Del tutto insufficiente. Oggetto della contestazione: la dose giornaliera di vitamina C raccomandata dall’OMS. Infatti, la quantità consigliata come dose minima per il mantenimento di un buono stato di salute, ovvero 45 milligrammi, sembrerebbe totalmente inadeguata. Un errore per difetto dimostrato dalla clamorosa scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington che grazie a loro studio hanno fatto emergere il clamoroso errore. Secondo quanto dimostrato nell'indagine, la dose di acido ascorbico funzionale al benessere è più del doppio di quella suggerita, cioè di almeno 95 mg. Nell’indagine gli scienziati hanno rianalizzato un esperimento che dal 1944 dall’Istituto Scorby di Sheffield, nel Regno Unito, non è mai più stato messo in discussione dalle successive scoperte scientifiche. All’epoca, i ricercatori non erano affatto interessati a definire le dosi minime di nutrienti essenziali come la vitamina C, ma erano più interessati a stabilire le quantità minime di alimenti da assegnare agli equipaggi delle navi per evitare che insorgesse lo scorbuto, malattia provocata appunto da livelli carenza di acido ascorbico e di altri nutrienti. Nell’esperimento erano stati reclutati 20 volontari tra gli obiettori di coscienza assegnati allo stesso istituto e li avevano fatti salpare su una nave dove sarebbero rimasti per mesi.
Il protocollo prevedeva che il gruppo fosse suddiviso in tre sottogruppi, ciascuno sottoposto a un diverso trattamento: 0, 10 o 70 milligrammi di vitamina C al giorno, da assumere fino a quando non si fossero visti segni chiari di malattia o comunque non fosse stato possibile evidenziare i primi segni di scorbuto, ovvero il sanguinamento gengivale e la difficoltà di cicatrizzazione. Inoltre, per monitorarne i tempi e controllarne la guarigione, venivano inferte periodicamente ai partecipanti delle piccole ferite. Il cosiddetto “Esperimento del naufragio” era stato ideato con il contributo del futuro premio Nobel Hans Krebs. A distanza di nove mesi dall’inizio della sperimentazione, fu individuata la dose minima di vitamina C necessaria per evitare lo scorbuto. Nuovi calcoli poi, come riportato sull’American Journal of Clinical Nutrition, nuovi calcoli hanno dimostrato che l’assunzione di 10 mg/die, protratta per 11,5 mesi, è associata a una diminuzione della resistenza delle ferite del 42%. Condizione paragonata a quella in cui le cui cicatrici risultavano essere del 49% meno resistenti rispetto a quelle, uguali, inferte in soggetti cui era stata data sufficiente vitamina C. In sintesi, alla luce di quanto emerso sia nelle precedenti indagini che in quelle nuove, la quantità minima necessaria per mantenere un buono stato di salute dei tessuti è oltre il 100% più elevata rispetto a quella ancora oggi consigliata dall’Oms.
Inoltre, tra i risultati della rivisitazione dello studio compare anche un dato sulla difficoltà di ripristinare la normalità dopo uno stato carenziale. O meglio per recuperare appieno, non sono stati sufficienti le quantità aggiuntive somministrate per sei mesi ai partecipanti. Considerazione, tra l’altro che rende ancora più importante l’esatta conoscenza dei valori soglia ove calcolare e basare eventuali integrazioni. Difatti, l’acido ascorbico è responsabile in primis dell’integrità dei tessuti e proprio in virtù di questa funzione, una sua carenza si traduce, oltreché in un ritardo della cicatrizzazione, anche in lesioni e danni permanenti sia al tessuto connettivo che ai vasi. Questi ultimi, sono responsabili, a loro volta, anche di malattie cardiache e ictus. «L'esperimento sulla vitamina C è uno studio scioccante - sostiene Philippe Hujoel, autore principale di una nuova analisi dell'esperimento sulla vitamina C di Sorby, dentista praticante e professore di scienze della salute orale presso la UW School of Dentistry -. Hanno esaurito i livelli di vitamina C delle persone a lungo termine e hanno creato emergenze potenzialmente letali. Ora non volerebbe mai». Infatti, come già detto, l'obiettivo dei ricercatori Sorby non era quello di determinare l'assunzione di vitamina C necessaria per una salute ottimale, ma quello per l‘appunto di indagare i requisiti minimi di vitamina C per prevenire lo scorbuto. Mentre quello secondario era quello di sopperire a questa carenza.
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
La vitamina C è un elemento essenziale nella capacità del corpo di guarire le ferite perché la creazione di tessuto cicatriziale dipende dalla proteina del collagene e la produzione di collagene dipende dalla vitamina C. Oltre a ricucire la pelle, il collagene mantiene anche l'integrità del sangue pareti dei vasi, proteggendo così da ictus e malattie cardiache. Da ricordare ancora che, la vitamina C è caratterizzata da proprietà antiossidanti: aiuta a mantenere sane le cellule proteggendole dagli effetti dei radicali liberi prodotti durante la normale attività cellulare (metabolismo). Tra le sue diverse, ma comunque importanti funzioni: aiuta a mantenere la normale funzionalità dei vasi sanguigni, consente di mantenere la salute di denti e gengive, facilita l’assorbimento del ferro di origine vegetale, partecipa alla formazione, crescita e riparazione del tessuto osseo e connettivo, aiuta a mantenere sana la pelle, aiuta la cicatrizzazione delle ferite. L’importanza di questa vitamina idrosolubile anche sotto forma di integratore viene confermata da numerose ricerche scientifiche. Per contro stanchezza, debolezza, irritabilità, perdita di peso, dolori articolari e muscolari sono tra i sintomi più comuni di una dieta povera di questo prezioso nutriente. Da questa carenza poi si origina lo scorbuto, una malattia caratterizzata da apatia, anemia e inappetenza, sanguinamento delle gengive, caduta dei denti, dolori muscolari, emorragie sottocutanee e scarsa guarigione delle ferite.
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Per approfondimenti:
The American Journal of clinical nutrition "Vitamin C and scar strength: analysis of a historical trial and implications for collagen-related pathologies"
Libero "Vitamina C, "ecco la dose giornaliera consigliata": altro disastro dell'Oms, le conseguenze"
The University Library "Sorby Research Institute Collection"
Washington Edu "New analysis of landmark scurvy study leads to update on vitamin C needs"
Cambridge University "The Sheffield Experiment on the Vitamin C Requirement of HumanAdults"
Il fatto alimentare "Vitamina C: del tutto insufficiente la dose finora raccomandata dall’Oms"
Gazzetta Active "Vitamina C, sistema immunitario e non solo: ecco a cosa serve e dove si trova"
Il Giornale "Agrumi: proprietà e benefici del frutto dell'inverno"
Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”
PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"
MDPI "Vitamin C and Immune Function"
Il Messaggero "Covid, influenza stagionale e coronavirus: come distinguere i sintomi in caso di febbre"
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Un aiuto a prevenire allergie e malattie polmonari. Dal rafforzamento delle ossa alla prevenzione di malattie come il rachitismo e l'osteoporosi negli adulti, gli effetti benefici di questa vitamina vanno ben oltre. È la volta di una nuova indagine tedesca che enfatizza l’effetto positivo dell’ormone del sole per chi soffre di allergie. Secondo questo studio, la vitamina D potrebbe essere utilizzata in diversi modi, anche contro il raffreddore da fieno. Una vitamina che il nostro corpo è in grado di produrre grazie all’energia solare ci aiuta nella prevenzione di tante malattie autoimmuni e infettive. Tra le sue preziose funzioni, inoltre, quella di rinforzare il sistema immunitario e di ridurre le risposte infiammatorie. Tuttavia, le sue proprietà curative straordinarie non sono di certo una grande novità e ora, diverse pubblicazioni scientifiche mostrano anche un effetto positivo sulle reazioni allergiche. Senza trascurare poi che le varie allergie vanno sempre “a braccetto” e solitamente, come evidenziato da Deutsche Apotheker Zeitung, un’allergia è accompagnata quasi sempre da un’altra ad esempio come avviene con la febbre da fieno quando i sintomi si estendono fino alle basse vie respiratorie. E questa condizione, prima o dopo, porta inevitabilmente all’asma. Inoltre, questa sensibilità potrebbe poi favorire la neurodermite. Soprattutto in primavera poi, aumenta la cosiddetta rinite allergica, un’infiammazione della mucosa nasale, che sorge come reazione allergica da allergeni nell’aria. Questa è un’infiammazione della mucosa nasale, vale a dire una reazione allergica a un allergene nell’aria.
