Ci rende felici ed è un prezioso concentrato di sali minerali. Fresca, gustosa e dissetante. La bevanda dell’estate è una miniera di proprietà benefiche. Infatti, la birra viene da tempo associata per antonomasia al relax e al buonumore. Da soli o in compagnia, a casa o al mare, come premio alla fatica sostenuta o nelle serate spensierate con gli amici. Per un boccale della bionda schiumosa più amata di sempre ogni occasione è quella giusta. Adesso la scienza la annovera tra gli alleati del buonumore. Secondo uno studio condotto dall’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga pubblicato su Scientific Reports, l’ordenina, una sostanza presente nell’orzo maltato, attiverebbe il recettore della dopamina D2 esclusivamente attraverso le proteine G, stimolando più a lungo il centro di ricompensa del cervello. Ma le scoperte non finiscono qui: alcuni ricercatori dell’Università di Oxford hanno individuato nella birra degli effetti positivi sul piano delle interazioni sociali e, di conseguenza, hanno sottolineato il ruolo fondamentale di locali ad hoc. A confermarlo un’indagine pubblicata su Cbs News, dalla quale risulta che un consumo, seppur moderato, di alcol renda le persone più socievoli, empatiche e disinibite, permettendo loro di individuare volti altrettanto allegri nel mare magnum di persone intorno più velocemente.
«Un moderato consumo della birra può dare notevoli benefici alla nostra salute» suggerisce Christian Orlando, biologo e nutrizionista. Simbolo per eccellenza di familiarità e condivisione, un posto e un momento, felice da ritagliarsi nel caos della quotidianità. «La birra – spiega in un’intervista a Gazzetta Active Ivan Magnus Tagliavia, direttore marketing di Doppio Malto – è da sempre sinonimo di convivialità e ha un grande potere evocativo: ridere insieme dei vecchi aneddoti in attesa di crearne di nuovi è un bel modo per celebrare la giornata dedicata alla felicità». Insomma, contrariamente al pensiero comune, la birra potrebbe avere una lunga serie di benefici per la nostra salute. Secondo alcuni studi pubblicati su Nbc News, il mix di vitamina B, fosforo, acido folico, niacina, proteine, fibre e silicio in essa contenuto può aiutare a impedire la formazione di batteri sui denti, avere un impatto positivo sui livelli di colesterolo e prevenire il rischio di diabete, attacchi di cuore, Alzheimer e osteoporosi. Oltre a essere un ottimo integratore di sali minerali dopo l’attività fisica. Anche il medico della Nazionale italiana di calcio e consigliere della Società italiana nutrizione sport e benessere Luca Gatteschi, in un’intervista aveva spiegato che «lontano dallo sforzo ha effetti positivi e grazie alla minore quantità di zuccheri, al maggior contributo di magnesio, fosforo, calcio e complesso B, se limitata a una piccola quantità, la birra è anche più valida di un qualsiasi altro integratore energetico perché più completo».
Secondo Eric Rimm, ricercatore di Harvard, - spiega Orlando - può ridurre il rischio di attacco cardiaco del 30% e incrementare il colesterolo buono. Uno studio condotto in Finlandia ha indicato che la birra ha un impatto negativo inferiore sui reni rispetto alle altre bevande alcoliche. Consumare birra può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare calcoli ai reni fino al 40%. Bisogna comunque sempre fare attenzione a non bere alcolici in eccesso e a seguire una dieta sana e bilanciata. Uno studio pubblicato nel 2009 sulla rivista scientifica Diabetes Care ha rivelato che bere alcol con moderazione può contribuire nella prevenzione del diabete di tipo 2 sia negli uomini che nelle donne. Uno studio condotto di recente dall’Università di Cambridge ha rivelato che la birra sarebbe una fonte di acido ortosilicico, che incoraggia lo sviluppo delle ossa. Secondo uno studio condotto dall’Università di Harokopio, in Grecia, bere birra può fare bene al cuore e contribuire a migliorare la circolazione del sangue, in particolar modo rendendo più flessibili le arterie. Secondo i ricercatori greci, i benefici della birra sulla salute del cuore e sulla circolazione sarebbero da ricercare nel suo contenuto di antiossidanti. La birra contiene vitamine. È considerata una fonte di vitamina del gruppo B, in particolare di vitamina B6 e di vitamina B9, che sono importanti per proteggere il nostro organismo dalle malattie cardiovascolari. Un moderato consumo di birra, secondo uno studio olandese, può aiutare ad incrementare il contenuto di vitamina B6 nel sangue. Uno studio condotto di recente in Spagna suggerisce che il silicio contenuto nella birra potrebbe contribuire a proteggersi dagli eventuali effetti deterioranti dell’alluminio sul cervello, che da ricerche precedenti era stato correlato al rischio di Alzheimer. Gli esperti dell’Università di Alcala ricordano comunque che il consumo di bevande alcoliche deve essere mantenuto entro certi limiti, che possono variare a seconda del sesso e dell’età. Bere un bicchiere di birra prima di andare a dormire potrebbe essere d’aiuto a chi soffre di insonnia. La birra tende a generare torpore. Viene dunque indicata a chi fatica a prendere sonno come rimedio per cercare di contrastare l’insonnia. L’alcol contenuto nella birra svolgerebbe una blanda azione sedativa, mentre l’effetto soporifero della birra sarebbe dovuto al luppolo La birra può essere d’aiuto per chi soffre di ansia e stress? Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Montreal, in Canada, bere 2 bicchieri di birra al giorno può rappresentare un antidoto utile per ridurre l’ansia e lo stress, soprattutto se sono legati alla propria situazione lavorativa. Anche in questo caso, però, è importante non cadere vittime del consumo eccessivo di bevande alcoliche.
