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Più del 30%. È questo il dato importante che emerge dall’ultimo report dell’ADI, l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica. L’incremento medio è stato registrato nel periodo compreso tra febbraio 2020 e febbraio 2021 dove, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stato rilevato un abbassamento della fascia di età (13-16 anni) e un aumento delle diagnosi, soprattutto di soggetti affetti da anoressia nervosa. Nell’ultimo anno, complice la pandemia e le relative restrizioni dovute in un primo momento al lockdown e successivamente al coprifuoco, passando poi, tra il giallo, l'arancione e il rosso, dei vari colori regionali sono tutti i fattori che hanno ridefinito il nostro rapporto con il cibo. Dallo stato d’animo al malessere psicologico. «Durante la pandemia la situazione è stata complicata anche dal ridotto accesso alle cure, con centri chiusi, meno disponibilità e possibilità di seguire i pazienti in presenza» spiega in un’intervista all’Huffington Post il dottor Riccardo Dalle Grave, responsabile dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda di Garda. Anche l’autore dell’articolo “Coronavirus Disease 2019 and Eating Disorders - What do people with eating disorders have to address during the pandemic?” pubblicato su Psychology Today ha evidenziato che «il distanziamento sociale e l’isolamento hanno prodotto molti casi di disturbo dell’alimentazione o hanno causato ricadute in soggetti che erano in remissione anche da molto tempo. Ho visto pazienti che, durante il lockdown, sono tornati a combattere contro il disturbo dopo oltre un decennio di remissione».

Aumento di peso e perdita della forma fisica causate soprattutto dall’assenza di attività sportiva. Tra i fattori scatenati poi, oltre alla “clausura” tra le mura domestiche anche le notevoli scorte alimentari presenti in casa durante il confinamento domiciliare. Insomma, un anno all’insegna delle grandi abbuffate ha sicuramente favorito un aumento comportamentale di questo disturbo. Lo scorso febbraio il Lancet ha pubblicato una recensione di Samantha Brooks e colleghi del King's College di Londra su 24 studi sull'impatto psicologico della quarantena. La maggior parte degli studi ha riportato effetti psicologici negativi inclusi sintomi di stress post- traumatico, confusione e rabbia. I fattori di stress includevano una quarantena più lunga, paure di infezione, frustrazione, noia, forniture inadeguate, disinformazione, perdite finanziarie e stigma. Secondo la revisione, i bambini e gli adolescenti sembrano particolarmente a rischio di disturbo da stress post-traumatico. Inoltre, le persone con disturbi alimentari hanno un alto rischio di ricaduta o di peggioramento della gravità del loro disturbo, a causa delle paure di infezione e dell'effetto della quarantena, e per la carenza di cure psicologiche e psichiatriche adeguate a causa della pandemia. Le paure di infezione tendono ad aumentare la sensazione di non avere il controllo che, nelle persone con disturbi alimentari, è spesso gestita con un aumento delle restrizioni dietetiche o altri comportamenti estremi di controllo del peso o con episodi di abbuffate.

Un mostro tra le mura domestiche

Tra i più colpiti dall’emergenza, anzitutto i più giovani.


I dati relativi all’aumento di casi di disturbi alimentari post lockdown – spiega Bracalenti all’agenzia Dire -, da febbraio a maggio 2020, del 30% in bambini e preadolescenti è certamente allarmante. Tuttavia bisogna fare attenzione a evidenziare solo la scarsità dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza Covid-19, come se il trattamento di questi disturbi potesse essere esclusivamente di tipo clinico. Come è noto, invece, la risposta deve essere integrata, complessa, volta a promuovere in senso olistico uno stile di vita sano. Le occasioni di socializzazione, lo sport e tutte le altre attività analoghe sono venute meno durante la pandemia, anche più dei servizi di salute mentale. C’è il rischio concreto che la crisi del Covid-19 porti a cercare in una medicalizzazione diffusa la soluzione a tutti i problemi che emergono: pur necessari, i trattamenti clinici da soli non sono sufficienti.

3 milioni di persone, nel nostro Paese, soffrono di disturbi alimentari (DCA). 2,3 milioni sono adolescenti, principalmente donne. «Le patologie di questo tipo emergono in prevalenza tra i 12 e i 25 anni, ma ultimamente l’età di insorgenza dell’anoressia nervosa si sta abbassando: circa il 20% delle nuove diagnosi riguarda la fascia 8-14 anni. Se è vero che oltre il 95% di chi soffre di questi disturbi è di sesso femminile, il fenomeno dell’anoressia nervosa non esclude di certo i ragazzi. Soprattutto nell’ultimo periodo», evidenzia in un’intervista all’Huffington Post la dottoressa Elena Bozzola, Segretaria Nazionale della Società Italiana di Pediatria. D'altra parte, la quarantena, creando la separazione dalla sfera sociale e la limitazione dei movimenti, può contribuire al mantenimento della psicopatologia del disturbo alimentare attraverso diversi meccanismi. Come ad esempio:

  • La limitata possibilità di camminare e fare esercizio fisico potrebbe accentuare la paura dell'aumento di peso che solitamente viene affrontato, aumentando la restrizione dietetica.
  • L'esposizione a elevate scorte di cibo a casa può essere un potente fattore scatenante di episodi di abbuffate, soprattutto negli adolescenti con questa forma di disturbo alimentare.
  • Rimanere a casa può aumentare l'isolamento sociale, una caratteristica comune associata ai disturbi alimentari e creare un importante ostacolo per migliorare il funzionamento interpersonale. Questo isolamento impedisce, inoltre, alla persona di affrontare espressioni importanti mantenendo la psicopatologia del disturbo alimentare (cioè evitare il mangiare sociale e l'esposizione al corpo).
  • Se non si vive da soli, passare più tempo con gli altri può portare ulteriori tensioni e accentuare alcune espressioni dei disturbi alimentari.

