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Estremamente contagioso e non risparmia nessuno. Parliamo di Covid, il virus che da mesi sta mettendo a rischio la nostra salute.Come tutti sappiamo ormai, i soggetti più esposti sono sicuramente le categorie più deboli: anziani e malati. Ma non sono solo loro ad essere alla mercé di un nemico invisibile. Infatti, oltre alle persone avanti con gli anni o affette da diverse patologie croniche ci sono tutti gli altri. Bambini, adolescenti e adulti. Tra i fattori che incidono maggiormente sulla probabilità di contrarre questo virus c'è sicuramente l'obesità . Uno studio pubblicato su Jama, ha dimostrato che le persone obese hanno un rischio più che doppio di ospedalizzazione per Covid 19 rispetto ai normopeso e un 50% di probabilità in più di complicanze. L'indagine, condotta da Barry Popkin, nutrizionista ed esperto di obesità dell'università del North Carolina a Chapel Hill ha analizzato 75 studi internazionali sul tema, per indagare i dati disponibili sul rapporto tra obesità e Covid 19. I risultati della loro analisi hanno poi fugato ogni dubbio precedente: un obeso avrebbe il 46% di probabilità in più di contrarre la malattia, il 113% in più (un rischio più che doppio quindi) di essere ricoverato in caso di contagio, il 74% in più di finire in terapia intensiva, e il 48% in più di morire a causa di Covid 19 .

Le vere causa dell'obesità

Il 46% della popolazione italiana tra sovrappeso e obesità. La prevalenza, inoltre, aumenta al crescere dell’età, ed è maggiore nel genere maschile: la prevalenza massima riguarda la fascia d’età dei 65-74enni, con un 68,2% di soprappeso e obesi tra gli uomini e un 54,9% tra le donne. Inoltre, nel nostro Paese è obeso l’11% della popolazione. È quanto riportato dall’ultimo Italian Obesity Barometer Report, realizzato dall’Italian Barometer Diabetes Observatory foundation in collaborazione con l’Istat. «Nella gestione di questa epidemia la questione dell’obesità è stata per lo più ignorata e dobbiamo ricordare che nel mondo abbiamo più di due miliardi di persone obese e in sovrappeso, che presto saliranno a due miliardi e mezzo» ricorda su Jama Popkin. «L’obesità è uno dei grandi problemi che affronta oggi la sanità, e sapevamo che l’obesità avrebbe avuto una relazione importante con Covid – continua - eppure il tema è stato ignorato dai decisori politici e molti ricercatori, con un’attenzione molto maggiore riservata al diabete, all’ipertensione e disturbi cardiovascolari come problemi per chi contrae Covid».

 Obesità  in aumento, due miliardi nel mondo

La prevalenza di individui con sovrappeso o obesità è ai massimi storici e sta aumentando in tutto il mondo. Questo è vero non solo nei paesi a reddito più elevato, ma anche nei paesi a reddito medio e basso con alti livelli di malnutrizione che portano al doppio fardello della malnutrizione. Pochi paesi a basso e medio reddito hanno una prevalenza di individui con sovrappeso o obesità inferiore al 20% tra la popolazione adulta. Questa prevalenza non è in calo in nessun paese. Nei paesi a reddito più elevato, la prevalenza di individui con sovrappeso/obesità era già elevata negli anni '90 e ha continuato ad aumentare. Infatti, porzioni più ampie delle loro popolazioni sono diventate individui con obesità patologica con indici di massa corporea (BMI) superiori a 35-40 kg m −2. L'obesità è intrinsecamente una malattia metabolica caratterizzata da alterazioni del metabolismo sistemico, tra cui resistenza all'insulina, aumento del glucosio sierico, adipochine alterate (ad esempio l'aumento della leptina e diminuzione dell'adiponectina) e infiammazione cronica di basso grado. Una forte evidenza dimostra come la disregolazione degli ormoni e dei nutrienti negli individui con obesità possa compromettere la risposta alle infezioni. L'iperglicemia, un segno distintivo chiave del T2D, è altamente associata agli individui con obesità. È importante sottolineare che è stato dimostrato che il glucosio sierico non controllato aumenta significativamente la mortalità per COVID-19. Durante i periodi di infezione, il glucosio sierico incontrollato può compromettere la funzione delle cellule immunitarie direttamente o indirettamente tramite la generazione di ossidanti e prodotti di glicazione. Allo stesso modo, sia la segnalazione dell'insulina che della leptina sono fondamentali nella risposta dell'effettore infiammatorio dei linfociti T in quanto regolando la glicolisi cellulare, supportando la produzione di citochine effettrici. Questi fattori metabolici si combinano per influenzare il metabolismo delle cellule immunitarie, che determina la risposta funzionale ai patogeni, come SARS ‐ CoV ‐ 2. Inoltre, le persone obese hanno effetti modulatori su popolazioni di cellule immunitarie chiave critiche nella risposta a SARS ‐ CoV ‐ 2. In particolare, un aumento dell'IMC è associato a una maggiore frequenza dei sottoinsiemi di cellule T CD4 antinfiammatorie Th2 e cellule T regolatorie.