RINITE ALLERGICA, ecco come stare meglio cambiando stile di vita
Una scoperta scientifica che potrebbe dare sollievo nei casi di starnuti, lacrimazione degli occhi, problemi respiratori, tosse, prurito, eruzioni cutanee e persino disturbi gastrointestinali. Stop ai sintomi fastidiosi da imputare alla comune rinite allergica da pollinosi. Derivano tutti da un corto circuito del nostro sistema immunitario agli allergeni innocui. I dati registrati negli ultimi anni continuano ad aumentare. In Germania, come riportato dal Robert Koch Institute, oltre 3 milioni di persone soffrono di asma e più di 12 milioni di rinite allergica. Inoltre, dei dati Sulla salute degli adulti in Germania (DEGS1) mostra che l’asma è aumentata di circa il 51% negli ultimi anni. Inoltre, tra i più colpiti da questi fastidi anche il 50% dei bambini italiani. Ai quali gioverebbe sicuramente giocare qualche ora all’aperto, esposti alla lucere solare per contrastare l'ipovitamonosi D. Senza dimenticare poi che basse quantità di vitamina D sono correlate a patologie come l'obesità, il diabete, le malattie polmonari varie e altri problemi ossei. La conferma dei poteri benefici della vitamina D nella prevenzione dell'asma e delle infezioni respiratorie ricorrenti arriva anche dal Congresso nazionale Siaip (Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica).
In età pediatrica la vitamina D serve per la crescita ed il benessere osseo, ma ha anche un effetto centrale nel modulare le funzioni del sistema immunitario - spiega Diego Peroni, ordinario di Pediatria Università di Pisa - Infatti, la vitamina D è in grado di interagire con diverse cellule del sistema immunitario, regolando la risposta agli agenti infettivi e modulando la risposta immunologica. Studi recenti hanno messo in luce che nei bambini asmatici la supplementazione con vitamina D riduce la frequenza degli episodi e favorisce un miglior controllo della patologia utilizzando naturalmente i farmaci di base antinfiammatori. Il deficit di vitamina D invece è spesso correlato ad un maggior numero di accessi ospedalieri per broncospasmo e a una maggiore necessità di terapia con corticosteroidi orali. Due importanti studi hanno ad esempio documentato che i neonati con bassi livelli di vitamina D nel sangue cordonale hanno maggiori rischi di sviluppare infezioni respiratorie e bronchiolite a tre mesi rispetto ai neonati senza deficit di vitamina D.
Al via con una nuova forma di trattamento per chi soffre di allergie. L’indagine tedesca ha esaminato un’eventuale relazione tra la carenza di vitamina D e la gravità delle allergie. I ricercatori hanno confrontato 49 partecipanti di età compresa tra 18 e 55 anni. Gli scienziati hanno anche lavorato con un gruppo di controllo. Tutti i partecipanti avevano diversi livelli di vitamina D nel loro organismo. Il risultato ottenuto dalla ricerca dimostra che con un quantitativo rilevante di vitamina D il rischio di raffreddore da fieno o allergie era nettamente inferiore. «E’ importante sapere che gli esseri umani acquisiscono solo il 10% della vitamina D con l’alimentazione e il 90% per sintesi dopo l’esposizione alla luce solare» spiega Michele Miraglia del Giudice, vicepresidente Siaip e professore associato di Pediatria all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Presente in elevate concentrazioni in diverse tipologie di pesce del Nord come salmone, aringa, sgombro e sardine. Il nutriente si trova anche in uova, funghi, burro e fegato suino. Tra tutti, però, è sicuramente l'olio di fegato di merluzzo l'alimento che contiene il maggiore quantitativo di questo prezioso nutriente. Gli esperti comunque sottolineano come la fonte primaria di vitamina D per l'uomo non sia il cibo ma il sole e per questo è importante farne la scorta necessaria, sicuramente cominciando dall'alimentazione, ma anche con la tradizionale esposizione ai raggi UV e il supporto dell'integrazione. In sintesi, il team di ricercatori ha dimostrato, dati alla mano, che il livello di vitamina D nel corpo è fortemente correlato alle reazioni allergiche.
ALLERGIE e INTOLLERANZE ALIMENTARI: come influisce lo stile di vita
L’asma bronchiale è una condizione caratterizzata da difficoltà respiratoria e restringimento delle vie aeree che conducono ai polmoni (che comprendono il naso, i passaggi nasali, la bocca e la laringe). In presenza di asma allergica su soggetti che cioè soffrono di allergie, le vie respiratorie bloccate o infiammate che causano i sintomi di solito possono essere curate con l’aiuto di alcuni cambiamenti nello stile di vita e con il prezioso contributo di questa vitamina-ormone. Al contrario, invece, l’asma è un tipo di patologia polmonare ostruttiva cronica (BPCO) ed anche legata alle allergie, sia stagionali/ambientali, sia alimentari. Difatti, tra le varie cause anche le diete a basso contenuto di sostanze nutritive. Seguire quindi un'alimentazione sana, ricca di antiossidanti e nutrienti, preferibilmente con cibi costituiti da proprietà con la capacità di inibire una reazione infiammatoria. Rigorosamente banditi a tavola: zuccheri e carboidrati! Peculiarità di questa patologia, i sintomi che tendono a manifestarsi improvvisamente in risposta a stimoli che irritano il sistema immunitario e il passaggio di aria, stato conosciuto come attacco d’asma o dispnea. Dispnea o affanno, sintomo tipico di questa patologia è un fastidio caratterizzato da respiro sibilante oltre alla percezione di una costrizione toracica accompagnata da episodi di tosse. Più o meno frequenti e gravi, questi attacchi possono, nella peggiore delle ipotesi, portare a decesso per insufficienza respiratoria, ovvero mancanza di ossigeno.
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Immunity "Lipid-Droplet Formation Drives Pathogenic Group 2 Innate Lymphoid Cells in Airway Inflammation"
Universität Bonn "Researchers suggest a special diet against asthma"
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Utile nella prevenzione, nel trattamento e nel rinforzo delle nostre difese immunitarie. Ancora sotto i riflettori dopo centinaia di anni è sempre la vitamina C. Conosciuta anche con il nome di acido ascorbico, è nota e apprezzata da tutti grazie alle sue notevoli proprietà antiossidanti che stimolano la risposta del sistema immunitario e fortificano il nostro organismo rendendolo meno esposto agli attacchi esterni e al rischio di tante patologie. Inoltre, se inserita all’interno di una dieta sana e bilanciata, questo prezioso nutriente, si dimostra un valido alleato anche nella lotta dei tumori, in combinazione con le terapie anticancro. «Si tratta di una vitamina idrosolubile, che quindi non può essere accumulata nel nostro organismo e deve essere assunta regolarmente attraverso l’alimentazione», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. Fondamentale per il nostro organismo, la vitamina C è un prezioso antiossidante, importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene, il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli, ossa, articolazioni e legamento parodontale che fornisce le proprietà elastiche e di resistenza a organi e tessuti e compone il 75% della nostra pelle e il 30% del nostro corpo. Inoltre, è una proteina essenziale per la riparazione e la guarigione di quasi tutti i tessuti del nostro corpo.
La vitamina C - emerge da un recente studio - oltre ad essere fondamentale per numerosi processi, supporta tante preziose funzioni per la nostra salute, prima tra tutte quella immunitaria. Stimola la produzione di interferoni (che proteggono le cellule dagli attacchi virali) e la proliferazione dei neutrofili, protegge le proteine dall'inattivazione da parte dei radicali liberi prodotti durante i processi ossidativi, facilita la biosintesi del collagene (interviene nella conversione della prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina, mantenendo il ferro in forma ridotta) e quella degli acidi biliari, favorisce la sintesi della noradrenalina (neurotrasmettitore) a partire dalla dopamina e del triptofano in serotonina, contribuisce all’assorbimento intestinale del ferro, alla sintesi della carnitina (essenziale per il trasferimento di acili nei mitocondri), al catabolismo della tirosina ad acidi fumarico e acetacetico attraverso la formazione dell'acido omogentisinico, riduce la tossicità di alcuni minerali, collabora alla stimolazione della reduttasi del citocromo (responsabile dell'idrossilazione del colesterolo, necessaria per la sintesi dell'acido colico), favorisce l'uso del selenio a dosi fisiologiche e l’attivazione dell'acido folico in acido tetraidrofolico, regola i livelli endogeni di istamina, inibendone il rilascio e favorendone la degradazione (a scopo terapeutico per prevenire lo shock anafilattico, la pre-eclampsia e la prematurità nelle complicanze della gravidanza), fiosintesi degli ormoni steroidei della corteccia surrenale, favorisce la riduzione degli ioni superossidi, dei radicali idrossilici, dell'acido ipocloroso e altri potenti ossidanti, proteggendo la struttura del DNA, delle proteine, delle membrane da eventuali danni oltre alla riduzione dell'efficienza dell'assorbimento intestinale del rame, esercita un’azione preventiva nella cancerogenesi da nitrosamine, inibendo la loro sintesi e, insieme alla vitamina E, protegge dal danno ossidativo provocato dai radicali liberi.