Anoressia, bulimia e il drammatico e, a volte, mortale rapporto con il cibo. Già a inizio pandemia, l’Iss e l’EpiCentro in un articolo, avevano approfondito il tema dei disturbi alimentari durante la pandemia ponendo l’attenzione su alcuni fattori cruciali. Gli esperti spiegano nella nota che coloro che soffrono di disturbi alimentari tendono ad essere più fragili, andando incontro a problemi come quelli respiratori e a una maggiore vulnerabilità al rischio di infezione. Nelle persone con disturbi alimentari e altre condizioni concomitanti, come depressione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico e disturbo da uso di sostanze, la ruminazione, la preoccupazione e l'ansia innescate dalla pandemia Covid-19 possono accentuare il gravità della condizione di comorbilità che spesso interagisce negativamente con la psicopatologia del disturbo alimentare. Senza trascurare poi che, le persone sottopeso con un disturbo alimentare sono a più alto rischio di complicazioni mediche associate alla malnutrizione e, sebbene non abbiamo dati, potrebbero essere a maggior rischio fisico nel caso di un'infezione da Coronavirus.

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Per approfondimenti:

Il Messaggero "Coronavirus, anoressia e bulimia tra gli effetti dell'ansia causata dal virus"

Huffington Post "Un’epidemia nella pandemia: +30% casi disturbi alimentari nell'anno del Covid"

Psychology Today "Coronavirus Disease 2019 and Eating Disorders"

Harvard University "Evaluating COVID-19 Public Health Messaging in Italy: Self-Reported Compliance and Growing Mental Health Concerns"

Ministero della Salute "Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione"

Huffington Post "Perché per chi soffre di disturbi alimentari l'isolamento è un mostro (e un pericolo)"

LEGGI ANCHE: Gli interferoni, l’arma del sistema immunitario contro le infezioni virali

Cortisolo, vittime le "casalinghe disperate": donne più stressate del 73%

Sconfigge stanchezza e insonnia: la via del magnesio porta al benessere

 

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Rinchiuse e stressate. Mantenere i “nervi saldi” sembra ormai un lontano ricordo. Un anno difficile per gli italiani, il lockdown e la pandemia hanno messo a dura prova il nostro sistema nervoso. Per non parlare poi di tutte le attività connesse alla vita sociale che siamo costretti a svolgere tra le mura domestiche. Scuola, lavoro e attività sportiva. Tutto rigorosamente “fatto in casa”. Un sondaggio dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico) ha evidenziato che a incidere sullo stress è stato anche lo smart working e la didattica a distanza dei figli. Le prime vittime di questo stress da pandemia sono proprio le donne che hanno registrato un incremento dell’ansia di ben il 73%. Un dato notevole che, tra smart working e DAD (didattica a distanza), ha stravolto gli equilibri familiari, infliggendo un duro colpo soprattutto alle donne. Una percentuale importante della popolazione femminile quella che emerge da un sondaggio promosso dall’EURODAP a cui hanno risposto 532 donne. Insomma, intere giornate trascorse al chiuso tra impegni e stress ci hanno trasformato in vere e proprie “casalinghe disperate” alle prese con una moltitudine di faccende da sbrigare. I figli, il lavoro, lo studio, gli esami e la casa. Senza contare poi la mancata interazione con i colleghi. «La pandemia ha creato inevitabilmente squilibri, disagi e pressioni che hanno modificato il nostro modo di vivere e, in questo scenario, il ruolo che si è trovata a rivestire la donna non è da sottovalutare», spiega Eleonora Iacobelli, psicoterapeuta e presidente EURODAP.

La necessità di gestire le nuove dinamiche relazionali e familiari che si sono presentate, dal lavoro alla cura dei figli e della casa, ha portato le donne - prosegue - ad accumulare stati di stress e ansia e ad adattarsi a una nuova quotidianità, dove mitigare sentimenti come tristezza, depressione e paura rischia di passare pericolosamente in secondo piano. Inoltre, lo smart working e, in alcuni casi, la perdita del lavoro hanno contribuito ad aumentare il tempo che le donne passano in casa. Se già in passato gestire tutti i differenti aspetti della vita costituiva una delle problematiche principali della donna, ora è diventato ancor più complicato.

Salute a rischio con STRESS e CORTISOLO, come influisce lo stile di vita

Un circolo vizioso che ci lascia alla mercè del virus. Difatti, poiché lo stress abbassa le nostre difese immunitarie, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di contagio. Ora, più che mai, è importante non abbassare la guardia e tenere alla larga stress e brutti pensieri cercando, perlomeno, di non peggiorare la situazione. Lo stress, legato a una situazione temporanea, contingente, facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Tra le soluzioni tra adottare nell’immediato sicuramente quelle accomunate dallo stesso fine, ovvero abbassare i livelli di cortisolo e aumentare la capacità immunitaria del nostro organismo. Tra i primi alleati in questo impegno quotidiano sicuramente l’alimentazione, una dieta sana ed equilibrata è fondamentale per immagazzinare tutti i nutrienti necessari a rafforzare le nostre difese. Prezioso un apporto di vitamina C e D oltre a sali minerali. Poi, a fare la differenza sono anche il corretto riposo e la qualità della vita. Ecco perché diventa importante agire anche sullo stile di vita. Quindi, tra le azioni positive per il nostro benessere: mantenere uno stile di vita sano, svolgere regolarmente attività fisica e dormire bene! Un valido aiuto arriva poi anche dall'assunzione di integratori alimentari che influenzano la produzione di cortisolo.

