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Contro infezioni virali, tumori e malattie autoimmuni la riscossa delle proteine. Il nome, una garanzia. Deriva dalla loro nota “capacità di interferire” con la crescita del virus, gli interferoni fanno parte della grande famiglia delle citochine, nome composto dalla radice cito-cellula e chinetico/cinetico (dal greco κινέω «muovere, mettere in movimento»). In sostanza, un gruppo di proteine prodotte dalle cellule per difendersi dall'invasione di un virus e chiamate così perché si formano per l'interferenza reciproca tra il virus e la cellula. Acclarata da tempo poi anche la funzione del sistema immunitario nella cura e nella prevenzione. E di conseguenza, di quella svolta dai micronutrienti che ne costituiscono la principale linea di difesa e di attacco nella lotta contro le infezioni. Da sempre, unica e principale difesa naturale, è proprio questo sofisticato circuito di allarme che, per buona parte (circa il 70%) si trova nel nostro intestino. Un sistema che reagisce e ci difende anche se messo a dura prova e sotto continuo attacco da parte di inquinamento, alimentazione scorretta, stress e abuso dei farmaci. E laddove si trova indebolito si arrende a un crollo delle difese che apre le porte a microrganismi patogeni e virus, spianando la strada all’attuale pandemia da Covid. «Gli interferoni sono delle citochine, ovvero delle proteine con funzione di segnalazione e comunicazione tra le cellule», spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Lorenzo Dagna, primario dell’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore associato di Medicina Interna all’Università Vita-Salute San Raffaele.

sistema immunitario

Foto: Corriere della Sera

Gli interferoni, secondo quanto riportato in una nota dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono “proteine (molecole, sostanze) prodotte naturalmente dalle cellule in risposta ad una grande varietà di stimoli”. Scoperti nel 1957 dagli scienziati Isaacs e Lindenman, nel corso dei loro studi sull'infezione, causati dal virus dell'influenza. All'epoca, i due ricercatori isolarono un fattore capace di interferire con la crescita del virus. Oltre alla capacità di conferire resistenza a molti virus, è stato poi scoperto che gli interferoni hanno anche quella di inibire la crescita di cellule normali e maligne (tumorali) e di modulare le funzioni di diverse cellule del sistema di difesa dell'organismo (sistema immunitario). Da queste molteplici funzioni derivano le diverse applicazioni terapeutiche degli interferoni, che spaziano dalle infezioni virali (epatite B e C) ai tumori e alle malattie autoimmuni. Queste molecole si diffondono nei tessuti e negli organi in cui vengono prodotte o in cui sono trasportate dal circolo sanguigno, permettono la comunicazione a distanza tra le rispettive cellule. Questi esercitano la loro azione sulle cellule legandosi a molecole presenti sulla superficie cellulare, i cosiddetti recettori, che innescano una serie di reazioni. Esse culminano con la produzione di numerose proteine, chiamate proteine responsive all'interferone che, a loro volta, svolgono diversi ruoli nella difesa della cellula da agenti infettivi o, comunque, pericolosi.

La strada della resistenza

Ma in che modo gli interferoni si attivano all’interno del nostro sistema immunitario e come esercitano la loro azione contro le infezioni virali?


Gli interferoni attivano le cellule del sistema immunitario e anche alcune cellule esterne al sistema immunitario in modalità di difesa da virus e agenti pericolosi per l’organismo. Il loro nome deriva proprio dal fatto che, quando gli interferoni vennero scoperti, si notò che interferivano con la replicazione dei virus. Il virus è più subdolo del batterio: mentre quest’ultimo resta al di fuori delle cellule, e quindi può essere attaccato in vari modi, dagli anticorpi, ad esempio, o dai macrofagi, il virus penetra all’interno della cellula. Per questo motivo il sistema immunitario deve attivare dei programmi intracellulari che vadano ad interferire con la replicazione virale e ad uccidere la cellula infetta. L’interferone mette in atto questi programmi intracellulari e rende le cellule del sistema immunitario più aggressive nei confronti delle cellule infette.

INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico

Ciononostante, non tutti sanno che queste proteine, all’occorrenza, si trasformano in una sorta di “farmaco” preziosi nel trattamento di tantissime terapie.


Esistono diverse classi di interferoni, con funzioni leggermente diverse tra loro. Alcune di queste classi, per esempio, rendono il sistema immunitario in grado di controllare infezioni virali come l’epatite B e l’epatite C, mentre altri interferoni sono in grado di contrastare una patologia neurodegenerativa autoimmune come la sclerosi multipla. Gli stessi interferoni alfa capaci di combattere l’epatite B e C sono anche utili nell’acuire la risposta del sistema immunitario nei confronti di alcuni tipi di tumore.


Inoltre, tra le tante infezioni virali che riescono a ostacolare, anche il Covid:


Gli interferoni sono una delle citochine chiave nelle risposte antivirali. Da qui il presunto legame con il Covid. Quello che ad oggi si ipotizza è che nelle fasi iniziali dell’infezione virale da coronavirus Sars-CoV-2 il sistema immunitario normalmente funzionante produca le citochine e, in particolare, anche una buona quantità di interferoni. Quel che sembra, anche se al momento non vi sono certezze a riguardo, è che in alcune persone con Covid grave la produzione di interferoni sia molto ridotta e di conseguenza non si abbia un ottimale controllo del virus nella fase iniziale di malattia. Questa condizione ha portato ad ipotizzare di somministrare l’interferone per fermare la replicazione del Covid. Va altresì ricordato che non sempre una abbondanza di interferoni, anche attraverso somministrazione di farmaci, è cosa buona: alcune malattie autoimmuni come il lupus, ad esempio, sono caratterizzate da un eccesso di interferoni, e aumentarli non sarebbe sicuramente indicato.