Le innumerevoli proprietà della vitamina C l’hanno inclusa nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e quindi, tra i più sicuri ed efficaci necessari al sistema sanitario. Valido supporto nella prevenzione delle malattie da raffreddamento da oltre trent’anni. La teoria della vitamina C contro il raffreddore diventa popolare intorno al 1970 quando, il premio Nobel Linus Pauling, pubblica un libro su come prevenire le malattie da raffreddamento con mega dosi di vitamina C. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Una sua carenza, per contro, si traduce in una condizione nota come lo scorbuto. tra i principali sintomi di una sua carenza, nota anche come scorbuto. Attenzione quindi ai segnali! Debolezza, confusione, esaurimento fisico, scarso appetito (che può trasformarsi anche in anoressia), letargia, irritabilità, dolori alle gambe, anemia, gengivite, ematomi, carie, dolori articolari, dolori muscolari, caduta dei capelli, pelle secca, sensibilità alla luce, sbalzi d’umore, depressione, sanguinamento gastrointestinale e mal di testa. Tra le sue numerose peculiarità riportate in numerose ricerche, ecco le principali:
Tra le tante virtù, la sua capacità antiossidante permette un utilizzo della vitamina C anche nell’industria alimentare:
L’acido ascorbico viene spesso usato come additivo in alcune preparazioni alimentari per la sua azione conservante che deriva proprio dalle caratteristiche chimiche tipiche dell’antiossidante. - spiega la dottoressa Falcone - Questa caratteristica rende la vitamina C utile nel contrastare i radicali liberi in condizioni di stress ossidativo, combattendo l’infiammazione. Non si pensi, però, che un integratore di vitamina C possa avere poteri antitumorali: l’effetto antinfiammatorio è dato da una dieta ricca di fonti di questa vitamina. - precisa la nutrizionista - L’acido ascorbico partecipa a moltissime reazioni metaboliche, come la sintesi di aminoacidi, degli ormoni e del collagene, ed è utile anche al benessere della pelle. Grazie al suo potere antiossidante è di aiuto anche nella fase post allenamento, perché migliora il recupero a livello muscolare e cellulare, e può utile in periodi in cui ci sentiamo particolarmente affaticati. Ma, a differenza di quanto si pensa, non cura il raffreddore, anche se aumenta le barriere del sistema immunitario.
Una vitamina miracolosa e dove trovarla.
La troviamo prevalentemente in frutta e verdura, in particolare negli agrumi (limone, arance, mandarini…), nei kiwi, nelle fragole, nelle crucifere (cavolfiori, broccoli, broccoletti), peperoni, pomodori. - chiarisce la dottoressa Falcone - Attenzione però alla preparazione di questi alimenti: la vitamina C è termolabile, sensibile alle temperature, e se l’alimento viene cotto troppo si può disperdere. Lo stesso rischio si ritrova nel caso di cottura in eccessiva acqua. D’altro canto l’acido ascorbico è un facilitatore dell’assorbimento del ferro non eme, il ferro di origine vegetale contenuto nelle verdure. Se a questi abbiniamo una fonte di acido ascorbico il ferro non eme cambia struttura molecolare e viene assorbito più facilmente. Trattandosi di una vitamina idrosolubile ne abbiamo bisogno quotidianamente, quindi è bene che fonti di acido ascorbico siano presenti ogni giorno nell’alimentazione. Ma se seguiamo una dieta varia ed equilibrata, ricca di verdura e frutta di stagione, soddisfiamo il fabbisogno.
Dai prati verdi alle temperature sopra la media. Stagionali e non, tra fiori che sbocciano e pollini che imperversano ovunque. Con l’arrivo nuova stagione tornano le belle giornate, ma anche le allergie. Naso chiuso, starnuti continui e gola arrossata sono tra i sintomi principali. Questa sintomatologia può durare da pochi giorni ad alcune settimane sempre in assenza di febbre e dolori articolari, tipici di disturbi come raffreddore e influenza. Un disturbo molto diffuso tra le persone che diventa più incisivo in questo periodo dell’anno, proprio a causa delle fioriture primaverili. L'allergia, è una condizione fisica causata dall'ipersensibilità del sistema immunitario a sostanze presenti nell'ambiente. Questo agente esterno scatena una risposta da parte del nostro sistema immunitario. Gli anticorpi coinvolti nella risposta immunitaria sono le Immunoglobuline E (IgE) che, legandosi a specifici globuli bianchi presenti nel circolo sanguigno, inducono una serie di reazioni a cascata, coinvolgendo anche le cellule responsabili dello stato infiammatorio. Istamina, prostaglandine e leucotrieni sono i responsabili delle infiammazioni alle mucose di naso e gola provocando anche bruciore e fastidio. Tuttavia, per prevenire le fastidiose allergie stagionali esistono diversi rimedi. Primo tra tutti, la cura dell’alimentazione. Prestare attenzione alla dieta oltre che forma di prevenzione a questo disturbo ciclico diventa anche una modalità di riduzione della sintomatologia stessa. Evitare, dunque, tutti gli alimenti capaci di accentuare il processo infiammatorio allergico.
Boom di allergie quest’anno soprattutto nei più piccoli. Con un incremento del 40% rispetto agli anni precedenti, stavolta le vittime sono proprio i bambini. È questo l’allarme lanciato dalla Società italiana di Allergologia. Insomma, bel tempo e fastidi respiratori vanno a braccetto. Pollini e graminacee non risparmiano nessuno, nemmeno i bambini. È tornata la stagione della “febbre da fieno”. Ricordiamo inoltre anche chi soffre di fastidi di altra natura come ad esempio l’inquinamento e gli acari della polvere. Tra i disturbi respiratori causati da questi allergeni figurano in primis le riniti di cui, il 50% sono di natura allergica, legate a un periodo preciso dell’anno oppure possono essere persistenti se legate ad allergeni a cui siamo esposti con frequenza. Mentre il 30% fa riferimento, invece, a quelle non allergiche, come il comune raffreddore. Il restante 20% poi, si divide in forme specifiche meno frequenti, come le riniti gravidiche tipiche delle donne in gravidanza o quelle che colpiscono prevalentemente gli anziani. «Negli ultimi decenni c’è stato un notevole incremento delle malattie allergiche. Inizialmente il fenomeno ha interessato i Paesi industrializzati o comunque più ricchi e poi ha coinvolto gradualmente anche molti altri Paesi in via di sviluppo, dove le condizioni di vita sono diventate più simili a quelle dei Paesi occidentali. Tale aumento è risultato particolarmente evidente nei bambini» spiega in un’intervista al Corriere della Sera, Gualtiero Leo, titolare di incarico di Alta Specializzazione in Allergia e Asma presso la U.O.C. di Pediatria – Casa Pediatrica dell’Ospedale Fatebenefratelli, ASST FBF e Sacco di Milano.
Le vere cause delle allergie
I pollini rappresentano una frequente causa di allergia respiratoria sia negli adulti che nei bambini. I sintomi si manifestano più frequentemente con starnuti, prurito al naso e secrezione nasale liquida a cui spesso si associa arrossamento e prurito congiuntivale, configurando il quadro clinico della rinocongiuntivite allergica. Giocare al parco in belle giornate di sole e con un po’ di vento rappresenta l’occasione più frequente per la comparsa di questi sintomi nei bambini allergici ai pollini. La rinite allergica pur non essendo una malattia grave può creare situazioni di disagio al bambino, per esempio per la necessità di soffiarsi il naso ripetutamente, o per dover limitare la sua attività all’aperto con gli amici, con la percezione di essere isolato. La rinite, specialmente se associata a ostruzione nasale, può disturbare il sonno con conseguente influenza sull’attività di apprendimento o anche con giorni di assenza da scuola. L’allergia ai pollini, come anche verso gli acari della polvere, i derivati epidermici di animali domestici o le muffe, può causare anche asma che si manifesta con tosse secca durante l’attività fisica e sensazione di difficoltà respiratoria.
L’esperto poi mette in risalto la correlazione tra l’aumento delle allergie e il microbiota intestinale:
Sappiamo che lo sviluppo delle allergie è dovuto all’interazione di fattori genetici e ambientali, ma l’incremento di frequenza è avvenuto in tempi troppo brevi da poter essere giustificato da modificazioni genetiche, per cui l’attenzione è stata rivolta verso i fattori ambientali. Una delle ipotesi avanzate per spiegare l’aumento delle allergie fu proposta agli inizi degli anni ‘90 e prese il nome di “ipotesi igienica”. Questa ipotesi derivava dall’osservazione che i bambini appartenenti a famiglie numerose sviluppavano meno frequentemente malattie allergiche. Si ipotizzò che ciò fosse dovuto a una maggiore esposizione, nelle prime epoche della vita, a infezioni derivanti dai contatti con i fratelli. L’attenzione su queste osservazioni si è evoluta nei decenni successivi con studi epidemiologici che hanno portato, però, a ritenere che la maggior incidenza di malattie allergiche non fosse dovuta in maniera specifica alla ridotta frequenza di infezioni, intese come contatti con microrganismi patogeni che causavano malattie infettive (virus, batteri), ma piuttosto allo stile di vita occidentale che avrebbe causato un cambiamento del microbiota umano rispetto a quello che avevano le precedenti generazioni.