I suoi innumerevoli benefeci passano anche per la salute della pelle. Come alleata nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nella battaglia contro l’insonnia, ma anche per la bellezza di pelle, capelli e denti. Previene le malattie cardiovascolari: grazie alla concentrazione di potassio e di vitamine del gruppo B (soprattutto la B6) che neutralizzano gli effetti negativi dell’omocisteina, aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari. Inoltre, la birra, aumenta il livello di colesterolo HDL nel sangue, ossia il grasso buono, ovvero quello che riduce il rischio di malattie coronariche. Favorisce il buon riposo: nessun potere soporifero. La birra concilia il sonno grazie alla presenza di alcune sostanze: l’acido nicotinico e la lattoflavina, responsabili rispettivamente dell’effetto di torpore benefico che qualche birretta in più spesso apporta. Toccasana per le ossa: la presenza di flavonoidi stimola l'aumento della calcitonina, l’ormone che previene l’indebolimento delle ossa. Dunque si conferma un alleato nella prevenzione dell’osteoporosi, questo anche grazie al contenuto di silicio( una molecola organica fondamentale per la densità minerale dell’osso).
Un moderato consumo di birra può - dicono gli studiosi - aiutare a combattere l'osteoporosi, la malattia del sistema scheletrico sistemica dell'apparato scheletrico caratterizzata da una bassa densità minerale ossea e da un deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo. Un valore questo che fa diventare la bevanda - affermano i ricercatori - una delle principali fonti del minerale nelle diete occidentali. Per quanto riguarda il malto - spiegano i ricercatori - che nella buccia dell'orzo risiede la maggiore concentrazione del minerale, parte che non viene influenzata nel corso della germinazione del cereale. E inoltre le analisi effettuate sul luppolo hanno rilevato livelli di silicio quattro volte superiori rispetto a quelli del malto. La birra contiene alti livelli di malto d'orzo e di luppolo che sono le più ricche fonti di silicio - commenta Charles Bamforth, autore principale dello studio - il grano contiene meno silicio rispetto all'orzo, perché è l'involucro dell'orzo ad essere ricco di questo elemento.
Utili agli sportivi: tra le notevoli capacità anche quella di reintegrare i sali minerali persi durante lo sforzo o in caso di eccessiva sudorazione. Elisir di giovinezza: “Mens sana ma anche in corpore”. Mantiene giovani nel corpo e nello spirito! Contiene due potenti anti age come malto e luppolo che la rendono una fonte importante di antiossidanti e, tra i nemici dei radicali liberi e di tutti quei processi che causano l’invecchiamento. Effetto drenante: favorisce la diuresi in presenza di magnesio e potassio poiché una un basso contenuto di sodio favorisce il normale funzionamento dei reni e previene persino la formazione di calcoli. Ricca di fibre: prodotta dall’orzo, sostanza ricchissima di fibre solubili, la birra ne mantiene l’alto tasso fibroso. Le fibre poi, sono fondamentali per il regolare funzionamento dell’intestino, il prolungato senso di sazietà e per la normale regolazione della glicemia. Tonico per pelle e capelli: nella vasca da bagno o da tamponare sul viso. Grazie al lievito il risultato sarà pelle morbida e idratata. Oppure come soluzione a base di acqua e birra da passare sui capelli prima dello shampoo e il risultato è garantito: una chioma morbida, setosa, voluminosi e brillanti.
E per mantenere la linea, precisa in un’intervista a Vanity Fair il dottor Daniele Basta, biologo nutrizionista:
La birra contiene acqua, vitamine del gruppo B, tracce di minerali come calcio, ferro, magnesio, fosforo, potassio, manganese e selenio, preziosi per l’organismo. Inoltre, è fonte di antiossidanti, in particolare di polifenoli. Per queste caratteristiche, come dimostrano diversi studi, un consumo moderato di questa bevanda è associato per esempio a un ridotto rischio cardiovascolare. Consigliabile abbinarla a alimenti ipocalorici come un secondo di carne o di pesce accompagnati da un contorno di verdure miste» suggerisce l’esperto nell’intervista. - Secondo diverse evidenze scientifiche un consumo lieve-moderato di birra può avere effetti benefici nei confronti della salute cardiovascolare. Il merito è della presenza di polifenoli che, come dimostrano diversi studi, hanno un’azione antinfiammatoria e antiossidante - precisa il nutrizionista. Inoltre, aiuta nel contrasto all’invecchiamento - Grazie alla presenza di composti antiossidanti, la birra consumata in quantità moderate, può contribuire a combattere lo stress ossidativo alla base dell’invecchiamento contrastando l’azione dannosa dei radicali liberi.
