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L’insuccesso della perdita di peso potrebbe essere proprio dovuto a una carenza di vitamina D. Per contro, un sufficiente livello di vitamina D, faciliterebbe il dimagrimento. Diversi studi e molti nutrizionisti evidenziano l’alto potere dimagrante di questa importante vitamina: il rapporto tra massa grassa e massa magra è bilanciato nei soggetti con alte dosi di vitamina nel sangue. Questi soggetti risultano normopeso e non tendono quindi ad ingrassare, al contrario di chi, invece, è obeso o in sovrappeso presenta bassissimi valori di vitamina D nel sangue. Tra le ricerche presentate a ECO2015, anche uno studio tutto italiano della Fondazione IRCCS Ca’ Granda dell'Ospedale Maggiore Policlinico che ha mostrato come nei soggetti sovrappeso o obesi con deficienza di vitamina D l’integrazione sia di aiuto per liberarsi dei chili di troppo. Sostanzialmente, questa vitamina contribuisce alla perdita di peso corporeo perché stimola la leptina, particolare ormone che riduce la fame e aumenta il senso di sazietà. Inoltre, riduce la formazione di molecole proteiche come le chitochine, responsabili della formazione del grasso, soprattutto quello addominale. Le persone in sovrappeso soffrono maggiormente di carenza di vitamina D. Inoltre, bassi livelli di vitamina D e sovrappeso sembrano favorire l’insorgenza della sindrome metabolica e del diabete mellito di tipo 2.

4a Puntata "LE VERE CAUSE DELLA OBESITA'" de IL CERCA SALUTE

In altre parole, riportare la vitamina D a livelli ottimali promuove la perdita di peso, potenzia gli effetti di una dieta ipocalorica e migliora il profilo metabolico. Quindi, «tutte le persone obese dovrebbero controllare i propri livelli di vitamina D e, in caso di deficit, assumere supplementi» spiega Luisella Vigna, a capo dell’indagine e responsabile del Centro Obesità e Lavoro del Dipartimento di Medicina Preventiva, Clinica del lavoro dell’Ospedale Maggiore Policlinico. Come già detto, al contrario di altri nutrienti, la vitamina D agisce più come un ormone, prodotto dal nostro corpo miscelando altri prodotti chimici. Quindi è fondamentale per la regolazione e l’assunzione di calcio e contribuisce al benessere di denti e ossa. Nello specifico, è formata da un gruppo vitaminico di 5 pro-ormoni inattivi (D1-D2-D3-D4-D5) che si attivano con la luce solare. Questa preziosa vitamina ha un effetto benefico sulla longevità ed è fondamentale per il corretto funzionamento del sistema cardiocircolatorio e per la protezione di cuore e cervello, oltre ad essere utile per aumentare le difese del sistema immunitario, riducendo così il rischio di ammalarsi. Inoltre, previene gravi patologie tra cui diversi tipi di tumori ed è essenziale per il sistema nervoso. Infine, la vitamina D diminuisce anche ansia e depressione.

Aumento di peso? Carenza di vitamina D

Un recente studio pubblicato sul Nutrition Journal dimostra che a un aumento dell’assunzione di vitamina D segue una riduzione della percentuale di grasso corporeo. Questo processo si verifica principalmente perchè la vitamina D influenza la conservazione e la produzione di grassi nel corpo e impatta in diversi modi su altri ormoni (come ad esempio il testosterone) e neurotrasmettitori (come la serotonina) nel corpo. Mentre il testosterone è noto per la sua capacità di ridurre il grasso corporeo e promuovere la perdita di peso aumentando il metabolismo e bloccando la formazione di nuove cellule adipose, la serotonina riduce l’appetito e l’apporto calorico aumentando e prolungando il senso di sazietà e regolando anche il ritmo del sonno. L'assorbimento nel tessuto adiposo e nei muscoli scheletrici rappresenta la rapida scomparsa postprandiale della vitamina D dal plasma e probabilmente spiega anche perché un aumento dell'adiposità provoca un arresto della vitamina D (Jones, 2008). Tra le tante conseguenze dell’ipovitaminosi D, oltre a sovrappeso e obesità, depressione, Alzheimer (la carenza di vitamina D viene associata all’aumento del rischio di ammalarsi di Alzheimer), rischi per il cuore (diverse ricerche evidenziano che bassi livelli di vitamina D potrebbero essere dannosi per il cuore) e rischio sclerosi multipla (soprattotto per le donne). La carenza di vitamina D provoca anche una mineralizzazione inadeguata dello scheletro. Comunemente indicato come rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Cibo, integrazione e fattori che influenzano la sintesi


Le fonti di vitamina D includono cibo e integratori alimentari; pertanto, l'assunzione completa di vitamina D riguarda il contributo dietetico combinato di alimenti e integratori. Ci sono poi alcune fonti alimentari naturali di vitamina D. Queste includono pesce grasso, olio di fegato di pesce e tuorlo d'uovo. Alcuni alimenti sono, tuttavia, arricchiti con vitamina D. Il riconoscimento dell'importanza della vitamina D per la prevenzione del rachitismo risale agli anni '20, (Steenbock e Black, 1924), la fortificazione con vitamina D di alcuni alimenti è stata avviata su base volontaria. La produzione di vitamina D3 nella pelle dipende dalla quantità di radiazioni UVB che raggiungono il derma e dalla disponibilità di 7-deidrocholesterol (Holick, 1995). Pertanto, il livello di sintesi è influenzato da una serie di fattori, tra cui la stagione dell'anno, la pigmentazione della pelle, la latitudine, l’uso di creme solari, l’abbigliamento e la durata dell’esposizione. Anche l'età è un fattore, in quanto la sintesi di vitamina D diminuisce con l'avanzare degli anni (MacLaughlin e Holick, 1985).

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

A causa della sua natura liposolubile, la vitamina D viene assorbita con altri grassi alimentari nell'intestino tenue (Haddad et al., 1993 ; Holick, 1995). Un assorbimento efficiente dipende dalla presenza di grasso nel lume, che provoca il rilascio di acidi biliari e lipasi pancreatica (Weber, 1981 e 1983). A loro volta, gli acidi biliari iniziano l'emulsificazione dei lipidi, la lipasi pancreatica idrolizza i trigliceridi in monogliceridi e acidi grassi liberi e gli acidi biliari supportano la formazione di micelle contenenti lipidi che si diffondono negli enterociti. I primi studi hanno dimostrato che la vitamina D3 è comparsa quasi esclusivamente nei linfatici e nella frazione chilomicronica del plasma; inoltre, i soggetti con insufficiente rilascio di acido biliare o insufficienza pancreatica hanno entrambi dimostrato un assorbimento significativamente ridotto di questa vitamina (Thompson et al., 1966; Blomstrand e Forsgren, 1967; Compston et al., 1981). Successivamente, altri studi clinici e sperimentali su animali hanno confermato che la vitamina D viene assorbita nel modo più efficiente se consumata con alimenti contenenti grassi (Weber, 1981 ; Johnson et al., 2005 ; Mulligan e Licata, 2010) e, al contrario, che un agente dimagrante che blocca l'assorbimento dei grassi compromette anche l'assorbimento della vitamina D (James et al., 1997 ;McDuffie et al., 2002).

Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche

 

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Per approfondimenti:

NCBI "Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D"

GreenMe "La carenza di vitamina D potrebbe essere il motivo per cui non riesci a perdere peso. Lo studio"

Blasting News "La vitamina D brucia i grassi e fa perdere peso"

La Stampa "Scatta l’allarme obesità: è la regina di ogni malattia eppure la sottovalutiamo"

Blasting News "Vitamina D, insufficiente negli obesi e nella chirurgia bariatrica"

BBC Future "How staying indoors affects your immune system"

LEGGI ANCHE: Vitamina D, gli scienziati: dopo l'isolamento, "bagni di sole" e integrazione

Obesità e altri disordini metabolici: in Italia, un morto ogni 10 minuti

Il miracolo della vitamina D: aumenta il sistema immunitario da 3 a 5

Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare

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Il segreto per una chioma splendente è nascosto nell’alimentazione. Dal cambio di stagione allo stress quotidiano, la caduta dei capelli riguarda proprio tutti. Il normale ricambio giornaliero prevede una caduta tra i 50 e i 100 al giorno. Le cause di questo fenomeno? Sono molteplici. Le più comuni riguardano lo stress (fisico o mentale che sia), disturbi psicologi, problemi di salute, il consumo di farmaci, interventi chirurgici e soprattutto una dieta sregolata. Ma a tutto c’è rimedio. Infatti, anche i capelli hanno bisogno di un continuo apporto di aminoacidi e altri nutrienti assunti principalmente con l’alimentazione o con l’integrazione. È per questo motivo che un’alimentazione non bilanciata potrebbe avere effetti negativi sulla salute della nostra capigliatura. Tuttavia, in alcuni casi, il problema potrebbe non essere dovuto direttamente allo stile alimentare, ma legato ai processi digestivi. Infatti, anche seguendo una dieta sana alcuni nutrienti potrebbero non essere assorbiti correttamente assorbiti a livello intestinale. E in assenza di particolari allergie o intolleranze alimentari, questo fenomeno è riconducibile, con tutta probabilità, a una disbiosi intestinale, ovvero all’alterazione del microbiota, l’insieme dei batteri che normalmente popolano quest’organo.

Dalla caduta dei capelli alla CALVIZIE, cause e rimedi naturali

Preziosi per la salute dei nostri capelli anche gli antiossidanti. Tra i più importanti ricordiamo i sulforafani (di cui sono fonte le crucifere), il resveratrolo (presente nel vino rosso), gli isoflavoni (contenuti nei frutti di bosco) e la superossido dismutasi (presente nella frutta di stagione). «Un mix equilibrato di questi cibi, nell’ambito di una dieta sana ed equilibrata, che prevede un largo uso di olio d’oliva, ricco di antiossidanti, comporta benefici per tutto l’organismo, compresi capelli e pelle» spiega al Giornale Elisabetta Sorbellini, specialista in dermatologia. L’esperta suggerisce di ricorrere anche agli integratori di queste sostanze per incrementarne l’apporto. «Per riportare in equilibrio il microbiota intestinale – precisa l’esperta - può essere d’aiuto l’uso di integratori con aminoacidi quali arginina, lisina, metionina, creatinina, triptofano, cisteina, ornitina e taurina. In particolare, questi ultimi due sono molto importanti, perché giocano un ruolo centrale nell’innesco della crescita dei nuovi follicoli piliferi».

La salute dei capelli comincia a tavola

Capelli sani e forti? E poiché l’elisir del benessere comincia dalla tavola, all’origine della caduta, oltre che della fragilità, c’è sempre una dieta non equilibrata. Tutti questi aminoacidi segnalati dalla dermatologa sono costituenti della cheratina dura, sostanza fondamentale per i capelli e per le unghie. Da qui l’importanza di assumere integratori che contribuiscono allo stato di benessere dei capelli. Favoriscono il miglioramento della chioma anche sali minerali e vitamine con effetto antiossidante. Tra questi, i più importanti sono zinco, magnesio, rame e vitamine A, B, C, D ed E. Altro alleato di una chioma folta e sana anche la frutta secca, ma solo quando consumata regolarmente. «In particolare, la vitamina D non è importante solo per le ossa, ma anche per numerosi processi metabolici. Svolge infatti un’azione antinfiammatoria sulla pelle ed è fondamentale per una crescita sana della chioma e nel contrastare alcune malattie, come la dermatite seborroica, che possono favorire la caduta dei capelli» la dermatologa al Giornale. Quindi, per contrastare la caduta, e mantenerli al massimo del loro splendore, al via con il pieno di vitamina D.

integratori per capelli vitamine

Non dimentichiamo poi che la produzione di cheratina è favorita dagli aminoacidi. La cheratina è una proteina costituita da lunghe catene di aminoacidi, dove sono interposte vitamine e oligoelementi. Diffusa anche nel regno animale, nell'uomo la cheratina rappresenta il principale costituente di peli, capelli e unghie. Mentre gli antiossidanti contrastano la caduta e l’invecchiamento dei capelli, i minerali nutrono in profondità e ne favoriscono la crescita, le verdure contribuisco alla loro idratazione. Innanzitutto, è fondamentale un carico di proteine, per ristorare la cheratina, sostanza principale di cui sono composti i nostri capelli. «Pendere supplementi è chiave per rafforzare i capelli dall’interno» sottolinea Christel Lundqvist, direttrice creativa del salone STIL. «Usare supplementi – aggiunge - in combinazione con prodotti che contengono proteine rafforzanti, è un ottimo modo di rimediare ai capelli deboli».

CALVIZIE: dalla caduta dei capelli all'alimentazione

Contro gli agenti esterni: vitamine e minerali 

Come già detto finora, se i capelli risultano particolarmente sottili, indeboliti e cadono frequentemente, ci potrebbero essere delle carenze alimentari o comunque, potrebbero essere la conseguenza di cambiamenti in quello che si mangia. L’alimentazione corretta per i capelli fini deve contenere la giusta quantità di vitamine, in particolare biotina e proteine minerali, tra cui ferro, rame e zinco. Altrettanto utile è l’acido folico, supporta la moltiplicazione delle cellule. Per i capelli secchi, invece, è indicato l’acido linoleico che li rende più luminosi e nutriti. Altro rimedio naturale è l’olio di argan: contiene omega3 e agisce come barriera protettiva sul capello e, al tempo stesso, combatte l’azione degli agenti esterni, come i raggi del sole e lo smog, ma anche di phon e piastra. Inoltre, l’olio di argan ha molte altre proprietà per idratare i capelli secchi e danneggiati, illuminare e districare.

CAPELLI BIANCHI, come contrastarli con l'alimentazione

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Per approfondimenti:

Il Giornale "Il cibo e i nostri capelli Ecco come custodirli

Dire Donna "Capelli fini: cause, rimedi, consigli e i prodotti migliori"

MSN Lifestyle "Perdita di capelli: ecco come combatterla

Al Femminile "Cibi che fanno bene ai capelli: la lista dei super food per la tua chioma!"

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La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa

Il vino e le notevoli proprietà benefiche: tutto merito del resveratrolo

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Il tempo è il nemico numero uno del nostro corpo e ancor più delle nostre ossa. Infatti, calcio e minerali, vero e proprio rinforzo naturale per le ossa, aiutano a prevenire l’osteoporosi, una patologia non trascurabile che porta all’usura delle ossa. Tra le più colpite da questa malattia, le donne dopo la menopausa, anche se gli uomini non sono di certo immuni da questo rischio. Tra le patologie più difficili da contrastare dopo la sua comparsa, poiché, non presenta sintomi evidenti per diagnosticarla in tempo. Tuttavia, è fondamentale giocare d’anticipo anche perché, una volta comparsi i primi segnali, diventa ormai troppo tardi ricaricare il corpo con calcio e minerali. E come da manuale, ogni brutta notizia è accompagnata da una positiva. La buona notizia, infatti, secondo recenti ricerche è che l’osteoporosi può essere, in un certo qual modo, anticipata creando un vero e proprio scudo difensivo. Il primo rimedio per prevenire questo disturbo è proprio l’alimentazione bilanciata con il supporto di integratori alimentari.

INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico

La scienza suggerisce di assumere quotidianamente calcio e magnesio. Preziosa per rinforzare le ossa anche la vitamina D che favorisce la sintesi di questi due micronutrienti. Inoltre, la prevenzione dell’osteoporosi avviene anche attraverso altre pratiche quotidiane. In primis, l’attività fisica, e quindi, lo sport, costante e abituale. Diverse indagini, infatti, hanno dimostrato che la sedentarietà è strettamente correlata all’osteoporosi e, al tempo stesso, indebolisce le ossa e le rende più soggette a fratture, anche non solo in età avanzata. Stesso discorso per il peso corporeo. Nemici delle nostre ossa anche i chili in eccesso che esercitano, su queste, una pressione maggiore e ne aumentano i rischi. Quindi anche il sovrappeso aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ma significa anche ipovitaminosi D nelle ossa. Questo succede perché si ferma nel tessuto adiposo. Da qui l’importanza di prediligere i cibi ricchi di calcio e magnesio da portare a tavola. Sicuramente il pesce azzurro, fonte importante di omega 3, salmone, aringa e sgombro, ma anche fegato, uova, spinaci, broccoli, carciofi, rucola, mandorle e frutta secca. E ancora, la luce solare che stimola, nel nostro corpo, la produzione di vitamina D, attraverso i raggi ultravioletti che penetrano la pelle.

 I rischi delle fratture da fragilità

Conosciuta anche come “frattura da fragilità”, con il termine osteoporosi si intende una condizione in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea. Lo scheletro è quindi soggetto a un maggiore rischio di fratture, a seguito alla diminuzione di densità ossea e alle modificazioni della microarchitettura delle ossa. Tra le principali tipologie di osteoporosi (primarie) che colpiscono l’osso trabecolare: l’osteoporosi idiopatica (più rara), l’osteoporosi di tipo I o post-menopausale (dovuta alla caduta della produzione ormonale) e l’osteoporosi di tipo II o senile (dovuta a varie cause, tra cui vita sedentaria, ridotto apporto di somatotropina, testosterone, calcio, magnesio, vitamina D, vitamina K e altri importanti micronutrienti, ridotta funzione dell'enzima 1a-idrossilasi che produce l'ormone attivo della vitamina D (il calcitriolo). Per quanto riguarda le secondarie, invece, fanno capo a un gruppo minore poichè costituiscono solo il 5% delle osteoporosi. Le principali sono classificabili come causate da: artrite reumatoide, celiachia, neoplasie, morbo di Crohn, fibrosi cistica, etc…

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Si manifesta inizialmente con una diminuzione del tono calcico nella massa ossea (osteopenia). Le ossa più facilmente interessate sono le vertebre dorso-lombari, il femore e il polso. Quasi sempre asintomatico, almeno per i 2/3 delle persone. Tra i primi segnali compaiono proprio le fratture e il conseguente dolore alle ossa e alla muscolatura. Solitamente il dolore è localizzato alla schiena o al bacino, ma è possibile che si manifesti ovunque sia la frattura e si aggrava in presenza di sforzi. Con il progredire dell'osteopenia si può manifestare un crollo vertebrale, una frattura dell'avambraccio (polso) o una frattura femorale. La fratture poi, possono portare ipercifosi dorsale e iperlordosi cervicale. Inoltre, l’attività fisica è necessaria, poiché è in grado, non solo di prevenire la perdita di massa ossea, ma di incrementarla dell'1%. Da non trascurare le eventuali complicanze dovute all'osteoporosi che possono provocare un dolore non sopportabile e da trattare con una terapia adeguata.

Cibo, sole e integrazione: al via con la prevenzione

Fondamentale l’integrazione di vitamina D soprattutto per i soggetti sani, come forma di prevenzione. Vi sono due forme di vitamina D utilizzate: la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo). L'azione della vitamina D3 sulla prevenzione delle fratture è ben documentata, vi è una diminuzione del 20% circa delle fratture femorali in uno studio eseguito su soggetti anziani trattati con una singola dose orale da 300.000 unità. Nonostante sia una vitamina, il calcitriolo, cioè la forma attiva della vitamina D, agisce come un ormone regolatore delle diverse azioni metaboliche e come alleato nella prevenzione di una lunga serie di patologie. La vitamina D, infatti, favorisce l’assorbimento e il fissaggio di fosforo e calcio nelle ossa, preservando così, la salute di ossa e muscoli anche in età adulta e riducendo, di conseguenza, il rischio di fragilità e osteoporosi. Alla luce di quanto detto e di degli studi scientifici in materia, possiamo concludere dicendo che per raggiungere un adeguato e salutare livello di Vitamina D, è importante tenere questi livelli sotto controllo con una combinazione equilibrata di tre fattori: alimentazione, esposizione solare e integrazione.

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Per approfondimenti:

Che Donna "Come prevenire l’osteoporosi | mettiamo più calcio e magnesio a tavola"

PubMed "Compromised Vitamin D Status Negatively Affects Muscular Strength and Power of Collegiate Athletes"

Grazia "La dieta del magnesio fa dimagrire e rinforza le ossa: ecco come seguirla"

MDPI "Special Issue "Vitamin D and Sport Performance"

PubMed "The Effect of Vitamin D Supplementation in Elite Adolescent Dancers on Muscle Function and Injury Incidence: A Randomised Double-Blind Study"

MDPI "Vitamin D and Sport Performance"

Gazzetta dello Sport "Vitamina D: preziosa per ossa, muscoli e prestazioni sportive"

Quotidiano "Vitamina D, il segreto delle prestazioni sportive"

LEGGI ANCHE: Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare

Magnesio, rinforza ossa e muscoli: tanti benefici e zero controindicazioni

Vitamina D, gli scienziati: dopo l'isolamento, "bagni di sole" e integrazione

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Buoni e salutari per l’organismo, ma oltre al gusto c’è di più. Il consumo di pesce, o meglio, degli acidi grassi, riduce il rischio di patologie cardiovascolari. Un nuovo studio della Universitat Rovira i Virgili (URV) e della Harvard Medical School dimostra i notevoli benefici degli omega 3 sul nostro organismo. Secondo questi ricercatori, il consumo di omega 3, principalmente attraverso il pesce, ma anche negli integratori contenenti questi acidi grassi, contrasta le malattie grazie all’azione che consente di modulare le lipoproteine, le particelle che spostano i lipidi attraverso il sangue. Nello studio sono stati analizzati campioni di lipoproteine di 26.034 donne per indagare sul collegamento tra il consumo di omega 3, contenuto nel pesce e la diminuzione del rischio di problemi cardiovascolari. Gli scienziati si sono concentrati soprattutto su tre tipi di acidi grassi omega-3: acido α-linoleico (ALA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido eicosapentaenoico (EPA), che si possono trovare nel pesce e i altri alimenti, essenziali per la nostra salute e il benessere del nostro organismo.

