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Una nuova ricerca suggerisce che i vegetariano sarebbero meno sani con una minore qualità della vita che non gli onnivori, o chi mangia carne. Lo studio che va in controtendenza a tutti gli altri Secondo un nuovo studio, i vegetariani, in quanto a salute, se la passerebbero peggio di chi mangia anche la carne. Ma come? Non si era detto che chi segue una dieta vegetariana è più in salute, vive più a lungo ed è anche più felice? Sì. Sono infatti numerosi gli studi che supportano questa tesi. E ora, ecco arrivarne un altro che invece suggerisce l’esatto opposto: i vegetariani sarebbero meno sani e con una più scarsa qualità della vita rispetto a chi mangia anche carne.

Cerchiamo di capire come mai ora gli scienziati affermano che la dieta vegetariana non sarebbe così valida. A sostenerlo sono i ricercatori della Medical University di Graz in Austria, coordinati dalla dott.ssa Nathalie Burkert, che hanno condotto uno studio cross-sezionale basato su dati ricavati dal “Austrian Health Interview Survey” e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLoS ONE. Burkert e colleghi hanno preso in esame 1.320 soggetti che sono stati abbinati in base alla loro età, sesso e status socio-economico. Di questi vi erano 330 vegetariani, 330 che mangiavano carne, ma anche molta frutta e verdura, e poi 300 che seguivano una dieta normale, ma con poca carne e, infine, 330 soggetti che seguivano una dieta ricca di carne. Di tutti i partecipanti sono poi stati analizzati lo stile di vita e altri fattori che potessero abbassare o aumentare il rischio di determinate malattie. I risultati hanno mostrato, in linea generale, che i vegetariani sono più attivi fisicamente, fumano meno e bevono meno alcol, rispetto a coloro che consumano carne.

Allo stesso modo, chi segue una dieta vegetariana ha in genere un più alto status socio-economico e un basso Indice di Massa Corporea (o BMI). A prima vista parrebbe dunque che i vegetariani vivano meglio e, di conseguenza, più in salute. Ma, secondo i ricercatori, non sarebbe così. Da quanto emerso nello studio, i vegetariani avevano due volte più probabilità di soffrire di allergie, presentavano un aumento del 50% di attacchi di cuore e un aumento del 50% dell’incidenza di cancro. Ma, scusate, il cancro non era legato al consumo di carni, soprattutto rosse? Qui le cose si complicano e cominciamo a sentire i primi segni di uno stato confusionale. Eppure, leggendo quanto riportato nello studio, secondo i ricercatori è proprio così: i vegetariano sarebbero più a rischio cancro rispetto agli onnivori. E, sempre rispetto a questi ultimi, la loro salute sarebbe più scarsa. Per esempio, secondo lo studio, i vegetariani hanno riportato elevati livelli di compromissione da disturbi, malattie croniche, e di soffrire in modo significativo più spesso di ansia e depressione. I vegetariani, poi, sarebbero dei soggetti più inclini a pratiche di malasanità, come evitare le vaccinazioni e non fare cure preventive. «Il nostro studio – scrivo gli autori – ha dimostrato che gli adulti austriaci che seguono una dieta vegetariana sono meno sani (in termini di cancro, allergie e disturbi di salute mentale), hanno una minore qualità della vita, e ricorrono anche più spesso all'assistenza medica».

«Pertanto – proseguono i ricercatori – un continuo, energico programma di salute pubblica per l’Austria è necessario al fine di ridurre il rischio per la salute a causa di fattori nutrizionali». Che dire allora delle linee guida del Ministero della Salute, o di quanto suggerito dall’AIRC (l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro)? L’AIRC, per esempio, dichiara che «Un’alimentazione sana, che tenga alla larga anche le malattie di cuore oltre che quelle tumorali, richiede soprattutto di ridurre drasticamente l’apporto di grassi e proteine animali, favorendo invece l’assunzione di cibi ricchi di vitamine e fibre. Per questo occorre portare a tavola almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno; privilegiare nella scelta di cereali, pane, pasta e riso quelli integrali e abbinarli sempre a un po’ di legumi». E, sempre a proposito di tumori, il Ministero della Salute dice: «L’alimentazione influenza anche l’insorgenza di alcuni tumori. Un consumo eccessivo di carni rosse e carente di fibre (frutta, verdura, legumi e cereali integrali) è associato al rischio di sviluppare tumori dell’apparato digerente (stomaco, esofago, intestino)». A questo punto, i sintomi di confusione mentale hanno preso il sopravvento sugli altri. Ma, con quel briciolo di lucidità che ci resta, possiamo ritenere che una dieta sana sia quella che non esclude le sostanze utili al buon funzionamento dell’organismo; che l’equilibrio deve essere la prima cosa e che gli alimenti che ingeriamo dovrebbero essere “vivi” e sani – cosa che è difficile ottenere con una dieta fatta di cibi raffinati, industriali e via discorrendo. Quanto agli studi. Be’, come sempre, aspettiamo il prossimo che contraddica il precedente.