 Stress e ansia, un bagaglio pericoloso

Lo stress (dall’inglese “sforzo o spinta”) è un termine mutuato dalla fisica. A partire dalle ricerche del medico austriaco Hans Selye nel 1936 si inizia a fare riferimento allo stress in quanto sindrome prodotta da diversi agenti nocivi per l'organismo, fino a identificare questa condizione come uno stato di tensione in grado di manifestarsi con “trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi, particolarmente nelle ghiandole endocrine che stanno sotto il controllo dell'ipofisi anteriore”. In base a recenti statistiche è possibile osservare un aumento dei disturbi legati a stress e ansia, con un’impennata nell’ultimo anno a seguito della pandemia e le previsioni per il futuro sembrano tutt’altro che incoraggianti. «È un ormone prodotto dalle due ghiandole surrenali che, come dice il nome, si trovano alle estremità dei due reni», spiega a Gazzetta Active il dottor Carmine Gazzaruso, endocrinologo e diabetologo, responsabile delle Unità Operative di Diabetologia, Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Vascolari, nonché del Pronto Soccorso dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Pavia) e responsabile dell’Unità di crisi Covid dell’Istituto. Viene definito un ormone perché: «La funzione principale di questo ormone - prosegue il diabetologo - è proprio quella di rispondere alle situazioni di stress, intendendo con questo termine qualsiasi situazione che l’organismo non riconosce come normale, fisiologica, ma di pericolo, sia esso fisico o psichico». Altro fattore importante è la sua capacità dello stress di abbassare le nostre difese immunitarie. «Infatti il cortisolo, tra le sue molte funzioni, riduce anche l’immunità, come si può osservare con il cortisone, che è la formulazione farmaceutica del cortisolo, ed è un antinfiammatorio e immunosoppressore».

Le reazioni di stress: le tre fasi della Sindrome Generale di Adattamento

Stress grafico

Tra le altre funzioni del cortisolo oltre ad indebolire il sistema immunitario:

Modifica tutte le funzioni dell’organismo. Di fronte ad una situazione di pericolo l’organismo si prepara a combattere o a scappare. Questo può avvenire di fronte ad una situazione di pericolo acuto, come una infezione o un trauma, o davanti ad una situazione di pericolo cronico, come uno stress prolungato nel tempo. In tutte queste situazioni il cortisolo agisce sul cuore, aumentando la pressione e la frequenza cardiaca, agisce sul sistema respiratorio, stimolando la funzione respiratoria, aumenta la funzione metabolica, e quindi i livelli di glicemia nel sangue, dal momento che ha bisogno di energia immediata in quel momento. In altre parole, di fronte ad uno stress il cortisolo fa aumentare tutte quelle funzioni che servono per scappare o difendersi, mentre fa diminuire tutte le funzioni che in quel momento non servono. Così, per esempio, il sistema digestivo rallenta e il sistema immunitario si abbassa, perché in quel momento le forze vanno dislocate altrove. Il sonno viene inibito, perché in quel momento è importante essere svegli, e così aumenta il livello di attenzione. Anche la funzione riproduttiva ha delle ripercussioni, perché in una situazione di pericolo non serve fare figli. Il cortisolo fa tutto questo.

Lo STRESS e i tanti rischi per la nostra salute


Senza dimenticare poi che elevati livelli di cortisolo potrebbero aumentare il rischio di una serie di patologie come ipertensione, diabete e altre malattie metaboliche. «Sì, si va incontro alla sindrome metabolica, quindi al rischio di obesità, diabete, ipertensione e patologie cardiovascolari». Ma cos’è l’ipercortisolismo noto anche come sindrome di Cushing? Una prerogativa solo delle persone obese o in sovrappeso? Sono una aumentata produzione di ACTH (per una iperplasia o un adenoma dell’ipofisi o per la produzione da parte di un tumore) che stimola il surrene a produrre cortisolo, oppure la presenza a livello del surrene di una iperplasia o di un adenoma che produce cortisolo in maniera autonoma. Inoltre, nelle condizioni di obesità l’asse ipofisi-surrene che regola il sistema ACTH-cortisolo è più attivo, per cui nei soggetto obesi, sebbene in forma più sfumata, si possono avere alcuni disturbi da ipercortisolismo. Insieme all'obesità, la presenza di una vita stressante e problemi di ipertensione, soprattutto se insorta in giovane età, sono elementi che devono far pensare a un rischio di ipercortisolismo.


No, l’obesità in sé probabilmente non crea ipercortisolismo, ovvero cortisolo in valori superiori alla norma. Ad incidere sono prima di tutto la predisposizione genetica e lo stress. Anche i magri possono avere livelli elevati di cortisolo. In uno studio condotto su persone obese si è osservate che avevano livelli minori di cortisolo coloro che facevano yoga, senza aver perso peso, rispetto a coloro che si sottoponevano a chirurgia bariatrica, e quindi perdevano peso. La componente nervosa, legata al cervello è fondamentale. Sicuramente l’ordine di produrre cortisolo parte dal cervello, per l’esattezza da due aree cerebrali presenti nella zona dell’ipotalamo. C’è un asse nervoso-endocrino ma soprattutto un asse puramente nervoso nella produzione del cortisolo. E purtroppo una volta che il cervello si abitua a stimolare la produzione di cortisolo in eccesso è difficile bloccare questo processo. Per questo motivo è fondamentale iniziale a fare una vita sana da giovani, con attività fisica, dieta equilibrata e sonno a sufficienza. Ma soprattutto a tenere a bada lo stress.

