New York, marzo 2020. Gli ospedali curano i malati di Covid-19 con alti dosaggi di vitamina C. Si legge in un articolo del New York Post «nel più grande sistema ospedaliero dello stato di New York, i pazienti gravemente malati di coronavirus, ricevono dosi massicce di vitamina C». Andrew G. Weber, pneumologo e specialista in terapia intensiva del Northwell Health a Long Island, ha raccontato in un’intervista al NYP che per curare virus e complicanze sta somministrando, ai pazienti, in terapia intensiva, affetti da coronavirus, 1.500 milligrammi di vitamina C tre o quattro volte al giorno.
Ognuna delle dosi somministrate è maggiore di 16 volte rispetto a quella consigliata dal National Institutes of Health di vitamina C, che è di soli 90 milligrammi per gli uomini adulti e 75 milligrammi per le donne adulte. Tuttavia, Weber sta adottando una terapia basata su trattamenti sperimentali somministrati a persone con il coronavirus a Shanghai, in Cina. «I protocolli terapeutici variavano per ogni paziente, la vitamina C viene largamente utilizzata come trattamento per il coronavirus in tutto il sistema sanitario anche se il dosaggio varia da paziente a paziente» spiega Jason Molinet portavoce del Northwell, il più grande fornitore di servizi sanitari dello Stato, con 23 ospedali in tutta New York, tra cui il Lenox Hill Hospital nell'Upper East Side di Manhattan. Molinet informa anche sul numero di pazienti ricoverati per il coronavirus: sono oltre 700.
Sull'importanza della vitamina C, anche il dottor Richard Cheng, esperto cinese di medicina ortomolecolare: «È fondamentale una dose tempestiva e sufficientemente elevata di vitamina C per via endovenosa». «La vitamina C - spiega l'esperto - non è solo un noto antiossidante, ma è anche parte attiva nel contrasto dei virus e nella prevenzione della replicazione degli stessi. L'importanza della vitamina C per via endovenosa ad alte dosi non è solo a livello antivirale». «È la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) da cui muoiono molte persone nelle pandemie indotte da coronavirus (SARS, MERS e ora NCP). L'ARDS è un percorso finale diffuso che porta alla morte» conclude Cheng.
Tuttavia, l’uso dell’acido ascorbico contro le polmoniti ed infezioni polmonari non è poi una novità. Infatti, già nel 1936 Gander e Niederberger, due medici tedeschi scoprirono che la vitamina C aveva la capacità di abbassare la febbre e riduceva il dolore nei pazienti affetti da polmonite. I risultati della ricerca, furono poi pubblicati sul Munchner (Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936). Sempre lo stesso anno, un altro medico tedesco otteneva risultati simili somministrando ai pazienti 500 milligrammi di vitamina C ogni novanta minuti (Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936). Qualche anno dopo, nel 1944, Slotkin & Fletcher, due medici americani, curarono con l’acido ascorbico un paziente che aveva sviluppato una grave infezione polmonare, con ascesso polmonare e bronchite purulenta, a seguito di un intervento alla prostata (Slotkin & Fletcher, "Acido ascorbico in complicanze polmonari a seguito di chirurgia prostatica” Jour. Urol. , 52: 6 novembre 1944)
COVID-19 e vitamina C: via libera a New York. E l'Italia?
Un report del 1946 segnala che la vitamina C veniva usata abitualmente e con ottimi risultati, dai chirurghi del Millard Fillmore Hospital, a Buffalo, come profilassi contro la polmonite. I medici militari curavano le polmoniti dei soldati con l’acido ascorbico iniettato per endovena, venivano somministrati 2 cc. Non sono certo mancate le contestazioni, nei decenni seguenti, sull’utilità dell’acido ascorbico nelle polmoniti anche virali. Hunt C et al. Hanno dimostrato gli effetti clinici della supplementazione di vitamina C nei pazienti ospedalizzati anziani con infezioni respiratorie acute. E ancora nel 2014, alcuni medici indiani pubblicano il loro studio che dimostrava l’efficacia della vitamina C nel ridurre la durata della polmonite nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Gli esperti, chiedevano, di integrare la vitamina C nel protocollo per il trattamento della polmonite in modo tale da ridurne il tasso di mortalità . Un altra prospettiva è quella fornita da due studi randomizzati sulla vitamina C orale ad alte dosi, pubblicati sul National Cancer Institute.
