinforza le pareti venose, rendendole più resistenti ed elastiche. Aiuta a prevenire la couperose ed accelera la guarigione dei capillari già danneggiati. Inoltre, l’acido ascorbico vanta anche di un’azione antinfiammatoria.
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Per approfondimenti:
Il Sole 24Ore "Una pelle nuova con la vitamina C"
Donna Moderna "Vitamina C, l’antiossidante naturale che fa bene alla pelle"
Fanpage "Vitamina C per la pelle: perché fa bene e come usarla"
GQ Italia "La vitamina C è l'ingrediente che rende più bella la pelle questa estate"
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Una "bomba" di vitamina C: preziosa nel trattamento del cancro
Duemila arance al giorno tolgono il medico di torno. È quanto mostra la ricerca condotta dall'Irccs di Candiolo e pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine. Secondo quest’indagine, infatti, una mega dose di vitamina C, somministrata per via endovenosa, per almeno due settimane, potrebbe potenziare gli effetti curativi dell'immunoterapia. Quindi, una dose massiccia, l’equivalente di 2000 arance potrebbe diventare un prezioso alleato nella battaglia anti-cancro. In base a quanto dimostrato da questa ricerca, l’acido ascorbico, rafforzando il sistema immunitario, potrebbe aumentare gli effetti benefici del trattamento anti-tumorale, riducendone persino la crescita. Come si legge su La Stampa, «la “bomba” di vitamina C potenzia l’immunoterapia e la rende più tollerabile, aprendo la strada a nuove possibilità di terapie integrate che potrebbero rallentare la progressione della malattia». Tuttavia, l’uso dell’acido ascorbico in dosi massicce e per via endovenosa è una pratica terapeutica consolidata già dagli anni ’30, all’epoca principalmente come arma di contrasto a polmoniti e infezioni polmonari e, più di recente, è stato utilizzato anche nel trattamento del Covid-19. Oggi, come allora, vengono dimostrati gli effetti positivi soprattutto sul nostro sistema immunitario.
Vitamina C, un concentrato di proprietà e benefici
Lo studio, condotto su topi con melanomi o tumori della mammella, al colon-retto o al pancreas, sottoposti o meno a immunoterapia oncologica. Perché la terapia sia efficace non si parla di normali dosi di Vitamina C, ma di vere e proprie "bombe" somministrate per via endovenosa per un periodo prolungato insieme. L’alto dosaggio è necessario per sbloccare il sistema immunitario stimolando una risposta più incisiva e, al tempo stesso, per generare reazioni auotoimmuni. Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Oncologia Molecolare all’istituto di Candiolo e professore ordinario del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, ha spiegato che la scelta di testare le maga dosi di ascorbico nel peritoneo di topolini affetti da diversi tumori solidi è stato per comprenderne gli effetti sia sul tumore che sulla risposta immunitaria. I risultati dimostrano innanzitutto che la vitamina C da sola innesca i linfociti T e li attiva a una risposta più efficace contro il cancro, mettendolo nella condizione di rallentare drasticamente la sua crescita. La vitamina C è un potente antiossidante in grado di contrastare anche le infezioni respiratorie di origine virale, evitando così, lo sviluppo di complicanze. Dall’alimentazione bilanciata all’integrazione corretta. Una sorta di primo scudo contro gli attacchi esterni. Questo nutriente, importante per il nostro organismo, è presente nei kiwi, nelle arance, nelle fragole, nel ribes rosso, nel peperone rosso, nel cavolo nero, nei broccoli, negli spinaci, nella lattuga e nella rucola.
Questi promettenti risultati riaccendono i riflettori sugli effetti prodigiosi di questa importante vitamina. In sostanza, la vitamina C, seppur non contrastando direttamente il cancro, mette il nostro organismo nella condizione di fornire una risposta immunitaria capace di inibire lo sviluppo dei tumori. L’idea di questo studio, spiega Alberto Bardelli, nasce dai «dati positivi sull’aumento della sopravvivenza in pazienti con tumori trattati con vitamina C raccolti negli anni ’70 ma mai adeguatamente riprodotti e comprovati, gli studi sul ruolo di questa vitamina nel cancro sono stati a lungo abbandonati». «Questo conferma che il possibile effetto anticancro della vitamina C è mediato dall’azione positiva che essa ha sul sistema immunitario abbiamo, quindi, cercato di capire se tale effetto si mantenga anche in caso di immunoterapia, co-somministrando la vitamina C assieme a due farmaci inibitori dei checkpoint, già approvati per la terapia di alcuni tumori ma gravati da frequenti effetti collaterali, come la comparsa di resistenze al trattamento o di malattie autoimmuni» osserva Federica Di Nicolantonio, professore associato all’Università di Torino e a capo del laboratorio di epigenetica del cancro presso l’Istituto di Candiolo.
Storia e segreti della VITAMINA C nella prevenzione di tante malattie
I checkpoint sono i «freni molecolari» che vigilano sul sistema immunitario bloccherebbero reazioni di difesa eccessive che danneggerebbero i tessuti o provocherebbero malattie autoimmuni. Nel caso di tumori diventerebbe fondamentale sbloccarli, attraverso gli inibitori, in modo tale da rendere la risposta immune ancora più incisiva e in grado di avere la meglio sul cancro. Tuttavia, da non sottovalutare la comparsa di reazioni autoimmuni che impongono di sospendere le cure. «La contemporanea somministrazione delle mega-dosi di vitamina C - conclude Bardelli - ha potenziato l’effetto dell’immunoterapia con gli inibitori di checkpoint, rallentando la crescita dei tumori e addirittura portando alla regressione completa in alcuni animali con tumore al seno. Si tratta di risultati pre-clinici, ma se saranno confermati da successivi studi sull’uomo la ‘triplice terapia’ con vitamina C e i due inibitori di checkpoint potrebbe aprire la strada a nuove prospettive di cura nell’ambito delle terapie oncologiche integrate, rendendo le iniezioni endovenose di vitamina C ad alte dosi una strategia da abbinare all’immunoterapia».
Vanity Fair "Mega-dosi di vitamina C contro il cancro: il nuovo studio"
La Stampa "Le “bombe” di vitamina C potenziano le difese e l’immunoterapia anti-cancro"
Giornale di Sicilia "Tumori, uno studio conferma: Mega dosi di vitamina C endovena aiutano a difendersi"
Di Lei "Uno studio dimostra che la Vitamina C è efficace contro il cancro. Ma solo ad alte dosi"
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Non fa male ed è una miniera di proprietà benefiche. Parliamo proprio del magnesio. Infatti, questo minerale, rinforza ossa, muscoli e tessuti mobili e non fa ingrassare. Essenziale, quindi, per il benessere psicofisico e ancor più per la salute, nel nostro corpo è il quarto micronutriente più abbondante. Immagazzinato per la quasi totalità (99%) nelle ossa, nei muscoli e nei tessuti (il restante 1% si trova nel sangue). Non dimentichiamo, inoltre, che a bassi livelli di magnesio sono associate diverse malattie come l'Alzheimer, il diabete di tipo 2, l'ipertensione, l'insulino-resistenza, l'emicrania, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e le malattie cardiache. Una carenza di magnesio comporta conseguenze non trascurabili per la salute delle persone.
