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Martedì, 29 Aprile 2014 00:00

Il matrimonio protegge il cuore

Indagine su 3,5 milioni di persone: Sposarsi riduce il rischio cardiovascolare, specie prima dei 50 anni. Lo rivela uno studio di Carlos Alviar della New York University, Langone Medical Center, presentato all’American College of Cardiology in corso a Washington. Gli esperti hanno monitorato oltre 3,5 milioni di persone - sposati (69%), single (8,3%), vedovi (13%), divorziati (9%) - con una serie di esami per valutare la salute delle arterie in vari distretti corporei, sia periferici (gambe) sia centrali, come cuore e cervello: arterie coronarie, arterie delle gambe, carotidi e aorta addominale. L’età dei partecipanti variava da 21 a 102 anni (età media 64 anni), e il 63% era donna È emerso che - a parità di altri fattori che possono influenzare il rischio cardiovascolare, come il peso e la pressione alta - gli individui di entrambi i sessi sposati avevano un rischio cardiovascolare globalmente ridotto, con minore pericolo di soffrire di problemi vascolari sia periferici sia ai principali vasi che irrorano cervello e cuore, compresi ictus e infarto. Viceversa, essere divorziati o vedovi comporta un rischio maggiore per la salute vascolare rispetto all’essere single o sposati. Il matrimonio risulta tanto più protettivo per la salute vascolare, quanto più giovani sono i coniugi.

In particolare, le persone sposate hanno il 5% in meno di probabilità di avere problemi al cuore rispetto ai single. Hanno anche l’8%, il 9% e il 19% in meno, rispettivamente, di rischio di aneurisma dell’aorta addominale, malattia cerebrovascolare e malattia arteriosa periferica. Viceversa, essere divorziati o vedovi è associato a una maggiore probabilità di malattia vascolare rispetto all’essere single o sposati: chance più alte del 3% per qualsiasi malattia vascolare e del 7% per malattia coronarica. Fino ai 50 anni, il matrimonio è associato con il 12% in meno di probabilità di qualsiasi malattia vascolare. Questo numero scende al 7% tra i 51 e i 60 anni e solo al 4% dopo i 61 anni. «Questi risultati non devono certamente spingere la gente a sposarsi, ma è importante sapere che le decisioni relative alla propria vita privata possono avere importanti implicazioni per la salute vascolare», ha sottolineato Carlos Alviar. Resta da capire quali aspetti del matrimonio siano artefici di questo effetto protettivo: tra i possibili indiziati vi sono un migliore stato socioeconomico dei due coniugi, la cooperazione e l’aiuto reciproco sul fronte salute o il riflesso dei benefici emotivi dell’avere un compagno.

Fonte: Corriere della Sera


È il tempo delle fragole: il loro bel colore, l’inconfondibile aroma, lo scarso apporto calorico ne fanno un frutto molto apprezzato. Ma quali sono i principali pregi delle fragole e quali vantaggi possono offrire per la salute? È la domanda che si sono posti alcuni ricercatori della Università Politecnica delle Marche (UnivPM), in una revisione degli studi recentemente pubblicata sul Journal of Agricultural and Food Chemistry. Ed ecco i « pregi» trovati: le fragole, oltre a essere una valida fonte di folati, potassio e fibra, si contraddistinguono soprattutto per la ricchezza di vitamina C e di flavonoidi, in particolare antocianine alle quali si deve il colore rosso (i flavonoidi sono composti polifenolici), che contribuiscono a spiegarne l’elevata azione antiossidante e anti-infiammatoria. Ed è proprio a questo mix di sostanze che si devono vari effetti benefici per la salute.