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Per approfondimenti:

Gazzetta Active "Cortisolo, cos’è e come agisce l’ormone dello stress legato (anche) all’obesità"

Agi "Le donne vittime dello stress da pandemia: per il 73% aumenta l'ansia"

Donna Moderna "Cortisolo: cos’è e come abbassarlo"

La Stampa "Ansia, il disturbo di molti è aumentato durante il lockdown. Gli esperti: “Mai sottovalutarlo

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

LEGGI ANCHE: Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali

+ 25%. Tra Covid, insonnia e stress: le ”ore piccole” dei nottambuli

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Dal disagio allo stress psicologico: raddoppiato il numero di uomini ansiosi

Stare all’aria aperta riduce il rischio di malattie e contrasta insonnia e stress

 

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Ribattezzata “coronasomnia”. Dal cambiamento delle abitudini allo spostamento dei rituali quotidiani. Complice sicuramente anche l’aumento dell’utilizzo dei dispositivi elettronici e della drastica riduzione delle occasioni sociali, i problemi del sonno sono diventati praticamente uguali a quelli di adeguamento da jet lag ovvero, dei tipici disagi riscontrati a seguito di un brusco cambiamento, come avviene in un volo intercontinentale, cambiando fuso orario e stagione. Energia, umore, lucidità mentale e performance. Il sonno è indispensabile! Tra i suoi grandi nemici in questo delicato periodo storico, la luce blu dei dispositivi elettronici, prima tra tutte, quella della televisione. Un recente studio indio-asiatico pubblicato su Psychiatry Research ha indagato la crescita del cosiddetto “binge watching” (abbuffate televisive), un comportamento patologico che nel sud-est asiatico durante il lockdown è aumentato fino al 73,7%. Insomma, intere giornate passate davanti allo schermo, in oltre la metà dei casi per noia (il 52,6%), in un quarto per ridurre lo stress e nel 15,7% per vincere la solitudine, guardando per almeno 5 ore consecutive soprattutto notiziari (il 69,2%) o programmi di YouTube (il 52,7%). Una cyber-psicopatologia che sfocia in affaticabilità cronica, irritabilità, disturbi dell’umore, ridotta efficienza lavorativa e una significativa interferenza col sonno. Un disturbo che coinvolge il 70% della popolazione, soprattutto donne (il 49%), nella fascia tra i 18 ed i 44 anni. Di questi binge-wiever, il 90% soffre di insonnia o disturbi del sonno.

INSONNIA? Farmaci per dormire e possibili rischi per la salute

Oltre alle abbuffate di serie televisive, anche quelle di cibo. Insomma, isolati, affamati e insonni. La risposta alle notti tormentate è una terapia capace di ripristinare in maniera naturale i cicli perduti di sonno, garantendo così il regolare funzionamento del ritmo circadiano e delle fasi sonno-veglia. Un effetto con la capacità di riequilibrare la bilancia ipotalamica. Grande alleata in questa battaglia quotidiana, proprio la melatonina che, seguendo la stessa curva di diffusione sera-mattino di quella naturale dell’epifisi, ripristina un sonno fisiologico, riducendo il fenomeno della cosiddetta “inerzia morfeica da sonniferi (cioè il risveglio frastornato che segue a una dormita indotta farmacologicamente) e migliora, di conseguenza, del 55% la qualità del risveglio, peraltro pessima in oltre la metà degli adulti che fanno uso di sonniferi. Quindi, la salute fisica e mentale è strettamente correlata ad un buon riposo, condizione sempre più rara in tempi di Covid. Tra i diversi disturbi del sonno, quella che accomuna gran parte degli italiani è senza dubbio l’insonnia, ovvero la difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno costante, che si traduce nella percezione di un sonno non ristoratore, con stanchezza e sonnolenza durante il giorno. In sostanza, si dorme poco e male e l’indomani ci si sveglia scarichi e non riposati. Nel lungo termine, questi disturbi, possono impattare sulla salute con la comparsa di serie patologie come obesità, ansia, depressione, malattie cardiovascolari e diabete. Senza trascurare poi la difficoltà di concentrazione. Tirando le somme, dalla prima alla seconda ondata, complice anche il peggioramento delle condizioni psicologiche, si registra non solo un inasprimento della qualità del sonno, bensì un aumento dei “nottambuli” del 25%.

Le “ore piccole” indeboliscono la risposta immunitaria

Una correlazione poi, quella tra il sistema immunitario e le ore di riposo che viene confermata da una lunga serie di studi. Evidenze scientifiche dimostrano che chi dorme meno di sei ore è più vulnerabile rispetto a chi dorme almeno sette ore a notte. Insomma, uno scudo naturale che ci protegge da virus, raffreddori e influenze stagionali. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, anche sul nostro organismo. Insomma, dal sonno a intermittenza all'insonnia, questi disturbi non vanno mai sottovalutati. Dormine fa bene perché il riposo porta con se tanti aspetti e azione importanti contribuendo sia al benessere psicofisico sia al contrasto di tante patologie.

INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati


Con l’arrivo della pandemia è un po’ come se tutti fossimo saliti a bordo di un aereo che non atterra mai, alterando così i nostri ritmi sonno-veglia - spiega al Corriere della Sera l’ex-presidente della SINPF, Giovanni Biggio dell’Università di Cagliari che ha illustrato questa sistuazione al convegno "Quando tutto cambia" - Questo volo senza scalo assomiglia alla costrizione in casa impostaci dal lock-down in cui si perde il ritmo delle abituali attività di vita e di lavoro e i rapporti sociali. Il naturale alternarsi del ciclo luce-buio che favorisce sonno e ritmi di vita è il principale fattore perduto: non ci si alza più alla solita ora per andare in ufficio o a scuola e la sera ci si attarda alla TV o al computer. La continua esposizione alla luce artificiale di casa o a quella blu degli schermi TV o dei PC usati in smart-working, mette in crisi l’epifisi, la ghiandola posta dietro la fronte che, in risposta agli stimoli luminosi naturali, produce l’ormone dei ritmi del sonno chiamato melatonina che sale la sera e scende il mattino.