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Per approfondimenti: 

Gazzetta Active "Interferoni, cosa sono e come agiscono. Forse anche contro il Covid…"

Istituto Superiore di Sanità "Interferoni"

Focus "Che cos'è l'interferone?"

Enciclopedia Treccani "Interferone"

Corriere della Sera "Coronavirus, come incide la dieta sulla forza del sistema immunitario"

Salute Prevenzione "Nella guerra contro i Virus la scienza si dimentica sempre del Sistema Immunitario"

Philippe Lagarde "Libro d'oro della prevenzione: difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine"

Sapere "I sistemi di difesa dell'organismo"

Corriere del Mezzogiorno "Coronavirus, come difendersi a tavola"

Il fatto alimentare "Coronavirus: dieta e trattamenti terapeutici naturali proposti da docenti di medicina"

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È ormai noto il ruolo fondamentale del sistema immunitario, nella cura e nella prevenzione. E di conseguenza anche della funzione svolta dai micronutrienti (come le vitamine) che ne costituiscono la principale linea di difesa e di attacco nella lotta contro le infezioni. Infatti, da sempre, la nostra unica e principale difesa natura è proprio questo sofisticato sistema di allarme che, per buona parte (circa il 70%), si trova nel nostro intestino. Messo a dura prova e indebolito da una serie di fattori esterni quali inquinamento di aria e acqua, alimentazione sbilanciata, stress e l’abuso dei farmaci. Secondo i dati riportati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il sistema immunitario della popolazione a livello mondiale e, ancora più, di quella del mondo occidentale, è stato pericolosamente indebolito, soprattutto quello della fascia over 65. Detto e fatto, questo crollo delle difese apre le porte ai microrganismi patogeni, virus inclusi, spianando la strada alle pandemie.

Come dimostrano anche gli studi di Luc Montagnier, medico, biologo, virologo e docente all’Istituto Pasteur e co-scopritore del virus dell’AIDS e premio Nobel per la medicina nel 2008,  emerge, in modo evidente, che sostenere e favorire le capacità del sistema immunitario dei singoli individui permette la protezione dai virus, talvolta capaci di mantenersi asintomatici. E quindi perché non dovrebbe essere lo stesso anche per il Covid-19? «Sostenere il Sistema Immunitario sembra comunque una scelta logica, se non addirittura essenziale, e questo, avrebbe dovuto essere il primo gesto di prevenzione da compiere e da diffondere, prima di pensare alle misure di barriera che – lo ripeto per non essere frainteso – sono certamente utili, ma restano ahimè misure troppo deboli e tardive di fronte a un’epidemia così grave, aggressiva e rapida» spiega Philippe Lagarde, medico specializzato in oncologia, conosciuto in tutto il mondo per le sue idee e tecniche innovative di applicazione delle cure per il cancro e per il suo impegno sociale verso le persone affette dalla malattia.

Uno scudo contro la pandemia

Vediamo ora in che modo interviene il nostro sistema immunitario nel contrasto alle infezioni. «Il nemico numero 1 – ricorda Lagarde riportando le parole del biologo francese Jean-Marie Pelt, scomparso qualche anno fa del nostro sistema immunitario sono i radicali liberi (frammenti di molecole altamente reattive, ndr) che non devono accumularsi in alcun modo. Il corpo deve distruggerli perché sono iper-tossici. Sono quelli che sono coinvolti nella genesi delle malattie, ma sono anche quelli che promuovono le infezioni batteriche o virali». Infatti, secondo Lagarde, il primo scudo contro la pandemia è proprio il sistema immunitario. Ad agire, per il medico francese, una volta assorbiti, sarebbero i micronutrienti, come appunto le vitamine, gli oligoelementi, i polifenoli, etc.... «Essi agiscono in sinergia tra loro - prosegue l’esperto -, ma anche assieme agli enzimi e ai sistemi antiossidanti della cellula per neutralizzare i radicali liberi costantemente sviluppati all’interno delle cellule». «Questa sinergia è essenziale – continua Lagarde -, eppure viene totalmente trascurata nella lotta alle infezioni, in particolare contro quelle virali». «Le vitamine C, E, A, il selenio, lo zinco, l’acido lipoico, il glutatione e suoi precursori, i carotenoidi (flavonoidi, antociani, tannini) agiscono in sinergia e sono il “nutrimento” di cui il sistema immunitario ha bisogno» conclude il noto oncologo francese.

Ma c’è dell’altro. Per il professor Lagarde, tuttavia, questo non è sufficiente a far funzionare a dovere il sistema immunitario, «non basta cioè consumare la sola vitamina C, anche se in dosi elevate o per via venosa, per far sì che agisca, che sia davvero efficace, dobbiamo farla ‘lavorare’ insieme con tutte le altre molecole antiossidanti: in collaborazione e dunque in sinergia con loro». E quindi, per funzionare, devono appunto lavorare insieme. Da questa premessa emerge chiaramente il legame fondamentale tra salute e qualità dell’alimentazione. Per cui, un’alimentazione sana ed equilibrata, sarebbe la soluzione ideale, alla portata di tutti. A confermare l’ipotesi anche un report dell’OMS: «L’83% della popolazione con più di 40 anni è carente di micronutrienti». Per sommi capi, le difese immunitarie delle persone sono sempre più indebolite e, di conseguenza, meno resistenti alle aggressioni. Su quanto detto, il dottor Lagarde ci da un consiglio: «dai ‘cibo’ alle tue difese, apri gli occhi, se ciò non ti impedirà di incontrare il virus lungo la strada, ti consentirà perlomeno di resistere molto meglio all’infezione».