Obesità e ipertensione arteriosa

«I dati di letteratura disponibili confermano senz’altro l’aumentato rischio di ricoveri e decessi negli obesi», spiega Paolo Sbraccia, professore di Medicina Interna e direttore dell’Unità di medicina interna – centro medico dell’obesità dell’Università Tor Vergata di Roma. «I motivi sono molti: il tessuto adiposo, come le cellule dei polmoni, esprime la famosa proteina Ace 2 a cui si lega il virus, e queste proteine possono facilmente staccarsi e raggiungere i polmoni, facilitando l’invasione di Sars-Cov-2. L’organismo degli obesi presenta poi uno stato di infiammazione cronica che facilita l’insorgenza della tempesta di citochine, tra le complicazioni più gravi di questa malattia. L’obesità in sé, inoltre, crea problemi di respirazione e complica le procedure di ventilazione messe in pratica nelle terapie intensive, rendendo così più probabile un quadro clinco più grave. Ci sono meno certezze invece sulla possibilità che l’obesità renda anche più alto il rischio di infezione da Sars-Cov-2, anche se esistono indizi di un’alterazione del funzionamento del sistema immunitario legato all’obesità che potrebbero spiegare questa evenienza. E purtroppo, presagirebbero anche una minore efficacia dei vaccini nelle persone obese». Anche il consumo alimentare di acidi grassi può influenzare le risposte infiammatorie. Le prostaglandine, i derivati degli acidi grassi a catena lunga, sono pirogeni di fase acuta che danno inizio alla risposta infiammatoria locale durante l'infezione.

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(Fonte: Il Sole 24Ore)

La pericolosità del virus per le persone in sovrappeso, d’altronde, è emerso chiaramente in zone come gli Stati Uniti, dove la prevalenza dell’obesità è notevolmente più alta di quella del nostro paese: «A New York – sottolinea Sbarca – si è vista da subito un’alta letalità del virus nelle comunità più disagiate, in cui l’obesità è un problema più comune. Da noi nella prima ondata la letalità dell’epidemia è risultata più alta nelle persone molto anziane, ma anche questo sta cambiando». «Dati certi non sono ancora disponibili – continua Sbraccia – ma parlando con i colleghi che si occupano delle terapie intensive sembra che l’età media dei ricoverati sia scesa di almeno 10 anni, e in moltissimi casi questi pazienti, che hanno ormai un’età media che si aggira attorno ai 70 anni, soffrono di obesità».

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Per approfondimenti:

Obesity Review "Individuals with obesity and COVID‐19: A global perspective on the epidemiology and biological relationships"

La Repubblica "L’obesità raddoppia il rischio di ricovero per Covid 19"

JAMA Network "Large Meta-analysis Digs Into Obesity’s COVID-19 Risks"

Fanpage "L’obesità può aggravare l’infezione da coronavirus nei giovani"

La Stampa "Scatta l’allarme obesità: è la regina di ogni malattia eppure la sottovalutiamo"

Agi  " Gli obesi sono più a rischio Coronavirus "

OK Benessere e Salute  " Obesità: in Italia un morto ogni 10 minuti. Serve una svolta "

OK Benessere e Salute  " Obesità: ecco tutti i rischi che si corrono" "Obesità: ecco tutti i rischi che si corrono "

Società Italiana Obesità (SIO)

Società Italiana di chirurgia dell'Obesità e delle Malattia Metaboliche (SICOB.)

Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI)

 LEGGI ANCHE:  Obesità e altri disordini metabolici: in Italia, un morto ogni 10 minuti

Dal sovrappeso all'obesità: Vitamina D, nemica dei chili di troppo

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Arriva l'ingrediente avveniristico di cui tutti parlano, ma che in pochi conoscono. Al via con l’olio di girasole alto oleico. Sicuramente meno conosciuto di quello tradizionale, ma ricco di benefici. Cos’è l’acido oleico? Per antonomasia l’acido grasso maggiormente presente nell’olio d’oliva che appartiene ai grassi monoinsaturi (quelli con un solo doppio legame nella sua struttura chimica); a differenza del classico olio di girasole, dove l’acido grasso in maggiore quantità è quello linoleico (polinsaturo) che possiede due doppi legami. In sostanza, l’olio alto oleico, si differenzia dalla sua versione classica per la tipologia dei grassi in esso contenuti o meglio, la prevalenza di grassi insaturi, per la precisione, grassi polinsaturi; a differenza degli altri oli di semi che in genere contengono prevalentemente grassi polinsaturi, ovvero i grassi facilmente deperibili che vanno più facilmente in contro a ossidazione e irrancidimento. Altro punto a sfavore dell’olio di girasole: è altamente sconsigliato sia per le fritture che per le cotture ad alte temperature (quindi anche per le cotture in forno). Ha un punto di fumo più basso rispetto ad altri oli e, di conseguenza, a temperature più basse sviluppa sostanze cancerogene in tempi più brevi rispetto ad altri oli.

Insomma, un surrogato con tutte le carte in regola. Dunque, poiché è un acido grasso monoinsaturo, l’olio girasole ad alto oleico assomiglia più all’olio d’oliva per composizione di acidi grassi che non al tradizionale olio di girasole. Peculiarità che lo mette in una posizione di vantaggio rispetto all’altro per una serie di motivi. Prima tra tutte, la sua resistenza alle alte temperature permette una minore ossidazione e produzione di sostanze tossiche e cancerogene, oltre a una maggiore durata dell’olio durante la cottura. Proprio per questo motivo viene principalmente utilizzato per le fritture e per le cotture al forno. Altro punto a favore, le basse concentrazioni di acido linoleico (rispetto all’olio di girasole classico) conferiscono un’altra caratteristica positiva: un minore potere infiammatorio. La presenza di acido oleico rispetto a quello linoleico riduce la produzione di prostaglandine. Contribuisce quindi a limitare l’ondata infiammatoria e favorisce la prevenzione e il trattamento di alcune patologie. Un altro vantaggio è quello di regolare le lipoproteine plasmatiche. L’acido oleico, infatti, aumenta la produzione di HDL (il colesterolo buono), migliorando il profilo lipidico del sangue e la protezione cardiovascolare.

La salubrità del simil olio extravergine

L'olio di girasole alto oleico fa la sua comparsa in Russia, nel lontano '76 dove viene realizzata la prima varietà mutante di girasole, il Pervenets, con alto contenuto di acido oleico. L'80% della produzione mondiale di semi di girasole proviene tutt'oggi dalla Russia e dell'Ucraina. «Poiché l’olio extra vergine di oliva è un prodotto delicato e instabile è stato necessario creare dei surrogati, meglio se a prezzi più competitivi, che riuscissero a riunire tutte le virtù salutistiche dell’extravergine, dando un’immagine di salubrità, al contempo facendo leva sull’utilizzo più comune dell’olio: la cucina e la frittura» spiega Christian Orlando, biologo e nutrizionista. «Le due caratteristiche salutistiche più importati per l’extravergine – prosegue l’esperto - sono l’alto contenuto di acido oleico (acido grasso monoinsaturo) e il contenuto di fenoli (antiossidanti naturali)». «L’industria alimentare ha così creato un olio di semi di girasole ad alto oleico (80% dichiarato), arricchito di vitamina E e antiossidanti naturali di rosmarino, alloro e salvia – precisa Orlando - si tratta di un simil olio extravergine di oliva perfetto ed in più viene considerato ottimo per friggere in quanto stabile fino a 230 gradi».