L’importanza di questa ricerca nasce da un dato non trascurabile: una persona su tre muore per malattie cardiovascolari. Fino ad oggi era stato dimostrato che un elevato consumo di acidi grassi omega 3 era associato a livelli più bassi di trigliceridi nel sangue. Tuttavia, era stato anche correlato ad un aumento del colesterolo LDL, cioè colesterolo a bassa densità trasportato dalle lipoproteine, noto anche come colesterolo cattivo. Il colesterolo LDL aumenta il rischio di malattie cardiovascolari perché può accelerare la formazione di aterosclerosi, cioè il processo mediante il quale le arterie si induriscono e perdono la loro elasticità. Per contro, lo studio ha scoperto che un aumento del consumo di colesterolo LDL dai pesci è associato principalmente al colesterolo trasportato dalle particelle più grandi di LDL, che sono meno aterogeniche e non con un aumento del numero totale di particelle di LDL. Questa diminuzione del numero di trigliceridi trasportati da qualsiasi tipo di lipoproteina aiuta a proteggere l'individuo dalle malattie cardiache.

I 3 grassi “amici” della salute

I 3 tipi di acidi grassi omega 3 studiati, acido α-linolenico, DHA e EPA sono presenti nei pesci e in altri alimenti e lo studio ha scoperto che differiscono nella loro associazione con il rischio di malattie cardiovascolari. L’indagine dimostra che non vi era alcun aumento delle più piccole lipoproteine LDL che trasportano il colesterolo; invece l'aumento è stato tra le maggiori lipoproteine LDL, che non sono associate al rischio di malattie cardiache. Vi è stata una diminuzione di tutte le particelle che trasportano i trigliceridi e, inoltre, è aumentata la dimensione media delle particelle di HDL e LDL, un fenomeno associato a una maggiore protezione dalle malattie cardiovascolari.

OMEGA 3, ecco perchè è importante integrarli per la nostra salute

Un altro elemento importante di questa ricerca riguarda i modelli utilizzati per valutare l'associazione tra il consumo di pesce e la riduzione del rischio cardiovascolare hanno isolato altri fattori nutrizionali che influenzano il risultato, come il consumo di altri alimenti, la concentrazione di omega 3 in base all'origine del pesce e ai tradizionali fattori di rischio come lo stile di vita sedentario, l'età, la massa corporea e il fumo. Lo studio ha analizzato 26.034 donne con un'età media di 53 anni (tra i 48 e i 59 anni). Di questi due grassi essenziali (EPA e DHA) ne sono ricchi pesci come sardina, aringa, sgombro e tonno. L’ALA (acido alfa-linolenico) è presente invece negli alimenti vegetali ad esempio nella frutta a guscio, nei semi oleosi e negli oli.

Gli effetti positivi sul cervello degli omega sono stati dimostrati da decine di studi internazionali. 3 Gli acidi grassi entrano a far parte delle membrane cellulari, che si mantengono elastiche, e combattono l’invecchiamento mentale, infatti, gli omega 3 influenzano soprattutto la memoria, l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione, la fluidità di parola e la velocità di elaborazione dei dati, migliorando sia le performance scolastiche sia quelle lavorative. Hanno inoltre un’azione antitrombotica, e migliorano il ritmo cardiaco, evitando l’insorgenza di aritmie. Conservano l’elasticità cutanea, rendendo la pelle compatta e meno segnata dalle rughe del tempo. In pratica, riparando le membrane cellulari, ne ritardano la comparsa e rimediano ai danni già fatti nel corso degli anni.

Cosa sono e a cosa servono

Una pratica nota per gli eschimesi. I primi studi risalgono metà ‘900 quando, gli scienziati decidono di indagare le ragioni per cui anche se, gli eschimesi, per combattere il freddo si alimentassero con una dieta a base di grassi animali, ciò non incideva sull'aumento di malattie cardiovascolari. L'ipotesi iniziale dei ricercatori era quindi che gli omega 3, consumati in abbondanza dagli Inuit, potessero costituire un fattore protettivo. Infatti, questi grassi hanno la capacità di diminuire i livelli di di colesterolo cattivo (LDL) e di trigliceridi nel sangue, altro fattore di rischio per la salute del cuore, e al tempo stesso aumentano i valori di quello buono (HDL).

Importanti per la loro azione antinfiammatoria, contribuiscono a potenziare il sistema immunitario. Fondamentali per i bambini. Grazie al Dha favoriscono lo sviluppo del sistema nervoso centrale nei primi anni di vita. Preziosi negli adulti, invece, hanno un effetto protettivo sulle cellule nervose, stimolano memoria e concentrazione. L'EPA e il DHA fanno anche bene alla pelle perché costituiscono le membrane cellulari. Inoltre, gli acidi grassi essenziali omega 3 potrebbero rivelarsi utili anche per mantenere la linea. Alcune indagini hanno evidenziato che questi grassi potrebbero favorire l'equilibrio metabolico e rivelarsi, quindi, utili per prevenire l'aumento di peso.

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Per approfondimenti:

URV "A study identifies the mechanism by which eating fish reduces the risk of cardiovascular disease"

Notizie Scientifiche "Omega-3 del pesce riduce rischio di malattie cardiovascolari modulando lipoproteine"

Ragusa News "Omega-3: perché inserirli nella dieta"

Journal of the American Heart Association (JAHA) "Habitual Fish Consumption, n‐3 Fatty Acids, and Nuclear Magnetic Resonance Lipoprotein Subfractions in Women"

Il Fatto Alimentare "Omega 3: guida al consumo degli acidi grassi essenziali molto presenti nel pesce azzurro e nel salmone e pochissimo nei filetti di sogliola"

Il Giornale "Gli integratori omega 3 salvano cuore, mente e portafogli"

Prima Lodi "Che cosa sono gli Omega 3 e a cosa servono"

Prima Milano Ovest "I benefici degli Omega 3, fra pesce, frutta e verdura"

LEGGI ANCHE: Columbia University: ecco il perché gli omega 3 proteggono dall'Alzheimer

Cibi ricchi di omega 3 aiutano a combattere la stanchezza

Ricerca: i semi di lino ottimi per abbassare il colesterolo e ricchi di omega 3...

Ricercatori: per infiammazione e depressione, consigliata integrazione con Omega 3

 

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Complice i mesi di isolamento, l’ipovitaminosi D ha indebolito le nostre difese immunitarie, lasciandoci più vulnerabili ad altre infezioni. «Chi può faccia bagni di sole e cammini nelle foreste». È il consiglio dei ricercatori del Trinity College che nel nuovo studio hanno ribadito l’importanza della vitamina D per il nostro organismo. Non solo per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Nella ricerca, pubblicata su BBC Future, questo prezioso nutriente sembrerebbe avere un ruolo anche nel ridurre i livelli di una sostanza che causa l’infiammazione, l’interleuchina-6, associata a gravi difficoltà respiratorie (come quelle osservate nel Covid-19). La vitamina D modifica anche la disponibilità del recettore ACE2 nelle cellule polmonari che il virus Sars-CoV-2 utilizza per insediarsi. Infatti, quando la vitamina D altera questi recettori, per il virus diventa più difficile innescare l’infezione.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Non dimentichiamo che gli esseri umani si sono evoluti su un pianeta con un ciclo di luce e oscurità di 24 ore, e i nostri corpi sono “programma” per lavorare in collaborazione con quella luce. In questo meccanismo strutturato come una sorta di prima linea di difesa contro le infezioni respiratorie, la vitamina D consente ai macrofagi nei nostri polmoni di vomitare un peptide antimicrobico chiamato cathelicidin, uccidendo direttamente batteri e virus. Inoltre, questo importante nutriente, modifica anche l'attività di altre cellule immunitarie, come le cellule B e T, che regolano le risposte a lungo termine. Difatti, le persone con bassi livelli di vitamina D rischiano maggiormente di contrarre infezioni del tratto respiratorio virale come ad esempio avviene con l'influenza. I ricercatori stanno ora indagando sull’influenza degli integratori di vitamina D nella riduzione del rischio di alcune delle gravi complicanze associate al coronavirus.