grafico melationina

Una persona su quattro trascorre notti in bianco. Secondo i risultati della British Sleep Society pubblicati sul Journal of Thoracic Disease, bel il 70% dei britannici di età compresa tra i 40 e i 63 anni ha riferito di cambiamenti nei propri schemi di sonno dal primo lockdown. Il catalogo dei problemi di sonno riportati includevano disturbi del sonno, addormentarsi involontariamente, difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati e andare a dormire più tardi. Tra le altre considerazioni rilevanti, il sonno influenza direttamente la nostra risposta immunitaria. La privazione del sonno riduce la produzione di citochine protettive e viceversa, così come quella degli anticorpi e delle altre cellule che combattono le infezioni. «Durante il sonno, il nostro sistema immunitario rilascia proteine chiamate citochine», evidenzia la dottoressa Ivana Rosenzweig, medico del sonno. Tuttavia, dormire di più non è sufficiente, occorre riposare bene! Il dottor Steven Altchuler, psichiatra e neurologo specializzato in medicina del sonno presso la Mayo Clinic (USA), sottolinea che sono in gioco molteplici fattori. Primo, la nostra routine quotidiana e l’ambiente sono stati interrotti, rendendo difficile mantenere intatto il nostro ritmo circadiano. Normalmente le nostre giornate si susseguono secondo un programma di risvegli, pendolari, pause e ore di sonno, ma il COVID-19 ha cambiato, da un giorno all'altro, tutte le nostre abitudini. «Abbiamo perso molti dei segnali esterni che sono presenti nelle riunioni dell’ufficio, nelle pause pranzo programmate. Quello che stai facendo, durante il lavoro a distanza, è interrompere il tuo orologio biologico», ha sottolineato il neurologo.

Una spiegazione esaustiva del disagio che siamo vivendo ce la fornisce anche Christian Orlando, biologo e nutrizionista:

Il lockdown, tra le varie problematiche che ha portato una di queste riguarda l’aumento di disturbi del sonno (insonnie reattive legate agli stati ansioso-depressivi, allo stress, all’ansia; insonnie legate all’alterazione del ritmo biologico e delle attività giornaliere del singolo). Un recente approfondimento pubblicato dalla rivista americana The Atlantic afferma che “il buon funzionamento del ritmo sonno-veglia aiuta a impedire che le nostre risposte immunitarie vadano in tilt” quindi intervenire sulla regolarizzazione del sonno è certamente desiderabile per quanto concerne l’esposizione all’infezione: disturbi del ritmo circadiano, infatti, si associano a vari aspetti di depressione immunitaria I benefici della melatonina riguardano principalmente il ripristino del ritmo sonno-veglia e subordinatamente la facilitazione dell’addormentamento. Un sonno migliore e stabilizzato, a cascata e in maniera indiretta, può migliorare il quadro immunitario. La melatonina è un ingrediente naturalmente presente nel nostro organismo, in grado di incidere positivamente sulla qualità del sonno senza compromettere le nostre attività diurne. Infatti con il risveglio, l’organismo riesce a smaltire naturalmente la melatonina residua, concedendo al corpo l’energia necessaria per affrontare le attività giornaliere. Secondo uno studio, realizzato dagli scienziati della Cleveland Clinic, centro di ricerca con sede in Ohio, la melatonina sarebbe associato a una “probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2”. Trattandosi di risultati prodotti sulla base di simulazioni e analisi di dati statistici, occorre specificare che per ora non vi è alcuna evidenzia del nesso causa-effetto del beneficio e del fatto che gli integratori a base di melatonina abbiano azione protettiva rispetto al virus. L’ormone, sottolinea la ricerca, potrebbe giovare in particolare ai soggetti anziani, visto che la sua produzione naturale si riduce con l’avanzare dell’età.

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Per approfondimenti:

Corriere della Sera "Con la pandemia gli stessi problemi di sonno e adeguamento del jet lag"

Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"

Corrriere della Sera "Gli effetti sul sonno della pandemia"

Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"

Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"

The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"

Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"

Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"

La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"

Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"

Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"

La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

LEGGI ANCHE: Dall’insonnia al raffreddore, quando dormire poco indebolisce il sistema immunitario

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Nella lotta al coronavirus un altro potente alleato del nostro organismo. Dopo la lattoferrina e la vitamina D, un’altra sostanza è oggetto di studio per il potenziale ruolo contro il coronavirus, ora è il turno della melatonina che, secondo uno studio statunitense, potrebbe aiutare ad abbassare il rischio di contrarre l’infezione. Dopo le numerose indagini e delle evidenze scientifiche circa il rapporto tra vitamina D e SARS-CoV2 ora, la scoperta dei ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) che identificando nell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, solitamente utilizzato come integratore alimentare per risolvere i problemi di insonnia una possibile opzione di trattamento per il Covid. Secondo gli studiosi, l’uso regolare di questo ormone che regola il ciclo sonno-veglia, comunemente utilizzato come integratore contro l’insonnia, è associato a una «probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2», una percentuale può arrivare a coprire più della metà dei casi (52%) nella popolazione afroamericana. Nella ricerca pubblicata sulla rivista Plos Biology, i ricercatori hanno utilizzato i dati delle cartelle cliniche di quasi 27mila pazienti con Covid-19 per identificare le manifestazioni cliniche e le patologie comuni tra l’infezione da coronavirus e altre malattie, integrando queste informazioni con tecnologie di analisi utili alla descrizione e l’interpretazione del sistema biologico sottostante. In particolare gli studiosi hanno valutato l’associazione con altre 64 malattie (cancro, malattie autoimmuni, cardiovascolari, metaboliche, neurologiche e polmonari) individuando il nesso tra le diverse patologie. L’analisi ha evidenziato che, ad esempio, alcune proteine associate alle difficoltà respiratorie e alla sepsi (due delle principali cause di morte nei pazienti con forme gravi di Covid-19) erano altamente correlate con più proteine di Sars-Cov-2.