Promossa anche dai medici italiani, considerata genuina per 9 su 10. Che fa bene è vero, ma ricordiamo che non tutte le birre sono uguali. Difatti, quella buona e salutare è rigorosamente artigianale, biologica e low carb. Una bionda tutta da gustare, ancora meglio se non pastorizzata, priva di carboidrati e senza glutine. La birra non pastorizzata poi ha i maggiori vantaggi per la salute perché contiene grandi quantità di Vitamina B12 fondamentale per il sistema nervoso. Nata per caso, o meglio per errore dalla distrazione di una donna che dimenticò una ciotola di cereali fuori casa, quei semi, complice un temporale, si bagnarono al punto tale da trasformarsi nella prima versione di birra della storia. Prodotta intorno al 3500-3100 a.C. tra Egitto e Mesopotamia. Con i sumeri poi, nascono i primi birrai, professionisti del settore retribuiti, seppur in parte, con la birra stessa. La prima legge a regolamentarne la produzione, fu indubbiamente il codice Hammurabi (1728-1686 a. C.) che prevedeva la condanna a morte per chi non ne rispettava i criteri di produzione. La birra poi, assumeva anche una connotazione religiosa e veniva consumata durante le cerimonie funebri in onore del defunto. Inoltre, i sui notevoli benefici non finiscono qui. Secondo un’’indagine condotta dall’IRCCS MultiMedica di Milano, dall’Università di Pisa e dall’Università dell’Insubria di Varese lo xantumolo, un molecola contenuta nel luppolo della birra sarebbe in grado di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, affamandole: ossia bloccando il meccanismo attraverso cui tali cellule si procurano l’ossigeno di cui hanno bisogno per diffondersi nell’organismo. In realtà i ricercatori si sono soffermati su due derivati dello xantumolo, i quali esplicherebbero, nello specifico, un’azione anti-angiogenica ancora più efficace rispetto al principio naturale.
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Per approfondimenti:
Gazzetta Active "Birra, quante proprietà! Rende felici, è un ottimo integratore di sali minerali e…"
Grazia "Bere birra fa bene alla salute (e fa anche diventare più belli)"
AGI "Con alcune birre beviamo anche il glifosato?"
Il Giornale "Una birra al giorno protegge dal diabete"
Today "I benefici della birra: 10 motivi per consumarla"
Libero Quotidiano "La birra previene l'osteoporosi"
Il Giornale "Birra, vino e cioccolato fanno vivere più a lungo"
ADNkronos "Birra: è provato, un litro al dì fa campare 100 anni"
Il Giornale "La birra: un potente antitumorale"
Libero Quotidiano "Bere birra fa bene alla salute. I sei motivi per farsi una bionda"
LEGGI ANCHE: Non tutte le "bionde" sono uguali. L'altra faccia della birra, quella salutare
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“Gli uomini preferiscono le bionde” capolavoro cinematografico e preludio di un amore millenario. Segni particolari: artigianale, biologica e low carb. Non tutte le birre sono uguali, ma soprattutto non tutte fanno bene alla nostra salute. Dalle grigliate alle feste popolari. Una scelta che dilaga anche tra le donne e valida alternativa al buon vino. Tra le bevande alcoliche più antiche e più amate al mondo. Anche se ne rivendicavano la paternità egizi e sumeri, la leggenda narra una storia tutta femminile. Nata per errore dalla distrazione di una donna che dimenticò una ciotola di cereali fuori casa, quei semi, complice un temporale, si bagnarono al punto tale da trasformarsi nella prima versione di birra della storia. Prodotta intorno al 3500-3100 a.C. tra Egitto e Mesopotamia. Con i sumeri poi, nascono i primi birrai, professionisti del settore retribuiti, seppur in parte, con la birra stessa. La prima legge a regolamentarne la produzione, fu indubbiamente il codice Hammurabi (1728-1686 a. C.) che prevedeva la condanna a morte per chi non ne rispettava i criteri di produzione. La birra poi, assumeva anche una connotazione religiosa e veniva consumata durante le cerimonie funebri in onore del defunto. Una delizia da gustare, ancora meglio se biologica, non pastorizzata, priva di carboidrati e senza glutine. Insomma, una bevanda buona e rinfrescante che se assunta con moderazione fa bene alla salute. Promossa anche dai medici italiani, considerata genuina per 9 su 10. Sali minerali, antiossidanti e vitamine sono le proprietà apprezzate. Il consumo eccessivo della birra industriale e di scarsa qualità che non rispetta precisi criteri di produzione potrebbe alterare il microbiota intestinale, infatti «La quantità eccessiva di zucchero, alcol e funghi capaci di alterare la nostra flora batterica la rendono un alimento poco salutare» spiega Adriano Panzironi. Tuttavia, se il malto è inserito nel mosto attraverso la fermentazione, trasformandosi poi in alcol, il problema è solo la qualità (e ovviamente, anche la quantità) oltre naturalmente al processo produttivo e agli ingredienti utilizzati. I cereali se, in piccole quantità e miscelati con altri elementi non sono nocivi perché in realtà, il carico glicemico che ne deriva non è dannoso per il nostro organismo.