La resistenza contro l'aggressione esterna

La difesa dell'organismo contro l'aggressione dall'esterno da parte di microrganismi patogeni (virus, batteri, protozoi, funghi) formano nel loro complesso il sistema immunitario. Costituito principalmente da globuli bianchi o leucociti. I leucociti, che derivano da cellule staminali presenti nel midollo osseo e nel tessuto linfoide, intervengono in modi differenti nella difesa dell'organismo: alcuni sono in grado di inglobare l'agente esterno e distruggerlo (fagociti), altri agiscono indirettamente liberando diverse sostanze. «Il nostro corpo è attaccato continuamente dall’esterno da virus, batteri, funghi e solo la nostra pelle riesce a difenderci efficacemente» scrive Adriano Panzironi nel libro “Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti”. «Tali microrganismi patologici – continua nel libro - cercano in ogni modo di entrare nel nostro organismo, utilizzando le ferite o le abrasioni, oppure tramite la bocca e il naso o anche l’intestino, dove colonie di batteri patogeni, presenti nel colon, si scontrano con le nostre difese immunitarie».

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Per approfondimenti:

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«Fa che il cibo sia la tua medicina» raccomandava Ippocrate. È ormai noto che una dieta non equilibrata renda il nostro sistema immunitario incapace di fronteggiare l’attacco di agenti patogeni, virus inclusi. Pertanto, con questa nuova infezione, è bene non sottovalutare l’importanza di un’alimentazione sana, ricca e consapevole. Lei Zhang e Yunhui Liu due ricercatori dell’ospedale dell’Università Medica di Shenyang, in Cina, sostengono che «in assenza di un trattamento specifico per questo nuovo virus, vi sia una urgente necessità di trovare una soluzione alternativa per prevenire e controllare la replicazione e la diffusione del virus». Questi docenti, considerano fondamentali e non trascurabili i risultati delle ricerche effettuate su altre infezioni virali come l’influenza, l’Aids, e le due infezioni del 2003 e del 2012, rispettivamente la sindrome respiratoria acuta grave (Sars) e la sindrome respiratoria mediorientale (Mers), causate entrambe dai coronavirus Sars-CoV e Mers-CoV.

Gli scienziati ipotizzano due tipi di trattamenti per combattere il nuovo coronavirus: interventi di carattere nutrizionale e terapie di cui è stata già evidenziata un’attività antivirale. Inoltre, fanno notare che, ad oggi, non è stata data la giusta rilevanza al ruolo che svolge il sistema nutrizionale nella difesa contro le malattie, in particolar modo, di quelle infettive. Questo accade nonostante sia ormai acclarato che le carenze nutrizionali possano compromettere la nostra capacità di difesa dagli agenti patogeni. Come avvenne, ad esempio tra il 1918 e 1920, con l’influenza spagnola dove, la maggior parte dei morti, presentava carenze nutrizionali. Secondo Zhang e Liu, i nutrienti che potrebbero svolgere un ruolo determinante nella difesa contro il COVID-19 sono le vitamine A, B2, B3, B6, C, D ed E, oltre ai micronutrienti come selenio, zinco e ferro e agli acidi grassi polinsaturi omega 3. Questi nutrienti partecipano al corretto funzionamento del sistema immunitario. Una battaglia, quella contro il nuovo coronavirus, che si potrebbe combattere anche con le sostanze dotate di potere virucida. In primis, diventa fondamentale per far fronte a questa pandemia, sopperire all'ipovitaminosi D (carenza di vitamina D), considerata come una delle cause di maggiore frequenza dell’infezione da coronavirus. Questa vitamina aiuta il nostro organismo nel contrasto alle infezioni virali respiratorie e ancora meglio se con un alleato come lo zinco che rinforza il corpo contro l’assalto di virus e malattie dell'apparato respiratorio.

Nella lista della spesa: vitamine e minerali

La miglior difesa inizia dalla tavola. Sull'importanza di vitamine e minali e della scelta degli alimenti per vivere in salute, sarebbe opportuno ricordare il ruolo svolto da questi nutrienti e micronutrienti nella prevenzione e nel contrasto alle infezioni. La vitamina A è considerata la vitamina antinfettiva per antonomasia, la sua assunzione riduce la mortalità in differenti infezioni. Le vitamine B2, B3 e B6, influenzano la risposta immunitaria contro batteri e virus. La vitamina C è un antiossidante che riduce la durata e l'intensità dei raffreddori e contrasta le infezioni respiratorie di origine virale. La vitamina D svolge un ruolo rilevante nella modulazione della risposta immunitaria e una sua carenza aumenta il rischio e la gravità delle infezioni, in particolare di quelle del tratto respiratorio. Il selenio influenza differenti tipi di risposta immune. Nei bambini affetti da morbillo, lo zinco riduce la morbilità e la mortalità dovuta alle infezioni respiratorie. La combinazione di zinco e piritione a basse concentrazioni inibisce la replicazione di diversi virus a RNA, compreso il coronavirus SARS-CoV2. Il ferro, quando carente, aumenta rischio di infezioni acute del tratto respiratorio. Infine, gli omega 3, dotati di proprietà antinfiammatorie, inibiscono la replicazione del virus dell’influenza A e ne riducono la mortalità .