7 segni che il corpo ha bisogno di Magnesio
Ottimo alleato della nostra salute. Attenzione a non restare in riserva! Non sempre per ovviare a questa carenza è sufficiente un'alimentazione sana. A volte, purtroppo, è necessario seguire una vera e propria “dieta del magnesio” assumendo con regolarità tutti gli alimenti maggiormente ricchi di questo importante minerale abbinata a una corretta integrazione per ridurre al minimo il rischio della carenza di questo minerale. Per questo è importante una dieta ricca di magnesio. Tra gli alimenti alleati del benessere quelli che lo contengono in maggiore quantità sono l’avocado, gli spinaci, il prezzemolo e la bietola. Presente anche nella frutta secca e soprattutto mandorle, nocciole, arachidi e fichi secchi. E in quella fresca come banane e fichi. Ultimo, ma non per importanza, un concentrato di magnesio per eccellenza: il cioccolato fondente.
Il segreto per essere in salute? Basta mantenere un alto livello di magnesio nell’organismo. Tra i pochi regimi alimentari ipocalorici con tanti pro e nessuna controindicazione. Oltre ai tanti benefici per la nostra salute, tra cui il rinforzo di cuore, ossa e denti, il magnesio, è anche un valido supporto per non prendere peso. Come già anticipato, questo micronutriente è un potente aiuto per contrastare la stanchezza ed alleviare crampi e dolori muscolari. Questi, sono tra i principali sintomi di un deficit di magnesio. Fondamentale alla realizzazione di una lunga serie di processi metabolici, il magnesio, è presente in tutte le cellule del corpo. Tra le sue notevoli funzioni, stabilizza le catene di DNA e RNA, permettendo alle cellule di rigenerarsi ed evitando mutazioni cellulari o la comparsa di cellule cancerogene, facilita la produzione di ATP, l’energia necessaria ai processi metabolici, interagisce con il metabolismo del calcio, influenza i processi di produzione dei neuromodulatori e dei neurotrasmettitori, che permettono alle informazioni di viaggiare sotto forma di impulso nervoso attraverso il corpo e ci consente di una serie di attività tra cui parlare e muoverci, garantisce il mantenimento del corretto ritmo cardiaco e consente il rilassamento del sistema muscolare e di quello nervoso.
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
«È coinvolto in oltre 300 diversi processi metabolici risultando fondamentale per l’assimilazione del fosforo, del calcio e del potassio. Facilita l’utilizzo di alcune vitamine, come quelle del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E» nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti, Adriano Panzironi spiega le peculiarità e le principali funzioni di questo minerale sul nostro organismo. «Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio».
Prime tra tutte, rafforza ossa e denti. Raccomandato per prevenire l’osteoporosi e la comparsa di carie. Vigila sui livelli di zucchero nel sangue impedendo, così, la comparsa del diabete. Favorisce, con l’aumento della produzione di insulina, l’assorbimento di questi zuccheri nelle cellule, riducendone, di conseguenza, la concentrazione nel sangue. Fondamentale nei processi metabolici che aiutano a produrre energia e avere maggiore forza muscolare soprattutto a gambe e braccia. Distrugge i calcoli renali garantendo la salute dei reni. Calmante naturale e potente antistress. Il magnesio interviene nelle trasmissioni degli impulsi nervosi e agisce sulla produzione di serotonina, conosciuto anche come l’ormone del buonumore. Valido supporto per rilassare il muscolo cardiaco e prevenire le aritmie.
Poiché lo ione magnesio fa parte della saliva, presente nei succhi gastrici, è in grado di controllare gli acidi dello stomaco e favorendo la corretta digestione. Questo minerale agisce come un leggero lassativo capace di espellere le tossine presenti nell’intestino e come regolatore nella proliferazione della flora intestinale. Essenziale per il mantenimento dell’equilibrio dei liquidi corporei, svolge un ruolo importante come regolatore della pressione arteriosa e come potente alleato nel contrasto dell’ipertensione. Inoltre, regola l’equilibrio ormonale ed è in grado di prevenire e alleviare i dolori mestruali. Al contrario, un deficit di magnesio provoca la comparsa di disturbi del sonno, poiché agisce sulla produzione di questo melatonina, quindi, un deficit di magnesio provoca la comparsa di insonnia e disturbi del sonno. Inoltre, disciplina gli squilibri del pH corporeo.
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Stare al sole per fare il pieno di vitamina D per aumentare le nostre riserve. È la raccomandazione di uno studio scientifico preliminare. Quindi non solo per proteggere e rinforzare il sistema immunitario da 3 a 5, ma addirittura per evitare le complicanze del Covid-19. Gli innumerevoli benefici della vitamina D, per la salute in generale e per il potenziamento della risposta immunitaria non sono una novità per nessuno e anche in questa occasione si dimostra un potente alleato contro l’infezione da SARS-CoV2. La ricerca, condotta dagli esperti degli Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust, dell’Università dell’East Anglia, in Inghilterra, ha evidenziato un collegamento tra i bassi livelli di mortalità per coronavirus e buone riserve di vitamina D. Il team di ricercatori guidati dal professor Petre Cristian Ilie hanno incrociato i dati con quelli della mortalità per Covid-19, osservando che i Paesi colpiti più duramente sono proprio quelli in cui si registra una maggiore deficienza di vitamina D. Al primo posto l'Italia, seguita da Spagna e Svizzera, dove il coronavirus ha colpito duramente e nelle cui popolazioni anziane la carenza vitaminica è una condizione particolarmente diffusa.
Tra i soggetti maggiormente a rischio: gli anziani. Sono loro la categoria con maggiore carenza di vitamina D. La correlazione tra Covid-19 e vitamina D sostenuta dal gruppo di ricercatori inglesi era già stata anticipata da due ricercatori dell’Università di Torino. I due scienziati torinesi suggerivano già un mese fa di «assicurare adeguati livelli di vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati». Non solo agli anziani, il suggerimento veniva poi esteso a tutti coloro che, per vari motivi, non si esponevano adeguatamente alla luce solare. Nell’indagine, Giancarlo Isaia, docente di geriatria e presidente dell’Accademia di Medicina di Torino, e Enzo Medico, docente di istologia presso l'Università degli Studi di Torino, richiamano l’attenzione su un aspetto di prevenzione: l’ipovitaminosi D. «Sulla base di numerose evidenze scientifiche – spiegavano gli esperti - e di considerazioni epidemiologiche, sembra che il raggiungimento di adeguati livelli plasmatici di Vitamina D sia necessario anzitutto per prevenire le numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, ma anche per determinare una maggiore resistenza all’infezione COVID-19 che, sebbene con minore evidenza scientifica, può essere considerata verosimile. Tale compenso può essere raggiunto anzitutto con l’adeguata esposizione alla luce solare, poi alimentandosi con cibi ricchi in Vitamina D». I due scienziati hanno anche sottolineato l’importanza di livelli adeguati di vitamina D per offrire all’organismo una maggiore resistenza all'aggressione del patogeno.