Fonte: La Stampa

 

Il consumo eccessivo di zucchero nella sue svariate forme - saccarosio, fruttosio, glucosio – è associato all’obesità e quindi allo sviluppo di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete e anche di certi tipi di cancro. Che sia così è provato ormai da numerosi studi. Tuttavia, nonostante le evidenze scientifiche su questo «silenzioso killer» non si contino, tra i dati relativi ai danni degli zuccheri contenuti in cibi e bevande e le indicazioni sanitarie per ridurne il consumo nella dieta quotidiana esiste un divario che si potrebbe definire doloso.  E non è un caso che un editoriale sul «British Medical Journal» rivisiti - attraverso la recensione del saggio di John Judkin «Pure, White and Deadly», ovvero puro, bianco e mortale, ora ripubblicato dopo 40 anni dalla Penguin - la clamorosa ipotesi del fisiologo britannico, da sempre osteggiata dall’industria dello zucchero: non sarebbero tanto i grassi i maggiori responsabili delle patologie cardiache quanto gli zuccheri. Zuccheri che secondo Robert Lustig - uno dei massimi esperti di obesità infantile e autore della prefazione del volume riedito di Judkin - dovrebbero essere considerati «tossici» al pari di sigarette e alcol. Quando uscì nel 1972, il libro venne liquidato da molti detrattori, tra cui il biologo americano Ancel Keys, sostenitore dell’ipotesi che i grassi siano i veri nemici del cuore, come un’opera di «fiction», priva di basi scientifiche. E Judkin fu messo in disparte, se non ridicolizzato. «Per lui - scrive ora Geoff Watts sul “British Medical Journal” - non ci furono posizioni di prestigio né finanziamenti per la sua ricerca. E furono cancellati molti suoi interventi alle conferenze, non appena si sospettava che potesse presentare dati contro lo zucchero». L’interesse per l’ipotesi zucchero-malattie di cuore, così, man mano sbiadì, il libro non venne più ristampato e il frastuono sulla dieta con pochi grassi prese il sopravvento. Se molti clinici in Europa continuavano a sostenere Judkin, gli americani erano invece dalla parte di Keys, che non perdeva occasione di definire «deboli» le prove del collega inglese contro lo zucchero. Negli ultimi anni, tuttavia, il fenomeno in crescita dell’obesità ha fatto riemergere l’ipotesi di Judkin, mai veramente affossata, come avrebbero invece voluto i big dell’industria dello zucchero. Secondo le ultime stime, circa due miliardi di adulti sono sovrappeso. Di questi, 200 milioni di uomini e 300 milioni di donne sono obesi. Un problema sanitario definito «esplosivo» nei Paesi occidentali, ma che ora ha varcato tutti i confini. Un’inchiesta di Gary Taubes, giornalista, e Cristin Kearns Couzens, dentista, condotta sul bimestrale di giornalismo investigativo americano «Mother Jones», ha svelato le tattiche usate dai produttori di zucchero - non molto diverse da quelle dell’industria del tabacco - per assicurarsi che le agenzie governative non diffondessero informazioni che andassero contro i loro interessi. È significativo che negli Anni 70 venga costituito negli Usa un ente scientifico, il Food&Nutrition Advisory Council, formato da medici e dentisti in palese conflitto di interessi (le loro ricerche erano finanziate dalla Sugar Association), con il mandato di «difendere l’importanza dello zucchero in una dieta sana».