Al via con la scorta di vitamina D

Lo studio condotto da Rosa Kenny, gerontologo al Trinity College di Dublino e colleghi, dimostra che le popolazioni europee con i tassi di mortalità più alti da Covid-19, tra cui la Spagna e l'Italia, hanno i più bassi livelli di vitamina D. Tuttavia, anche se a primo impatto potrebbe sembrare poco logico, considerati i climi soleggiati che accomunano i due paesi, si ritiene che il responsabile sia soprattutto il cambiamento nello stile di vita che ha costretto le persone a mesi di lockdown, e quindi, a trascorrere più tempo al chiuso, potrebbe essere responsabile di questa carenza vitaminica. E anche se non è possibile collegare, gli alti tassi di mortalità di Covid-19 in questi paesi, esclusivamente alla carenza di vitamina D «ci sono forti prove circostanziali per un'associazione tra vitamina D e le vie immunitarie che sappiamo siano implicate in Covid e in particolare la grave risposta di Covid» spiega Rosa Kenny. Questo avviene perché, in primis, la vitamina D sembrerebbe ridurre i livelli di una sostanza biochimica alla base dell'infiammazione nota come “interleuchina-6”, associata a gravi difficoltà respiratorie osservate nella malattia. La vitamina D, poi, modificherebbe anche la disponibilità dello stesso recettore ACE2 sulle cellule polmonari che la Sars-CoV-2 utilizza per accedere a queste cellule e radicare un'infezione. Quando la vitamina D altera questi recettori, per il virus diventa più difficile ancorarsi nel nostro organismo.

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

Un preziosa arma di difesa

Alla luce di quanto scoperto e dimostrato, la ricercatrice, suggerisce che tutti gli adulti dovrebbero prendere in considerazione integratori di vitamina D, soprattutto con il pericolo costante di contrarre quest’infezione. Ora, che abbiamo ripreso la routine, più che mai. Kenny spiega anche i notevoli benefici di trascorrere più tempo all'aria aperta. Altro modo per rafforzare le nostre difese contro altre infezioni virali, tra cui l'influenza e il raffreddore, oltre ad aumentare la risposta immunitaria. Queste ricerche suggerisco che passare qualche giorno in una foresta provocherebbe un aumento del numero e dell'attività delle nostre cellule killer naturali. La spiegazione è la riduzione dello stress. «Sappiamo che le persone usano l'esercizio fisico come un cuscinetto per lo stress, ed è molto chiaro che alti livelli di stress cronico non fanno bene al sistema immunitario», sostiene Neil Walsh, che studia l'impatto dell'esercizio fisico sul sistema immunitario a Liverpool John Moores, Università nel Regno Unito. «Quindi - secondo Walsh - se riesci a ridurre i livelli di stress essendo attivo, ciò avrà un impatto positivo sulla tua salute».

Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche

Stare al sole e mangiare tanto pesce per fare il pieno di vitamina D per aumentare le nostre riserve. Tra le sue fondamentali funzioni, non solo quella protettiva. Come suggerito nella variegata letteratura scientifica, oltre che per la salute di calcio e ossa, la vitamina D è anche una potente alleata nella prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative.

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Per approfondimenti:

BBC Future "How staying indoors affects your immune system"

NCBI "The immunological case for staying active during the COVID-19 pandemic"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

Il Mattino "Tutto il potere della D: la vitamina che proviene dalla stessa stella anti-Covid"

LEGGI ANCHE: La vitamina D e la sua crociata: tra prevenzione e terapia nella pandemia Convid-19

Il miracolo della vitamina D: aumenta il sistema immunitario da 3 a 5

Harvard, scienziati confermano: la vitamina "del sole" contro il Covid-19

Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare

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Dall’impegno fisico e mentale nella fase di crescita ai periodi di convalescenza. Per i bambini è fondamentale integrare l’alimentazione, a volte inadeguata, con vitamine e minerali. Questi micronutrienti, svolgono un ruolo chiave, in primis, come apporto nutrizionale e, in secundis, quale supporto al regolare svolgimento delle sue funzioni nei processi metabolici. L’apporto calorico ottimale, come suggerito nella piramide alimentare (vedi foto), è fornito dal giusto apporto di proteine, grassi, vitamine e sali minerali, per gli adulti, così come anche per i bambini, è fondamentale e, laddove l’alimentazione non riesce a reperire l’energia necessaria per affrontare la giornata è importante colmare il gap, tra quest’ultima e l’energia consumata, con la supplementazione nutrizionale. Una dieta equilibrata e una corretta integrazione permettono ai bambini una crescita sana e offrono un’importante supporto nello sviluppo delle funzioni cognitive.

Da non trascurare poi, il valore aggiunto di vitamine e minerali per la salute delle ossa soprattutto, durante la fase della crescita. A tal proposito, come riportato anche nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: Le ricerche, l'importanza della vitamina C è «fondamentale per il buon mantenimento delle ossa e la sua carenza comporta disturbi ossei quali, la frattura spontanea, la ridotta crescita e la compromissione della guarigione». Ruoli e meccanismi delle azioni della vitamina C nell'osso, vengono anche confermate da uno studio di un'equipe di ricercatori, riportato su JBMR. Infatti, nel 2015, Patrick Aghajanian, Susan Hall, Montri D. Wongworawat e Subburaman Mohan rilevano che  «[...] le carenze di acido ascorbico (AA)inibivano la corretta sintesi del collagene, e inoltre che la sintesi del collagene osseo femorale disfunzionale era il risultato del ridotto contenuto di idrossiprolina [...] le cavie carenti di AA avevano ridotto il numero e lo spessore dell'ossotrabecolare, ma aumentavano la spaziatura trabecolare della tibia [...]. Le cavie scorbutiche mostrano una ridotta attività della ALP, sia nel tessuto osseo che nel siero rispetto a quelle a dieta integrata con AA. In queste cavie si condividono fenotipi scheletrici simili tra cui la frattura spontanea, lo spessore corticale ridotto, il numero ridotto di trabecole metafisarie [...]. L'AA ha dimostrato di essere un modulatore vitale della differenziazione osteogenica econdrogenica. Gli organismi vertebrati carenti nei normali livelli fisiologici di AA sviluppano disturbi ossei quali la fratturazione spontanea, la ridotta crescita ossea e la compromissione della guarigione [...] pertanto, l'effetto dell'AA sulla salute delle ossa è vitale».