Si aggiunge così un altro importante tassello al puzzle che lega il Covid-19 al sistema immunitario e di conseguenza alla vitamina D, ma anche alla vitamina C. lo studio infatti indaga sul legame tra bassi livelli di vitamina D e mortalità da Covid-19 in 20 Paesi europei. I risultati hanno mostrato una correlazione statistica tra le cifre, o meglio, le popolazioni con più bassi livelli di vitamina D hanno mostrato una mortalità da Coronavirus più alta. Secondo l'Università di Harvard ne soffrirebbero, a livello mondiale, circa un miliardo di persone. Conosciuta anche come ipovitaminosi D, questa carenza vitaminica è la condizione risultante dall'assenza di adeguate quantità di questo composto organico nel nostro organismo. «Riteniamo – hanno detto gli studiosi – di poter consigliare l’integrazione di vitamina D per proteggersi dall’infezione da SARS-CoV2». La vitamina D è un composto liposolubile raro negli alimenti, ma che può essere assunto anche tramite la corretta integrazione. La principale fonte naturale sono i raggi del sole. Tuttavia, tra i pochissimi alimenti ricchi di vitamina D, ricordiamo pesce azzurro, uovo, funghi, burro e olio di fegato di merluzzo.
Dott. Paolo Giordo - Le verità nascoste sulla vitamina D
Cibo, sole e corretta integrazione. Gli esperti spiegano poi le due modalità di assunzione di questa importante vitamina che può essere sintetizzata dalla cute, per effetto delle radiazioni ultraviolette emanate dalla luce solare oppure tramite gli alimenti. Nell’indagine dell’Università degli Studi di Torino, viene proposta anche una “top ten” degli alimenti ricchi di vitamina D (vedi figura). Quindi, mangiare molto pesce e prendere tanto sole. L’esposizione alla luce solare e un sano stile alimentare, ricco soprattutto di cibi che contengono vitamina D, diventano i nostri principali alleati in questa grande battaglia.
Tra le tante proprietà della vitamina "del sole" anche tante funzioni importanti. Tra le più citate rientrano la modulazione del sistema immunitario e la riduzione nel rischio di sviluppare infezioni respiratorie di origine virale. Inoltre, rinforza le ossa, favorendo la crescita nei bambini, promuove l'assorbimento del calcio nelle vie intestinali, rinforza le ossa e modula, infine, l'assorbimento intestinale di ferro, magnesio, fosfati e zinco. La principale fonte di approvvigionamento è l’esposizione alla luce solare. A tal proposito, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda l’esposizione ai raggi solari per almeno mezzora al giorno.
Prof. Luca Avoledo - Vitamina D: perché è così importante e in quali alimenti si trova?
In ultima analisi, la vitamina D fornirebbe un valido aiuto per ridurre l’incidenza di infezioni delle vie respiratorie e dei casi di influenza. Ad avvalorare la testi, le ricerche precedenti che dimostrano il ruolo attivo della Vitamina D sulla modulazione del sistema immune, la stretta correlazione dell’Ipovitaminosi D con una lunga serie di patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita, ancor più in caso di infezione; un effetto della Vitamina D nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, incluse quelle da coronavirus, oltre alla sua capacità di limitare il danno polmonare da iperinfiammazione. Ecco, alcune delle motivazioni scientifiche a supporto:
1) Particolarmente attuale ed importante, “Vitamin D Supplementation Could Prevent and Treat Influenza, Coronavirus, and Pneumonia Infections” nel quale viene sottolineato un possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento anche della malattia da coronavirus. Vi si legge che la Vitamina D riduce il rischio di infezioni respiratorie attraverso tre meccanismi:
➢ Mantenimento delle tight junctions, e della barriera polmonare:➢ Incremento dell’espressione di peptidi antimicrobici quali la catelicidina e beta-defensine: Da notare che questi peptidi sono dotati di attività antivirale:➢ Stimolo dell’attività immunoregolatoria, potenzialmente rilevante rispetto al rischio di tempesta citochinica e di polmonite, osservata in pazienti con COVID-19
2) Ruolo immunomodulatore della Vitamina D e anche un suo effetto antagonista sulla replicazione virale nelle vie respiratorie.
3) Nel 2014, una review “Vitamin D: a new anti-infective agent?”, esamina le interazioni fra la Vitamina D, il sistema immunitario e le patologie infettive, sottolineando l’associazione tra l’ipovitaminosi D e le infezioni respiratorie ed enteriche, l’otite media, le infezioni da Clostridium, le vaginosi, le infezioni del tratto urinario, la sepsi, l’influenza, la dengue, l’epatite da attribuire alla capacità della vitamina D di incrementare peptidi antimicrobici (catelicidina e beta-defensine) dotati di attività antivirale e immunomodulatoria.
4) Uno studio condotto in Sud Corea ha evidenziato valori ridotti di vitamina D in pazienti con polmonite acuta acquisita in comunità.
5) Una concentrazione di vitamina D si associa al dimezzamento del rischio di infezioni respiratorie acute.
6) Una metanalisi del 2017 ha considerato 25 studi randomizzati, evidenziando che la supplementazione di Vitamina D riduce di due terzi l’incidenza di infezioni respiratorie acute
7) Il calcitriolo si è dimostrato efficace nei ratti nel ridurre il danno polmonare acuto
Tra le cause dell’ipovitaminosi D rientra l’apporto alimentare insufficiente, l’inadeguata esposizione al sole, l’alterato assorbimento intestinale o un aumento del suo fabbisogno. Da non sottovalutare condizioni particolari come malattie epatiche e renali e l'assunzione di alcuni tipi di farmaci, soprattutto anticonvulsionanti, antivirali e glucocorticoidi. Esistono, poi, fattori di rischio in grado di favorire questa carenza. Tra questi obesità, fumo, alcolismo, fibrosi cistica, celiachia, pancreatite cronica e l'età. Il deficit di vitamina D, contribuisce anche alla comparsa di osteoporosi e rachitismo, di patologie come ipertensione, diabete e sindrome metabolica oltre al non trascurabile rischio cardiovascolare. Precedenti studi hanno dimostrato che, in caso di carenza, l’aumento dei livelli di vitamina D, potrebbe ridurre il rischio di altre infezioni respiratorie. Sul possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D si era già aperto uno spiraglio e stando agli studi citati, sia gli scienziati britannici che quelli italiani suggeriscono come mantenere la vitamina D a livelli ottimali con il supporto di una giusta alimentazione e della corretta integrazione possano essere d'aiuto nel contrasto alla pandemia di coronavirus.
Il Giornale "Carenza di vitamina D e Coronavirus: esiste una connessione?"