Nuove ricerche rilanciano l'allarme: “È più pericoloso dei grassi”

Negli anni, però, non si è mai stabilita quale sia la dose non dannosa di zucchero da consumare giornalmente. Scrive Taubes sul «New York Times»: «L’ultima volta che un’agenzia federale governativa guardò alla questione zucchero fu nel 2005 in un rapporto dell’Institute of Medicine. Gli autori ammisero che un certo numero di evidenze suggeriva che lo zucchero favorisse il rischio di malattie di cuore e diabete - perfino influendo sull’aumento del colesterolo “cattivo” o a bassa densità, l’Ldl - ma non ritennero la ricerca conclusiva. Tanto da non essere in grado di stabilirne un limite massimo per una dieta sana». A non dissimili conclusioni giunse la Food&Drug Administration, quando affrontò nel lontano 1986 la questione-zucchero. Il rapporto fu interpretato come un’assoluzione e la percezione influì sulle strategie successive. E infatti le cifre fornite dal dipartimento dell’Agricoltura americano rivelano che nel 2000 il consumo pro capite di zuccheri è raddoppiato rispetto agli Anni 80: da 25-30 kg a oltre 45 kg a persona. Intanto le ricerche sugli zuccheri hanno fatto molti passi avanti, mettendo in evidenza, per esempio, come siano diversi i modi con cui sono metabolizzati: mentre il fruttosio è «processato» dal fegato, il glucosio lo è da ogni cellula del corpo. Fruttosio e glucosio in forma liquida, poi, fanno lavorare più rapidamente il fegato e questa velocità influisce sulla loro conversione in grassi, i trigliceridi. E il discorso si allarga ulteriormente non appena di studia il rapporto zuccheri-cibi. «Carni rosse, chips e bevande zuccherate sono più facilmente associate a un aumento di peso, maggiore rispetto a chi consuma grandi quantità di verdure, frutta e cereali integrali, come ha evidenziato uno studio di Darius Mozaffarian sul “New England Journal of Medicine” - sottolinea Roberto Marchioli, epidemiologo al Mario Negri Sud di Chieti -. E non tutti gli alimenti inducono un alto indice glicemico, ossia il rapido assorbimento degli zuccheri che fa salire la glicemia (la quantità di zucchero nel sangue) e che nel tempo favorisce il diabete». Importante è quindi fare le giuste scelte a tavola: tutta la verdura (tranne le patate), quasi tutta la frutta, alcuni cereali (come orzo e avena) sono a basso indice glicemico, mentre sono da limitare tutti i carboidrati raffinati ad alta densità e quindi è necessario fare attenzione al consumo di pane, pasta, riso e, naturalemente, di tutti i tipi di dolci.

Fonte: La Stampa



Tra i dolci al cucchiaio più golosi e versatili. L'alternativa al tradizionale budino servita con una deliziosa salsa. Uno squisito dessert per chiudere il pranzo in dolcezza. Un dessert morbido e delizioso sulle note inconfondibili di frutti di bosco e cioccolato fondente.

 Ingredienti 

 INGREDIENTI PER 6 PERSONE
   ½ litro di Milk Life   150 g di frutti di bosco surgelati
   ½ litro di panna fresca
  Un chiacchio di Sugar Life 
  150 g di Sugar Life

  Una tavoletta di Chocolife Dark

  ½ bustina di vanillina   Uno o due cucchiai di marmellata ai frutti di bosco
  5 fogli di colla di pesce   Qualche cucchiaio di Milk Life
 TEMPO  ESECUZIONE
45 MINUTI MEDIA