Nell’insieme, gli studiosi hanno determinato che le malattie autoimmuni (come ad esempio la malattia infiammatoria intestinale), polmonari (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva e fibrosi polmonare) e neurologiche (depressione e disturbo da deficit di attenzione e iperattività) mostravano una significativa associazione con geni e proteine coinvolte nell’infezione da SARS-CoV-2. L’indagine ha analizzato circa 3.000 sostanze, individuandone 34 interessanti per la loro potenziale azione antivirale e fra queste, prima tra tutte, la melatonina. «Questo ci ha indicato – precisa Feixiong Cheng del Genomic Medicine Institute della Cleveland Clinic e autore dello studio – che farmaci già approvati per il trattamento di queste condizioni respiratorie potrebbero avere qualche utilità nel trattare anche l’infezione da coronavirus agendo su quei bersagli biologici condivisi». Anche gli scienziati del Life Science avevano già indagando il potenziale effetto terapeutico nei pazienti affetti da Covid-19. La review pubblicata su Life Science dal titolo “Lungs as target of COVID-19 infection: Protective common molecular mechanisms of vitamin D and melatonin as a new potential synergistic treatment” ha indagato il potenziale terapeutico dell’azione sinergica della vitamina D e della melatonina nei pazienti affetti da coronavirus. Secondo la ricerca, sia la vitamina D che la melatonina, grazie alle notevoli proprietà che le contraddistinguono tra cui quelle antinfiammatorie, antifibrotiche e antiossidanti, svolgono un’azione regolatrice nei confronti del sistema renina-angiotensina-aldosterone, influendo positivamente sulla “tempesta delle citochine”, causa di infiammazioni e fibrosi dei tessuti a livello polmonare, e più in generale sul sistema immunitario. Quindi non solo l’ipovitaminosi tra le cause di maggior rischio. La review pone l’attenzione su come la carenza di queste sostanze potrebbe influire sugli stati di infiammazione acuta causati da Covid-19, provocando sintomi più gravi rispetto a quelli registrati nei pazienti con livelli ematici di vitamina D e melatonina più alti.

Tutti i consigli per RIPOSARE meglio ed essere più energici

Riduce il rischio infezione del 30%

Dalla capacità di modulare e influenzare meccanismi fisiologici dell’organismo al mantenimento di ossa e denti in salute, dal buon funzionamento dei muscoli al rinforzo del sistema immunitario. L’azione della vitamina D è ormai da anni oggetto di ricerca. Non meno interessante è la correlazione fra la carenza di vitamina D con i disturbi del sonno, condizione che ha registrato una vera e propria impennata nella popolazione italiana soprattutto nel periodo del lockdown marzo-maggio 2020, nel pieno della prima ondata. Altra grande protagonista nella regolazione del ritmo circadiano del sonno è la melatonina. Questo ormone viene prodotto naturalmente dalla ghiandola pineale e a livello mitocondriale, a cui sono state attribuite, secondo quanto dimostrano le ricerche di diversi studi clinici e review, anche proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulanti. E proprio a questa esigenza rispondono i nutraceutici e gli integratori alimentari a base di vitamina D e melatonina efficaci per aiutarci a ritrovare benessere e serenità. 

I consigli per dormire bene e svegliarsi riposati

grafico melationina

Tuttavia, anche se il legame fra melatonina e coronavirus è ancora da esplorare, e se i ricercatori hanno individuato alcuni processi fisiologici che potrebbero entrare in gioco, la sostanza potrebbe giovare ai pazienti anziani, ovvero a quelli a rischio di forme di infezione più gravi. Inoltre, la melatonina, sopprime alcuni processi infiammatori, anche a livello polmonare, ad esempio aumentando le citochine anti-infiammatorie. Senza trascurare poi, come risaputo, che un buon riposto (almeno 8 ore a notte) aiuta ad abbassare i livelli dello stress. Inoltre, nell’indagine che ha indagato il rapporto tra melatonina e coronavirus è emerso che l’uso di melatonina era associato a una probabilità ridotta di quasi il 30% di risultare positivo al Covid-19 dopo l’adeguamento per età, razza e varie comorbidità della malattia. In sostanza, l'uso adiuvante della melatonina ha un potenziale per migliorare i sintomi clinici dei pazienti COVID-19 e contribuire a un più rapido ritorno dei pazienti alla salute di base. Considerate le alte prestazioni della melatonina, la sua prescrizione nella profilassi del COVID-19 è fortemente raccomandata.

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Per approfondimenti:

Authorea "Efficacy of a Low Dose of Melatonin as an Adjunctive Therapy in Hospitalized Patients with COVID-19: A Randomized, Double-blind Clinical Trial"

Fanpage "La melatonina potrebbe prevenire e curare l’infezione da coronavirus"

Leggo "Vitamina D e Melatonina: Life Science indaga il potenziale terapeutico nei pazienti affetti da Covid-19"

Wired "Cosa sappiamo sulla melatonina contro il coronavirus"

Focustech "Covid-19, scoperto un legame tra la melatonina e il virus"

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

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Pubblicato in Informazione Salute

La paura del contagio, l’isolamento e la crisi economica sono oggi tra i principali fattori che influenzano negativamente il nostro riposo. Lo dimostrano due importanti indagini che uno staff di ricercatori, del San Raffaele di Milano, sta conducendo, in questi giorni. Un primo studio nasce con lo scopo di indagare le abitudini di sonno negli studenti universitari: sono stati valutati con test e questionari specifici oltre 300 studenti, delle facoltà degli atenei del capoluogo regionale e gli esperti hanno evidenziato uno spostamento in avanti del periodo di sonno di circa un’ora, soprattutto nelle ragazze. «L’altro studio è stato invece condotto su personale sanitario coinvolto nella gestione del Covid-19: il sonno è stato valutato con l’attigrafo, una sorta di orologio, indossato per una settimana. Una valutazione preliminare dei risultati indica che una ridotta qualità del sonno emerge soprattutto nei soggetti di età superiore ai 40 anni». Spiega a Il Giorno il professor Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