Fanpage "Carenza di vitamina D associata a maggior mortalità per coronavirus: lo suggerisce una ricerca"
Science Alert "I decessi per COVID-19 sono collegati alla carenza di vitamina D. Ecco cosa significa"
Blitz Quotidiano "Coronavirus e Vitamina D, c’è correlazione? Anziani sono carenti e sono la categoria più a rischio"
Università degli Studi di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"
The Lancet "Vitamin D supplementation and musculoskeletal health"
La Stampa "Sole e pesce alleati contro il rischio contagio da coronavirus"
La Repubblica "Coronavirus, studio dell'Università di Torino: assumere più vitamina D per ridurre il rischio di contagio"
Adnkronos "Coronavirus, l'ipotesi: carenza vitamina D può aumentare rischi"
Fanpage "Coronavirus, carenza di Vitamina D possibile fattore di rischio: lo studio italiano"
Leggo "Coronavirus, carenza di vitamina D aumenta il rischio? Lo studio italiano"
Corriere della Sera "Coronavirus: perché serve la Vitamina D"
Io Donna "Coronavirus: perché serve la Vitamina D"
Panorama "Combattere il Coronavirus a tavola: ecco la giusta alimentazione"
Mercola "Perché la vitamina D è meglio di QUALSIASI vaccino e migliora il sistema immunitario di 3-5 volte"
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Il miracolo della vitamina D: aumenta il sistema immunitario da 3 a 5
Sistema immunitario debole e malattie associate alla carenza di Vitamina D: ecco i principali segnali
La carenza di vitamina D è tra i principali fattori di rischio per l'infezione causata dal SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus scoppiato in Cina. Sul possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D per contrastare il COVID-19, arriva la ricerca dell’Università degli Studi di Torino. Giancarlo Isaia (docente di Geriatria e Presidente dell'Accademia di Medicina di Torino) e Enzo Medico (ordinario di Istologia), nel loro studio, richiamano l’attenzione su un aspetto di prevenzione: l’ipovitaminosi D. «Sulla base di numerose evidenze scientifiche e di considerazioni epidemiologiche, sembra che il raggiungimento di adeguati livelli plasmatici di Vitamina D sia necessario anzitutto per prevenire le numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, ma anche per determinare una maggiore resistenza all’infezione COVID-19 che, sebbene con minore evidenza scientifica, può essere considerata verosimile. Tale compenso può essere raggiunto anzitutto con l’adeguata esposizione alla luce solare, poi alimentandosi con cibi ricchi in Vitamina D».
Lo studio di Isaia e Medico nasce proprio dai dati raccolti negli ultimi giorni a Torino tra i pazienti ricoverati per Coronavirus. E il denominatore comune tra i soggetti positivi al virus era proprio la carenza di vitamina D. «Questa raccomandazione - spiegano i due ricercatori - è utile per la popolazione generale, ma è particolarmente pregnante per i soggetti già contagiati, i loro congiunti, il personale sanitario, gli anziani fragili, gli ospiti delle residenze assistenziali, le donne in gravidanza, le persone in regime di clausura e tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare. Inoltre, potrebbe essere considerata la somministrazione in acuto del calcitriolo per via endovenosa in pazienti affetti da COVID-19 con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa»
Cibo, sole e corretta integrazione. Gli esperti spiegano poi le due modalità di assunzione di questa importante vitamina che può essere sintetizzata dalla cute, per effetto delle radiazioni ultraviolette emanate dalla luce solare oppure tramite gli alimenti. A tal proposito, nell’indagine dell’Università degli Studi di Torino, viene proposta anche una “top ten” degli alimenti in cui è maggiormente presente (vedi figura). Quindi, mangiare molto pesce e prendere tanto sole. Così, la lotta al Covid-19 si combatte tra il terrazzo e la cucina. L’esposizione alla luce solare e un sano stile alimentare, ricco soprattutto di cibi che contengono vitamina D, diventano i nostri principali alleati in questa grande battaglia. Per sommi capi, i due professori suggeriscono, al sistema sanitario, di garantire adeguati livelli di vitamina D sia per le persone già contagiate, sia per il resto della popolazione. In primis, ovviamente, ai soggetti in terapia intensiva e a tutte quelle persone che sono maggiormente a rischio (pazienti oncologici o con altre patologie pregresse, anziani e personale sanitario).
Dott. Luca Avoledo - Vitamina D: perché è così importante? In quali alimenti si trova?
L'Italia, è uno dei Paesi europei, insieme a Spagna e Grecia, con maggiore prevalenza di ipovitaminosi D. E nel Nord Europa poi, la prevalenza è minore per l’antica abitudine di addizionare cibi di largo consumo con vitamina D. Nella nostro Paese, è stato dimostrato che il 76% delle donne anziane presentano carenza di vitamina D. Da non trascurare poi che la maggioranza delle persone in terapia intensiva sono soprattutto anziani e sono proprio questi (ma non solo) a rischiare le complicanze maggiori. Tra i rischi annoverati nel report: «Le concentrazioni ridotte di 25(OH)D aumentano il rischio di osteoporosi e delle cadute dell’anziano, ma si associano anche a tumori, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, infezioni croniche dell’apparato respiratorio, diabete mellito, malattie neurologiche e ipertensione. Queste patologie causano maggiore mortalità, soprattutto se questi pazienti si ammalano di COVID-19»
Intervista a Cristiana Stellato - Effetti della vitamina D sul sistema respiratorio
Inoltre, «la ridotta incidenza di Covid-19 nei bambini - sottolineano gli esperti - potrebbe essere attribuita alla minore prevalenza di ipovitaminosi D conseguente alle campagne di prevenzione del rachitismo attivate in tutto il mondo dalla fine dell’Ottocento». Per cui, concludono i docenti: «L'insorgenza di un focolaio in Piemonte in un convento di suore di clausura, popolazione a più elevato rischio di ipovitaminosi D, costituisce un altro elemento suggestivo sul possibile ruolo protettivo della vitamina D sulle infezioni virali". Mentre la distribuzione geografica della pandemia "sembra potersi individuare maggiormente nei Paesi situati al di sopra del tropico del cancro, con relativa salvaguardia di quelli subtropicali».
Prof. Diego Peroni (Pediatria Università di Ferrara) - Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario
In ultima analisi, ma non meno importante, l'aspetto della prevenzione contro il coronavirus. Nello specifico, la vitamina D fornirebbe un valido aiuto per ridurre l’incidenza di infezioni delle vie respiratorie e dei casi di influenza. Ad avvalorare la testi, le ricerche precedenti che dimostrano un ruolo attivo della Vitamina D sulla modulazione del sistema immune, la stretta correlazione dell’Ipovitaminosi D con una lunga serie di patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita, ancor più in caso di infezione; un effetto della Vitamina D nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, incluse quelle da coronavirus, oltre alla sua capacità di limitare il danno polmonare da iperinfiammazione. Ecco, alcune delle motivazioni scientifiche a supporto:
1) Concentrazioni ridotte di 25(OH)D aumentano il rischio di osteoporosi e delle cadute dell’anziano, ma si associano anche a tumori, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, infezioni croniche dell’apparato respiratorio, diabete mellito, malattie neurologiche e ipertensione. Queste patologie causano maggiore mortalità, soprattutto se questi pazienti si ammalano di COVID-19.
4) Uno studio condotto in Sud Corea ha evidenziato valori ridotti di 25(OH)D (14 ±8 ng/ml) in pazienti con polmonite acuta acquisita in comunità.
5) In pazienti con malattie infiammatorie intestinali è stato evidenziato che, in presenza di livelli di 25(OH)D < a 20 ng/ml, la somministrazione di vitamina D3 (500 U/die) riduce di due terzi l’incidenza di infezioni delle alte vie respiratorie.