 Preparazione 

Innanzitutto, immergere i fogli di colla di pesce in un contenitore con acqua molto fredda. Mettere in una pentola i restanti ingredienti, mescolare e passare sul fornello, rimescolando di tanto in tanto. Quando il composto comincia a bollire, togliere dal fornello. Aggiungere la colla di pesce ben strizzata e mescolare bene, preferibilmente con una frusta. A questo punto si può decidere di dividere la panna cotta in piccoli contenitori monoporzione o metterla tutta in un unico contenitore e dividere il dolce al momento di servirlo… fondamentalmente dipende da quanto spazio avete in frigo. Lasciarla raffreddare e metterla in frigo. Al momento di servirla, immergere il contenitore in acqua calda, in modo che la panna cotta si stacchi più facilmente dalle pareti. Preparazione delle salse (possono essere preparate in qualsiasi momento e riscaldate poco prima di servirle). Salsa ai frutti di bosco: Mettere i frutti di bosco in una pentola il fruttosio e l’acqua e far scaldare a fuoco basso, mescolando di tanto in tanto. La salsa sarà pronta in 15/20 minuti. Se si decide di usare la marmellata (che rende la salsa un po’ più cremosa), bisogna aggiungerla al composto poco prima di spegnere il fornello e mescolare perché si amalgami bene al resto della salsa. Salsa al cioccolato: Sciogliere il cioccolato a bagnomaria o nel microonde, aggiungere il Milk Life necessario a raggiungere la consistenza desiderata e mescolare a lungo con una frusta perché sia omogenea. Se lasciata raffreddare, questa salsa tende a solidificarsi, ma basta riscaldarla (sempre a bagnomaria o nel microonde), perché ritorni liquida.

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Milk Life Sugar LifeChocolife Dark

 



Un piatto semplice e gustoso che fa di pochi ingredienti il suo punto forte. Una ricetta buona e versatile per portare a tavola un secondo di carne nella sua variante ai funghi. Al via un rotolo sfizioso per deliziare tutti i commensali.

Ingredienti

INGREDIENTI PER 4 PERSONE
  600 g di polpa di tacchino   Una cipolla
  2 spicchi d'aglio
  300 g di spinaci tritati
  20 g di pinoli   Sale rosa himalayano e pepe q.b
  2 cucchiai di olio extravergine di oliva   Scorza grattugiata di 1/2 limone
  180 g di funghi champignons affettati   Un cucchiaio di prezzemolo tritato
  Un cucchiaio di salvia tritata   Noce moscata
  1/2 bicchierino di Marsala secco  
 TEMPO  ESECUZIONE
75 MINUTI MEDIA

Preparazione

Fate appassire, in un tegame con due cucchiai d'olio EVO, la cipolla, uno spicchio d'aglio e gli spinaci. Lasciate cuocere per 4-5 minuti, quindi unite i pinoli tostati, salate, pepate e aggiungete una grattata di noce moscata. Battete la carne, salatela, pepatela e distribuitevi sopra il ripieno. Arrotolate la carne e legatela con lo spago. Avvolgete il rotolo in un foglio di alluminio, adagiatelo in una teglia e infornatelo a 180°C per 45 minuti. Sfornatelo e fatelo riposare nell'alluminio per 15 minuti, scartate il rotolo prelevando il liquido di cottura, quindi riavvolgete la carne nello stesso alluminio. Fate rosolare, in una padella con un cucchiaino d'olio, i funghi insieme ad un trito di prezzemolo, salvia e aglio. Salate e pepate. Rimuovete i funghi dalla padella scolandoli un po' dal sugo di cottura, versate in padella il Marsala e il liquido di cottura della carne, unite i funghi sgocciolati e portate ad ebollizione. Servite il tacchino a fette accompagnato dalla salsa di funghi.

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Olio Evo BioSale Rosa DellHimalaya

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Per un secondo semplice e sfizioso arriva la frittata con una marcia in più. Saporita e ricca di ingredienti. Nutriente e dal gusto deciso, portiamo a tavola un piatto buonissimo. Si presta anche per essere preparata in anticipo e servita per arricchire un aperitivo.

Ingredienti

 INGREDIENTI PER 4 PERSONE
  4 uova   Un cucchiaio di Mix Flour
  10 asparagi
  Sale rosa himalayano fino e pepe nero
  Olio extravergine di oliva
  Una cipolla rossa
  150 g di ricotta di bufala    ½ cucchiaino di curcuma
  3 cucchiai di Milk Life 
  Qualche fogliolina di menta
 TEMPO  ESECUZIONE
40 MINUTI FACILE

 
Preparazione


In una padella fate appassire con un filo d’olio EVO bio la cipolla tagliata a fette sottili, aggiungete gli asparagi a rondelle (lasciate però le punte intere) e portate a cottura (bastano solo 5 minuti scarsi da quando mettete gli asparagi). Sbattete le uova e aggiungetevi Mix Flour, Milk Life, ricotta di bufala, curcuma, sale rosa himalayano fino, pepe e menta. Amalgamate i due composti ottenuti e versate il tutto in una terrina ben unta con l’olio (oppure uno stampo antiaderente da plumcake). Infornate a 180°c per circa 30 minuti (fate la prova stecchino come per le torte).