COVID-19 e Vitamina C: Anche Palermo si muove
Anche a Palermo qualcosa si muove. Infatti, all’Arnas Civico di Cristina-Benfratelli è iniziato uno studio su pazienti positivi a SARS-CoV-2 con polmonite interstiziale. Dopo aver raccolto una serie di informazioni sui pazienti e previo loro consenso (o dei familiari), vengono somministrati 10 gr di vitamina C in 250 ml di soluzione salina a 60 gocce al minuto. Questi pazienti, saranno successivamente sottoposti ad ulteriori analisi al fine di valutare e confrontare il tasso di mortalità, riduzione dei livelli di PCR in comparazione con i livelli iniziali entro 72 ore dalla somministrazione, la durata della degenza, il miglioramento sulle eventuali complicanze oltre ai tempi di guarigione.
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Per approfondimenti:
New York Post "New York hospitals treating coronavirus patients with vitamin C"
Daily Mail "New York hospitals are treating coronavirus patients with high dosages of VITAMIN C after promising results from China"
Journal of Rawalpindi Medical College "Efficacy of Vitamin C in Reducing Duration of Severe Pneumonia in Children" Khan IM et al 18 (1): 55-57
National Center for Biotechnology Information "The clinical effects of vitamin C supplementation in elderly hospitalised patients with acute respiratory infections" Int J Vitam Nutr Res 1994; 64: 212-19
National Cancer Institute "High-Dose Vitamin C (PDQ®)–Health Professional Version"
Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936
Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936
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COVID-19, la verità da Oriente: Vitamine C e D nella prevenzione delle malattie polmonari
Morti in vano per il Covid-19 quando, forse, potevano essere salvati. Sulle inutili vittime di questo virus, si interroga Ken Walker Gifford-Jones. Anzi, ci spiega come, secondo lui, potrebbero essere salvate migliaia di vite. «Ai pazienti che risultano positivi al coronavirus - spiega l'esperto - dovrebbe essere somministrata la vitamina C per via endovenosa, e salverà vite umane. Il problema è che la maggior parte dei medici si rifiuta ancora di credere che l'IVC sia efficace». Poi, parla anche di prevenzione con le giuste dosi per rafforzare il sistema immunitario. Raccomanda di «iniziare con 2000 mg due volte al giorno per costruire l'immunità e se i sintomi dell'influenza si sviluppano, arrivare anche a 2.000 mg all'ora, ovviamente fino alla tolleranza intestinale, ma sempre su consiglio medico». Gifford-Jones mette in guarda dai possibili effetti collaterali di un sovradosaggio, ma «meglio sedersi su una toilette che sotto una lapide» sdrammatizza l'esperto.
Dal trattamento clinico per i contagiati alla misura di prevenzione per contrastare il virus. Gifford-Jones condanna la mancanza di intervento sia da parte dei governi degli Stati colpiti dall'emergenza sia dei rispettivi sistemi sanitari. «La vitamina C è a buon mercato - scrive nel suo saggio Gifford-Jones -, innocua e ampiamente disponibile ed è ampiamente stata dimostrata la sua efficacia nel ridurre la mortalità dovuta all'infezioni virali». Poi, con un punta il dito contro i dottori inconsapevoli e si lancia in un duro j'accuse alla classe medica: «Non somministrarla ai pazienti affetti da COVID-19 è uguale all'omicidio». A sostegno della sua tesi cita Lendon H. Smith autore della Clinical Guide to the Use of Vitamin C che riprende la ricerca del Dr. Frederick R. Klenner, pioniere nell'utilizzo della vitamina C e nella sua applicazione, con successo, a svariate malattie virali e batteriche.