6) Una concentrazione di 25(OH)D superiore a 38 ng/ml si associa al dimezzamento del rischio di infezioni respiratorie acute.
7) Una metanalisi del 2017 ha considerato 25 studi randomizzati, evidenziando che la supplementazione di Vitamina D riduce di due terzi l’incidenza di infezioni respiratorie acute nei soggetti con livelli di 25(OH)D inferiori a 16 ng/ml
8) Il Calcitriolo si è dimostrato efficace nei ratti nel ridurre il danno polmonare acuto indotto nei ratti da lipopolisaccaridi attraverso un effetto sul sistema renina-angiotensina
9) Particolarmente attuale ed importante, “Vitamin D Supplementation Could Prevent and Treat Influenza, Coronavirus, and Pneumonia Infections” nel quale viene sottolineato un possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento anche della malattia da coronavirus. Vi si legge che la Vitamina D riduce il rischio di infezioni respiratorie attraverso tre meccanismi:
➢ Mantenimento delle tight junctions, e della barriera polmonare:➢ Incremento dell’espressione di peptidi antimicrobici quali la catelicidina e beta-defensine: Da notare che questi peptidi sono dotati di attività antivirale:➢ Stimolo dell’attività immunoregolatoria, potenzialmente rilevante rispetto al rischio di tempesta citochinica e di polmonite, osservata in pazienti con COVID-19:
Dott. Piergiorgio Pietta - Difese Immunitarie: l'importanza dei fermenti lattici e della vitamina D
«Una buona difesa, quindi utile anche contro il coronavirus, si ha assumendo vitamina C e D e in generale prendendo tutto ciò ciò che combatte i processi ossidanti che mandano in crisi il sistema immunitario [...] bisogna difendersi, ma in maniera ordinata» sostiene Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008, in un'esclusiva realizzata da Pandora Tv. Ricordiamo che il sistema immunitario è una sorta di barriera protettiva dagli agenti esterni. Un'interessante spiegazione viene presentata nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. «Il nostro corpo è attaccato continuamente dall’esterno da virus, batteri, funghi e solo la nostra pelle riesce a difenderci efficacemente. Tali microrganismi patologici cercano in ogni modo di entrare nel nostro organismo, utilizzando le ferite o le abrasioni, oppure tramite la bocca o il naso. Un altro terreno di scontro all’interno del nostro corpo è l’intestino, dove colonie di batteri patogeni, presenti nel colon, si scontrano con le nostre difese immunitarie. Il nostro corpo è difeso da un esercito definito sistema immunitario, perché composto da gruppi differenziati di globuli bianchi, ognuno dei quali pronto ad assolvere specifici compiti».
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#Iorestoacasa. È questa la nuova campagna social all'insegna di responsabilità e consapevolezza. Lavarsi bene le mani, mantenere le distanze di sicurezza ed evitare assembramenti. Iniziamo così a rispettare le norme igieniche per prevenire il contagio e limitare il rischio diffusione del virus, ma non basta. Diventa fondamentale, soprattutto in situazioni difficili come questa, rinforzare il sistema immunitario che potrebbe diventare un potente alleato contro il nemico comune. Come rispondiamo a virus e malanni stagionali? Il modo migliore per contrastarli è proprio quello di farci trovare in salute. Quindi, per evitare di ammalarsi, bisogna innanzitutto rinforzare gli anticorpi con la corretta alimentazione. E per rinforzare il sistema immunitario ed evitare il contagio, al via con le vitamine C e D che, sono, oggi più che mai, nostri amici in questa grande battaglia.
«Una buona difesa, quindi utile anche contro il coronavirus, si ha assumendo vitamina C e D e in generale prendendo tutto ciò ciò che combatte i processi ossidanti che mandano in crisi il sistema immunitario. Non farsi prendere dal panico per il coronavirus. Non è una malattia così pericolosa come ci è stata presentata, bisogna difenderci, ma in maniera ordinata» ribadisce Luc Montagnier nell’intervista realizzata da Giulietto Chiesa a Pandora Tv. Coì, Montagnier Nobel per la medicina nel 2008 spiega come rinforzare sistema immunitario. E poi «non farsi prendere dal panico per il coronavirus - aggiunge il premio Nobel - non è una malattia così pericolosa come ci è stata presentata, bisogna difenderci ma in maniera ordinata». Infatti, secondo Montagnier, lo stato di panico produce enzimi che indeboliscono le nostre difese, rendendo l'organismo più vulnerabile»
Per sistema immunitario intendiamo il sistema di difesa dagli agenti estranei all'organismo. Un'interessante spiegazione viene presentata nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. «Il nostro corpo è attaccato continuamente dall’esterno da virus, batteri, funghi e solo la nostra pelle riesce a difenderci efficacemente. Tali microrganismi patologici cercano in ogni modo di entrare nel nostro organismo, utilizzando le ferite o le abrasioni, oppure tramite la bocca o il naso. Un altro terreno di scontro all’interno del nostro corpo è l’intestino, dove colonie di batteri patogeni, presenti nel colon, si scontrano con le nostre difese immunitarie. Il nostro corpo è difeso da un esercito definito “sistema immunitario”, perché composto da gruppi differenziati di globuli bianchi, ognuno dei quali pronto ad assolvere specifici compiti (circa 5.000/9.000 globuli per millimetro cubo) e da organi di produzione e maturazione degli stessi. Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine. In primis, tutte le cellule a difesa del nostro organismo nascono nel midollo osseo e sono di tre tipi differenti: mastociti, monociti, granulociti (che si suddividono in neutrofili, basofili ed eosinofili), linfociti (che si suddividono in linfociti T e linfociti B e cellule dendritiche».
«La complessità del nostro sistema immunitario - si legge nel libro - è dovuto sia al meccanismo di controllo che alle scelte di difesa da attuare in base al tipo di nemico che aggredisce il nostro corpo. Ogni singola tipologia di cellula immunitaria deve essere attivata al momento giusto e disattivata subito dopo aver risolto l’invasione, per evitare di infliggere dei danni al nostro corpo. Vi sarete resi conto che a seguito di un’influenza il nostro corpo reagisce alzando la temperatura, aumentando la permeabilità dei vasi sanguigni ed innesca una serie di reazioni».