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Giovedì, 01 Luglio 2021 08:00

Fettine di vitello al forno

Per gli amanti della carne arriva un secondo leggero e gustoso. Ancora più buono nella sua versione al forno. Il sapore delle carne sceltissima che si sposa perfettamente con le note del vino bianco Falanghina.

Ingredienti

 INGREDIENTI PER 4 PERSONE
  600 g di fettine di vitello   ½ bicchiere di vino bianco Falanghina
  Abbondante aglio tritato
  Sale rosa himalayano e pepe q.b.
  Olio extravergine di oliva
  Un ciuffo di erba cipollina
  Un mazzetto di prezzemolo   Un rametto di rosmarino
  Qualche foglia di salvia   Qualche foglia di timo
  2 foglioline di alloro   Un bicchiere di brodo
 TEMPO  ESECUZIONE
20 MINUTI FACILE

 
Preparazione

Battete dapprima leggermente le fettine di vitello con uno batticarne inumidito, conditele poi da ambo le parti con un pizzico di sale rosa himalayano fino e con un po' di pepe macinato al momento, infine cospargetele con il trito di erbe aromatiche. Allineate le fettine in una pirofila, versate sopra l'olio EVO bio, unite il vino Falanghina e il brodo, poi passate il recipiente in forno preriscaldato (180 °C) fino a quando si sarà formato un sugo ben ristretto. Servite in tavola la preparazione nel medesimo recipiente di cottura.

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Gli zuccheri sono necessari per fornire energia  e contribuire al nostro benessere. Tuttavia, elevati livelli di zuccheri, oltre a sviluppare il diabete,  possono causare danni alle nostre cellule ed ora è dimostrato che possono anche aumentare la possibilità di sviluppare il cancro. E ‘noto che l’obesità è una delle principali cause di diabete, una malattia in cui il corpo non riesce a controllare i livelli di zucchero nel sangue. Alti livelli di zucchero nel sangue si contraddistinguono per l’obesità e il diabete. Quello che è meno noto è che il diabete e l’obesità sono legati anche ad un aumento del rischio di cancro.

Cioè, la popolazione diabetica ha può addirittura  raddoppiare le probabilità di soffrire di cancro del pancreas o del colon, secondo ben sostenuti studi epidemiologici. Gli scienziati, guidati dal dottor Custodia Garcia-Jimenez alla Università Rey Juan Carlos di Madrid, hanno scoperto un meccanismo chiave che collega l’obesità e il diabete con il cancro: livelli elevati di zucchero, che aumentano l’attività di un gene molto implicato nella progressione del cancro. Il Laboratorio del Dr Garcia Jimenez stava studiando come le cellule nell’intestino rispondono agli  zuccheri e come per il pancreas  rilasciare insulina, l’ormone chiave che controlla i livelli di zucchero nel sangue. Gli zuccheri nelle cellule attivano l’intestino a rilasciare un ormone chiamato GIP che migliora il rilascio di insulina da parte del pancreas. In uno studio pubblicato in Molecular Cell, la squadra Dr Garcia Jimenez ha dimostrato che la capacità delle cellule intestinali a secernere GIP è controllata da una proteina chiamata ß -catenina, e che l’attività di ß -catenina è strettamente dipendente dal livello di glucosio. Maggiore attività di ß -catenina è noto per essere un fattore importante nello sviluppo di molti tumori e può rendere le cellule normali immortali, un passaggio chiave nei primi stadi della progressione del cancro.

Lo studio dimostra che alti (ma non normale) livelli di zucchero inducono accumulo nucleare di ß -catenina e portano alla proliferazione cellulare. I cambiamenti indotti sulla ß -catenina, le molecole coinvolte e la diversità delle cellule tumorali sensibili a questi cambiamenti,  sono stati  identificati. Il Dr. Custodia García ha dichiarato: “Siamo stati sorpresi dei cambiamenti nel nostro metabolismo causati da eccesso di zucchero nella dieta, sul nostro rischio di cancro. Stiamo ora indagando quali altri componenti della dieta possono influenzare il nostro rischio di cancro. Cambiare la dieta è una delle strategie più semplici di prevenzione. “ Colin Goding, Professore di Oncologia presso l’Università di Oxford, UK ha detto ‘Prima non eravamo sicuri di come l’ aumento di zucchero nel sangue trovato nel diabete e l’obesità possono  aumentare il rischio di cancro. Questo studio identifica un meccanismo chiave molecolare attraverso il quale glicemia alta può predisporre al cancro. Si apre la strada a nuove terapie potenziali volte a ridurre il rischio di cancro nelle popolazioni di obesi e diabetici. ‘