«La molteplicità dei vantaggi nutrizionali offerti dalle fragole - sottolinea Maurizio Battino, professore di Biochimica e responsabile dello studio - è molto interessante: insieme a un’équipe internazionale (Progetto EUBerry) abbiamo recentemente dimostrato come, soprattutto le antocianine, possano agire positivamente nella riduzione delle ulcere gastriche e nella protezione da raggi UV-A sulla pelle (funzionano come un vero e proprio schermo), inoltre sono attive nel diminuire l’aggressività di alcune linee cellulari tumorali. Sembra, poi, che possano avere un ruolo attivo nel controllo di alcuni markers cardiovascolari (diminuzione del colesterolo totale e soprattutto del colesterolo “cattivo” o colesterolo-LDL e dei trigliceridi). Questi risultati aprono prospettive molto interessanti nel campo della prevenzione di patologie cronico degenerative ad elevato costo sociale ed economico».
Ma insieme a tanti pregi, nessun difetto? «La presenza di allergeni nelle fragole - risponde l’esperto - non deve allarmare, perché solo chi è sensibile deve evitarne il consumo, così come avviene con altri cibi, mentre l’igiene (e in particolare il lavaggio) dev’essere curata esattamente come avviene per qualunque altra frutta e verdura consumata cruda e non sbucciata». « In sintesi- conclude Battino -, le fragole non solo sono buone, ma fanno bene, ancor più se consumate nell’ambito di una dieta corretta, completa, variata ed equilibrata, in cui si tenga conto del loro, seppure modesto, contenuto in calorie e zuccheri».

Fonte: Corriere della Sera

Alcuni studiosi svedesi consigliano, per un'ottima dieta, di ridurre i carboidrati e mangiare più grassi. Più grassi e meno carboidrati. Sarebbe questo il segreto per dimagrire. La più semplice formula al mondo per perdere peso e allontanare il rischio di malanni al cuore è sempre la stessa: mangiare meno e fare più movimento. Secondo questo ragionamento non importa cosa si mangia, l'importante è tenere un occhio al numero delle calorie.Ma ora sono sempre di più i vari nutrizionisti e medici che pensano che le cose non vadano esattamente in questo modo. Uno studio citato dal Daily Mail spiega che l'idea che tutte le calorie siano uguali è sbagliata.I ricercatori sostengono invece che le calorie provenienti da fonti diverse, hanno effetti diversi sul corpo. Ad esempio quelle provenienti da carboidrati sono più propense a favorire l'aumento di peso.

Inoltre la riduzione di grassi nel proprio corpo non porta sempre a ridurre il pericolo di infarto.Uno studio del New England Journal of Medicine ha confrontato i benefici clinici di una dieta a basso contenuto di grassi con due tipi di dieta mediterranea, che sono con un numero di grassi molto più elevato. I risultati hanno mostrato che il paziente sottoposto alla dieta Mediterranea risultava essere meno propenso ad avere problemi di cuore, nonostante il numero più elevato di grassi.Altri esperti svedesi invece hanno recentemente cambiato completamente le carte in tavola consigliando, per una buona dieta e per perdere peso, un basso contenuto di carboidrati piuttosto che di grassi.Questo è accaduto in seguito ad un'analisi approfondita su 16mila casi. Quello che ne è uscito fuori è che tra i cibi migliori per perdere peso vi sono quelli che contengono pancetta, panna ed olio d'oliva.

Quindi, praticamente, bisognerebbe ridurre i carboidrati e mangiare più grassi. Un po' un controsenso. Ma cosa c'è base di questa nuova teoria? Si pensa che si tratti degli effetti dei diversi alimenti sui propri ormoni, il più importante di questi, cruciale per la perdita di peso, è l'insulina.L'insulina è l' ormone che controlla il grasso all'interno del proprio corpo. Una dieta ad alto contenuto di carboidrati aumenta la quantità di glucosio nel sangue, che a sua volta produce più insulina. Una dieta a basso contenuto di carboidrati invece significa meno insulina, rendendo più facile perdere peso perché meno grasso viene metabolizzato.Teorie che potrebbero dimostrarsi vere, anche se quello che veramente importa, alla fine, è stare bene con se stessi.