Come aumentare le difese immunitarie? Ovviamente con il carburante primario del nostro sistema immunitario: il cibo. Infatti, una corretta alimentazione, sana ed equilibrata, fornisce al nostro organismo la giusta energia per affrontare le nostre battaglie quotidiane. Innanzitutto, evitare gli i cibi con un'elevata quantità di zuccheri e grassi saturi. Ecco alcuni cibi le nostre difese. Gli agrumi sono una fonte primaria di vitamina C, con le loro proprietà antiossidanti e immunomodulanti, collaborano con il sistema immunitario nella protezione dalle malattie. lmportante, tra questi, il ruolo svolto dal limone nei processi di difesa cellulare: antisettico, battericida e combatte bronchite, artrite, sovrappeso e ipertensione. Le verdure, soprattutto quelle a foglia verde con proprietà antibatteriche e antivirali. L'olio Extra Vergine di Oliva o EVO, riequilibra la membrana delle cellule bianche del sangue (linfociti). La frutta secca, ricca di vitamina E, è un concentrato di sostanze prebiotiche come minerali e omega 3, utile per aiutare il nostro organismo ad affrontare gli attacchi degli agenti patogeni esterni. L'echinacea o curcuma, ottime anche come tisane, grazie ai suoi estratti infatti, utili per favorire le naturali difese immunitarie dell’organismo, aiuta a prevenire i raffreddori. L'aglio, capace di contrastare le infezioni. Assolutamente da evitare: lo zucchero, che potrebbe compromettere l’attività del sistema immunitario, aumentando i rischi legati alle malattie cardiache e alla pressione. E, per sopperire a carenze alimentari, o semplicemente per rafforzare le difese immunitarie, ricordiamo la possibilità di aiutare il nostro organismo con la giusta integrazione di vitamina C, vitamina D, magnesio, zinco e selenio.
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Il sonno disordinato, quello sbagliato. Tra le cattive abitudini degli italiani (ma non solo), c'è proprio quella di tirare fino a tardi o, per gli amanti della notte, fino al mattino. Infatti, andare a dormire tardi, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze e se, nel breve periodo, riguardano soprattutto benessere fisico e psichico, nel lungo periodo, danneggiano anche il cuore. Ebbene sì, dormire poco o male ci rende vulnerabili e maggiormente predisposti e soggetti a ictus e infarti. E non è finita qui. Tra le conseguenze negative, della carenza di sonno, possiamo annoverare il diabete di tipo 2, l'obesità, poichè quando si dorme meno si tende solitamente a mangiare di più e si bruciano le calorie con maggiore difficoltà, la sindrome metabolica e la perdita dell'elasticità cutanea. Già teorizzato lo scorso anno da ricercatori americani dell’Università del Colorado di Boulder. Gli studiosi avevano determinato che chi dorme meno di 7 ore a notte presenta livelli inferiori di tre microRNA nel sangue, si tratta di piccole molecole che regolano e giocano un ruolo importante nel consentire il corretto funzionamento dei vasi sanguigni. La conferma a questa teoria, arriva dal nuovo studio, pubblicato su Journal of the American College of Cardiology (JACC) che dimostra come il sonno irregolare sia dannoso per il cuore e per i vasi.
Per insonnia non s'intende «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani. […] quando sono imposti disturbi del sonno a questo ritmo circadiano, l’aumento notturno di IL-6 viene ritardato, […] la privazione totale del sonno notturno l’aumento di IL-6 di circa la metà. […] l’aumento notturno del fattore di necrosi tumorale TNF sembra essere guidato principalmente da fattori circadiani. […] vi è evidenza di un sorprendente aumento notturno della capacità dei monociti di rispondere alla sfida […] aggiunge l’idea che il sonno notturno favorisce la difesa immunitaria in una sfida microbica. […] prolattina. […] ormoni neuroendocrini sono noti per migliorare la proliferazione e la differenziazione delle cellule T e per promuovere l’attività delle citochine di tipo 1. […] perdita di sonno aumenta progressivamente oltre 4 notti, vi è evidenza di un aumento cumulativo della proteina C-reattiva (CRP) […]» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Lo studio, infatti, conferma la correlazione tra le concentrazioni di interleuchine e le fasi circadiane e quindi, di conseguenza il bilanciamento Th1 e Th2. «Ad esempio - aggiunge - l’interleuchina IL6 ha due picchi alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00».
La melatonina è una molecola naturale antichissima, infatti, la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa. É prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna (di 5/9 millimetri di altezza) e presente in qualsiasi organismo (animale o vegetale). La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali. Vediamo ora come avviene questo processo: la ghiandola pineale è sincronizzata con i ritmi circadiani, modificandosi in base alle variazioni di luminosità del giorno e della notte o al cambio di stagione. Il precursore della melatonina è il triptofano (un aminoacido essenziale, d’assumere per via alimentare), trasformato in serotonina per opera dell’enzima idrossindolo-metil-transferasi (Homt), presente nella ghiandola pineale. La sua secrezione inizia con l’oscurità (livello iniziale da 5 picogrammi/ml), aumentando da 20 a 30 picogrammi/ml fino alle ore 20; superando i 30 picogrammi/ml nella notte. Il picco di 60/70 picogrammi/ml è raggiunto dalle 2 alle 3 del mattino. I livelli di melatonina tornano poi a scendere fino alle 7 del mattino. La sua funzione principale è quella di regolare la presenza degli altri ormoni (cortisolo, Gh, testosterone, etc.) rendendo possibile il fenomeno della riparazione tessutale del nostro corpo. La melatonina accompagna il nostro sonno nella fase Rem (quello profondo), inibisce il cortisolo e stimola la produzione dell’ormone del Gh e del testosterone. Senza tale azione il nostro corpo perderebbe la sua funzione di riparazione, compresa quella cellullare e del Dna che subisce 10.000 insulti al giorno, da parte dei “radicali liberi”. Tali complessi meccanismi sono stati oggetto di studio da parte di molti ricercatori, tra i quali ricordiamo il dottor Pierpaoli che esamina gli effetti della melatonina da oltre 30 anni.
Non solo per il sonno. Difatti, le funzioni della melatonina sono diverse, alcune di queste vengono elencate da Adriano Panzironi in Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. Potente antiossidante con azione di pulizia nei confronti dei radicali liberi, (anche più efficace delle vitamine C, E e del Beta-carotene). «La sua azione protettiva è rivolta alle membrane cellulari, alle lipoproteine Ldl (contro l’ossidazione), alle cellule dell’endotelio arterioso, ai neuroni celebrali (contro l’ischemia, dovuta a stress o alcool). Inoltre, è utilizzata per alleviare i disturbi dovuti al cambio di fuso orario (sindrome da jet lag) migliorando l’adattabilità dei propri ritmi biologici all’ora locale». Utilizzata anche per migliorare i sintomi della menopausa. Difatti, se associata al progesterone, inibisce l’ovulazione. Diversi studi hanno confermato che determinati livelli di melatonina, nel flusso sanguigno, soprattutto nelle ore notturne, diminuiscono le probabilità d’infarto. «Tale effetto è dovuto alla sua azione vasodilatatrice (contrasta i radicali liberi che inibiscono l’ossido nitrico) ed antiaggregante piastrinica». Contribuisce alla riduzione di colesterolo, aumentando il metabolismo dei grassi.