Dalle proprietà digestive a quelle antiossidanti. Tra le numerose proprietà benefiche per l’organismo, secondo una ricerca italiana, va aggiunta anche la capacità di contrastare l’angiogenesi, ossia il meccanismo alla base della proliferazione dei tumori. L’indagine condotta dall’IRCCS MultiMedica di Milano, dall’Università di Pisa e dall’Università dell’Insubria di Varese si è focalizzata sullo xantumolo, molecola contenuta nel luppolo della birra che parrebbe in grado di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, affamandole: ossia bloccando il meccanismo attraverso cui tali cellule si procurano l’ossigeno di cui hanno bisogno per diffondersi nell’organismo. In realtà i ricercatori si sono soffermati su due derivati dello xantumolo, i quali esplicherebbero un’azione anti-angiogenica ancora più efficace rispetto al principio naturale. Tra gli alimenti OGM Free, riduce del 24,7% il rischio di malattie coronariche e del 17% gli incidenti cardiovascolari. Le buone notizie per gli amanti del luppolo arrivano da uno studio svolto dal Department of Food Science and Technology presso l'Università della California, secondo i ricercatori la birra servirebbe a prevenire l'osteoporosi. Lo studio ha evidenziato che la birra è una ricca fonte di silicio organico, un ingrediente fondamentale per aumentare la densità minerale ossea. Un moderato consumo di birra può aiutare a combattere l'osteoporosi. Attenzione poi all’intruso. Ebbene sì, in alcune birre c’è un ingrediente non gradito: il glifosato, un pesticida comunissimo associato al cancro. È ciò che emerge da uno studio condotto dallaUS Public Interest Research Group secondo cui il 95% delle bottiglie esaminate è risultato positivo. Il glifosato è tra gli ingredienti principali contenuti nei diserbanti. E poi che chi beve birra campa cent’anni lo dice la scienza. A conferma della teoria, i risultati di una ricerca europea condotta dall'Istituto nazionale della Nutrizione insieme all'Istituto di Medicina interna dell'Università Cattolica di Roma e all'Istituto di industrie agrarie dell'università di Perugia, sugli effetti della somministrazione di birra nei topi e presentati al Cnr di Roma. «La birra come prodotto vegetale contiene micronutrienti, molecole antiossidanti in piccola quantità, ma molto potenti dal punto di vista fisiologico, medico, biochimico, nel neutralizzare i famosi radicali liberi, rallentando così gli effetti dell'invecchiamento» sottolinea il professor Giuseppe Rotilio presidente dell'Istituto nazionale della nutrizione. E per mantenere la linea, precisa in un’intervista a Vanity Fair il dottor Daniele Basta, biologo nutrizionista:
L'analisi svolta ha infatti evidenziato che sia il luppolo che il malto, i due principali ingredienti da cui si produce la birra, contengono alti livelli di silicio. Il silicio organico è presente nella birra in forma solubile di acido orto silicico, con un tenore medio di 6,4-56,5 mg per litro.
L’obiettivo dello studio, pubblicato sullo European Journal of Medicinal Chemistry e durato quattro anni, era invece quello di sperimentare sostanze analoghe allo xantumolo, che potessero essere utilizzate come chemiopreventivi efficaci, alternativi e a basso costo. Negli esami effettuati è stata evidenziata una capacità di riduzione dell’angiogenesi, da parte delle nuove sostanza sperimentate, addirittura dell’80%. I ricercatori sostengono che i derivati neo-sintetizzati analizzati sono risultati particolarmente efficaci nell’interferire con funzioni chiave della cellula endoteliale (lo scheletro che costituisce i vasi sanguigni tumorali) quali: la proliferazione, l’adesione, la migrazione, l’invasione e la formazione di strutture simil-capillari. Ecco tanti buoni motivi per “farsi una bionda”. In primis per l'elevato contenuto di vitamine e sali minerali (un bicchiere di birra contiene fosforo, iodio, magnesio, potassio e calcio) e il suo consumo, quindi, aiuta a proteggere la densità minerale delle ossa. La birra non pastorizzata poi ha i maggiori vantaggi per la salute perché contiene grandi quantità di Vitamina B12 fondamentale per il sistema nervoso. Altro ingrediente prezioso, gli antiossidanti naturali. Utile, come dimostrano numerose ricerche, nella prevenzione di malattie come il diabete e l'Alzheimer, patologia associata ad alti livelli di allumino che il silicio contenuto nella birra potrebbe compensare. Inoltre, fa bene al cuore perché migliora la flessibilità delle arterie. Amica delle donne, grazie ai fitoestrogeni del luppolo aiuta a ridurre i sintomi della menopausa come le vampate di calore e l'abbassamento della libido. Inoltre, riequilibra gli ormoni in caso di sindrome da ovaio policistico, endometriosi e perimenopausa. Importante per mantenere l'idratazione, grazie alle sue caratteristiche che la rendono una bevanda per reintegrare i liquidi e i sali minerali persi durante lo sforzo fisico: aminoacidi, minerali, vitamine del gruppo B e antiossidanti.