Vitamine e minerali

Ormai, viviamo in balia tra la paura di uscire, col rischio di essere contagiati e lo stare a casa, con l’attività fisica ridotta al minimo, e quindi, con la certezza di mettere su qualche chilo di troppo. L’isolamento sta mettendo a dura prova sia il nostro sistema nervoso che il nostro stomaco. Dalla fame nervosa a chi mangia per noia. E poi, a peggiorare una situazione già critica di suo, le ricette estremamente elaborate che, con la scusa di ingannare il tempo non aiuto di certo. «Un sistema immunitario efficiente — sottolinea Annamaria Colao in uno studio pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition  — è importantissimo per difenderci da malattie e virus e passa anche per una nutrizione corretta». La resistenza alle infezioni può essere, quindi, migliorata e facilitata grazie agli antiossidanti, che aiutano il nostro organismo a difendersi dall’attacco dello stress ossidativo. Via libera a tavola, quindi, agli agrumi e a tutti i cibi ricchi di vitamina C, considerata da sempre l’antiraffreddore per eccellenza.

Mangiare in quarantena, tra salute e "comfort food"

«Per evitare di perdere il controllo – spiega in un’intervista a Fanpage, Renata Bracale, ricercatrice e docente in nutrizione umana presso l’Università degli Studi del Molise  – è bene fissare alcune regole alimentari semplici, ma rigorose e che, in qualche modo, ci faranno riscoprire anche delle abitudini e dei piaceri che abbiamo perso a causa della nostra vita frenetica». La nutrizionista sottolinea l’importanza, mai come ora in cui siamo impegnati in questa lotta al virus, di tutti quegli alimenti, come frutta e verdura, a cui dovremmo attingere per rafforzare il nostro sistema immunitario. Nell’articolo, l’esperta spiega l’importanza della scelta di alimenti ricchi di vitamine, minerali e antiossidanti: «La regola da tenere presente è che è importantissimo mangiare colorato. I colori nascondono dietro di sé dei segreti importanti: ad ognuno corrisponde una vitamina, un minerale, un antiossidante. Una volta fatta la spesa possiamo lavare e tagliare le verdure e congelarle, sia crude che cotte. Possiamo preparare il dado fatto in casa, un minestrone o una vellutata e conservare tutto nel nostro freezer. A differenza delle preparazioni industriali sicuramente avranno anche meno sale». «L'importante è avere una dieta quanto più varia possibile, anche restando in casa e riducendo al minimo le uscite per la spesa» raccomanda la nutrizionista.

Ecco perché l'integrazione alimentare è un valido aiuto per la nostra salute

E dopo il dovere arriva sempre il piacere! Quando le ore che scandiscono le nostre giornate in quarantena sembrano interminabili e non riusciamo a resistere fino al pasto successivo possiamo concederci dei peccati di gola con i cosiddetti comfort food. Al via con lo “scaccia tristezza” per antonomasia: il cioccolato. Concesso, quindi, anche l’uovo di Pasqua, come da tradizione. «Scegliamo una tavoletta fondente – suggerisce Renata Bracale a Fanpage - che abbia una percentuale di cacao almeno del 70%». La nutrizionista spiega che il cioccolato è ricco di triptofano, un aminoacido precursore della serotonina, l'ormone della felicità, che ci dà quella sensazione di essere sempre di buonumore. In alternativa, possiamo sempre ripiegare sulla frutta secca: «La frutta secca è ricca di omega 3, vitamina B6, acido folico e anche triptofano – aggiunge l’esperta - poi contiene il magnesio, che è importante per i muscoli, ma anche per riequilibrare i ritmi circadiani, ovvero il ritmo sonno-veglia, che in questo momento, a causa delle abitudini sballate potrebbe essere messo a dura prova».

Anche le banane rientrano nella categoria dei comfort food: «Sono ricche di potassio, vitamina A, vitamina C, B6, ferro, ma soprattutto di fosforo, che fa benissimo alla nostra memoria. In questo momento infatti il cervello potrebbe essere un po' ‘indolenzito’, per questo un attivatore come le banane è un ottimo rimedio». Infine un cereale: l'avena. «Ricca di fibre – continua nell’articolo, possiamo usarla come sostituto della pasta, inoltre, contiene anche tantissimo zinco, un minerale utile per contrastare la fatica e stimolare la serenità». Ovviamente, oltre a cioccolato, noci, mandorle e tutti gli altri comfort food, c’è anche una soluzione per i nostalgici dell’aperitivo. Da evitare categoricamente il cibo spazzatura e puntare su una vasta selezione di verdure meglio se fresche e da consumare crude come finocchi, cetrioli, carote, ravanelli e sedano. «Possiamo farle diventare delle simpatiche crudités per fare un piccolo aperitivo salutare tra le nostre quattro mura» consiglia la nutrizionista.