Fonte: Wall Street Italia

Mangiare molti alimenti ricchi di zuccheri può provocare l'invecchiamento precoce della pelle. Questo è quanto emerge da uno studio condotto alla Leiden University in Olanda e pubblicato dalla rivista "AGE" (Novembre 2011). Il team di ricercatori, guidati dalla professoressa Diana van Heemst, ha diviso in tre gruppi 569 volontari sani in base alla quantità di zuccheri presenti nel loro sangue dopo un pasto. Il primo gruppo presentava concentrazioni di glucosio basse, il secondo medie e il terzo alte. Un quarto gruppo era formato invece da 33 persone affette da diabete e con alti livelli di glucosio nel sangue.


In seguito, è stato chiesto a sessanta persone indipendenti, di visionare le foto dei partecipanti allo studio e stimare l'età di ciascuno di loro. I risultati mostrano come a più alte concentrazioni di glucosio corrispondono stime di età maggiori rispetto a coloro che presentano livelli di zuccheri più bassi. Questo avviene anche prendendo in considerazione altri fattori che possono influenzare l'invecchiamento come l'età anagrafica, il fumo e le lunghe esposizioni al sole. Il divario maggiore nell'età presunta è stato di un anno e 7 mesi e si è manifestato tra il gruppo di persone con bassi livelli di glucosio e quello dei diabetici, con una media che va dai 59,6 anni a 61,2. Ma anche tra le persone non affette da diabete si è registrata una differenza nelle stime di ben un anno, tra i gruppi con concentrazioni di zuccheri meno elevate e più elevate. Nel complesso, vi è un aumento nell'età percepita di 5 mesi per ogni incremento di 0,18 grammi di glucosio per litro di sangue. Come fa notare il co-autore dello studio David Gunn del Unilever Research di Sharnbrook, Regno Unito, quello che avviene nel corpo è scritto nel viso, quindi mangiare troppi zuccheri può ripercuotersi negativamente non solo sul peso, ma anche su altri aspetti della salute.

Fonte: Universonline.it

Riposare bene è fondamentale per vivere meglio la giornata ma non solo, numerosi studi hanno rilevato che quando si dorme poco e male non si innescano particolari processi che contribuiscono a migliorare la salute generale dell'organismo. Un nuovo studio allunga la lista dei benefici di un buon riposo, un gruppo di ricercatori olandesi ha scoperto che dormire bene aiuta a mantenere il cuore in forma al pari di altri stili di vita sani quali: attività fisica, dieta sana, assunzione limitata di alcolici e assenza di fumo. I risultati dell'indagine sono stati pubblicati sull'European Journal of Preventive Cardiology (Sufficient sleep duration contributes to lower cardiovascular disease risk in addition to four traditional lifestyle factors: the 

I risultati sono frutto di uno studio che ha coinvolto quasi 18 mila volontari (8.128 uomini e 9.759 donne), con un'età compresa tra i 20 e i 65 anni, senza malattie cardiovascolari al momento dell'inizio dell'indagine. I partecipanti sono stati seguiti per un periodo variabile che andava dai 10 ai 14 anni. Durante questo lasso di tempo, i ricercatori hanno monitorato le loro condizioni di salute e registrato numerose informazioni relative agli stili di vita che seguivano. Come era intuibile, le persone con gli stili di vita più "salutari" avevano un minor rischio di patologie di tipo cardiovascolare (infarti, ictus, ecc.): grazie ad un'alimentazione sana si può abbassare la probabilità di malattie del 12 per cento, una vita attiva (che può consistere anche nel camminare almeno per mezz'ora tutti i giorni) contribuisce a ridurre del 26 per cento il rischio di eventi fatali e non fumare riduce il rischio del 43 per cento. Oltre a questi fattori i ricercatori hanno però individuato un quinto elemento, il sonno.