«Un moderato consumo della birra può dare notevoli benefici alla nostra salute» suggerisce Christian Orlando, biologo e nutrizionista:
Secondo Eric Rimm, ricercatore di Harvard, può ridurre il rischio di attacco cardiaco del 30% e incrementare il colesterolo buono. Uno studio condotto in Finlandia ha indicato che la birra ha un impatto negativo inferiore sui reni rispetto alle altre bevande alcoliche. Consumare birra può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare calcoli ai reni fino al 40%. Bisogna comunque sempre fare attenzione a non bere alcolici in eccesso e a seguire una dieta sana e bilanciata. Uno studio pubblicato nel 2009 sulla rivista scientifica Diabetes Care ha rivelato che bere alcol con moderazione può contribuire nella prevenzione del diabete di tipo 2 sia negli uomini che nelle donne. Uno studio condotto di recente dall’Università di Cambridge ha rivelato che la birra sarebbe una fonte di acido ortosilicico, che incoraggia lo sviluppo delle ossa. Secondo uno studio condotto dall’Università di Harokopio, in Grecia, bere birra può fare bene al cuore e contribuire a migliorare la circolazione del sangue, in particolar modo rendendo più flessibili le arterie. Secondo i ricercatori greci, i benefici della birra sulla salute del cuore e sulla circolazione sarebbero da ricercare nel suo contenuto di antiossidanti. La birra contiene vitamine. È considerata una fonte di vitamina del gruppo B, in particolare di vitamina B6 e di vitamina B9, che sono importanti per proteggere il nostro organismo dalle malattie cardiovascolari. Un moderato consumo di birra, secondo uno studio olandese, può aiutare ad incrementare il contenuto di vitamina B6 nel sangue. Uno studio condotto di recente in Spagna suggerisce che il silicio contenuto nella birra potrebbe contribuire a proteggersi dagli eventuali effetti deterioranti dell’alluminio sul cervello, che da ricerche precedenti era stato correlato al rischio di Alzheimer. Gli esperti dell’Università di Alcala ricordano comunque che il consumo di bevande alcoliche deve essere mantenuto entro certi limiti, che possono variare a seconda del sesso e dell’età. Bere un bicchiere di birra prima di andare a dormire potrebbe essere d’aiuto a chi soffre di insonnia. La birra tende a generare torpore. Viene dunque indicata a chi fatica a prendere sonno come rimedio per cercare di contrastare l’insonnia. L’alcol contenuto nella birra svolgerebbe una blanda azione sedativa, mentre l’effetto soporifero della birra sarebbe dovuto al luppolo La birra può essere d’aiuto per chi soffre di ansia e stress? Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Montreal, in Canada, bere 2 bicchieri di birra al giorno può rappresentare un antidoto utile per ridurre l’ansia e lo stress, soprattutto se sono legati alla propria situazione lavorativa. Anche in questo caso, però, è importante non cadere vittime del consumo eccessivo di bevande alcoliche.
Inoltre riduce la formazione di sostanze nocive (idrocarburi policiclici aromatici) previa cottura alla griglia di carne o pesce, come già detto è utile a prevenire l’osteoporosi, (fonte di silicio, molecola organica fondamentale per la densità minerale dell’osso), dopo l’attività fisica aiuta a reintegrare i liquidi e i sali minerali persi durante lo sforzo, riduce il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson, previene la formazione dei calcoli renali e favorisce la diuresi per la presenza di magnesio e potassio e, grazie al ridotto contenuto di sodio, facilita il normale funzionamento dei reni. Migliorare il metabolismo della glicemia e tiene a bada il diabete. È quanto dimostra un recente studio, presentato all'incontro annuale dell'Associazione Europea per lo Studio del Diabete a Barcellona, che ha messo in relazione il consumo di birra (ma anche di vino) con il diabete. Difatti, bere una birra (o un bicchiere di vino) al giorno può proteggere dal diabete e, in particolare da quello di tipo 2. Dove i soggetti che ne soffrono hanno una ridotta capacità di scomporre il glucosio, con conseguente alterazione dei livelli di glicemia, resistenza all'insulina e un aumento del peso. I ricercatori della Southeast University hanno osservato come una quantità moderata di alcol possa migliorare la regolazione della glicemia. Senza trascurare però i pericolosi cambiamenti nei livelli di zucchero nel sangue causati dal consumo frequente di alcolici causa, peraltro di obesità, fattore importante per l'insorgenza del diabete di tipo 2. Altro dato importante riscontrato nel corso dell’indagine riguarda il collegamento tra consumo di alcolici e livelli più bassi di trigliceridi. Raccomanda in un'intervista a Today la dottoressa Daniela Vitiello:
«Prima di tutto c’è differenza di composizione soprattutto in base al tipo di cereale usato per la produzione della birra. Ogni cereale ha proprietà specifiche. Le birre industriali, a differenza di quelle artigianali, sono sempre filtrate, pastorizzate e addizionate di additivi. Nonostante così si migliori la conservazione, la fermentazione viene bloccata, privando la birra della sua peculiarità. Inoltre parte delle vitamine e dei minerali vengono perse durante la pastorizzazione, poiché sono sensibili al trattamento termico. Quindi direi che le migliori sono decisamente quelle artigianali».