Piramide alimentare

 I sali minerali: cosa sono e a cosa servono

Nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti, Adriano Panzironi spiega le caratteristiche e le principali funzioni dei sali minerali sul nostro organismo. «Lo iodio è efficace nella cura di problemi di tiroide, articolazioni, sistema cardiaco e apparato circolatorio. «La dose giornaliera raccomandata dal Consiglio Nazionale della Ricerca USA è di 150 microgrammi. Lo iodio è assorbito attraverso la pelle o nel tratto gastro-intestinale. Il 30% è utilizzato dalla tiroide (trasformato dagli ormoni della tiroxina e della triiodotironina) e il restante quantitativo dai reni o eliminato attraverso l’urina (piccole quantità sono eliminate anche con il sudore, le lacrime, la saliva e la bile). Dalla tiroide dipende la regolazione del metabolismo; di conseguenza aiutando la produzione energetica del corpo (dei grassi con la sintesi del colesterolo) si favorisce la crescita, il buon funzionamento della conversione del Beta-carotene in vitamina A e l’assorbimento dei carboidrati all’interno dell’intestino. Il selenio è utilizzato per fluidificare il sangue, regolare, regolare le prostaglandine e la viscosità delle piastrine,prevenendo malattie coronariche, l'ictus e l'insufficienza cardiaca. Tale minerale è funzionale per il sistema immunitario. Il rame, secondo alcuni studi riportati nel libro, ha avuto un ruolo importante nella riduzione dei danni all’aorta ed al cuore (successivamente ad eventi come l’infarto) grazie alla sua azione antinfiammatoria. Regola inoltre la pressione sanguigna. Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio».

«Il manganese - si legge nel libroè un ottimo antiossidante e rintracciabile in alimenti come l'avocado, le alghe, il tuorlo d'uovo, la frutta secca, i mirtilli, l'ananas, i piselli e gli spinaci. Questo oligominerale è essenziale per il nostro organismo. Il 40% di ciò che ingeriamo è assimilato nell’intestino tenue e quotidianamente, attraverso le feci, ne eliminiamo 4 milligrammi. Di media un uomo adulto contiene solamente dai 10 ai 20 milligrammi di questo oligominerale, di conseguenza è basilare assumerne la giusta quantità. Il cromo è, invece, utilizzato per la cura del diabete (insulino dipendenti), per mitigare gli effetti dell’iperglicemia e dell’ipoglicemia, per ridurre il desiderio di zuccheri. Favorisce l’utilizzo del glicogeno a livello muscolare ed epatico; migliora i livelli dell’insulina e del colesterolo nel sangue (facilitando l’utilizzo dei grassi nei mitocondri). Il cromo in diversi studi ha confermato la sua capacità antiossidante (contro l’invecchiamento) e di contrasto all’arteriosclerosi. Migliora l’attività del pancreas e la struttura muscolare (mantenimento del peso corporeo). Il ferro è noto per la sua capacità di produrre emoglobina (il pigmento che dà il colore rosso al sangue), fondamentale per il trasporto dell’ossigeno dai polmoni a tutte le cellule del nostro corpo. La carenza di tale minerale comporta una minore quantità di ossigeno e può provocare stanchezza, affanno, palpitazioni, mal di testa e vertigini (sintomi conosciuti con il nome di anemia). L’assunzione del ferro può avvenire tramite alimenti quali carni rosse, tuorlo dell’uovo, pesce, frutta e verdura. Allo zinco si attribuisce la capacità di rimarginare rapidamente le ferite (comprese le ulcere e i danni alle arterie), di aiutare a prevenire i raffreddori (migliora la risposta immunitaria), di migliorare la vista (compresa quella notturna), di migliorare l’odore corporeo, di combattere l’acne e l’ingrossamento prostatico (previene il cancro) e di aumentare la produzione dello sperma Il calcio è il minerale più abbondante nel nostro corpo e si trova per il 99% depositato nelle ossa e nei denti e per l’1% nei tessuti molli, nel sangue e nei fluidi cellulari. La dose giornaliera raccomandata dal Consiglio Superiore di Ricerca USA è di 800/1.000 milligrammi al giorno, da incrementare con l’avanzare dell’età.»

L'integrazione e il ruolo fondamentale delle vitamine

Una dieta equilibrata e un'integrazione consapevole sono le basi di partenza per vivere 'in salute' e all'insegna del benessere. Infatti, una giusta integrazione di vitamine e minerali è fondamentale per grandi e piccini per sopperire allo squilibrio nutrizionale provocato dalle cosiddette 'cattive abitudini' a tavola. Ecco, quindi, uno schema riepilogativo delle principali vitamine, le probabili conseguenze di questi deficit e i cibi che le contengono:

VITAMINA CARENZA ALIMENTI
Vitamina A  Cecità notturna, ipercheratosi, e cheratomalacia  Fegato, arance, frutta gialla matura, ortaggi a foglia, carote, zucca, spinaci e pesce
Vitamina B1  Beriberi, Sindrome di Wernicke-Korsakoff  Maiale, vegetali, fegato e uova
Vitamina B2  Ariboflavinosi, glossite, cheilite angolare  Banane, popcorn e asparagi
Vitamina B3  Pellagra  Carne, pesce, uova, vegetali, funghi e noci
Vitamina B5  Parestesia  Carne, broccoli e avocado
Vitamina B6  Anemia neuropatia periferica  Carne, vegetali, noci e banane
Vitamina B9
(o acido folico)
 Anemia megaloblastica, durante la gravidanza è associata a difetti al tubo neurale del bambino  Ortaggi a foglia, cereali e fegato
Vitamina B12  Anemia megaloblastica  Carne, altri prodotti animali, latte di soia, alcuni tipi di burger e yogurt vegetali
Vitamina C  Scorbuto  Frutta, vegetali e fegato
Vitamina D3
(o Colecalciferolo)
 Rachitismo e osteomalacia  Pesce, uova, fegato e funghi
Vitamina H
(o Biotina/B7)
 Dermatite, enterite  Tuorlo d'uovo crudo, fegato, arachidi e verdure a foglia verde
Vitamina K1
(o fillochinone)
 Diatesi emorragica  Verdure a foglia verde (es. spinaci), tuorli d'uovo e fegato

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Sistema immunitario debole e malattie associate alla carenza di Vitamina D: ecco i principali segnali

 

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Coronavirus o influenza stagionale? È questa la simil influenza che sta interessando l'intera popolazione. Secondo quanto riportato nel Manuale MSD, il Coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave viene trasmesso da persona a persona tramite stretto contatto personale. Si pensa che sia trasmesso più facilmente dalle goccioline respiratorie emesse quando una persona infetta tossisce o starnutisce. La diagnosi della sindrome respiratoria acuta grave viene fatta clinicamente e il trattamento è di supporto.
Il coordinamento di pratiche per un controllo rapido e rigido delle infezioni ha aiutato a controllare rapidamente l'epidemia che scoppiò nel 2002. Sebbene non siano stati segnalati nuovi casi dal 2004, non deve essere considerata debellata perché il virus causale ha una riserva animale dalla quale potrebbe teoricamente riemergere.

La prima lampante differenza tra l’influenza e il coronavirus è che la prima ha un vaccino e il secondo no. Perché «l’influenza è conosciuta da cento anni, il coronavirus da due mesi quindi parzialmente», spiega il virologo Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia anti-infettiva (Sita). «E in Italia il coronavirus è presente da almeno quattro settimane». La conseguenza più ovvia è che gli scienziati come lui, in questi giorni, leggono - perché hanno gli strumenti - i dati di Wuhan, epicentro della malattia in Cina, per capire le caratteristiche del Covid-19.

La principale differenza

La principale differenza con l’influenza è che quando siamo di fronte al Coronavirus le difficoltà respiratorie si manifestano «subito, nei primi giorni». Rispetto all’influenza il coronavirus, spiega Bassetti, provoca più facilmente complicanze a carico del sistema respiratorio come «polmoniti gravi e polmoniti interstiziali». Sempre Wuhan dà le prime risposte: «il numero di vittime lì sta progressivamente dimunuendo - continua il virologo - perché i medici stanno imparando a conoscere meglio il virus, stanno imparando come devono ventilare i pazienti» per superare la crisi respiratoria.