Il microbiota è l’insieme dei microrganismi, costituiti prevalentemente da batteri oltre a virus, funghi e parassiti, che colonizzano l’intero nostro organismo distribuendosi su tutte le superfici, sia quelle esterne come la cute che quelle interne come le mucose degli apparati respiratorio, digerente e genitourinario. Il numero di questi microrganismi, dell’ordine di trilioni, è simile o addirittura superiore al numero delle nostre cellule e sono maggiormente numerosi a livello dell’intestino dove esplicano numerose funzioni indispensabili al nostro benessere. Nel bambino, inoltre, hanno la funzione fondamentale di stimolare lo sviluppo del sistema immunitario. Durante la gravidanza il feto vive in un ambiente altamente protetto dalle infezioni e il suo sistema immunitario, che è in grado di dare una buona protezione verso eventuali infezioni, ha il compito principale di non innescare reazioni contro il sistema immunitario della madre nonostante vi sia una parziale incompatibilità, essendo il corredo genetico del feto per metà di origine paterna. Potremmo dire che il sistema immunitario del feto, pur essendo dotato di tutti i suoi componenti che gradualmente si formano, vive in una condizione di “riposo”. Lo stimolo alla maturazione del sistema immunitario avviene per opera dei microrganismi che compongono il microbiota. La colonizzazione dei batteri nel bambino comincia già durante la vita fetale con il passaggio di batteri dall’intestino materno attraverso la placenta e prosegue in maniera più massiva dalla nascita in poi per raggiungere una completa configurazione verso i 3 anni. I fattori principali che concorrono alla formazione del microbiota nel bambino sono il parto (naturale o cesareo), il tipo di allattamento, l’introduzione di alimenti solidi e vari fattori ambientali, come la presenza di fratelli o il contatto con animali domestici e abitare vicino ad ambienti rurali o con fattorie. Comunque, nelle prime epoche della vita, il microbiota si modifica continuamente in seguito all’influenza dei vari fattori che lo condizionano.
Lo Eaaci (European Academy of Allergy and Clinical Immunology) ritiene che l’allergia sia la quarta malattia più diffusa in Italia e che nel 2050 arriverà a coinvolgere più del 50% della popolazione. nel libro di Adriano Panzironi "Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti", le cellule del nostro sistema immunitario vengono considerate i principali attori principali della risposta allergica. Esse attuano - viene spiegato nel libro - un meccanismo che dovrebbe difenderci dall’invasione di batteri ma la sua azione esagerata, infiamma i tessuti. Nello specifico, i primi responsabili. Le malattie del nostro tempo - sottolinea Panzironi - sono gli anticorpi detti immunoglobuline di tipo E (IgE), i quali si legano ai recettori presenti sia sui mastociti che su quelle dei leucociti basofili. Le IgE permettono a tali cellule del sistema immunitario di attivarsi ogni qual volta sono in presenza di un determinato antigene (polline, polvere, etc.), rilasciando le citochine infiammatorie, l’istamina, l’eparina e l’acido arachidonico. L’effetto è quello di rendere permeabili i vasi sanguigni (facendo trasudare la linfa nei tessuti) causando i tipici fenomeni dell’allergia (rigonfiamento della pelle, pruriti, arrossamento, infiammazione). Esistono diverse patologie che hanno nomi diversi in base alla parte del corpo interessata. Se i tessuti coinvolti sono quelli polmonari si parla di asma, se è la pelle si parla di dermatite, se sono le mucose di riniti, etc...
Sappiamo che le allergie sono l’espressione di una reazione abnorme o esagerata del sistema immunitario verso sostanze ambientali innocue per il nostro organismo come per esempio gli alimenti, i pollini o gli acari della polvere, verso cui il sistema immunitario non dovrebbe reagire ma tollerare, cioè manifestare una tolleranza immunologica. Nei soggetti che invece sviluppano allergie, questo meccanismo è come “bloccato” e sostituito da una reazione immunologica con produzione di particolari anticorpi detti immunoglobuline E (IgE). Tali anticorpi non hanno funzione di difesa o protezione, ma quando vengono a contatto con la sostanza verso cui sono stati sintetizzati, causano una reazione avversa che può andare da semplici eruzioni cutanee, a sintomi gastrointestinali, a disturbi respiratori fino, in caso di alimenti o farmaci, a reazioni più gravi. Le malattie allergiche dovute alla produzione di anticorpi IgE vengono definite atopiche e comprendono la dermatite atopica, la rinite allergica e l’asma bronchiale.
Corriere della Sera "Con la primavera tornano le allergie, come riconoscerle nei bambini?"
Il fatto quotidiano "Allergie di primavera: quali sono i sintomi, i rimedi e i rischi dei farmaci tradizionali"
Corriere della Sera "Allergie, come affrontare la stagione dei pollini"
Brescia Today "Arriva la primavera ma è allarme allergie: colpito il 40% dei bambini"
AGI "Come distinguere i sintomi delle allergie da quelli del coronavirus"
Ansa "Coronavirus: tornano allergie, possibile confondere sintomi"
Adnkronos "Coronavirus, ecco come distinguerlo dalle allergie"
Il Mattino "Coronavirus, gli allergici non rischiano più di altri ma la mascherina è fondamentale"
Torino Today "Covid-19 e allergie: primavera, come non confondere i sintomi"
Focus Tech "Coronavirus: ecco come distinguerlo dalla rinite allergica stagionale"
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L’inconfondibile profumo e il sapore aspro del frutto d’inverno: gli agrumi. Utili alla nostra salute. Dalla prevenzione alla cura di influenze, raffreddori e malanni stagionali passando per i tanti benefici per l’organismo. Arancia e limone, ma anche lime, cedro, mandarino e pompelmo. Tra le caratteristiche fondamentali degli agrumi quella di dare energia, regolare il metabolismo, svolgere un’azione diuretica e garantire la regolarità intestinale. Questi importanti frutti sono ricchi di elementi (sali minerali, magnesio, ferro oltre alle vitamine A, B, e C) necessari al buon funzionamento del nostro organismo. Arancia, mandarino o limone? Immancabile sui banchi dei reparti di ortofrutta, l’arancia è uno degli agrumi più consumati in Italia. Dalla nota azione benefica per il cuore, per la circolazione e per la difesa del corpo dagli agenti chimici, fisici e ambientali, soprattutto durante la stagione invernale, rafforzando le nostre difese immunitarie contro virus e batteri. Dona, inoltre, energia favorendo un effetto antistress, aiuta la digestione e depura l’organismo. Energetico e dal dolce sapore, per le sue caratteristiche energizzanti, il mandarino è fortemente consigliato ad adulti e bambini che svolgono attività fisica. Al suo interno, la presenza di fibre facilita la regolarità intestinale. Noto soprattutto per l’elevata quantità di vitamina C, questo frutto è ideale per rafforzare le nostre difese immunitarie e nel contrasto alle influenze stagionali. Ottimi alleati per combattere le infiammazioni alla gola, raffreddori e influenze grazie alle loro proprietà antibatteriche. Ultimi, ma non per importanza, i limoni. Questi agrumi donano un senso di sollievo ai piccoli fastidi quotidiani, inoltre, grazie alla presenza di presenza di antiossidanti, il limone è considerato l’anticolesterolo per eccellenza.
Regina indiscussa dell’inverno, la vitamina C con il suo prodigioso effetto antinfiammatorio. Preziosa ancor più nella stagione fredda e soprattutto alle prese con questa pandemia e nella lotta al Covid, come condermano diverse ricerche uscite negli ultimi mesi, dovrebbe diventare un vero e proprio must. Insomma, sarebbe buona abitudine mantenere uno stile di vita capace di rinforzare le difese contro virus, batteri e malanni stagionali. Difatti, è proprio nel periodo che va dall’autunno alla primavera che vede le nostre difese immunitarie sottoposte a un maggiore stress, sia a causa del calo delle temperature che della minore esposizione ai raggi solari e anche del tempo trascorso, in prevalenza in luoghi chiusi. L’ascorbato, assunto sotto forma di alimentazione o integrazione, rappresenta un ottimo aiuto per il sistema immunitario, rinforzandolo. Le innumerevoli proprietà della vitamina C l’hanno inclusa nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e quindi, tra i più sicuri ed efficaci necessari al sistema sanitario. Valido supporto nella prevenzione delle malattie da raffreddamento da oltre trent’anni. La teoria della vitamina C contro il raffreddore diventa popolare intorno al 1970 quando, il premio Nobel Linus Pauling, pubblica un libro su come prevenire le malattie da raffreddamento con mega dosi di vitamina C. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Una sua carenza, per contro, si traduce in una condizione nota come lo scorbuto. Inoltre, diverse evidenze scientifiche indicano che la vitamina C si concentri nelle cellule del sistema immunitario e venga consumata piuttosto rapidamente durante un’infezione ovvero sintomi più lievi e durata inferiore.