Quando il consumo moderato si trasforma nell’elisir di lunga vita. Altra scoperta interessante è quella fatta da un team di scienziati dell'Università di Scienze della Vita di Varsavia secondo i quali l'assunzione moderata di birra (insieme a vino e cioccolato) potrebbe aiutare a vivere più a lungo. «[…] la birra è ricca di antiossidanti. L'aderenza a una dieta con un alto potenziale antinfiammatorio può ridurre la mortalità per tutte le cause, cardiovascolare e tumorale, e prolungare il tempo di sopravvivenza. La nostra analisi della dose-risposta ha mostrato che anche l'adesione parziale alla dieta antinfiammatoria può fornire un beneficio per la salute» spiega a Il Giornale la professoressa Joanna Kaluza dell'Università di Scienze della Vita di Varsavia (WULS), autrice della ricerca. La raccomandazione è quella di scegliere birre artigianali di alta qualità, meglio se provenienti da produzione biologica, non pastorizzate, a ridotto contenuto di carboidrati e di additivi, per godere dei benefici senza avere brutte soprese sulla salute.
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Oltre 463 milioni di persone (1 su 11) convivono con il diabete. 3 milioni solo in Italia, ma un milione e mezzo non sa di averlo! E le previsioni non sono per niente ottimistiche. Si prevedono, infatti, che il numero di persone affette da questa patologia aumenterà, entro i prossimi dieci anni, a 578 milioni. Ancora oggi, un adulto su due rimane non diagnosticato. Nel 2019, il diabete è stato la causa di 4,2 milioni di morti. Senza tralasciare le conseguenze. Infatti, le lesioni cutanee, portatrici di infezioni anche croniche, possono aggravarsi fino a determinare l'amputazione dell'arto (1 su 5 in Italia). «È importante il ruolo di questa giornata nella sensibilizzazione sul diabete, una patologia in crescita che richiede nuovi approcci terapeutici» commenta all’Adnkronos Giuseppe Seghi Recli, Presidente di Molteni. Inoltre «La comparsa di ulcere da piede diabetico è spia di una condizione clinica particolarmente grave che richiede un inquadramento completo e la definizione di uno specifico percorso di cura» aggiunge nell'intervista all'Adskronos il professor Luigi Uccioli, Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma.
DIABETE: lo stile di vita sostiene prevenzione e remissione
Al via con il World Diabetes Day, #WDD2020! La Giornata mondiale del diabete (WDD) viene istituita nel 1991 dalla federazione internazionale del diabete con lo scopo (IDF) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in risposta alla crescente sfida alla salute posta dal diabete. La Giornata Mondiale del Diabete è diventata la Giornata ufficiale delle nazioni Unite con l’approvazione della risoluzione 61/225. Si celebra il 14 novembre di ogni anno, in occasione del compleanno di Sir Frederick Banting che ha scoperto l’insulina insieme a Charles Best nel 1922. La campagna di sensibilizzazione richiama l’attenzione su questioni di fondamentale importanza. Il diabete di tipo 2 è la forma più diffusa, riguarda oltre il 90% dei casi, ed è una patologia cronica caratterizzata da un eccesso di zuccheri nel sangue, iperglicemia, che può causare frequenti complicanze cardiovascolari e renali, precoci e spesso fatali, come lo scompenso cardiaco e l’insufficienza renale. «Il progetto nasce proprio dall’esigenza di rispondere ad un bisogno importante di conoscenza di molti soggetti affetti da diabete di tipo 2 – spiega all’Adnkronos Agostino Consoli, presidente eletto della Sid –. Molte persone con diabete non sono fino in fondo consapevoli della gravità di questa malattia». La campagna di comunicazione si fa portavoce di un messaggio educativo estremamente importante: «il diabete – precisa Consoli - è una malattia cronica ed è fondamentale che i pazienti si prendano a cuore la propria patologia».
Parola chiave: prevenzione! Una soluzione che si è trasformata in un problema in era Covid, con gli ospedali saturi e le terapie intensive al collasso. Da qui l’importanza di prevenire questa patologia per evitare le eventuali complicanze. Oggi più che mai, soprattutto in piena emergenza sanitaria. Infatti, lo scompenso cardiaco è una delle complicanze più precoci nei soggetti con diabete di tipo 2 e tra le prime cause di ospedalizzazione nel nostro Paese, associata purtroppo a un elevato rischio di mortalità a 5 anni dalla diagnosi. Inoltre, circa il 40% dei pazienti diabetici sviluppa nefropatia che quando si manifesta è spesso in una fase troppo avanzata per poter intervenire. «Queste complicanze impattano notevolmente sulla qualità di vita dei pazienti – evidenzia in un’intervista all’Aknkronos Paolo Di Bartolo, presidente Amd – e la prevenzione rappresenta uno strumento fondamentale per contrastarle. La sfida di oggi, infatti, non è la cura della malattia conclamata, ma una sua corretta gestione per prevenire tempestivamente le complicanze nei numerosissimi pazienti che presentano almeno un fattore di rischio, come l’ipertensione, l’abitudine al fumo o dislipidemia. Il controllo medico diventa quindi parte integrante della terapia e la collaborazione dei pazienti diabetici nel richiedere una consulenza costante risulta importantissima».