Il momento del contagio

In base alle informazioni finora disponibili, l’influenza e il coronavirus hanno un’altra cosa in comune: «entrambi i virus possono essere trasmessi anche in fase pre-sintomatica» spiega Bassetti, cioè nel periodo di incubazione del virus quando non si sono ancora manifestati i sintomi. Le vie di trasmissione sono note: il contatto stretto con una persona malata, si legge nelle FAQ del Ministero della Salute. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette trasmesse con saliva, tosse, starnuti, e contatti diretti personali: in primis le mani non lavate che poi toccano bocca, naso e occhi. In rari casi il contagio può avvenire attraverso contaminazione delle feci. Quello che ancora non sappiamo è se il coronavirus, come l’influenza, perderà aggressività con il caldo e le temperature elevate. Su questo non vi è certezza, spiega Bassetti, e non ve ne può essere visto che il virus circola, o almeno è stato tracciato, da pochi mesi. Non è detto insomma che il coronavirus, come l’influenza, sia stagionale.

Quando chiedere il tampone

Si legge nelle FAQ del ministero che i sintomi di influenza e coronavirus sono simili: «le persone con il virus Covid19, l'influenza o il raffreddore, tipicamente sviluppano sintomi respiratori come febbre, tosse e naso che cola». Abbiamo appena superato il picco dell’influenza stagionale, in questi giorni di forte preoccupazione chi ha mal di gola, raffreddore o sintomi influenzali deve richiedere il tampone per coronavirus? «No - risponde Bassetti - se non si è stati a contatto con uno dei due focolai dell’epidemia in Italia (nel Lodigiano e nel Padovano ndr), al momento non ha senso fare il tampone». Allo stesso modo, spiega Bassetti, se un medico ha un paziente con polmonite da pneumococco, non farà il tampone per coronavirus perché sa già qual è la causa. Nel caso di sospetto coronavirus, inoltre, è necessario effettuare esami di laboratorio con il tampone per confermare la diagnosi.

Più controlli non vuol dire più diffusione

Una differenza tra il numero di contagiati da influenza e quello da coronavirus non si può fare, non solo perché nel primo caso chi vuole si può vaccinare e nel secondo no, non solo perché il coronavirus è presente nel nostro Paese «da circa quattro settimane» stima Bassetti e l’altro è ben conosciuto ma anche perché «In Italia in questo momento siamo più proattivi, abbiamo cambiato i metodi di rilevamento e stiamo cercando il coronavirus, stiamo facendo migliaia di tamponi e quindi il numero di contagiati sta salendo: non sono sicuro che i colleghi francesi o tedeschi, ad esempio in Baviera c’è stato un cluster di coronavirus, abbiano fatto la stessa cosa» osserva Bassetti.

Soggetti più a rischio

Come l’influenza anche il coronavirus può colpire in modo più grave le stesse categorie di soggetti vulnerabili: «persone con malattie croniche, gli anziani, gli immunodepressi, i cardiopatici, i diabetici. Ma nell’85% dei casi la malattia colpisce in maniera blanda, chiarisce Bassetti, solo un 10% dei casi è grave» ma se si interviene in modo tempestivo ci sono buone possibilità di guarigione. Al coronavirus dobbiamo abituarci proprio come all’influenza, in un certo senso entrerà nella nostra quotidianità. Si parla di mesi non di settimane, nella speranza che arrivi presto un vaccino. «Il coronavirus sarà inserito nel work-up diagnostico delle polmoniti», spiega Bassetti «cioè quando un medico avrà davanti una persona con la polmonite, farà anche il controllo per coronavirus».

Differenza tra letalità e mortalità

Spesso in questi giorni nei dibattiti, si fa molta confusione tra tasso di letalità e tasso di mortalità. Il dottor Bassetti spiega bene la differenza: «Il tasso di letalità è il rapporto tra numero di infettati e morti, il tasso di mortalità riguarda l’intera popolazione quindi anche i non contagiati». L’indice di letalità fuori dalla Cina è tra lo 0,4 e 0,8 per cento, calcola Bassetti.

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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La vitamina D svolge un’azione modulante nei confronti dell’infiammazione e di rinforzo del sistema immunitario, agisce in realtà come un ormone che regola vari organi e sistemi e l'integrazione diventa di particolare importanza. Dal diabete all'infarto, dall'Alzheimer all'asma passando poi alla sclerosi multipla, quando diversi tipi di malattie sono associate alla carenza di Vitamina D. Questo è quanto riportato in una ricerca della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro. Fondamentale, quindi, oltre a fissare il calcio nelle ossa anche a prevenire l’osteoporosi negli anziani e il rachitismo nei bambini.  

“In studi di laboratorio la vitamina D ha dimostrato di svolgere attività potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo del cancro, infatti, frena la crescita delle cellule, ne favorisce la differenziazione e la morte programmata (apoptosi), e riduce la formazione di nuovi vasi (angiogenesi)”, spiega l’AIRC nel documento. Da non sottovalutare poi il fattore stagionale. Ebbene si, perché se in estate, la vitamina D viene prodotta dalla pelle quando esposta alla luce solare, in inverno, questo processo non avviene ed è quindi necessario seguire una dieta a maggior contenuto di vitamina D (ad esempio aumentando il consumo di alimenti come olio di fegato di merluzzo o il tuorlo d’uovo). E nel caso di un’eventuale carenza di vitamina D, la stessa, andrebbe assunta per mezzo di integratori soprattutto quando è dimostrata la carenza nel sangue.

A cosa serve e dove trovarla

“La vitamina D – spiega in un approfondimento l’Humanitas Research Hospital – è una vitamina liposolubile, viene quindi accumulata nel fegato e si presenta sotto due forme: l’ergocalciferolo, che viene assunto con il cibo, e il colecalciferolo, che viene sintetizzato dal nostro organismo. La vitamina D è scarsamente presente negli alimenti (alcuni pesci grassi, latte e derivati, uova, fegato e verdure verdi). La vitamina D viene in grande parte accumulata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari e va integrata in situazioni particolari”.

Secondo quanto riportato, ad esempio, in un documento pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology: “Nonostante tutte le controversie che ruotano intorno alla vitamina D, il suo ruolo essenziale nella salute dell’osso è noto da oltre un secolo e, generalmente, quando si riscontra uno stato di ipovitaminosi D si interviene somministrando il colecalciferolo o altri precursori della vitamina D”, spiega Andrea Giustina, professore ordinario di Endocrinologia al San Raffaele di Milano e presidente Gioseg (Glucocorticoid Induced Osteoporosis Skeletal Endocrinology Group). “Trattandosi di un ormone – continua l’esperto -, e non di una vitamina come erroneamente si crede è fondamentale quindi accertarne il deficit, definire la gravità della carenza nel singolo individuo. Questo ci permette di intervenire in forma personalizzata”. La vitamina D “è un ormone strategico per la resistenza dell’osso in quanto un osso non correttamente mineralizzato è un osso poco resistente. La carenza di vitamina D determina appunto una ridotta mineralizzazione ossea e quindi la predisposizione a sviluppare fratture scheletriche” conclude Andrea Giustina.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Carenza e conseguenze

“La carenza di vitamina D – continuano gli esperti dell’Humanitas Research Hospital – incide in modo negativo sulla calcificazione delle ossa con effetti che vanno dal rachitismo per i bambini alle deformazioni ossee di varia natura e alla osteomalacia, che si presenta quando la struttura ossea esternamente è integra ma all’interno delle ossa si registra un contenuto minerale insufficiente. La mancanza di vitamina D rende inoltre i denti più deboli e vulnerabili alle carie”. “Inoltre, la vitamina D, viene ‘dispersa’ anche a causa di comportamenti poco sani come l’abuso di alcol e il consumo di sostanze stupefacenti. Anche, l’uso di certi farmaci può influire sulla quantità di vitamina D custodita dal nostro organismo” concludono i ricercatori Humanitas .