Le persone coinvolte nello studio che dormivano bene per almeno sette ore a notte avevano un rischio di malattie cardiovascolari ridotto, mediamente, del 22 per cento. Si è inoltre scoperto che dormire bene contribuisce a ridurre del 43 per cento la probabilità di eventi fatali in generale. In base ai dati raccolti, gli esperti evidenziano che dormire bene proteggerebbe cuore e vasi tanto quanto non fumare. Monique Verschuren, coordinatrice dello studio, spiega che le persone che seguono un'alimentazione sana, non hanno una vita sedentaria, non fumano e consumano alcolici in maniera moderata, riducono del 57 per cento il rischio di infarti e addirittura del 67 per cento la probabilità di ictus mortali. Se però, oltre a questi fattori, si aggiunge anche un buon riposo la probabilità di malattie scende ancora: il rischio di infarti diminuisce del 65 per cento e quello di ictus mortali scende dell'83 per cento. L'esperta evidenzia che precedenti studi avevano già correlato il dormire poco e male a una maggiore incidenza di sovrappeso e obesità, ipertensione, colesterolo e trigliceridi alti, un buon riposo andrebbe quindi inserito nella lista degli stili di vita da seguire al fine di mantenere cuore e vasi in salute.

Quante ore si dovrebbe dormire? I dati raccolti in questo studio sembrano confermare il numero di ore evidenziate in altre ricerche: 7 ore. Nello studio olandese si è rilevato che le persone che dormono mediamente meno di 7 ore, svegliandosi al mattino non abbastanza riposati, presentano un rischio di malattie cardiovascolari del 63 per cento più alto rispetto a chi dorme almeno 7 ore svegliandosi dopo un buon riposo ristoratore. Gli esperti fanno però notare che non tutte le persone hanno bisogno di 7 ore, per alcuni individui sono sufficienti anche meno ore, l'importante è che la qualità dl sonno sia buona (un sonno più breve ma profondo per alcune persone è sufficiente per rigenerare l'organismo).

 

Fonte: Universonline.it

Attenzione a quegli alimenti che contengono troppo zucchero aggiunto: un consumo frequente di dolci e bevande zuccherate può triplicare il rischio di malattie cardiache. Sono ormai numerosi gli studi che evidenziano le insidie che si possono nascondere dietro a un eccessivo consumo di zucchero, dopo aver scoperto che lo zucchero può avere effetti sulla linea e sul cervello, un recente studio ne evidenzia la pericolosità anche per il cuore. La nuova correlazione è stata individuata nel corso di un'indagine condotto presso il Centers for disease control and prevention di Atlanta (Georgia). I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Jama Internal Medicine (Added Sugar Intake and Cardiovascular Diseases Mortality Among US Adults - doi: 10.1001 / jamainternmed 2013 13563 - Febbraio 2014).

Secondo quanto scoperto dai ricercatori, un apporto calorico giornaliero costituito per il 25 per cento da zucchero triplicherebbe, rispetto a quelle persone il cui apporto calorico da zucchero costituisce solo il 10 per cento, il rischio di problemi cardiovascolari. Il maggior rischio è legato in particolar modo a quegli alimenti che hanno dello zucchero aggiunto, come bibite e dolci, ma non quello contenuto in frutta fresca e verdure.
Gli esperti spiegano che già con una bevanda zuccherata al giorno si corre il rischio di superare il quantitativo di zucchero raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità. L'Oms ha fissato al 10 per cento la percentuale di calorie giornalieri provenienti da zucchero e, anche se le aziende alimentari non sono d'accordo, sta pensando di aggiornare le linee-guida sull'apporto di zuccheri. Considerando l'impatto che gli zuccheri hanno sull'obesità, si sta valutando di dimezzare il consumo giornaliero raccomandato di zuccheri aggiunti negli alimenti passando dall'attuale quantitativo, corrispondente a dieci cucchiaini, a cinque cucchiaini al giorno.
Bere ogni tanto una bevanda zuccherata o mangiare uno snack dolce non comporta di certo particolari problemi per la salute, se però questi alimenti sono presenti tutti i giorni nella nostra dieta i rischi sono notevoli. In una latina di aranciata, gassosa, coca-cola ecc. sono contenuti circa 35 grammi di zucchero, corrispondenti a 6 cucchiaini, uno snack dolce come potrebbe essere il Mars contiene invece l'equivalente di 5 cucchiaini. Secondo gli esperti della Società italiana di diabetologia (Sid), il limite massimo del consumo di zucchero è di 8 cucchiaini al giorno (circa 50 grammi per gli uomini, e 40 per le donne), se in una sola lattina di una qualsiasi bevanda zuccherata sono contenuti già 6 cucchiaini, è facile capire che il limite giornaliero può essere superato facilmente. Va bene quindi il consumo occasionale di certi alimenti ma attenti a non esagerare.