Ad oggi, diversi studi hanno dimostrato che gli integratori di vitamina C assunti in chiave preventiva possono ridurre la durata del raffreddore. Questa metanalisi ha raccolto i dati di 43 studi sulla vitamina C e ha raggiunto le seguenti conclusioni sull’integrazione preventiva: la vitamina C dimezza il rischio di raffreddore nelle persone esposte a un intenso stress fisico (ad esempio corridori di maratona, sciatori o soldati in condizioni subartiche) e riduce la durata del raffreddore dell’8% negli adulti e del 14-18% nei bambini. Diminuisce anche la gravità del raffreddore in tutte le popolazioni, soprattutto nei bambini. Essenziale per la risposta antivirale nella fase iniziale dell’infezione influenzale, inoltre, una sua carenza sembra peggiorare il danno polmonare. E ancora uno studio su oltre 1.500 donne ha associato un’elevata assunzione di vitamina C a una ridotta incidenza di infezioni del tratto respiratorio superiore. A queste, si aggiunge, un’importante meta-analisi che ha indagato gli effetti della supplementazione di vitamina C sulla prevenzione (2.335 pazienti) e sul trattamento (197 pazienti) della polmonite. Secondo questo studio, l’integrazione preventiva può ridurre l’incidenza della polmonite dell’80%. Quando si parla di trattamento poi, la vitamina C può ridurre la durata, la gravità e la mortalità per polmonite. Infatti, in uno studio clinico su 30 pazienti con polmonite grave, la supplementazione di vitamina C ha ridotto: lo stress ossidativo, il danno al DNA e l’infiammazione (TNF -a e IL-6).
Nella figura il meccanismo schematico in cui una IA di vitamina C potrebbe modulare funzioni specifiche dei neutrofili (ROS e TNFα, mediata da IL-1β), inibendo le vie coinvolte nella formazione della trappola extracellulare dei neutrofili (NETosis) e riducendo la produzione incontrollabile di citochine infiammatorie nell'alveolare spazio. Potenziali effetti sulla riduzione della produzione di citochine sono stati ipotizzati anche nei linfociti e nei macrofagi. ROS, specie reattive dell'ossigeno; NFkB, fattore di trascrizione nucleare kappa B; ┴, stimolo di inibizione; freccia tratteggiata, effetto o produzione ridotti.
Noto che una carenza di vitamina C dovuta a un basso apporto nutritivo porti a una maggiore suscettibilità alle infezioni. Inoltre, come tutti sanno, un apporto maggiore di vitamina C, per contro, potenzia il sistema immunitario e l'uso degli integratori è considerato un rimedio, soprattutto invernale, per prevenire le malattie infettive. Tuttavia, è anche vero che una dieta equilibrata capace di soddisfare l'assunzione giornaliera di vitamina C influisce positivamente sul sistema immunitario e contribuisce, di conseguenza, alla riduzione della suscettibilità alle infezioni. Il comune raffreddore è una delle infezioni virali delle alte vie respiratorie (URTI) più diffuse, caratterizzata da tosse, stanchezza, febbre, mal di gola e dolori muscolari, che persistono per un periodo che va da pochi giorni a non più di 3 settimane. Con "raffreddore comune" si fa generalmente riferimento a una sindrome aspecifica causata da diversi virus, sebbene il rinovirus sia il patogeno coinvolto più frequentemente, essendo presente nel 30-50% dei malati. Infatti, un'integrazione di vitamina C potrebbe modulare l'infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni. Infatti, la letteratura mostra che alte dosi di vitamina C per infusione endovenosa possono ridurre la produzione di citochine infiammatorie.
Senza trascurare poi, i suoi punti forti:
Dall’alterazione del collagene allo scorbuto, la malattia del passato si riaffaccia nel mondo occidentale. Prende il nome di scorbuto la patologia che deriva dalla carenza di vitamina C. Situazione in cui il collagene, presente nell’organismo, diviene instabile e poco efficiente minando la funzionalità di altri enzimi presenti nel nostro corpo. Macchie cutanee e sanguinamento, gengive "spugnose", crescita dei capelli "a cavatappi" e scarsa guarigione delle ferite tra i principali sintomi di questo deficit vitaminico. Ma anche lesioni cutanee, soprattutto sulle cosce e gambe, pallore, depressione e sporadica attività motoria. Nello scorbuto allo stato avanzato si manifestano poi anche ferite suppuranti, caduta di denti e diverse anomalie ossee. Tra i principali sintomi debolezza, confusione, esaurimento fisico, scarso appetito (che può trasformarsi anche in anoressia), letargia, irritabilità, dolori alle gambe, anemia, gengivite, ematomi, carie, dolori articolari, dolori muscolari, caduta dei capelli, pelle secca, sensibilità alla luce, sbalzi d’umore, depressione, sanguinamento gastrointestinale e mal di testa. Tuttavia è possibile trattarlo attraverso l’integrazione di acido ascorbico. Oltre all’integrazione di vitamina C, è importante modificare anche lo stile di vita necessario a garantire un’assunzione adeguata della vitamina.
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benenfici
Definito da Ippocrate come “ileo ematite”, lo scorbuto è conosciuto anche come "il morbo dei marinai" o "la malattia dei pirati”. Premesso che le riserve di vitamina C del corpo umano sono limitate e si esauriscono entro 1–3 mesi, lo scorbuto era comune tra gli equipaggi impegnati nelle lunghe traversate oceaniche, e quindi, non avevano scorte alimentari fresche e sufficienti. Verso la fine del 1700, la marina britannica sapeva che lo scorbuto poteva essere curato consumando arance e limoni, oggi invece, sappiamo che lo scorbuto può essere evitato assumendo quotidianamente vitamina C. Ampiamente dimostrata, inoltre, l’associazione tra la carenza di vitamina C e le aree a basso status socioeconomico. Tra gli altri fattori di rischio di questa carenza possiamo includere alcolismo, dieta squilibrata, fumo, disturbi alimentari, diabete del tipo 1, disturbi del tratto gastrointestinale (come ad esempio il morbo di Crohn, la celiachia), obesità, febbre alta, infiammazioni e invecchiamento.
Più volte ci siamo soffermati sugli aspetti deficitari della nostra alimentazione e sull'importanza di integrare la propria dieta con degli specifici micronutrienti. Insomma, lo scorbuto è una malattia dovuta a carenza alimentare o a insufficiente assorbimento intestinale di vitamina C, caratterizzata da un estremo deperimento dell'organismo, oltre che da manifestazioni emorragico-ulcerose della cute, delle mucose e degli organi interni. E anche se in passato colpiva i marinai o comunque le categorie più disagiate, oggi torna nei Paesi ricchi a causa della cattiva alimentazione. Già qualche anno fa un gruppo di ricercatori australiani ha raccontato su Diabetic Medicine di 11 casi di scorbuto, diagnosticati in pazienti diabetici la cui dieta era particolarmente povera di frutta e verdura. Infatti pochi sanno che tra le altre cause compare anche un’alimentazione squilibrata poiché una carenza di vitamina C superiore ai tre mesi porta a questa malattia. Inoltre, lo scorbuto può portare persino alla morte: il nostro corpo, alle prese con una grave carenza, non riesce né a produrre né a stoccare l’acido ascorbico e la mancanza di questa vitamina può portare a gravi conseguenze.
Necessaria per numerosi processi di idrossilazione catalizzati da alcune ossigenasi (enzimi), la vitamina C supporta tantissime funzioni importanti per la nostra salute:
La gazzetta del Mezzogiorno "Lo scorbuto, malattia del passato, nota come morbo dei marinai"
Affari Italiani "Scorbuto, allarme. Poca vitamina C e ci si ammala di scorbuto. Rischio morte"
La Stampa "Così lo “scorbuto” dei marinai del ’500 venne sconfitto con gli agrumi"
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La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa
La risposta alla pandemia? Confermato e poi contestato il ruolo dell’acido ascorbico nel trattamento del coronavirus. Nel corso degli ultimi mesi, sono state avanzate diverse tesi su questo prezioso nutriente, somministrato ad alte dosi ai pazienti ospedalizzati. Sull’efficacia della vitamina C nel contrasto al Covid provano a far luce un gruppo di ricercatori dell’Università di Augusta. Attualmente, sono in corso almeno una trentina di studi clinici attraverso cui gli esperti stanno valutando gli effetti della somministrazione di vitamina C – anche in combinazione con altri farmaci – nel trattamento dell’infezione da Sars-Cov-2. E nonostante le ricerche non abbiano ancora fornito risultati necessari a ribaltare tutte le tesi contrarie, le prime osservazioni suggerirebbero un fondamentale aiuto, soprattutto in alcuni pazienti. Secondo gli studiosi che esplorano da tempo gli effetti della vitamina C sull’invecchiamento questi, potrebbero dipendere da diversi fattori, in particolare dai livelli di trasportatori di vitamina C presenti in ciascuno di noi. «Esistono diverse variabili, sulle quali ci sono poche informazioni e da cui può dipendere l’efficacia della somministrazione di vitamina. Queste comprendono l’età, la razza, il sesso, e soprattutto i livelli di espressione dei trasportatori di vitamina C e il polimorfismo» spiegano in uno studio pubblicato sulla rivista Aging and Disease .