Ad alcuni ricercatori della Orthomolecular Medicine News Service (OMNS), che studiano il potenziale degli integratori per combattere la malattia, è stato chiesto come tratterebbero il Coronavirus. Una selezione di risposte meritevoli di attenzione sono state riproposte dal dottor Ken Walker Gifford-Jones, sul suo blog. «Il coronavirus può essere drasticamente rallentato o fermato completamente con l'uso immediato diffuso di alte dosi di vitamina C che, assunto in razioni giornaliere diventa un antivirale senza eguali» spiega Andrew W. Saul, esperto internazionale di terapia vitaminica. «Il dr. Robert F. Cathcart - ricorda Saul -, che ha avuto una vasta esperienza nel trattamento delle malattie virali sostiene di non aver mai visto influenza che non sia stata curata con dosi massicce di vitamina C». Altra interessante teoria, quella del professor Victor Marcial-Vega della Caribe School of Medicine:«Dato il tasso relativamente elevato di successo della vitamina C endovenosa nelle malattie virali e la mia osservazione del miglioramento clinico entro 2 o 3 ore dal trattamento, credo fortemente che sarebbe la mia prima raccomandazione nella gestione del coronavirus». E aggiunge: «Ho anche usato la vitamina C per via endovenosa per trattare pazienti con influenza, febbre dengue e chikungunya, per 24 anni». Della stessa filosofia dei colleghi, anche Jeffery Allyn Ruterbusch, professore associato presso Central Michigan University: «Credo che tutti noi siamo d'accordo sui notevoli benefici della vitamina C quando le persone sono poste a condizioni di stress». Poi, è la volta di Damien Downing, ex redattore del Journal of Nutritional and Environmental Medicine che spiega la correlazione tra il selenio e il sistema immunitario:«Influenza suina, influenza aviaria, e SARS, tutte sviluppati in Cina dove è carente il selenio. Quando ai pazienti contagiati è stato somministrato il selenio, i tassi di mutazione virale sono diminuiti e, nel complesso, le difese immunitarie sono migliorate». In sintesi, tutti i ricercatori sostengono non solo la validità e l'importanza del trattamento IVC nei casi di COVID-19, ma garantiscono anche un miglioramento a 2-3 ore dalla somministrazione.
Ma non sono i soli. Favorevole all'uso della vitamina C anche Elio Lannutti, giornalista, scrittore e portavoce M5S al Senato scrive su Twitter: «La vitamina C può aiutare a curare la polmonite e a prevenire la replicazione virale». Altri esperti sostengono che alte dosi di vitamina C, insieme a 3.000 IU di vitamina D, e 20 milligrammi di zinco, siano una buona combinazione per aiutare a combattere le malattie virali. È il caso di Carolyn Dean, e Thomas Levy, entrambi esperti nel panorama internazionale sul magnesio, hanno sottolineato che il minerale è coinvolto in 1.000 reazioni metaboliche e che mantenere livelli adeguati migliora l'immunità. Un'altra opinione overriding era che poche persone sanno che alte dosi di C aumentano l'immunità e sconfiggono le malattie virali. E secondo Ken Walker Gifford-Jones, queste informazioni non sarebbero nuove: «Durante la grande epidemia di poliomielite del 1949-50 il Dr. Frederick R. Klenner, un medico di famiglia in North Carolina, ha curato 60 malati di poliomielite con alte dosi di vitamina C per via endovenosa». In quell'occasione, non si sono registrati casi di paralisi. Questa scoperta avrebbe dovuto fare notizia in tutto il mondo, ma la notizia del dottor Klenner è caduta sulle orecchie dei sordi. Più tardi, Klenner ha dimostrato che alte dosi di C potevano anche essere efficaci nei trattamenti per meningite, polmonite, morbillo, epatite e altre malattie virali e batteriche. Anche per curare il morso di un serpente a sonagli.
Per approfondimenti: "More Research Is Killing COVID-19 Victims" e "People Are Dying Needlessly of Coronavirus" di W. Jifford-Jones
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