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Non solo acqua: l'importanza dell'idratazione

In ultimo, Renata Bracale, sottolinea l’importanza di bere molta acqua: «Sono soprattutto gli anziani a correre questo rischio, perché con l'età si perde lo stimolo della sete.». Non dimentichiamo poi che per preservare la giusta idratazione, possiamo ricorrere a piccoli stratagemmi, sicuramente più gustosi dell’acqua stessa. Parliamo proprio delle tisane: «Il nostro fabbisogno di liquidi può essere soddisfatto anche con delle tisane». «Istituiamo questo nuovo rituale – propone l’esperta -, visto che abbiamo del tempo a disposizione, possiamo farci una tisana digestiva, oppure una tisana prima di andare a letto». «Con il cambio di stagione chi soffre di reflusso potrebbe prepararsi una tisana a base di malva o di melissa, o ancora, si può preparare il classico canarino con acqua calda e buccia di limone. Ottima anche quella al finocchietto e chi ha problemi di digestione, ma non soffre di pressione alta, potrebbe prepararsi una tisana a base di liquirizia» conclude la nutrizionista.

 

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Per approfondimenti:

 Journal of Medical Virology "Potential Interventions for Novel Coronavirus in China: A Systemic ReviewLei Zhang e Yunhui Liu

 Fanpage "Dieta in quarantena: i 5 consigli della nutrizionista per mangiare bene ed evitare gli eccessi"

Corriere della sera / Corriere del mezzogiorno "Coronavirus, come difendersi a tavola"

Il fatto alimentare "Coronavirus: dieta e trattamenti terapeutici naturali proposti da docenti di medicina"

Ministero della Salute "Cosa mangiare ai tempi dell'isolamento""Cosa mangiare ai tempi dell'isolamento"

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«La vitamina C per via endovenosa è un antivirale sicuro, efficace e ad ampio spettro» è la rivelazione di Richard Z. Cheng, MD, PhD, medico specialista cinese-americano. Dopo Shanghai e New York, è la volta di Palermo. Anche in Italia si parte con la sperimentazione di alte dosi di vitamina C somministrate per endovena ai soggetti positivi al coronavirus. Lo studio, sarà condotto nell’Ospedale Nazionale di Rilevanza Arnas Civico, di Cristina Benfratelli, nel palermitano. Nell’indagine saranno inclusi tutti i pazienti ricoverati con esito positivo al tampone e polmonite interstiziale o sottoposti a intubazione. Saranno successivamente raccolte, sui soggetti, una serie di informazioni tra cui informazioni personali e anamnestiche, risultati clinici e di laboratorio come genere, età, etnia, comorbidità, droghe, azoto ureico nel sangue, creatinina, elettroliti, conta delle cellule del sangue, clearance dei lattati, PCR, PCT, Punteggio SOFA, funzionalità epatica, coagulazione, analisi dei gas nel sangue, pressione arteriosa sistolica e diastolica, Sp02, glicemia, indice di massa corporea (BMI). Sarà poi registrata per ciascuno anche la durata della degenza. Previa autorizzazione, ai soggetti verranno poi somministrati 10 gr di vitamina C in 250 ml di soluzione salina con una frequenza di 60 gocce al minuto.

COVID-19 e Vitamina C: Anche Palermo si muove

Dieci giorni fa, gli ospedali di New York, iniziavano a curare i malati di Covid-19 con alti dosaggi di vitamina C. La notizia si diffonde in fretta, il primo a pubblicarla il New York Post in un articolo: «Nel più grande sistema ospedaliero dello stato di New York, i pazienti gravemente malati di coronavirus, ricevono dosi massicce di vitamina C». Andrew G. Weber, pneumologo e specialista in terapia intensiva del Northwell Health a Long Island, un’intervista al NYP, spiega che per curare il virus e limitarne le complicanze stava somministrando, ai pazienti, in terapia intensiva, affetti da coronavirus, 1.500 milligrammi di vitamina C tre o quattro volte al giorno. Tuttavia, l’uso dell’acido ascorbico contro le polmoniti e le infezioni polmonari è una pratica nota dagli anni '30. Infatti, già nel 1936 Gander e Niederberger, due medici tedeschi scoprirono che la vitamina C aveva la capacità di abbassare la febbre e riduceva il dolore nei pazienti affetti da polmonite (Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936). Sempre lo stesso anno, un altro esperto tedesco otteneva risultati positivi con la somministrazione di 500 milligrammi di vitamina C, ogni novanta minuti, ai pazienti affetti da polmonite (Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936). Era il '44 quando due medici americani, Slotkin & Fletcher, curarono con l’acido ascorbico un paziente che aveva sviluppato una grave infezione polmonare a seguito di un intervento (Slotkin & Fletcher, "Acido ascorbico in complicanze polmonari a seguito di chirurgia prostatica” Jour. Urol. , 52: 6 novembre 1944). Due anni dopo, la vitamina C veniva usata abitualmente dai chirurghi del Millard Fillmore Hospital, a Buffalo, come profilassi contro la polmonite. Inoltre, i medici militari curavano le polmoniti dei soldati con l’acido ascorbico iniettato per endovena.