In tal senso, gli studiosi raccomandano di non trascurare questi importanti fattori per valutare l’effettiva efficacia nel trattamento di Covid-19 per esaminare il beneficio della vitamina C anche in altre condizioni. «Con l’aumento esponenziale del tasso di infezione da coronavirus e della mortalità – precisano nello studio -, ricercatori, medici e agenzie governative di tutto il mondo si stanno concentrando sul riposizionamento di farmaci con profili di sicurezza noti, tra cui la vitamina C. Il trattamento con vitamina C è riconosciuto per il suo effetto benefico nel prevenire/neutralizzare la risposta infiammatoria, ridurre lo stress ossidativo e stimolare gli interferoni e altre citochine antivirali», peculiarità che rendono la vitamina C importante nella terapia di contrasto al virus. Inoltre, «sarà interessante comprendere se la vitamina C potrà essere specificamente efficace nel trattamento di pazienti Covid-19 che sono più anziani, hanno malattie pregresse o appartengono a popolazioni afroamericane. C’è inoltre un’urgente necessità di indagare sulla relazione diretta tra i livelli sierici/plasmatici di vitamina C nel tasso di infezione da COVID-19 e nella gravità della malattia» concludono i ricercatori.
In tal senso appare evidente il ruolo benefico della vitamina C come antiossidante e antinfiammatorio che ha portato l’intera comunità scientifica a indagare sull’efficacia e sugli effetti di alte dosi di vitamina C nel trattamento e nella riduzione delle complicanze relative a una serie di infezioni virali, tra cui quella provocata dal nuovo coronavirus Sars-Cov-2. La sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2 (SARS-CoV-2) si è diffusa in tutto il mondo a un ritmo esponenziale, portando a milioni di persone che sviluppano la malattia associata chiamata COVID-19. A causa della natura nuova e dell’assenza di immunità negli esseri umani, c'è stato uno sforzo globale collettivo per trovare trattamenti efficaci contro il virus. Questo ha portato la comunità scientifica a riutilizzare farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) con profili di sicurezza noti. Tra i molti farmaci possibili, la vitamina C è stata nella rosa dei possibili interventi a causa del suo ruolo benefico come potenziatore immunitario e delle sue intrinseche proprietà antiossidanti. Al centro della discussione: la funzione intracellulare e le proprietà intrinseche della vitamina C. Questa ricerca fornisce, inoltre, una revisione completa dell’indagine pubblicata relativa alle differenze nell'espressione del trasportatore della vitamina C in diverse condizioni fisiopatologiche. Infine, è stata esaminata l'efficacia della somministrazione di vitamina C nel trattamento delle infezioni virali e delle condizioni potenzialmente letali. Nel complesso, lo studia mira a presentare le informazioni esistenti circa la misura in cui la vitamina C potrebbe essere un trattamento efficace per COVID-19 e le relative spiegazioni sul motivo per cui potrebbe funzionare, ancor più in alcuni individui.
La pandemia globale del coronavirus in corso, nota anche come COVID-19, ha avuto un impatto significativo sulla salute mondiale. La terapia endovenosa ad alte dosi di vitamina C è nella rosa dei potenziali regimi farmacologici testati per l'efficacia nel trattamento del COVID-19. Diversi ricercatori e medici hanno ipotizzato che l'uso di acido ascorbico potrebbe ridurre l'infezione da SARS-CoV-2 attraverso la capacità degli integratori di aumentare la risposta immunitaria insieme alla diminuzione della gravità della risposta infiammatoria mediata dal virus. Numerosi studi supportano la scoperta che una dose elevata di vitamina aiuta a rafforzare il sistema immunitario.
La vitamina C, nota anche come acido ascorbico, è una delle vitamine essenziali necessarie alle specie di mammiferi per sopravvivere e prosperare. Attraverso l'evoluzione, la specie homo sapiens ha perso la capacità di sintetizzare la vitamina C a causa dell'inattivazione del gene della gluconolattone ossidasi. Tuttavia, frutta e verdura come fragole, arance e broccoli sono ricchi di vitamina C e prontamente disponibili per il consumo umano. Bassi livelli di vitamina C potrebbero causare una miriade di problemi, con carenze prolungate portando persino allo scorbuto, una malattia spesso associata ai marinai nell'800 (a causa della mancanza di frutta e verdura fresca) in mare. Sintomi come gengive sanguinanti, cicatrizzazione anomala delle ferite e febbre sono comunemente associati alla malattia e possono essere attribuiti all'incapacità di alcuni enzimi di funzionare correttamente, specialmente quelli coinvolti nella sintesi del collagene. Inoltre, è stato notato da studi precedenti che i pazienti affetti da varie condizioni fisiopatologiche quali diabete, COPD, ipertensione cronica e virale sepsi indotta, sono diminuiti i livelli di siero e plasma vitamina C. Ciò ha portato a studi sull'uso della somministrazione endovenosa di vitamina C per il trattamento di pazienti affetti da malattie gravi e croniche nonché infezioni virali come COVID-19.
Aging & Disease "Low level of Vitamin C and dysregulation of Vitamin C transporter might be involved in the severity of COVID-19 Infection"
Fanpage "L’efficacia della vitamina C come cura per Covid dipende da più fattori"
Sanders JM, Monogue ML, Jodlowski TZ, Cutrell JB (2020) "Pharmacologic treatments for coronavirus disease 2019 (COVID-19): a review"
Shanmugaraj B, Siriwattananon K, Wangkanont K, Phoolcharoen W (2020) "Perspectives on monoclonal antibody therapy as potential therapeutic intervention for Coronavirus disease-19 (COVID-19)"
Qin X, Liu J, Du Y, Li Y, Zheng L, Chen G, et al. (2019) "Different doses of vitamin C supplementation enhances the Th1 immune response to early Plasmodium yoelii 17XL infection in BALB/c mice"
Bozonet SM, Carr AC, Pullar JM, Vissers M (2015) "Enhanced human neutrophil vitamin C status, chemotaxis and oxidant generation following dietary supplementation with vitamin C-rich SunGold kiwifruit"
La vitamina C (o acido ascorbico) svolge un ruolo importante nel normale funzionamento del sistema immunitario e il suo utilizzo nella prevenzione e nella cura delle infezioni ha attirato l'interesse di medici e ricercatori per quasi un secolo. Numerosi sono gli articoli pubblicati sull’argomento, sebbene sia noto che una carenza di vitamina C dovuta a un basso apporto nutritivo porti a una maggiore suscettibilità alle infezioni. Inoltre, come tutti sanno, un apporto maggiore di vitamina C, per contro, potenzia il sistema immunitario e l'uso degli integratori è considerato un rimedio, soprattutto invernale, per prevenire le malattie infettive. Oltre all’influenza c’è di più. Difatti, a peggiorare lo scenario, anche la rapida diffusione mondiale della SARS-CoV2 e la conseguente emergenza pandemica riconosciuta dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) richiede urgentemente uno sforzo globale per identificare tutto ciò che può curare i sintomi e ridurre i decessi. 46.509.232 milioni di contagiati e oltre 1.200.361 di morti nel mondo, numero in costante aumento. E anche se attualmente, nessuna terapia antivirale specifica è stata approvata per la cura del Covid-19, è importante proteggersi e prevenire questo virus con tutti i mezzi a disposizione.
Tuttavia, è anche vero che una dieta equilibrata capace di soddisfare l'assunzione giornaliera di vitamina C influisce positivamente sul sistema immunitario e contribuisce, di conseguenza, alla riduzione della suscettibilità alle infezioni. Lo studio “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”, pubblicato su Frontiers in Immunology, rivista ufficiale dell’International Union of Immunological Societies (IUIS), nasce con lo scopo di riassumere il ruolo immunologico della vitamina C, analizzando i suoi potenziali effetti se utilizzata come integratore alimentare, sui meccanismi coinvolti durante le infezioni virali respiratorie oltre a evidenziare gli effetti di questo prezioso nutriente nel trattamento della sepsi grave e delle condizioni di ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto). L’indagine mette in luce anche l’alto rischio che nelle categorie come obesi, diabetici, cardiopatici, anziani, etc…, l'integrazione con vitamina C potrebbe ridurre i marcatori dell'infiammazione, quindi di conseguenza la suscettibilità all’infezione e l'eventuale sviluppo della malattia stessa. Inoltre, in queste categorie di persone un'integrazione di vitamina C potrebbe modulare l'infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni. Tuttavia, anche se l'impatto di un'assunzione orale maggiore di vitamina C sulla durata del raffreddore e sulla prevenzione o il trattamento della polmonite è ancora in discussione, dall'altra parte appare ormai confermata quella che prima era solo un'ipotesi: l'infusione di vitamina C nel trattamento per COVID-19 sui pazienti ricoverati in ospedale tra cui anziani o con importanti patologie. In sostanza, riassumendo gli studi più rilevanti dalla prevenzione e cura delle comuni patologie respiratorie all'uso della vitamina C in condizioni di malattia critica, con l'obiettivo di chiarirne la potenziale applicazione durante un'infezione acuta da SARS-CoV2, un'integrazione di vitamina C potrebbe modulare l'infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni.