DIABETE: ecco come mangiare per stare meglio
Un tema delicato quello del diabete, ma soprattutto una malattia da non trascurare. «Il diabete di tipo 2 è una patologia metabolica caratterizzata da glicemia elevata in un contesto di insulino-resistenza ed insulino-deficienza relativa e rappresenta circa il 90% dei casi di diabete. Questo viene inizialmente trattato con l’aumento dell’esercizio fisico e con modifiche nella dieta» spiega Christian Orlando, biologo e nutrizionista. «Fino a un secolo fa – continua l’esperto - l’alimentazione con un ridotto contenuto di carboidrati (massimo 20/25 gr al giorno) rappresentava uno standard per la cura del diabete tipo 1 e tipo 2, in quanto la restrizione di carboidrati produce spesso un rapido e notevole miglioramento clinico. Poi, la scoperta dell’insulina nel 1920 ha permesso il controllo dell’iperglicemia in persone diabetiche consentendo ai pazienti di mangiare una quantità maggiore di carboidrati senza però considerare gli effetti collaterali dovuti alla notevole quantità di insulina somministrata». Il biologo cita anche una relazione dell’ADA ( American Diabetes Association) del 2019, secondo cui «le diete a basso contenuto di carboidrati hanno dimostrato un miglioramento della glicata e la minor quantità di antidiabetici orali somministrati nei pazienti con diabete tipo 2». «Nelle persone con diabete di tipo 2 all’esordio, alcuni studi hanno inoltre dimostrato che tale alimentazione porta ad un miglioramento della funzione delle cellule beta del pancreas secernenti insulina e una riduzione dell’insulino-resistenza con miglioramento del compenso glicemico» conclude Orlando.
Il 43,9% dei soggetti deceduti per Covid avevano il diabete. Il report del 20 marzo, dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sui pazienti deceduti in Italia, conferma la probabilità di maggiore mortalità in presenza di diabete. Mentre, il 48,6% presentava 3 o più patologie croniche. Secondo il Current Diabetes Review «il diabete di tipo 2 può «aumentare l’incidenza delle malattie infettive e delle comorbilità correlate». E anche se questi non hanno maggiore probabilità di essere contagiati, rischiano sicuramente più degli altri di sviluppare gravi complicanze, una volta contratto il virus. È la conclusione di un équipe di ricercatori dell’Università di Padova. La ricerca, pubblicata sul Journal of Endocrinological Investigation, dimostra come i pazienti diabetici, soggetti a un aggravamento del quadro clinico in presenza di qualsiasi malattia acuta, nel caso di infezione da SARS-CoV2 hanno un rischio di prognosi peggiore della patologia, rispetto a quella degli altri soggetti infetti non diabetici. L’interconnessione tra Covid e diabete è dovuto all’enzima attraverso cui il virus entra nelle cellule delle vie respiratorie è lo stesso espresso nelle cellule del pancreas e del fegato, e il paziente portatore di entrambe le malattie presenta indici coagulativi, marcatori infiammatori e proteina C reattiva con più alti livelli nel sangue rispetto ai soggetti positivi al Coronavirus, ma senza diabete. Inoltre, le “abituali” complicanze causate dal diabete come neuropatie, retinopatie, arteriopatie e nefropatie, oltre a una maggiore predisposizione a contrarre patologie batteriche e virali durante la infezione Covid 19 si riacutizzano, peggiorando la già critica situazione clinica.
«Alti livelli di zucchero nel sangue per un lungo periodo di tempo possono effettivamente deprimere il sistema immunitario, quindi non risponde più rapidamente al virus quando entra nel corpo e ha più tempo per replicarsi, scendere ai polmoni e causare i problemi legati alla respirazione che possono portare alla necessità di cure ospedaliere» spiega Amir Khan, affermato specialista ed esperto nella patologia del diabete di tipo 1 e 2. L’esperto fa poi riferimento ai dati diffusi dalla Cina che mostrano, nei primi 44.672 casi positivi, le persone che avevano malattie cardiovascolari, precedenti infarti o ictus, avevano un tasso di mortalità più alto (10,5%). «In Cina, dove la maggior parte dei casi si è verificata finora, le persone con diabete avevano tassi molto più alti di complicanze gravi e morte rispetto alle persone senza diabete» spiega l’American Diabetes Association. Tuttavia, a peggiorare il quadro clinico, come evidenziato nel report dell’ISS, contribuiscono anche alcuni farmaci ad uso comune. Gli Ace inibitori, molecole con effetti antipertensivi che agiscono sulla funzionalità cardiaca ostacolando l'insorgenza della insufficienza renale, influenzano negativamente l’evoluzione dell’infezione.
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Coronavirus, chi rischia di più? Scatta l’allarme per i diabetici. Il 43,9% dei soggetti deceduti avevano il diabete. Il report del 20 marzo, dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sui pazienti deceduti in Italia, conferma la probabilità di maggiore mortalità in presenza di diabete. Mentre, il 48,6% presentava 3 o più patologie croniche. Secondo il Current Diabetes Review «il diabete di tipo 2 può «aumentare l’incidenza delle malattie infettive e delle comorbilità correlate». E anche se questi non hanno maggiore probabilità di essere contagiati, rischiano sicuramente più degli altri di sviluppare gravi complicanze, una volta contratto il virus. È la conclusione di un équipe di ricercatori dell’Università di Padova. La ricerca, pubblicata sul Journal of Endocrinological Investigation, dimostra come i pazienti diabetici, soggetti a un aggravamento del quadro clinico in presenza di qualsiasi malattia acuta, nel caso di infezione da SARS-CoV2 hanno un rischio di prognosi peggiore della patologia, rispetto a quella degli altri soggetti infetti non diabetici.