I principali segnali della carenza

Vediamo ora i principali segnali di deficit da vitamina D. Ecco alcuni sintomi indicativi di questa carenza:

1) Eccessiva sudorazione: soprattutto alla testa e alle mani, è uno dei principali sintomi di deficit di vitamina D.

2) Depressione, stanchezza, debolezza: oggetto di una ricerca del 2006 per valutare gli effetti della vitamina D sulla salute mentale. Dallo studio è emerso che coloro che avevano bassi livelli di vitamina D erano più inclini a manifestare depressione, poiché, la serotonina, conosciuta come “ormone del buonumore”, aumenta con l’esposizione alla luce solare.

3) Problemi intestinali: in caso di patologie intestinali che danneggiano l’assorbimento dei grassi, è molto probabile una carenza di vitamina D. I principali disturbi intestinali che danneggiano l’assorbimento dei grassi sono morbo di Crohn e celiachia.

4) Sovrappeso: un aumento del peso corporeo, determina una maggiore necessità di vitamina D rispetto al fabbisogno di un normopeso, pertanto in caso di sovrappeso le probabilità di carenza sono più elevate.

5) Dolori alle ossa: dipendono spesso dalla carenza di vitamina D.

6) Età avanzata: l’avanzare dell’età determina una minore produzione di vitamina D, che pertanto andrebbe integrata in altro modo.

7) Pelle scura: gli individui con la pelle scura tendono ad assorbire minore quantità di vitamina D, aumentando di rischi di carenza.

Infine, la vitamina D è di estrema importanza per rafforzare il sistema immunitario contro virus e problematiche stagionali come riportato di recente in questo video su YouTube dal dott. De Mari.

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La medicina ufficiale riconosce l’importanza delle vitamine nella ricerca di cure contro l’epidemia dell’HIV e dell’AIDS. In tutto il mondo, sempre più gruppi di ricerca stanno seguendo la ricerca scientifica e naturopatica che è al centro del lavoro di formazione dell’Alleanza dr Rath per la Salute. Il numero di pubblicazioni scientifiche sull’importanza dei micronutrienti nella lotta contro le malattie comuni più diffuse è in rapida crescita. Nel novembre del 2013, la rivista medica americana Journal of the American Medical Association (JAMA) ha pubblicato uno studio che prova come nei soggetti sieropositivi, i micronutrienti inibiscono la progressione dell’infezione e riducono il rischio di decesso per AIDS. La rivista ” Journal of the American Medical Association” non è una rivista qualunque. Si colloca bensì tra gli organi più rinomati ed importanti del mondo medico. Uno studio pubblicato su "Journal of the American Medical Association ” forma l’opinione in tutto il mondo. I medici e gli scienziati responsabili di questo studio – compresi centri rinomati come l’Università di Harvard, l’Università di Miami e l’Università di Johns Hopkins – non sono sospettati di corteggiare la ricerca naturopatica. Il riconoscimento dell’importanza dei micronutrienti nel rafforzamento del sistema immunitario e nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS, non è una coincidenza. Indica invece che questi risultati scientifici non possono più essere ignorati. Mentre la lobby farmaceutica continua a combattere le vitamine attraverso la medicina, i media e la politica a causa della concorrenza al business farmaceutico multimiliardario, i più saggi della classe medica stanno già prendendo le distanze da queste posizioni insostenibili.

Il dr Rath è stato un pioniere. La pubblicazione sulla rivista Journal of the American Medical Association  è particolarmente esplosiva anche per il fatto che tali risultati non sono affatto nuovi. Il ruolo dei micronutrienti nella lotta contro l’epidemia dell’AIDS è stato per anni al centro della ricerca della Fondazione per la Salute Dr.Rath in Sud Africa. I risultati degli studi condotti su quasi un migliaio di persone infette da AIDS erano stati molto incoraggianti. I micronutrienti erano in grado di migliorare notevolmente tutti i sintomi tipici dell’infezione AIDS. Questi risultati straordinari sono già stati riportati su Rath International. Data l’importanza globale di questi risultati, si è voluto pubblicarli il 6 maggio 2005 sul quotidiano più influente, il New York Times. Essendo New York la sede dell’ONU, c’era l’intenzione di fare in modo che i governi di tutto il mondo venissero a conoscenza di questa svolta medica. Successivamente sono stati documentati i risultati sul Commonwealth Health Ministers Yearbook 2007?, l’annuario dei ministri della sanità del Commonwealth britannico che è stato inoltrato a più di cento governi. L’importanza di questi risultati era naturalmente evidente anche alle corporazioni farmaceutiche che avevano individuato nell’epidemia dell’AIDS uno dei mercati più redditizi. Esse hanno commercializzato i loro preparati chemio altamente tossici a milioni di persone affette da sindrome di immunodeficienza, pur sapendo che il sistema immunitario stesso sarebbe stato il primo ad essere distrutto. Per mascherare la frode, hanno distribuito queste sostanze tossiche “chemio” sotto forma di compresse colorate e hanno dato loro il promettente nome di farmaci “Antiretrovirali (ARVs)”. Il business delle sostanze altamente tossiche ARVs è stato fino ad oggi un business multimiliardario. Lo status quo vuole invertire la marcia del tempo Non c’è da stupirsi che i lobbisti dell’industria farmaceutica siano ricorsi ai media e a internet per impedire la svolta della ricerca sui micronutrienti nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS. Vi invito a leggere ancora la pagina Wikipedia sul Dr.Rath e a riconoscere con quale impudenza i fatti sono stati capovolti. E se siete dell’opinione che Wikipedia sia dopo tutto un’enciclopedia online indipendente e “democratica”, allora dovreste riflettere leggendo il sito.

Anche riviste specializzate come Der Spiegel si sono lasciate usare da una copertura unilaterale: sotto il titolo “Tragedia a Città del Capo”, la lotta naturale contro l’epidemia dell’AIDS è stata vilipesa da slogan come “con pillole e opuscoli contro il cancro e i virus”. La risposta del dr Rath all’allora editore del Der Spiegel, Stefan Aust, è documentata qui. Dopo questa campagna diffamatoria contro il lavoro del dr Rath e del suo gruppo di ricerca, ai pionieri della strategia priva di effetti collaterali, efficace e a basso costo contro l’AIDS, risulterà chiara l’importanza della pubblicazione sul quotidiano medico americano del novembre 2013. Significa semplicemente che avevano ragione! Tutte le volte! Milioni di vite avrebbero potuto essere salvate, se le scoperte non fossero state combattute dai media e dai politici, ma fossero state sostenute. L’unico “rimprovero” che puo’ essere fatto è che l’approccio all’AIDS con i micronutrienti avveniva troppo anni prima del tempo.

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Fonte: ComeMigliorare.com

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