Dalla scomparsa dei sintomi alla riduzione della mortalià

Dal trattamento clinico per i contagiati alla misura di prevenzione per contrastare il virus, Ken Walker Gifford-Jones lancia il suo j'accuse contro la mancanza di intervento dei governi degli Stati colpiti dall'emergenza e dei rispettivi sistemi sanitari: «L'efficacia della vitamina C, nel ridurre la mortalità dovuta all'infezioni virali, è ampiamente stata dimostrata, non somministrarla ai pazienti affetti da COVID-19 è uguale all'omicidio». A sostegno della sua tesi, Lendon H. Smith autore della Clinical Guide to the Use of Vitamin C che riprende la ricerca del Dr. Frederick R. Klenner, pioniere nell'utilizzo della vitamina C e nella sua applicazione, con successo, a varie malattie virali e batteriche. Diverse ricerche hanno dimostrato, infatti, che l’acido ascorbico (vitamina C) influenza positivamente lo sviluppo e la maturazione dei linfociti T, in particolare le cellule NK (Natural Killer) coinvolte nella risposta immunitaria agli agenti virali. Contribuisce, inoltre, all’inibizione della produzione di ROS e alla rimodulazione della rete di citochine tipiche della sindrome infiammatoria sistemica. I recenti studi, poi, hanno anche dimostrato e confermato l’efficacia della somministrazione di vitamina C in termini di riduzione della mortalità, ai pazienti con sepsi ricoverati nei reparti di terapia intensiva, di scomparsa dei sintomi e di modifica dello stato del tampone. In considerazione dell’attuale emergenza SARS-CoV-2, è stato predisposto questo studio sui pazienti ospedalizzati con polmonite Covid-19.

Dopo la sua comparsa in Cina, il coronavirus, si è diffuso nel resto del mondo, trasformandosi, in pochi mesi, in una pandemia, tramutando in un lazzaretto, Paese dopo l’altro. Di pari passo alla diffusione di questo nuovo virus si registra anche un aumento del numero di polmoniti identificate con il termine “polmonite infettata da coronavirus” (2019-nCoV) (NCIP), caratterizzata da febbre, astenia, tosse secca, linfopenia, prolungata tempo di protrombina, elevata deidrogenasi lattica e imaging tomografico indicativo di polmonite interstiziale (vetro smerigliato e ombre irregolari). La decisione di adottare l’uso della vitamina C per via endovenosa, in aggiunta alla terapia convenzionale, deriva dall’evidenza sperimentale delle sue proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti. La vitamina C, infatti, provoca una maggiore proliferazione di assassini naturali senza comprometterne la funzionalità. Inoltre, la vitamina C riduce la produzione di ROS (specie reattive dell’ossigeno) che contribuiscono all’attivazione dell’infiammosomi e, in particolare, della NLRP3 che influenza la maturazione e la secrezione di citochine come IL1beta e IL-18 che sono coinvolte nella sindrome sistemica infiammatoria che ha caratterizzato la sepsi. La vitamina C blocca l’espressione di ICAM-1 e l’attivazione di NFKappaB. Ed è proprio per questo motivo che l’uso dell’acido ascorbico potrebbe essere efficace in termini di riduzione della mortalità e di risultati positivi sulle eventuali complicanze.

Cina, pioniera nell’uso dell’acido ascorbico

«Il dosaggio della Vitamina C somministrato negli ospedali di New York è troppo basso» spiega Richard Z. Cheng, MD, PhD, leader internazionale del team di supporto medico epidemico della vitamina C in Cina.  Sulla smentita di FB Fact Check, in merito alla raccomandazione ufficiale da parte del governo di Shanghai di somministrare la vitamina C ad alte dosi per il trattamento del coronavirus, chiarisce Cheng: «Non solo Shanghai, ma anche Guangzhou, nella provincia del Guangdong, un’altra grande città della Cina, ha approvato ufficialmente IVC ad alte dosi per il trattamento di Covid-19». Il dottor Cheng ritiene necessario un intervento immediato oltre a un trattamento efficace e sicuro per salvare vite umane e limitare la diffusione del virus e, quindi, di conseguenza il contagio

«La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) – scrive Cheng in un articolo pubblicato su Science Direct - è un fattore chiave di mortalità. Lo stress ossidativo significativamente aumentato dovuto al rapido rilascio di radicali liberi e citochine è il segno distintivo di ARDS che porta a lesioni cellulari, insufficienza d’organo e morte». «L’uso precoce di antiossidanti ad alte dosi – prosegue l’articolo -, come la vitamina C (VC), può diventare un trattamento efficace per questi pazienti. Gli studi clinici dimostrano anche che il VC orale ad alte dosi fornisce una certa protezione contro l’infezione virale». «Né la somministrazione endovenosa né orale di VC ad alte dosi è associata a significativi effetti collaterali. Pertanto, questo regime deve essere incluso nel trattamento di COVID-19 e utilizzato come misura preventiva per le popolazioni sensibili come gli operatori sanitari con rischi di esposizione più elevati» conclude Cheng.

Using vitamin C as a treatment

Il coronavirus e l’influenza sono tra i virus pandemici che possono causare lesioni polmonari letali e morte per ARDS. Le infezioni virali potrebbero evocare una ‘tempesta di citochine’ che porta all’attivazione delle cellule endoteliali dei capillari polmonari, all’infiltrazione dei neutrofili e all’aumento dello stress ossidativo (specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto). L’ARDS, caratteristica dell’ipossiemia grave, è generalmente accompagnata da infiammazione incontrollata, lesioni ossidative e danni alla barriera alveolare-capillare. L’aumento dello stress ossidativo è un grave insulto nella lesione polmonare, inclusa la lesione polmonare acuta (ALI) e l’ARDS, due manifestazioni cliniche di insufficienza respiratoria acuta con morbilità e mortalità sostanzialmente elevate.

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Per approfondimenti:

 U.S. National Library of Medicine "Use of Ascorbic Acid in Patients With COVID 19"

Treatment for severe acute respiratory distress syndrome from COVID-19

Science Direct - Medicine in Drug Discovery "Can early and high intravenous dose of vitamin C prevent and treat coronavirus disease 2019 (COVID-19)?"

Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936

Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936

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COVID-19, la verità da Oriente: Vitamine C e D nella prevenzione delle malattie polmonari

Duro j'accuse di Gifford-Jones: "Il coronavirus e le vite che potevano essere salvate"

 

 

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Sana e senza rinunce. Oggi più che mai, a causa dell'emergenza COVID-19 e complice l'isolamento domiciliare che tutti noi stiamo vivendo, dobbiamo fare attenzione alla lista della spesa. A tal proposito, anche se non esistono particolorari diete capaci di tenere alla larga le infezioni virali, ci sono, tuttavia, cibi che aiutano a facilitare il processo di guarigione. Quindi, in tempi come questi, di mobilità ridotta, una corretta alimentazione ci aiuta a tenere lontani i chili di troppo. Alcune raccomandazioni in proposito arrivano proprio dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU):  «Essere attenti al proprio peso corporeo significa realizzare un'alimentazione saggia e razionale che non rinunci alla piacevolezza di sapori vari e gradevoli. Un risultato soddisfacente è garantito dalla somma di tante piccole e costanti attenzioni: non avere in casa pronti per il consumo, ad esempio, alimenti a elevata densità energetica, non assaggiare durante la preparazione dei pasti, portare a tavola solamente ciò che si vuol mangiare, etc...». Scopriamo come evitare il peggioramento metabolico

Il valore aggiunto della sana alimentazione inizia dalla preparazione della colazione. «Vanno riconsiderati alcuni pregiudizi diffusi - si legge sul portale del SINU - e l’occasione di stare a casa e di non essere pressati da impegni mattutini è importante per imparare e riprendere a fare una buona colazione che contribuisce in maniera significativa ad aumentare gli apporti di minerali e vitamine utili per la protezione delle infezioni».  E poi non trascuriamo i bambini. «Per quanto riguarda l'infanzia - spiega la Società Italiana di Nutrizione Umana -, è fondamentale l'esempio offerto dai genitori; approfittate di questo momento per coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti ed aumentare la varietà dell’alimentazione. Il cibo deve essere sempre presentato in modo attraente e gradevole con l'offerta della massima varietà possibile di cibi e di preparazioni in termini di odore, sapore, colore e temperatura». A tal proposito, la SINU, poi diffusi anche in un comunicato del Ministero della Salute, propone 6 consigli per uno stile di vita alimentare corretto:

1. Per evitare un aumento di peso, porta in tavola solo quello che hai deciso di mangiare, serviti una porzione “giusta” di ogni portata e non aggiungere altro, riduci il consumo di bevande zuccherate e di altri prodotti ricchi di zuccheri.

2. Soprattutto consuma frutta e verdura, fonti di minerali e vitamine (particolarmente vitamina C e vitamina A) utili a rafforzare le difese immunitarie e la protezione delle vie respiratorie.

3. Sforzati di mantenere una regolare sia pur limitata attività motoria, ad es. cyclette, tapis roulant ma anche ginnastica a corpo libero 1 o 2 volte al giorno e cerca se possibile di esporre ogni giorno braccia e gambe al sole per 15-30 minuti per favorire la sintesi endogena di vitamina D.

4. Rifletti che la necessità di restare a casa e in famiglia può essere un’opportunità per dedicare maggiore attenzione e un po' più di tempo alla preparazione di cibi più salutari e più gustosi.

5. Non assaggiare durante la preparazione dei piatti e non mangiare mai in piedi e frettolosamente, ma apparecchia ogni volta la tavola: dedica tempo alla convivialità nei pasti perchè momento di aggregazione con la famiglia e di utilità per incoraggiare i ragazzi ad avere ogni giorno un’alimentazione varia.

6. Fai in modo che i bambini ti aiutino nella preparazione del cibo: in questo modo eviterai la noia e i capricci ed è sempre più divertente e più facile mangiare ciò che si è scelto e si è aiutato a preparare.

La salute comincia a tavola. Tirando le somme, quindi, secondo quanto suggerito sia dalla Società Italiana di Nutrizione Umana sia dal Ministero della Salute, fondamentale, non solo in questo periodo di quarentana e di scarsa attività motoria, l'attenzione per la giusta alimentazione e la conseguente selezione di quei cibi in grado contrastare le infezioni virali e rafforzare le difese immunitarie, oltre a proteggere le vie respiratorie con alimenti ricchi di vitamina C, vitamina A e minerali. Favorire, inoltre, la sintesi endogena di vitamina D. Per evitare un aumento di peso e per restare in salute limitare poi, al minimo, il consumo di zuccheri e di bevande zuccherate.

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Per approfondimenti: Ministero della Salute  e   Società Italiana di Nutrizione Umana 

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Morti in vano per il Covid-19 quando, forse, potevano essere salvati. Sulle inutili vittime di questo virus, si interroga Ken Walker Gifford-Jones. Anzi, ci spiega come, secondo lui, potrebbero essere salvate migliaia di vite. «Ai pazienti che risultano positivi al coronavirus - spiega l'esperto - dovrebbe essere somministrata la vitamina C per via endovenosa, e salverà vite umane. Il problema è che la maggior parte dei medici si rifiuta ancora di credere che l'IVC sia efficace». Poi, parla anche di prevenzione con le giuste dosi per rafforzare il sistema immunitario. Raccomanda di «iniziare con 2000 mg due volte al giorno per costruire l'immunità e se i sintomi dell'influenza si sviluppano, arrivare anche a 2.000 mg all'ora, ovviamente fino alla tolleranza intestinale, ma sempre su consiglio medico». Gifford-Jones mette in guarda dai possibili effetti collaterali di un sovradosaggio, ma «meglio sedersi su una toilette che sotto una lapide» sdrammatizza l'esperto.