In tutto il mondo, 1 su 10 adulti (10%) soffriva  di diabete nel 2010 e più di un terzo delle persone con diabete non sono a conoscenza di soffrire di questa malattia. Più della metà (63%) delle morti premature in tutto il mondo sono dovute a malattie non trasmissibili (NCD), di cui il cancro e il diabete sono tra le 4 cause più frequenti. Almeno 1 su 3 dei cancri principali (27-39%), può essere evitato migliorando la dieta, l’attività fisica e la composizione corporea. C

Fonte: Madi Magazine

Essere in sovrappeso è collegato ad un più alto rischio di artrite reumatoide nelle donne, secondo i risultati della ricerca presentata questa settimana al College of Rheumatology Annual Meeting a Washington, DC L’artrite reumatoide è una malattia cronica che provoca dolore, rigidità, gonfiore, limitazione del movimento e la perdita di funzione di più articolazioni.

Anche se i giunti sono le principali aree interessate da RA, l’infiammazione può svilupparsi anche  in altri organi. Si stima che la malattia colpisce di solito le donne due volte più spesso degli uomini. Diversi studi  hanno suggerito un legame tra l’eccesso di peso e rischio RA, ma le prove erano in conflitto. Così i ricercatori del Brigham and Women ‘s Hospital, Harvard Medical School e della Harvard School of Public Health hanno  deciso di indagare ulteriormente per confermare e capire meglio la connessione. ”L’obesità o sovrappeso è un importante problema di salute pubblica mondiale”, spiega Lu Bing, MD, DrPH, ricercatore presso il Brigham and Women Hospital di Boston, e investigatore capo dello studio. Lui ed i suoi colleghi hanno cercato di saperne di più sulle connessioni tra l’eccesso di peso nelle donne e RA, attraverso questa ricerca. I ricercatori hanno esaminato la relazione tra pre-esistenti condizioni di sovrappeso e obesità e il rischio futuro di sviluppare AR nelle donne. I dati sono stati raccolti da due ampi studi di coorte, il Nurses Health Study and Nurses Health Study II. Nel primo studio, 121.700 donne di età 30-55 sono stati inclusi. Nel secondo studio, 116.608 donne di età 25-42 sono stati inclusi. Tutti i partecipanti hanno risposto a questionari per determinare lo stile di vita, le esposizioni ambientali e l’indice di massa corporea (BMI comunemente chiamato). Una persona con un BMI di 25-29,9 è considerato in sovrappeso. Una persona con un BMI di 30 o superiore è considerato obeso. RA è stata determinata sulla base di questionari di screening del tessuto connettivo e la revisione delle cartelle cliniche. L’analisi è stata aggiustata per fattori quali l’età, il fumo, il consumo di alcol, l’allattamento al seno, uso di contraccettivi orali, menopausa e l’uso di ormoni post-menopausa . I risultati hanno mostrato che le donne che erano in sovrappeso o obese hanno una maggiore incidenza di sviluppo futuro RA rispetto a donne con peso normale. Hazard ratio è un termine statistico per descrivere un rapporto dei tassi di incidenti che portano  i partecipanti allo studio allo sviluppo di RA. Le donne che erano in sovrappeso con BMI da 25 a 29,9, hanno avuto un rapporto di rischio di 1,19 nella prima coorte e 1,78 nella seconda coorte (vale a dire un rischio del 19 per cento e il 78 per cento maggiore di sviluppare RA, rispettivamente).

Le donne che erano obese, con un indice di massa corporea superiore a 30, hanno avuto una HR di 1,18 e 1,73 nelle due coorti, rispettivamente. “Questo studio esamina il ruolo potenziale di obesità e sovrappeso nello sviluppo di RA,  può fornire informazioni romanzo sulla eziologia di RA ed  ha grandi potenziali implicazioni per la salute pubblica,” afferma  il Dott. Lu. Il finanziamento per questo studio è stato fornito dal National Institutes of Health.