Il comune raffreddore è una delle infezioni virali delle alte vie respiratorie (URTI) più diffuse, caratterizzata da tosse, stanchezza, febbre, mal di gola e dolori muscolari, che persistono per un periodo che va da pochi giorni a non più di 3 settimane. Con "raffreddore comune" si fa generalemente riferimento a una sindrome aspecifica causata da diversi virus, sebbene il rinovirus sia il patogeno coinvolto più frequentemente, essendo presente nel 30-50% dei malati. Le evidenze scientifiche secondo cui un apporto molto elevato di vitamina C potrebbe portare a una minore suscettibilità alle infezioni delle vie respiratorie ha origine dalle teorie di Linus Pauling pubblicate negli anni Settanta. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Il COVID-19 è una nuova forma di polmonite virale riconosciuta a livello mondiale, causata dall'infezione da SARS-CoV2. La sintomatologia spesso inizia entro 2 settimane dal contagio e comprende principalmente febbre, affaticamento, tosse e mancanza di respiro. Le attuali conoscenze suggeriscono che mentre la maggior parte dei soggetti infetti (80% -90%) mostra sintomi lievi o può essere asintomatica, circa il 5% può sviluppare polmonite, ARDS e disfunzione multiorgano che porta alla morte. Premesso questo è indiscutibile che uno stato nutrizionale ottimale riduca efficacemente l'infiammazione e lo stress ossidativo, migliorando la regolazione del sistema immunitario. Inoltre, un'integrazione di vitamina C potrebbe essere efficace per migliorare lo stato di salute dei pazienti considerati ad alto rischio di infezioni virali, ovvero delle categorie già citate.
Ma non è tutto. Infatti, un'integrazione di vitamina C potrebbe modulare l'infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni. Soprattutto in casi particolari. Tra questi, la sepsi, una disfunzione d'organo pericolosa per la vita causata da una ridotta risposta dell'ospite all'infezione, caratterizzata da un drammatico fallimento del sistema circolatorio, metabolico e immunitario e riconosciuta come la causa principale di morte per infezione: i pazienti che sviluppano shock settico possono avere tassi di mortalità fino al 50%. In queste condizioni cliniche la letteratura mostra che alte dosi di vitamina C per infusione endovenosa possono ridurre la produzione di citochine infiammatorie connesse e potenzialmente migliorare i risultati importanti quali la durata del tempo di ventilazione meccanica e mortalità. Ciò è di particolare importanza poiché la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) è una delle condizioni gravi più frequenti registrate nei pazienti COVID-19. L'ARDS è una sindrome grave e, in alcuni casi fatale, caratterizzata da una forte risposta infiammatoria con massiccio danno alveolare e insufficienza multiorgano, che richiede un trattamento in unità di terapia intensiva (ICU). Gli autori dell'indagine hanno poi riportato una percentuale di casi di ARDS di circa il 15% tra i pazienti ospedalizzati con infezione da SARS-CoV2.
La vitamina C è un nutriente essenziale che deve essere assunto attraverso l'alimentazione poiché gli esseri umani non sono in grado di sintetizzarlo. Il nostro corpo, nel corso del tempo, ha così sviluppato un efficace sistema di adattamento che mantiene le riserve organiche di vitamina C e ne previene la carenza dovuta a un basso apporto alimentare. Questi adattamenti includono una maggiore capacità di assorbimento e riciclaggio della vitamina C rispetto ad altre specie animali (ad esempio capre e rettili), che normalmente sono in grado di produrla. Negli esseri umani, al contrario, il muscolo scheletrico rappresenta il principale contenitore di vitamina C. L'omeostasi della vitamina C è finemente regolata da almeno quattro meccanismi: assorbimento intestinale, trasporto ai tessuti, riassorbimento renale ed escrezione di urina, regolati principalmente da una famiglia di proteine denominate trasportatori di vitamina C dipendenti dal sodio (SVCT). Oltre a un'ampia gamma di percorsi biochimici in cui è coinvolta la vitamina C, partecipa anche alla risposta del sistema immunitario innato e adattativo.
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Febbre, tosse, raffreddore e dolori muscolari o articolari. Differenze e analogie confondono milioni di italiani. Tra i temi più discussi con l’arrivo dell’autunno, e di conseguenza dei primi malanni causati dagli sbalzi di temperatura, come riconoscere e distinguere l’influenza stagionale dal Covid. Confuse spesso a causa delle sintomatologie assai simili, secondo uno studio condotto da Assosalute, presentata durante una conferenza online, «il timore più diffuso tra gli italiani è proprio quello di non essere in grado di saperle distinguere prontamente. A sostenerlo, ben il 33% degli intervistati. Seguono poi il timore di non poter ricevere cure adeguate (14,7%), soprattutto tra gli over 65, e la paura di un nuovo isolamento (14%), soprattutto tra i più giovani». Difatti, rispetto agli anni precedenti, l’atteggiamento delle persone rispetto all’influenza è cambiato radicalmente. Tra le principali differenze degne di nota, la perdita di gusto (ageusia) e olfatto (anosmia) tipiche della Sars-CoV2, al contrario dell’influenza. Anche la tosse, in caso di Covid è secca e persistente. Altra differenza va ricondotta ai sintomi iniziali, il coronavirus si manifesta quasi sempre con febbre a cui poi si associano tosse e dolori muscolari. Al contrario, invece, l’influenza inizia quasi sempre con la tosse. Per quanto riguarda le difficoltà respiratorie poi, in caso di Covid evolvono spesso in polmonite, questo perché il patogeno tende a scendere nelle basse vie respiratorie.
«Distinguere la normale influenza da Covid-19 non è così semplice – spiega in un’intervista al Messaggero Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi - Nonostante i due virus siano diversi, i sintomi che caratterizzano l'influenza stagionale e Covid-19 sono molto simili. L’unico modo certo per fare una diagnosi differenziale è quindi quello di eseguire il tampone. È bene ricordare che l’influenza con cui abbiamo a che fare tutti gli anni presenta sempre le medesime caratteristiche: insorgenza brusca di febbre oltre i 38 gradi, presenza di almeno un sintomo sistemico (dolori muscolari/articolari) e di un sintomo respiratorio (tosse, naso che cola, congestione/secrezione nasale, mal di gola). La momentanea perdita (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), la perdita (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia), sono invece tipici del Covid e non legati all’influenza stagionale. Attenzione anche ai bambini: se assistiamo al verificarsi di un unico sintomo respiratorio, è verosimile che siamo di fronte a malanni di stagione, se invece se ne verifica più di uno contemporaneamente, è bene fare ulteriori accertamenti» suggerisce il virologo.
Come già detto, con l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus è cambiato anche l'atteggiamento degli italiani in caso di sintomi influenzali rispetto al passato. Come dimostra la ricerca Assosalute, infatti, «se nel 2019 il 55% degli intervistati dichiarava che il primo comportamento, in caso di febbre, sarebbe stato rimanere a casa, riposare e assumere farmaci da banco, oggi lo conferma soltanto il 37,1%. Aumentano coloro che si rivolgeranno subito al parere del medico di base: il 34,5% rispetto al 12,3% del 2019». Sempre dall'indagine emerge che sono «stabili rispetto all'anno scorso le figure di riferimento in caso di febbre: il 53% degli italiani continuerà a rivolgersi al medico di base, seguito dal 28,4% che invece si affiderà alla propria esperienza, curandosi con gli usuali farmaci di automedicazione, soluzione più diffusa a cui farà ricorso, se necessario, il 60,6% degli italiani; cala invece il numero di coloro che si rivolgeranno al farmacista: sono il 14,6% degli intervistati, rispetto al 23,2% del 2019».
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
In ultimo, la raccomandazione di Pregliasco è quella di non uscire in caso di sintomi ed evitare il contatto con gli altri. Inoltre, il virologo suggerisce anche di evitare gli sbalzi di temperatura, preferire un’alimentazione sana e corretta e rinforzare il sistema immunitario, prima linea di difesa contro i malanni stagionali. Tra le altre cause di influenze e sindromi parainfluenzali, gli ambienti affollati e poco areati che creano le condizioni per la diffusione di virus e batteri. Per cui, il modo migliore per difendersi dagli attacchi degli agenti patogeni è, primo tra tutti, quello di potenziare il nostro sistema di difesa con un’alimentazione sana ed equilibrata insieme al prezioso supporto di integratori alimentari, soprattutto di vitamine e minerali che danno al nostro organismo una marcia in più per combattere gli attacchi esterni. «Un sistema immunitario efficiente — sottolinea Annamaria Colao in uno studio pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition — è importantissimo per difenderci da malattie e virus e passa anche per una nutrizione corretta». La resistenza alle infezioni può essere, quindi, migliorata e facilitata grazie agli antiossidanti, che aiutano il nostro organismo a difendersi dall’attacco dello stress ossidativo. Via libera a tavola, quindi, agli agrumi e a tutti i cibi ricchi di vitamina C, considerata da sempre l’antiraffreddore per eccellenza.
Attenzione poi a non trascurare i fattori che indeboliscono il nostro sistema immunitario. Primo tra tutti, il consumo smodato di alcolici inibisce il sistema immunitario e altera il microbiota intestinale, riduce inoltre le capacità dei globuli bianchi di circondare e distruggere batteri pericolosi. L’eccesso di alcolici, interferisce anche con la produzione di citochine, rendendo più sensibili alle infezioni. Da evitare assolutamente quando è in corso un’infezione virale o batterica che sia. E ancora, l’uso eccessivo di sale riduce le difese immunitarie, e quindi, la possibilità di contrastare le infezioni batteriche. Stesso meccanismo con l’introduzione di zuccheri in quantità elevate.