Altresì, rafforza il sistema immunitario, innescando un processo inibitorio del cortisolo. Difatti, «durante il picco delle 2-3 di notte, è stato riscontrato un aumento significativo delle cellule del sistema immunitario. Risulta efficace contro i microbi, i virus e le cellule neoplastiche. - Alcuni ricercatori dell’Ospedale Oncologico di Milano hanno dimostrato l’attività inibitoria della melatonina, sulla crescita delle cellule tumorali del cancro alla prostata. Nell’Università di New Orleans è stata riscontrata un’azione inibitoria anche verso altri tipi di neoplasie, quali il cancro ai polmoni, all’utero ed alle mammelle. La melatonina prolungherebbe anche la sopravvivenza dei malati terminali (migliorando nel contempo la qualità della vita). Difatti da esperienze riportate dal professor Paolo Lissoni responsabile della divisione Oncologica dell’Ospedale di Monza, l’utilizzo della melatonina ha aumentato del 16% le regressioni tumorali (di solito incurabili) su tumori gastrointestinali, polmonari e nei mesoteliomi. - Somministrata durante la chemio e la radioterapia, ha ridotto gli effetti collaterali, di solito devastanti. E, per dovere di cronaca, va detto che il professor Di Bella, per primo indagò sull’azione antitumorale della melatonina ed infatti la inserì nel suo protocollo di cura».
Tuttavia, gli anni passano per tutti e con l'avanzare dell'età diminuisce la produzione di melatonina. Vediamo come. «La ghiandola pineale - spiega Adriano Panzironi - con il passare degli anni tende a calcificarsi, causando già a 45 anni, circa il 50% di minore produzione di melatonina. Il calo raggiunge addirittura l’80% superati i 70 anni di età. Un altro nemico giurato dell’ormone melatonina è il cortisolo (chiamato 'ormone dello stress'). Solo quando il cortisolo cala nel sangue a livelli basali, la ghiandola pineale può secernere la melatonina. Lo stress, i pensieri ricorrenti prima di dormire, impediscono di attivare la melatonina e dormire sonni profondi. Un ulteriore nemico della ghiandola pineale è la luce. Difatti quando dormiamo davanti al televisore, o semplicemente con delle luci in camera da letto, non attiviamo la melatonina, disertando l’appuntamento con un sonno ristoratore (si consiglia di coprire anche le luci a led, ad esempio quelle delle radiosveglie). Altri inibitori della melatonina sono l’alcool, il fumo, il caffè».
Come rimediare? Iniziamo subito a correggere le cattive abitudini e a recuperare le ore di sonno perse. Ogni adulto dovrebbe dormire circa 7-9 ore a notte. Ma se il numero di ore riposate è inferiore, correte ai ripari: iniziate a ridurre la quantità di caffeina, e quindi, degli alimenti che la contengono, nell'arco della giornata, limitate l'esposizione a smartphone, pc e tablet, evitate l'utilizzo dei 'nemici del riposo' almeno un'ora prima di andare a dormire, preferire pasti leggeri così da evitare i fastidiosi episodi di indigestione. Dulcis in fundo, scegliamo la giusta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno.
Lo stress ai tempi del Coronavirus. Al via le regole anti-panico proposte dalla Società Italiana di Psichiatria (Sip) per far fronte all'emergenza Covid-19. Quindi, non solo un'emergenza sanitaria. Oltre a prevenire il rischio del contagio, ci troviamo anche a fare i conti con la paura del virus e, di conseguenza anche con episodi di ansia e stress che scandiscono il tempo delle nostre giornate e la fanno da padrone impedendoci di gestire la situazione al meglio e soprattutto, senza stravolgere le nostre abitudini quotiane. Infatti, è fondamentale mantenere la calma ed evitare di prendere iniziative in situazioni di panico. Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors).
Le reazioni di stress: le tre fasi della Sindrome Generale d'Adattamento
Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935; la sindrome viene definita in questo modo da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se infatti nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». O ancora peggio, il disagio mentale dovuto alla percezione di essere impotente verso i problemi, mantenendo un costante umore negativo che coinvolge i pensieri, i comportamenti e, di conseguenza, il benessere fisico, meglio nota come depressione. Ed è soprattutto in situazioni come queste, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione.
Partendo dal postulato dell'impossibilità di eliminare completamente la paura dalla nostra vista, «e in questo caso è amplificata dalla diffusione velocissima di notizie parziali, quando non addirittura false, che può causare un crollo di fiducia nei rapporti tra le persone e nelle Istituzioni» spiega Enrico Zanalda, presidente della Sip. Cnclude poi Zanalda, nell'intervista all'ANSA: «Il virus sta avendo un impatto violento sulla vita quotidiana, modificando le nostre vite e provocando l'annullamento o la posticipazione di centinaia di migliaia di eventi minori, ma importanti nella vita delle persone, dai compleanni ai battesimi». «Le notizie contraddittorie che circolano online e sui social, unite alle necessarie misure assunte, creano un mix ansiogeno che ha modificato la percezione di salute e benessere individuale e rischia di generare anche ipocondria e ansia da untori» aggiunge Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Sip e ordinario di psichiatria all'Università di Chieti-Pescara.
«Non stravolgere le abitudini quotidiane». Così, per arginarla, la Società Italiana di Psichiatria, lancia un appello e mette a punto le 7 regole anti-panico. E poichè l'informazione, quando corretta, aiuta a contenere la paura, proprio per gestire l'epidemia di insicurezza che si diffonde rapidamente tra la popolazione, la Sip propone un elenco di suggerimenti per controllare al meglio stress e ansia: 1) Attenersi alle comunicazioni ufficiali delle autorità; 2) riconoscere che le cose "spaventose" non sono necessariamente le più rischiose; 3) mantenere la calma, non stravolgere le proprie abitudini ed evitare di prendere decisioni se si è in un momento di panico; 4) affidarsi solo alle testate giornalistiche autorevoli; 5) non fare tesoro di ciò che si intercetta online e sui social media, se non accuratamente verificato; 6) rivolgersi al proprio medico e non chiedere opinioni su gruppi social e 7) se compaiono ansia o depressione rivolgersi a specialisti. Ricordiamo, inoltre, l'importanza della prevenzione, per noi stessi e per gli altri. Come si legge sul sito del Ministero della Salute, lavare e disinfettare le mani sono la chiave per prevenire l'infezione. Si raccomanda, quindi di lavare le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 60 secondi. E quando, questi non sono disponibili, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcool (concentrazione di alcool di almeno il 60%).
Molti studi in passato sono stati dedicati alla prevenzione delle fratture da osteoporosi nelle donne dopo la menopausa, una categoria in cresciuta che certamente interessa il mercato e la ricerca di nuovi farmaci dal costo sempre più elevato. Nonostante la crescita sistematica della spesa sanitaria, invece, pochi si sono concentrati sulla ricerca di approcci preventivi a basso costo per gli anziani in generale. Per fortuna le alternative esistono. Un gruppo di studiosi britannici (Trivedi DP et al, BMJ 2003 Mar 1; 326:469-72), intravvedendo buone possibilità nella vitamina D per via orale, ha condotto un test randomizzato in doppio cieco sulla popolazione di un ricovero per anziani (circa 3.000 persone), che ne prevedeva integrazioni regolari per un periodo di cinque anni. Confrontato con la somministrazione di placebo, il risultato indotto dalla vitamina D non solo è stato decisamente più elevato nel determinare un recupero dell'integrità ossea (con una sostanziale riduzione del rischio fatture rispetto al gruppo di controllo), ma soprattutto ha portato a una modesta, e tuttavia evidente, riduzione del rischio di mortalità per qualsiasi tipo di patologia.