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Dal trattamento clinico per i contagiati alla misura di prevenzione per contrastare il virus. Gifford-Jones condanna la mancanza di intervento sia da parte dei governi degli Stati colpiti dall'emergenza sia dei rispettivi sistemi sanitari. «La vitamina C è a buon mercato - scrive nel suo saggio Gifford-Jones -, innocua e ampiamente disponibile ed è ampiamente stata dimostrata la sua efficacia nel ridurre la mortalità dovuta all'infezioni virali». Poi, con un punta il dito contro i dottori inconsapevoli e si lancia in un duro j'accuse alla classe medica: «Non somministrarla ai pazienti affetti da COVID-19 è uguale all'omicidio». A sostegno della sua tesi cita Lendon H. Smith autore della Clinical Guide to the Use of Vitamin C che riprende la ricerca del Dr. Frederick R. Klenner, pioniere nell'utilizzo della vitamina C e nella sua applicazione, con successo, a svariate malattie virali e batteriche

 La vitamina C nei casi Coronavirus

Ad alcuni ricercatori della Orthomolecular Medicine News Service (OMNS), che studiano il potenziale degli integratori per combattere la malattia, è stato chiesto come tratterebbero il Coronavirus. Una selezione di risposte meritevoli di attenzione sono state riproposte dal dottor Ken Walker Gifford-Jones, sul suo blog. «Il coronavirus può essere drasticamente rallentato o fermato completamente con l'uso immediato diffuso di alte dosi di vitamina C che, assunto in razioni giornaliere diventa un antivirale senza eguali» spiega Andrew W. Saul, esperto internazionale di terapia vitaminica. «Il dr. Robert F. Cathcart - ricorda Saul -, che ha avuto una vasta esperienza nel trattamento delle malattie virali sostiene di non aver mai visto influenza che non sia stata curata con dosi massicce di vitamina C». Altra interessante teoria, quella del professor Victor Marcial-Vega della Caribe School of Medicine:«Dato il tasso relativamente elevato di successo della vitamina C endovenosa nelle malattie virali e la mia osservazione del miglioramento clinico entro 2 o 3 ore dal trattamento, credo fortemente che sarebbe la mia prima raccomandazione nella gestione del coronavirus». E aggiunge: «Ho anche usato la vitamina C per via endovenosa per trattare pazienti con influenza, febbre dengue e chikungunya, per 24 anni». Della stessa filosofia dei colleghi, anche Jeffery Allyn Ruterbusch, professore associato presso Central Michigan University«Credo che tutti noi siamo d'accordo sui notevoli benefici della vitamina C quando le persone sono poste a condizioni di stress». Poi, è la volta di Damien Downing, ex redattore del Journal of Nutritional and Environmental Medicine che spiega la correlazione tra il selenio e il sistema immunitario:«Influenza suina, influenza aviaria, e SARS, tutte sviluppati in Cina dove è carente il selenio. Quando ai pazienti contagiati è stato somministrato il selenio, i tassi di mutazione virale sono diminuiti e, nel complesso, le difese immunitarie sono migliorate». In sintesi, tutti i ricercatori sostengono non solo la validità e l'importanza del trattamento IVC nei casi di COVID-19, ma garantiscono anche un miglioramento a 2-3 ore dalla somministrazione.

Lannutti

Ma non sono i soli. Favorevole all'uso della vitamina C anche Elio Lannutti, giornalista, scrittore e portavoce M5S al Senato scrive su Twitter: «La vitamina C può aiutare a curare la polmonite e a prevenire la replicazione virale». Altri esperti sostengono che alte dosi di vitamina C, insieme a 3.000 IU di vitamina D, e 20 milligrammi di zinco, siano una buona combinazione per aiutare a combattere le malattie virali. È il caso di Carolyn Dean, e Thomas Levy, entrambi esperti nel panorama internazionale sul magnesio, hanno sottolineato che il minerale è coinvolto in 1.000 reazioni metaboliche e che mantenere livelli adeguati migliora l'immunità. Un'altra opinione overriding era che poche persone sanno che alte dosi di C aumentano l'immunità e sconfiggono le malattie virali. E secondo Ken Walker Gifford-Jones, queste informazioni non sarebbero nuove: «Durante la grande epidemia di poliomielite del 1949-50 il Dr. Frederick R. Klenner, un medico di famiglia in North Carolina, ha curato 60 malati di poliomielite con alte dosi di vitamina C per via endovenosa». In quell'occasione, non si sono registrati casi di paralisi. Questa scoperta avrebbe dovuto fare notizia in tutto il mondo, ma la notizia del dottor Klenner è caduta sulle orecchie dei sordi. Più tardi, Klenner ha dimostrato che alte dosi di C potevano anche essere efficaci nei trattamenti per meningite, polmonite, morbillo, epatite e altre malattie virali e batteriche. Anche per curare il morso di un serpente a sonagli. 

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Per approfondimenti: "More Research Is Killing COVID-19 Victims"   "People Are Dying Needlessly of Coronavirus" di W. Jifford-Jones

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