«Durante la pandemia – continua il primario - sono aumentati i pazienti con disturbi del sonno. Legati, in particolare, alle non poche difficoltà di mantenere un corretto ritmo sonno-veglia. L’andare a letto più tardi alla sera e l’alzarsi più tardi al mattino hanno stravolto i nostri normali ritmi biologici. I giovani, più degli altri, riferiscono di frequenti brutti sogni: accade perchè dormono più a lungo la mattina, allungando così la fase rem in cui si sogna. Ma non solo: infatti molti si sono concessi sonnellini diurni, spesso anche prolungati, che hanno inevitabilmente creato problemi sulla qualità del sonno notturno». «Altri fattori hanno avuto un ruolo negativo - sottolinea l’esperto - non solo la diminuzione dell’attività motoria o la ridotta esposizione alla luce naturale, ma anche l’esposizione continua a dispositivi elettronici, allo scopo sia di interazione sociale che di intrattenimento. La stimolazione costante dei centri della veglia e la luce blu prodotta dai “devic” elettronici (luce che inibisce il rilascio di melatonina) hanno creato problemi di addormentamento serale. Inoltre anche la ricerca costante dell’ultima notizia relativa alle novità sulla pandemia ha aumentato i livelli di ansia. L’allarme, per il futuro, ha contribuito alla deflessione dell’umore. È noto che ansia e depressione giocano un ruolo importante nel favorire i disturbi del sonno. Si deve prestare attenzione anche all’alimentazione: guai a esagerare con l’alcol, ad esempio».

Insonnia, nemica della salute

Per insonnia non s'intende  «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […]Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani. […] quando sono imposti disturbi del sonno a questo ritmo circadiano, l’aumento notturno di IL-6 viene ritardato, […]la privazione totale del sonno notturno l’aumento di IL-6 di circa la metà. […] l’aumento notturno del fattore di necrosi tumorale TNF sembra essere guidato principalmente da fattori circadiani. […]vi è evidenza di un sorprendente aumento notturno della capacità dei monociti di rispondere alla sfida […] aggiunge l’idea che il sonno notturno favorisce la difesa immunitaria in una sfida microbica. […]prolattina. […]ormoni neuroendocrini sono noti per migliorare la proliferazione e la differenziazione delle cellule T e per promuovere l’attività delle citochine di tipo 1. […] perdita di sonno aumenta progressivamente oltre 4 notti, vi è evidenza di un aumento cumulativo della proteina C-reattiva (CRP) […]» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Lo studio, infatti, conferma la correlazione tra le concentrazioni di interleuchine e le fasi circadiane e quindi, di conseguenza il bilanciamento Th1 e Th2. «Ad esempio - aggiunge -  l’interleuchina IL6 ha due picchi alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00». 

Effetto coronavirus: 6 su 10 con disturbi del sonno

Tuttavia, il post lockdown non ha risparmiato neanche i più piccoli. 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno. Lo dimostra un’indagine presentata al ministero della Salute e condotto dal neurologo Lino Nobili che dirige il dipartimento di Neuropsichiatria infantile dellʼospedale pediatrico dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova su un campione di 3.245 famiglie con figli sotto i 18 anni a carico. Le cause? La perdita improvvisa di quotidianità, i rapporti sociali e l’assenza di attività ludiche. Inoltre, bambini, ma anche adolescenti, hanno assorbito anche lo stress trasmesso dai genitori o dai componenti adulti del nucleo familiare. Dall’indagine è emerso che nel 65% e nel 71% dei bambini con età rispettivamente minore o maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione. Per quel che riguarda i bambini al di sotto dei sei anni, i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine e ansia da separazione)

Tutti i consigli per RIPOSARE meglio ed essere più energici

Stesso trend, per quelli un po’ più grandi. Nei bambini e negli adolescenti tra i 6 e i 18 anni, i disturbi più frequenti riguardavano proprio la componente somatica, ovvero i disturbi d’ansia. In questa fascia di età è stata osservata, tuttavia, una significativa alterazione del ritmo-circadiano e delle fasi sonno-veglia con tendenza al ritardo di fase. Soprattutto gli adolescenti che sempre più spesso, vanno a letto molto tardi, facendo poi fatica a svegliarsi l’indomani, come se fossero ostaggi di una sorta di jet lag domestico. Ma non è tutto. Tra questi ragazzi è stata inoltre riscontrata una maggiore instabilità emotiva correlata a stati di irritabilità e frequenti sbalzi dell’umore. Tra le cattive abitudini degli italiani, c'è proprio quella di tirare fino a tardi o, ancora peggio, fino al mattino. Infatti, andare a dormire alle prime luci dell’alba, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze.

I consigli per dormire bene e svegliarsi riposati

grafico melationina

Come rimediare? Iniziamo subito a eliminare le cattive abitudini e a recuperare le ore di sonno perse. Ogni adulto dovrebbe dormire circa 7-9 ore a notte. Ma se il numero di ore riposate è inferiore, correte ai ripari: iniziate a ridurre la quantità di caffeina, e quindi, degli alimenti che la contengono, evitate l'utilizzo dei 'nemici del riposo' (smartphone, pc e tablet) almeno un'ora prima di andare a dormire, consumate pasti serali leggeri così da evitare problemi di digestione. E scegliete un buon alleato: la giusta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è anche la melatonina, una molecola naturale antichissima, con la principale funzione di regolare il ritmo circadiano.