Fonte: Medi Magazine

 

Un recente articolo apparso su Natural News ha riferito che il latte distrugge i benefici antiossidanti dei mirtilli. Questo articolo ha lasciato molti lettori perplessi e ci siamo chiesti se questo risultato si limita solo ai mirtilli o se ci sono implicazione più ampie che potrebbero estendersi a tutta la frutta e anche alla verdura. Abbiamo trovato diversi studi che possono aiutarci a rispondere a queste domande. Alcuni ricercatori hanno scoperto che l’aggiunta di latte blocca anche il potenziale antiossidante del tè. Il latte annulla il benefici protettivi del tè. Diversi studi hanno trovato che il tè è vantaggioso in termini di salute del cuore. Dal momento che non vi è stata la prova che dimostra che il latte ed i prodotti lattiero-caseari possono bloccare la capacità del nostro corpo di assorbire gli antiossidanti, i ricercatori in Germania, hanno deciso di verificare che cosa l’aggiunta di latte avrebbe prodotto sulla capacità del tè, di protezione del cuore.

I risultati dello studio sono stati riportati nel giugno 2007, sulla rivista European Heart Journal . Nello studio, 16 donne sane hanno bevuto o mezzo litro di tè nero appena macinato, o tè nero con il 10 per cento di latte scremato o solo acqua bollita, in tre diverse occasioni ed in condizioni simili . I ricercatori hanno poi valutato la funzione delle cellule che rivestono l’arteria brachiale negli avambracci delle donne, attraverso l’uso di ultrasuoni ad alta risoluzione, sia prima che due ore dopo il consumo del tè. Essi hanno scoperto che il tè nero, oltre ad avere proprietà antiossidanti, è stato in grado di migliorare notevolmente la capacità delle arterie di rilassarsi ed espandersi, una condizione positiva per la salute cardiovascolare. Questa capacità dipende da un enzima, eNOS, che sintetizza il messaggero chimico, il protossido di azoto. Tuttavia, quando il latte è stato aggiunto al tè, questo effetto positivo era completamente assente. I ricercatori hanno concluso che il latte neutralizza gli effetti sulla salute e sulla funzione vascolare del tè e dimostrano che le proteine ??del latte, chiamate caseine, sono responsabili di annullare gli effetti positivi dei polifenoli del tè. La caseina del latte si lega ai polifenoli rendendoli inefficaci: queste proteine ??si legano specificamente a sostanze chimiche del tè, in particolare ad una catechina chiamata EGCG.

Le catechine sono una sorta di polifenoli, un gruppo di sostanze chimiche alla base degli effetti benefici di una dieta a base vegetale. EGCG è il principale antiossidante del tè verde. Questo gruppo di ricerca ha anche scoperto che il tè ha rilassato gli anelli dell’ aorta di ratto e ha aumentato l’attività dell’enzima eNOS in cellule arteriose coltivate, di quattro volte. Ma quando al tè è stato aggiunto il 10% di latte scremato, esso non aveva nessuno di questi effetti sull’ aorta di ratto o sulle cellule. Quando lo studio è stato interpretato e riportato dall’Università di Rochester Medical Center, è stato osservato che il latte non solo blocca i benefici del tè per i vasi sanguigni, ma distrugge anche gli effetti antiossidanti del tè e può negare i suoi effetti Caner-protettivi. Il dottor Robert Vogel, un professore di medicina presso l’Università del Maryland Medical School,concorda sul fatto che il tè è una delle maggiori fonti di antiossidanti. Nei paesi in cui si beve molto tè, le malattie cardiache sono diminuite, tranne che per le isole britanniche, dove è tipico aggiungere il latte al tè. Il suo consiglio è quello di aggiungere il limone al tè, ma non latte o panna. I ricercatori in passato avevano sostenuto che il latte non ha effetto sul tè, perché esso non  modifica la concentrazione complessiva di polifenoli nel sangue.