È questo un dato che fa riflettere sul ruolo di protezione generale giocato dall'integrazione vitaminica e minerale a tutti i livelli. Ed è un dato con un valore aggiunto, se pensiamo che i comuni farmaci, accanto alla frequente presenza di effetti collaterali indesiderati, comportano un significativo esborso di denaro. Se facciamo un paragone tra i prezzi, per esempio, scopriamo che una compressa di Adronat (acido alendronico), ovvero uno dei farmaci antiosteoporotici più utilizzati, costa circa 11 euro (per una spesa complessiva che si aggira tra i 40 e i 50 euro per un mese di terapia), mentre un mese di terapia con Didrogyl (vitamina D) in gocce, con un dosaggio di 6 gocce al giorno, viene a costare solo 6,77 euro. A questo si aggiunga che, normalmente, il medico suggerisce di associare comunque l'assunzione di vitamina D all'Adronat. E meno male, visto che funziona. Abbiamo già trattato più volte sul nostro sito il tema dell'osteoporosi.
In base a numerose ricerche ci sentiamo di affermare che questa patologia, e la sua prevenzione si affrontano soprattutto con una sana nutrizione e con il movimento, molto meglio che con i farmaci. E tuttavia, con il sostegno di pratiche tecnologiche non tarate sulla realtà effettiva della popolazione ma che spingono a ingaggiare una lotta senza quartiere nei confronti di questa patologia, assistiamo al tentativo di massa di considerare gratuiti e dovuti alcuni farmaci antiosteoporotici ad altissimo costo quando il dovere dei medici (di fronte ai numerosi studi che lo sostengono) sarebbe quello di aiutare i cittadini che ne soffrono a modificare comportamenti e stili di vita. Un atteggiamento che non può non destare sospetto e sgomento nella popolazione e nella classe medica di fronte alla ricerca continua di nuovi farmaci a costo sempre più elevato (quali quelli che abbiamo già segnalato altrove nel nostro sito) e al lievitare della spesa sanitaria a un punto tale da spingere perfino il governo, proprio in questi giorni, a mettere in campo qualche contromisura.
Fonte: Eurosalus
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La medicina ufficiale riconosce l’importanza delle vitamine nella ricerca di cure contro l’epidemia dell’HIV e dell’AIDS. In tutto il mondo, sempre più gruppi di ricerca stanno seguendo la ricerca scientifica e naturopatica che è al centro del lavoro di formazione dell’Alleanza dr Rath per la Salute. Il numero di pubblicazioni scientifiche sull’importanza dei micronutrienti nella lotta contro le malattie comuni più diffuse è in rapida crescita. Nel novembre del 2013, la rivista medica americana Journal of the American Medical Association (JAMA) ha pubblicato uno studio che prova come nei soggetti sieropositivi, i micronutrienti inibiscono la progressione dell’infezione e riducono il rischio di decesso per AIDS. La rivista ” Journal of the American Medical Association” non è una rivista qualunque. Si colloca bensì tra gli organi più rinomati ed importanti del mondo medico. Uno studio pubblicato su "Journal of the American Medical Association ” forma l’opinione in tutto il mondo. I medici e gli scienziati responsabili di questo studio – compresi centri rinomati come l’Università di Harvard, l’Università di Miami e l’Università di Johns Hopkins – non sono sospettati di corteggiare la ricerca naturopatica. Il riconoscimento dell’importanza dei micronutrienti nel rafforzamento del sistema immunitario e nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS, non è una coincidenza. Indica invece che questi risultati scientifici non possono più essere ignorati. Mentre la lobby farmaceutica continua a combattere le vitamine attraverso la medicina, i media e la politica a causa della concorrenza al business farmaceutico multimiliardario, i più saggi della classe medica stanno già prendendo le distanze da queste posizioni insostenibili.
Il dr Rath è stato un pioniere. La pubblicazione sulla rivista Journal of the American Medical Association è particolarmente esplosiva anche per il fatto che tali risultati non sono affatto nuovi. Il ruolo dei micronutrienti nella lotta contro l’epidemia dell’AIDS è stato per anni al centro della ricerca della Fondazione per la Salute Dr.Rath in Sud Africa. I risultati degli studi condotti su quasi un migliaio di persone infette da AIDS erano stati molto incoraggianti. I micronutrienti erano in grado di migliorare notevolmente tutti i sintomi tipici dell’infezione AIDS. Questi risultati straordinari sono già stati riportati su Rath International. Data l’importanza globale di questi risultati, si è voluto pubblicarli il 6 maggio 2005 sul quotidiano più influente, il New York Times. Essendo New York la sede dell’ONU, c’era l’intenzione di fare in modo che i governi di tutto il mondo venissero a conoscenza di questa svolta medica. Successivamente sono stati documentati i risultati sul Commonwealth Health Ministers Yearbook 2007?, l’annuario dei ministri della sanità del Commonwealth britannico che è stato inoltrato a più di cento governi. L’importanza di questi risultati era naturalmente evidente anche alle corporazioni farmaceutiche che avevano individuato nell’epidemia dell’AIDS uno dei mercati più redditizi. Esse hanno commercializzato i loro preparati chemio altamente tossici a milioni di persone affette da sindrome di immunodeficienza, pur sapendo che il sistema immunitario stesso sarebbe stato il primo ad essere distrutto. Per mascherare la frode, hanno distribuito queste sostanze tossiche “chemio” sotto forma di compresse colorate e hanno dato loro il promettente nome di farmaci “Antiretrovirali (ARVs)”. Il business delle sostanze altamente tossiche ARVs è stato fino ad oggi un business multimiliardario. Lo status quo vuole invertire la marcia del tempo Non c’è da stupirsi che i lobbisti dell’industria farmaceutica siano ricorsi ai media e a internet per impedire la svolta della ricerca sui micronutrienti nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS. Vi invito a leggere ancora la pagina Wikipedia sul Dr.Rath e a riconoscere con quale impudenza i fatti sono stati capovolti. E se siete dell’opinione che Wikipedia sia dopo tutto un’enciclopedia online indipendente e “democratica”, allora dovreste riflettere leggendo il sito.
Anche riviste specializzate come Der Spiegel si sono lasciate usare da una copertura unilaterale: sotto il titolo “Tragedia a Città del Capo”, la lotta naturale contro l’epidemia dell’AIDS è stata vilipesa da slogan come “con pillole e opuscoli contro il cancro e i virus”. La risposta del dr Rath all’allora editore del Der Spiegel, Stefan Aust, è documentata qui. Dopo questa campagna diffamatoria contro il lavoro del dr Rath e del suo gruppo di ricerca, ai pionieri della strategia priva di effetti collaterali, efficace e a basso costo contro l’AIDS, risulterà chiara l’importanza della pubblicazione sul quotidiano medico americano del novembre 2013. Significa semplicemente che avevano ragione! Tutte le volte! Milioni di vite avrebbero potuto essere salvate, se le scoperte non fossero state combattute dai media e dai politici, ma fossero state sostenute. L’unico “rimprovero” che puo’ essere fatto è che l’approccio all’AIDS con i micronutrienti avveniva troppo anni prima del tempo.
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Fonte: ComeMigliorare.com