Un atto d’amore quotidiano. Depurativi, ricchi di minerali e omega 3, un acido grasso polinsaturo che potrebbe aiutare a combattere l'infiammazione e tenere sotto controllo i livelli di colesterolo. I semi di lino (Linum usitatissimum) sono considerati i “semi della salute” per le notevoli proprietà benefiche e protettive. Scopriamo perché sono importanti nella nostra alimentazione. «La ricerca ha anche dimostrato che gli omega 3 possono aiutare a migliorare l'umore e contribuire a migliorare i disturbi dell'umore come la depressione», precisa Brigitte Zeitlin, MPH, RD, CDN. Alleato di corpo, e in particolare intestino, aiuta a contrastare la stitichezza. I semi di lino favoriscono la motilità e la regolarità intestinale, contrastando costipazione e gonfiore. Oltre a favorire la funzione depurativa dell’intestino, infatti, antiossidante. Sono positivi anche per la salute del cuore e della circolazione. Il suggerimento è quello di mangiare i semi di lino. Non interi, poiché l’organismo, al contrario, non sarebbe in grado di assimilare le sostanze. Un’alternativa sicuramente migliore per assumere i semi di lino, è quella di assumerli crudi tritati: farina, olio o integratore. «I semi di lino – continua - sono una buona fonte di proteine che favoriscono il mantenimento in salute di muscoli e ossa e, al contempo, rafforzano la funzione cognitiva aumentando anche le capacità di concentrazione». «Usali per aumentare l'apporto proteico» suggerisce Zeitlin. Inoltre, sono considerati potenti antinfiammatori: «L'infiammazione può portare a malattie cardiache - precisa Zeitlin -, obesità e malattie croniche».
Nell’impasto o sulla crosta tostata. Ancora più buono e salutare. È il turno del pane con la farina di semi di lino. Non solo per il pane, ma anche per le classiche preparazioni lievitate, mescolata con altre farine low carb, o per i dolci come le crostate. Tra le altre proprietà di questa farina, non dimentichiamo che può essere utilizzata anche per preparare impacchi contro i reumatismi, per ridurre tosse e bronchite e per il trattamento di dermatiti, psoriasi e infezioni cutanee. Inoltre, i semi di lino sono una preziosa fonte di fibre, utili per promuovere una migliore salute intestinale. «La fibra solubile può aiutare ad abbassare i livelli di colesterolo LDL (quelli cattivi) nel sangue. Può anche ridurre la velocità di assorbimento degli alimenti, il che aiuta con la sazietà e il controllo della glicemia» evidenzia Daniela Novotny, RD. Ecco alcuni altri benefici per la salute del consumo di più fibre. Oltre alla fibra solubile, quella insolubile che «aiuta ad aggiungere volume alle feci, il che facilita il movimento all’interno del sistema gastrointestinale» spiega l’esperta. Quindi anche un valido alleato «per le persone che soffrono di costipazione». Notevole anche la sua azione anti rughe e anti acne. «I semi di lino sono ricchi di lignani – sottolinea Zeitlin -, un tipo di antiossidanti che possono aiutare a combattere le malattie croniche ed i segni prematuri dell'invecchiamento come rughe sulla pelle» e in grado di bloccare lo sviluppo delle cellule tumorali. Importanti anche nella prevenzione di malattie cardiache: «Gli acidi grassi omega 3 possono aiutare a ridurre la pressione sanguigna, nonché a migliorare i livelli di colesterolo, valido supporto nel contrasto alle malattie cardiache» spiega Novotny.
Ricchi di minerali, proprietà emollienti e protettive questo super food è un vero e proprio toccasana per l’intestino e la digestione oltre ad essere un depurativo per l’organismo. L'alto contenuto di proteine e grassi insaturi, in particolare omega 3 rendono questo alimento importante per la nostra salute. Aiutano il cuore e rinforzano il sistema immunitario. Sono, inoltre, fonte di minerali e vitamine tra cui fosforo, rame, magnesio e manganese, oltre a vitamine del gruppo B, vitamina C, E, K e vitamina F che aiuta la formazione delle membrane cellulari, combatte l'invecchiamento, le infezioni e aiuta ad abbassare il colesterolo cattivo nel sangue. I semi di lino aiutano, quindi, a proteggerci da infiammazioni interne, come la cistite, o esterne, che interessano soprattutto l’epidermide. La presenza di lecitina poi, assicura il buon funzionamento del cervello e del sistema nervoso. Inoltre, le proprietà emollienti e protettive del loro derivato vengono impiegate soprattutto in cosmesi per bellezza e salute di pelle e capelli. Ma quello che non tutti sanno è che, questi semi, facilitano la perdita di peso: aiutano a bruciare i grassi convertendoli in energia. Insomma, l’alimento ideale da inserire in una dieta poiché, contribuisce anche a prolungare il senso di sazietà.
Ecco perchè gli "Omega 6" sono un pericolo per la nostra salute
«I semi di lino contengono acidi grassi monoinsaturi come l’acido oleico, e grassi saturi come l’acido stearico e palmitico, mucillagini emollienti, proteine, sali minerali e lignani che sono un genere di polifenoli antiossidanti capaci di contrastare funghi e batteri e, secondo gli studi fitologici, di esercitare un effetto preventivo contro le patologie correlate allo stile alimentare come il diabete di tipo II» spiega il biologo Christian Orlando. «Gli acidi grassi dei semi di lino – prosegue l’esperto - hanno una potente azione antinfiammatoria e immunostimolante e intervengono nella formazione delle membrane cellulari, rinforzandole e contrastando i processi infettivi e degenerativi e l’invecchiamento dei tessuti. Per questo è consigliato spesso come coadiuvante in tutte le patologie croniche, come le artriti, l'asma e le emicranie ricorrenti». «Sono la fonte vegetale più ricca di omega 3 – evidenzia Orlando -, esercitano un benefico effetto sul sistema cardiovascolare perché promuovono l'espulsione del colesterolo LDL, favorendo la sintesi del colesterolo buono HDL, regolarizzando il battito cardiaco e prevenendo l’insorgere di malattie cardio-vascolari. Inoltre aiutano a smaltire i trigliceridi, mantenendo le arterie pulite e regolando la pressione sanguigna».
Il biologo mette poi in evidenza un altro aspetto. «L'effetto anti-degenerativo dei semi di lino si estende anche al cervello e al sistema nervoso: oltre a proteggere le arterie cerebrali dalla sclerosi, contengono vitamine del gruppo B, vitamina C ed E, sali minerali come magnesio, calcio, potassio, zinco, ferro, manganese, rame, fosforo e selenio e acidi grassi essenziali come la fosfatidilcolina - un componente delle membrane cellulari - che aiutano a proteggere le cellule cerebrali dalle malattie neurodegenerative, migliorando anche le prestazioni cognitive». E ancora, tra le altre proprietà di questi semi preziosi, sottolinea «l'azione antinfiammatoria e lenitiva dell'olio di semi di lino è un molto utile per le mucose dello stomaco, che sfiamma e protegge dal rischio di gastriti e ulcere. Inoltre contiene mucillagini dolcemente lassative che regolano le funzioni intestinali, liberando l'organismo dalle scorie e contrastando disturbi come la stipsi e il colon irritabile, con un effetto emolliente e preventivo contro le intolleranze alimentari di origine tossica o infiammatoria». «L'olio di semi di lino regola le mestruazioni e contribuisce a contrastare sia i disturbi menopausali che i sintomi della sindrome dell'ovaio policistico, come l'aumento di peso, le irregolarità mestruali, l'infertilità, l'acne e la proliferazione di peli (irsutismo)» conclude l’esperto.
OMEGA 3, ecco perchè è importante integrarli per la nostra salute
Combattono il diabete, aiutando a tenere sotto controllo anche i livelli di colesterolo e trigliceridi, e sono utili contro l'ipertensione. Contribuiscono, inoltre, a ridurre i fastidi causati dalla menopausa. E ancora le loro proprietà rimineralizzanti che lo rendono, insieme alla presenza di vitamina K, un alimento ideale per prevenire l'osteoporosi. Fonte per antonomasia di omega 3, stimolano e rinforzano il sistema immunitario, prevenendo anche le intolleranze, grazie agli acidi grassi omega 3 e omega 6. Inoltre, questi semi, prevengono la formazione di placche nelle arterie riducendo il rischio di malattie dell'apparato cardiocircolatorio e stabilizzano i battiti cardiaci limitando le probabilità di infarto. Dunque, tirando le somme, i semi di lino sono importanti contro la stipsi, per la loro azione anti rughe e anti acne, per curare tosse, bronchite e raffreddore, per alleviare dolori mestruali e sintomi della menopausa, per curare le infiammazioni dei tessuti, per combattere il diabete e l’ipertensione, per rinforzare il sistema immunitario, per abbassare il colesterolo, per favorire la digestione, per la pulizia del colon, per la salute di cuore e capelli.
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