Tuttavia, in una intervista il Dr. Stangl, il leader del team di ricerca tedesco, ha dichiarato che ciò che è importante è la presenza di polifenoli specifici, come EGCG, che invece il latte blocca. I polifenoli sono più di antiossidanti, sono stati recentemente chiamati “elementi essenziali della vita”. Lavorano nel corpo per migliorare la salute e fanno molto di  più che combattere i radicali liberi. I loro specifici benefici sono oggetto di ricerca attiva. Finora si sa che i polifenoli lavorano per proteggere i sistemi del corpo da malattie croniche, in particolare malattie cardiache e cancro. Per  raggiungere o conservare una salute ottimale, gli alimenti che contengono polifenoli devono essere consumati quotidianamente, in quanto questi composti sono attivi solo nel corpo per un breve periodo di tempo. Livelli ematici di polifenoli saranno all’apice subito dopo che sono stati consumati. Alcuni polifenoli non vengono nemmeno assorbiti nel flusso sanguigno, ma semplicemente passano attraverso l’apparato digerente, dando protezione contro il cancro al colon. I polifenoli si trovano nella frutta, verdura, cereali integrali e legumi. Essi tendono a non essere distrutti dalla cottura moderata o riscaldamento, e cibi cotti possono offrire una fonte più bioavilable di alcuni polifenoli. In larga misura, i polifenoli sono il motivo per cui è così importante mangiare una dieta a base vegetale. Potrebbe essere, tuttavia,  il momento di ripensare il modo in cui combiniamo i cibi che consumiamo. Le implicazioni di queste scoperte sono enormi per la nostra salute. Ad esempio sappiamo già che il cioccolato al latte contiene pochi polifenoli rispetto al cioccolato fondente. Ciò può essere perché i polifenoli si legano alle proteine ??del latte e diventano inattivi.

Fonte: Medi Magazine

Uno  studio, che  appare oggi in Annals of Neurology , una rivista della American Neurological Association and Child Neurology Society, suggerisce che mangiare cibi che contengono anche una piccola quantità di nicotina alimentare, come peperoni e pomodori, può ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson.

La malattia di Parkinson è un disturbo del movimento causato da una perdita di cellule cerebrali che producono dopamina. I sintomi includono  tremori del viso, mani, braccia, gambe , rigidità degli arti, perdita di equilibrio e più lento movimento complessivo.Fino a dieci milioni di persone nel mondo vivono con questa malattia secondo la Fondazione Morbo di Parkinson. Attualmente, non esiste una cura per il morbo di Parkinson, ma i sintomi sono trattati con farmaci e procedure come la stimolazione cerebrale profonda. Studi precedenti hanno dimostrato che il fumo di sigaretta e di altre forme di tabacco, comprese le piante della famiglia  Solanaceae, riduce il rischio relativo di malattia di Parkinson. Tuttavia, gli esperti non hanno confermato se i componenti della nicotina forniscono un effetto protettivo o se le persone che sviluppano la malattia di Parkinson sono semplicemente meno inclini a usare il tabacco Per il presente studio basato sulla popolazione, il  Dr. Susan Searles Nielsen e colleghi dell’Università di Washington a Seattle, hanno  reclutato 490 pazienti con nuova diagnosi di malattia di Parkinson, nella  Clinica Neurologica dell’Università o della Organizzazione sanitaria regionale, Group Health Cooperative. Altri 644 individui non imparentati senza condizioni neurologiche sono stati utilizzati come controlli. I questionari sono stati utilizzati per valutare le diete  e stili di vita e uso di tabacco dei partecipanti. I dati della ricerca  evidenziano che il consumo di verdure in generale, non ha influenzato il rischio di malattia di Parkinson, ma il consumo di solanacee commestibili, ha diminuito il rischio della condizione. “Il nostro studio è il primo a indagare la nicotina nella dieta e il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson”, ha detto il dottor Searles Nielsen. “Simile a molti studi che indicano che l’uso del tabacco potrebbe ridurre il rischio di Parkinson, i nostri risultati suggeriscono anche un effetto protettivo da nicotina, o forse una sostanza chimica simile, ma meno tossica nei peperoni .”

Gli autori raccomandano ulteriori studi per confermare ed estendere i loro risultati, che potrebbero portare a possibili interventi che impediscono la malattia di Parkinson.

FONTE: http://www.medimagazine.it/mangiare-peperoni-puo-aiutare-a-prevenire-la-malattia-di-parkinson/



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