FONTE: http://www.universonline.it/_sessoesalute/salute/14_02_07_a.php

Se il farmaco viene assunto per almeno tre mesi il pericolo di sviluppare il disturbo oculare è più alto del 27% Il rischio di sviluppare la cataratta aumenta se si fa uso di statine, i farmaci utilizzati per trattare le problematiche cardiovascolari: è quanto emerge da uno studio Usa pubblicato su JAMA Ophthalmology. Per giungere ai loro risultati i ricercatori hanno esaminato più di 46?mila cartelle cliniche (circa 13 mila?di utilizzatori di statine e circa 32 mila di non utilizzatori). Dati alla mano, hanno dimostrato che chi aveva assunto statine per almeno tre mesi aveva un rischio maggiore del 27% di sviluppare la cataratta rispetto a chi non aveva mai fatto uso del farmaco.

Poiché sono la fascia di popolazione più a rischio di problematiche cardiovascolari e, allo stesso tempo, più a rischio cataratta - disturbo che interessa un over65 su tre -, le persone anziane sono risultate le più vulnerabili. "Il rischio di sviluppo di cataratta aumenta tra gli utilizzatori di statine rispetto ai non utilizzatori - scrivono gli autori dello studio -. Il rapporto rischio-beneficio della terapia con statine, in particolare per la prevenzione primaria , deve essere attentamente valutato, e sono necessari ulteriori studi”. La spiegazione alla base dell’associazione uso di statine/insorgenza di cataratta, concludono i ricercatori, potrebbe fondarsi sul fatto che il colesterolo è necessario per la salute delle cellule dell’occhio e per la trasparenza del cristallino.

Fonte: Il Sole 24Ore

Giovedì, 24 Aprile 2014 00:00

Melatonina nella malattie cardiovascolari

Le malattie cardiovascolari sono oggi la principale causa di morte in Spagna come in molti altri paesi sviluppati. Vi è una forte evidenza scientifica sul ruolo benefico della melatonina sulla salute cardiovascolare e dei processi fisiopatologici, avendo dimostrato le funzioni di anti-infiammatori, antiossidanti, anti-ipertensivi e antilipidemics. I pazienti con malattia coronarica hanno una bassa produzione di melatonina e la loro concentrazione nel sangue è correlata alla gravità della malattia, cioè c'è una maggiore riduzione della produzione di melatonina in pazienti con aumentato rischio di infarto miocardico o morte improvvisa.

In questa revisione, il Dr. Alberto Dominguez-Rodriguez, e Pedro Gonzalez, Abreu ha fatto una presentazione sugli effetti della melatonina osservati in studi diversi, molti dei qualidel loro gruppo di ricerca presso l'Ospedale Universitario di La Cuesta e l'Università di la Laguna a Tenerife nelle Canarie. Essi concludono che la melatonina ha molti effetti benefici sulla funzione cardiovascolare in relazione a quei problemi legati al diabete, ipertensione e dislipidemia ischemia-riperfusione, e praticamente non ha alcuna tossicità, giustificando la continuazione degli studi clinici di eseguire, soprattutto in visti i dati positivi ricavati dagli studi condotti fino ad oggi .

Fonte: Melatonina.it

Giovedì, 24 Aprile 2014 00:00

Abbronzati e in salute con la vitamina D

La vitamina D sembra avere numerosi effetti benefici per il nostro organismo. Un vero e proprio riscatto per questa vitamina che, fino a poco tempo fa, era ritenuta addirittura tossica se assunta in eccesso. Oggi, invece, la vitamina D è stata rivalutata e si conoscono gli effetti positivi per la salute ed il benessere. Tra tutti, quello più conosciuto, è la capacità di stimolare la melanina, incrementare l’abbronzatura e regalare una pelle luminosa.