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Per approfondimenti:

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

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Sonno e apnee notturne: oltre al fastidio, aumenta il rischio di infarto e ictus

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La natura è il segreto del benessere. È la scoperta di alcuni ricercatori giapponesi che sostengono che l'inalazione di sostanze chiamate fitoncidi, rilasciate dagli alberi, possa essere il fattore che contribuisce a questo processo. Numerosi studi hanno scoperto che uscire all'aperto nella natura - persino in un parco urbano potrebbe ridurre la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna delle persone, oltre a normalizzare la secrezione dell'ormone dello stress, il cortisolo. Tirando le somme, a lungo termine, vivere o interagire con la natura è strettamente correlato a un ridotto rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e morte precoce. Senza dimenticare poi, i notevoli benefici per l’organismo dei livelli più elevati di vitamina D, come conseguenza di una frequente esposizione ai raggi solari.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Oltre a livelli più elevati di esercizio fisico e vitamina D, sono state avanzate varie teorie per spiegare questi risultati. Uno è che trascorrere del tempo all'aperto potrebbe aiutare a contrastare lo stress e la solitudine, favorendo le interazioni con altre persone. «In pratica, penso che questi vari percorsi probabilmente funzionino in sinergia», afferma Catharine Ward Thompson, direttore del centro di ricerca OPENSpace dell'Università di Edimburgo e coautore di un rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sugli spazi verdi urbani e sulla salute. «I fitoncidi possono essere importanti – spiega Catharine Ward Thompson, ma probabilmente è necessario essere completamente immersi nell'ambiente naturale per qualche tempo per ottenere questi benefici, mentre i benefici psicologici come il rilassamento e l'abbassamento dello stress potrebbero essere più facili da ottenere». Inoltre, si fa strada anche un’altra ipotesi, la teoria del restauro dell'attenzione, che suggerisce che i modelli naturali e il movimento attirino senza sforzo la nostra attenzione, offrendo ai nostri cervelli troppo tesi l'opportunità di riposare e recuperare.

I notevoli benefici della natura

Questi studi, partendo dall’assunto comune che gli alberi colpiscano il nostro sistema immunitario più direttamente, suggeriscono di trascorrere qualche giorno in una foresta per registrare un aumento considerevole del numero e dell'attività delle nostre cellule killer naturali, le cellule immunitarie che aiutano a rilevare e distruggere virus e cellule tumorali, nel nostro sangue. Secondo questi ricercatori giapponesi, l’inalazione di sostanze chiamate fitoncidi, rilasciate dagli alberi, potrebbe essere un fattore che contribuisce all’attività delle nostre cellule immunitarie. Le indagini dimostrano la capacità di alterare l'attività delle cellule killer naturali umane.

Non solo il sistema immunitario. Infatti, a beneficiare delle lunghe passeggiate all’aria aperta sarebbe anche il sonno. Il nostro tempo chiuso dentro durante il lockdown avrebbe potuto interrompere i nostri ritmi circadiani - cicli generati internamente, quasi 24 ore su 24 nell'attività di numerosi processi biologici, incluso il sonno. I nostri ritmi circadiani sono di solito mantenuti sincronizzati o coinvolti nell'ora del giorno in cui siamo all'aperto attraverso l'azione della luce intensa che colpisce una serie di cellule sensibili nella parte posteriore dell'occhio. Queste cellule oculari comunicano con una chiazza di tessuto cerebrale chiamata nucleo soprachiasmatico, che funge da orologio principale del corpo. «La luce interna è in genere troppo bassa per favorire il trascinamento, quindi se non si va all'aperto per tutta la settimana, questi ritmi possono essere interrotti, con conseguente sonno disturbato», sostiene Mariana Figueiro, ricercatrice del Lighting Research Center di Troy di New York. Il suo studio dimostra come gli impiegati che sono esposti a una luce più intensa durante la mattina, ad esempio nel tragitto per raggiungere il luogo di lavoro, riescono poi ad addormentarsi di notte con maggiore facilità con un sonno meno disturbato rispetto a quelli che sono esposti alla luce più debole.  «L'interruzione circadiana e la riduzione del sonno – continua l’esperta - sono state collegate a una ridotta risposta del sistema immunitario». «Quindi, mentre la luce potrebbe non avere un impatto diretto sulla funzione immunitaria, può avere un forte impatto indiretto grazie alla sua capacità di trascinare il sistema circadiano e migliorare il sonno» conclude Figueiro. L'esposizione alla luce intensa durante la mattina ha anche un impatto positivo sull'umore delle persone e può aiutare a proteggersi dalla depressione.

Consigli per riposare meglio ed essere più energici durante il giorno

Riguardo al tempo necessario da trascorrere all'aperto per raccogliere questi benefici, non esiste una regola precisa. Sebbene la luce del mattino sia particolarmente importante per mantenere sincronizzati i nostri ritmi circadiani, non dimentichiamo che, la sintesi ottimale di vitamina D, avviene intorno a mezzogiorno, quando i raggi UVB alla luce del sole raggiungo l’apice. Quindi, la raccomandazione è quella di uscire all'aperto almeno una volta al giorno, ovviamente, ricordando di mantenere le distanze sociali e facendo attenzione alle scottature solari. E non dimentichiamo che la luce del sole e la natura, insieme all’alimentazione e all'integrazione, sono da sempre i nostri grandi alleati.

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Per approfondimenti:

BBC Future "How staying indoors affects your immune system"

NCBI "The immunological case for staying active during the COVID-19 pandemic"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

Il Mattino "Tutto il potere della D: la vitamina che proviene dalla stessa stella anti-Covid"

LEGGI ANCHE: Vitamina D, gli scienziati: dopo l'isolamento, "bagni di sole" e integrazione

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