I soggetti più a rischio sono «le persone anziane e le persone con condizioni mediche preesistenti, come ipertensione, malattie cardiache, malattie polmonari, cancro o diabete» rende noto l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). A conferma della teoria, una ricerca cinese, pubblicata sulla rivista scientifica Diabetes/Metabolism Research and Reviews, condotta nella Huazhong University of Scienze di Wuhan, sui pazienti con diabete di tipo 1 o di tipo 2 positivi al Covid-19. Lo studio ha registrato valori più elevati di alcuni indici coagulativi e di marcatori infiammatori nei diabetici con polmonite virale in atto, sottolineando come le eccessive risposte di ipercoagulabilità e di flogosi interstiziale a livello degli alveoli polmonari, legati ad una cattiva regolazione del metabolismo del glucosio, aggravassero di fatto il decorso della polmonite da Coronavirus, favorendo lo sviluppo di complicanze multiorgano, coinvolgenti il cuore, il fegato, i reni, l'apparato vascolare e neurologico. L’indagine dimostra che questi soggetti presentano un’infiammazione più acuta degli altri.
L’interconnessione tra Covid-19 e diabete è dovuto all’enzima attraverso cui il virus entra nelle cellule delle vie respiratorie è lo stesso espresso nelle cellule del pancreas e del fegato, e il paziente portatore di entrambe le malattie presenta indici coagulativi, marcatori infiammatori e proteina C reattiva con più alti livelli nel sangue rispetto ai soggetti positivi al Coronavirus, ma senza diabete. Inoltre, le “abituali” complicanze causate dal diabete come neuropatie, retinopatie, arteriopatie e nefropatie, oltre a una maggiore predisposizione a contrarre patologie batteriche e virali durante la infezione Covid 19 si riacutizzano, peggiorando la già critica situazione clinica, esponendo così, il soggetto diabetico, a un elevato rischio di complicanze dei suoi organi vitali. Lo studio dimostra che non solo le persone con diabete, ma tutti i soggetti con valori alterati della glicemia sviluppano una serie di complicanze non trascurabili. Dei 20 pazienti positivi al virus e ricoverati in terapia intensiva, 15 avevano problemi di diabete o di obesità. Anche quest’ultima patologia predispone un’aggressività più alta dell’infezione SARS-CoV2 che attacca con maggiore facilità i soggetti con un sistema immunitario più debole.
Noto è infatti, soprattutto tra le persone in sovrappeso, le difficoltà respiratorie e, sappiamo bene che, il coronavirus, aggredisce prevalentemente l’apparato respiratorio, e quindi, i polmoni. Proprio per questo, per tutte le persone affette da queste patologie o con problemi di glicemia, è importante la prudenza seguendo minuziosamente tutte le misure di prevenzione raccomandate dal Ministero della Salute, oltre a quelle igieniche e al distanziamento sociale, al fine di evitare il contagio. Il rischio poi, diventa più elevato se, a queste (e altre) patologie si aggiunge un altro fattore: l’età. Per queste persone, la sovrapposizione dell’infezione virale a un’altra malattia potrebbe essere fatale. Tra le altre patologie che rendono un soggetto maggiormente esposto e vulnerabile ricordiamo: cancro, malattie cardiovascolari, ipertensione, asma, cardiopatia, insufficienza renale e neuropatia. Secondo uno studio pubblicato sul Current Diabetes Review, la disfunzione della risposta immunitaria rende i diabetici più sensibili alle infezioni. L’iperglicemia nei diabetici potrebbe essere una causa di questa disfunzione che si manifesta in un mancato controllo della diffusione di agenti patogeni invasori, rendendo i soggetti affetti da diabete più sensibili alle infezioni. Riportando, in alcuni casi, anche danni al sistema circolatorio e, di conseguenza, ciò il rallentamento dell’irrorazione sanguigna.
Il sistema immunitario svolge un ruolo importante nei soggetti con diabete che sviluppano gravi sintomi di coronavirus. «Alti livelli di zucchero nel sangue per un lungo periodo di tempo possono effettivamente deprimere il sistema immunitario, quindi non risponde più rapidamente al virus quando entra nel corpo e ha più tempo per replicarsi, scendere ai polmoni e causare i problemi legati alla respirazione che possono portare alla necessità di cure ospedaliere» spiega Amir Khan, affermato specialista ed esperto nella patologia del diabete di tipo 1 e 2. L’esperto fa poi riferimento ai dati diffusi dalla Cina che mostrano, nei primi 44.672 casi positivi, le persone che avevano malattie cardiovascolari, precedenti infarti o ictus, avevano un tasso di mortalità più alto (10,5%). «In Cina, dove la maggior parte dei casi si è verificata finora, le persone con diabete avevano tassi molto più alti di complicanze gravi e morte rispetto alle persone senza diabete» spiega l’American Diabetes Association. Tuttavia, a peggiorare il quadro clinico, come evidenziato nel report dell’ISS, contribuiscono anche alcuni farmaci ad uso comune. Gli Ace inibitori, molecole con effetti antipertensivi che agiscono sulla funzionalità cardiaca ostacolando l'insorgenza della insufficienza renale, influenzano negativamente l’evoluzione dell’infezione.
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