La vitamina D è legata al sole: il 90%, infatti, viene prodotto grazie all’azione dei raggi solari e solo una piccola percentuale proviene invece dall’alimentazione. Pesce, uova, verdure a foglia verde sono gli alimenti principali in cui trovare questo concentrato di benessere. Se è conosciuto il suo effetto benefico per l’abbronzatura, solo ultimamente si è scoperto che la vitamina D è in grado di prevenire l’osteoporosi e le fratture, favorendo la densità ossea, aumentare la forza muscolare, combattere il dolore muscolare e migliorare la capacitò di equilibrio. La capacità immunostimolante ed antinfiammatoria della vitamina consentirebbe di diminuire lo stress muscolare e favorire un rapido recupero. Una sua carenza, invece, potrebbe essere tra le cause di eventuali infortuni e lesioni. Uno studio austriaco pubblicato su Hormone Metabolic Research, (43: 223-225, 2011) ha evidenziato una forte correlazione tra il quantitativo di vitamina D presente nell’organismo e la produzione di testosterone, l’ormone maschile responsabile, tra le altre cose, dell’incremento di massa magra. Tutti benefici che risultano utili sopratutto per chi pratica molta attività fisica.Inoltre, la combinazione divitamina D e calcio sembrerebbe facilitare lo smaltimento dei grassi di desposito, favorendo così il dimagrimento. Questa vitamina è responsabile anche della regolazione del colesterolo e del metabolismo degli zuccheri.

Si raccomanda, quindi, di prendere sole e passare tempo all’aria aperta per fare il pieno di vitamina D che sarà immagazzinata dall’organismo anche durante i mesi invernali. I vegetariani, che spesso soffrono di carenze di micronutrienti, o le persone che praticano molte attività fisica, invece, potrebbero assumere, dietro consiglio medico, un integratore.

Fonte: IlFitness.com

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Scienziati tedeschi affermano che due settimane di integrazione con il Coenzima Q10 (ubiquinolo) abbassa i livelli di colesterolo LDL in un gruppo di uomini sani.Scienziati tedeschi della Christian-Albrechts University di Kiel e dell’Università di Witten/Herdecke hanno presentato una nuova scoperta che potrebbe giocare un ruolo fondamentale per il controllo del colesterolo in futuro. Secondo quanto emerso da uno studio condotto su un gruppo di uomini sani e giovani, i livelli del cosiddetto LDL (Low Density Lipoprotein) si sono abbassati dopo due settimane di integrazione con il coenzima Q10, un composto simil vitaminico necessario per il rinnovamento cellulare.Durante il cosiddetto studio in aperto, a 53 uomini sani con un’età media di 30 anni sono stati somministrati 150 mg di Coenzima Q10 in forma di ubiquinolo (o coenzima Q10 “attivo”) per un periodo di due settimane. Ciò ha portato, secondo i ricercatori, una riduzione dei livelli di LDL pari al 12,7%.

Protegge in diversi modi

Il ruolo del Coenzima Q10 nel controllo del colesterolo è interessante per svariate ragioni. Anzitutto, alti livelli di LDL (comunemente noto come “cattivo colesterolo”) sono solitamente associati, dalla scienza medica, ad un rischio maggiore di arteriosclerosi. In secondo luogo, una precedente ricerca ha dimostrato che il Coenzima Q10 protegge l’ LDL dall’ossidazione, ed è proprio l’LDL ossidato che è particolarmente nocivo poiché innesca processi infiammatori a carico dei vasi sanguigni, contribuendo alla creazione di placche. Inoltre, il coenzima Q10 gioca un ruolo chiave nella protezione dagli effetti collaterali che affliggono i pazienti che utilizzano farmaci per abbassare il colesterolo. Uno studio ha dimostrato una riduzione del 40% dei dolori muscolari provocati dalle statine in pazienti trattati con integratore Q10 associato ai farmaci abituali.

Fonte: Pharma Nord

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