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«L’olio di semi di girasole alto oleico ha anche un altro vantaggio, la shelf life (conservabilità) è di 24 mesi, contro i 18 medi di un extra vergine». «L'acido oleico è un grasso omega 9 ad azione antinfiammatoria e immunitaria con effetti benefici anche sul metabolismo e a differenza degli omega 3 e omega 6 che non sono sintetizzabili dal corpo umano ma devono essere introdotti mediante l’alimentazione, gli omega 9 rientrano nella categoria dei prodotti che l’organismo riesce a produrre partendo da altri tipi di grassi di cui l’acido oleico è il più importante» conclude il biologo. Ideale per le alte temperature e per la preparazione dei dolci, perfetto per i condimenti a crudo. Unica raccomandazione: come tutte le cose, si sa, va consumato senza esagerare!

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Per approfondimenti:

Marie Claire "Cos'è l'olio di girasole alto oleico e perché potrebbe sostituire l'extra vergine di oliva"

Teatro Naturale "La perfetta operazione di marketing: il simil olio extra vergine di oliva"

Il fatto alimentare "Arriva nei supermercati l’olio di semi di girasole alto oleico..."

Harvard Medical School "Olive oil or coconut oil: Which is worthy of kitchen-staple status?"

Journal of the American College of Cardiology "Olive Oil Consumption and Cardiovascular Risk in U.S. Adults"

La Stampa "L’olio d’oliva vince su tutti gli altri: lo conferma ricerca di Harvard Medical School"

Il Secolo XIX "L’olio d’oliva vince su tutti gli altri: lo conferma ricerca di Harvard Medical School"

Di Lei "Olio di oliva: tutti i benefici per la nostra salute"

Consiglio Nazionale delle Ricerche "L'olio fa bene al cervello, soprattutto negli anziani"

LEGGI ANCHE: Al via con la sfida del più sano: conquista il podio l’olio d’oliva

SOS invecchiamento? Arriva l'olio EVO, potente alleato del cervello

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Non solo colpa del “periodo delle castagne”. Sempre più diffuso soprattutto durante la stagione autunnale. La fastidiosa caduta dei capelli non risparmia proprio nessuno. Infatti, secondo l’Italy Report Beauty Track, è tra le principali preoccupazioni delle millennials: l’80% delle donne tra i 25 e 34 anni dichiara di perdere i capelli. Le cause? Dallo stress all’alimentazione disordinata, dall’inquinamento all’uso eccessivo di piastre e phon. Questi, tra i principali fattori che contribuiscono a indebolire il bulbo pilifero e a danneggiare, di conseguenza, la fibra capillare provocandone la rottura o la caduta. Tuttavia, sono soprattutto, fattori biologici come lo stress emotivo, i cambiamenti ormonali, abitudini alimentari e la routine ad influenzare il ciclo di vita dei nostri capelli agendo alla sua radice che, si indebolisce sempre più fino a lasciarlo cadere. I fattori esterni o di stress quotidiani, invece, come ad esempio lo styling termico, potrebbero causare l'indebolimento della fibra stessa. I capelli continueranno a crescere, nonostante la rottura della fibra causata dalle aggressioni cosicché questi finiranno per spezzarsi e diventare sempre più fragili.

Dalla caduta dei capelli alla CALVIZIE, cause e rimedi naturali

«Ci sono due ragioni per cui si ha una caduta temporanea di capelli: da un lato si tratta di una reazione allo stress, dall’altro è un processo progressivo legato ad un indebolimento del bulbo alla radice», spiega in un’intervista a D Repubblica l’hairstylist David Lucas. «Noi perdiamo tra i 40 ai 100 capelli al giorno quindi non c’è nulla da temere. I capelli si rinnovano costantemente. D’altro canto, se i capelli sono fragili, l’uso frequente di spazzola o phon o anche l'attrito con un asciugamano può sensibilizzarli ancora di più. Anche gli elastici possono danneggiarli!». Un consiglio? «Oltre a utilizzare i prodotti per il giusto trattamento è necessario massaggiare regolarmente il cuoio capelluto in modo da stimolare la microcircolazione» conclude. Non dimentichiamo comunque che il capello ha un ciclo vitale che si sviluppa in tre fasi prima di essere sostituito da un nuovo capello: nascita e sviluppo (fase anagen), crescita (catagen) e caduta (telogen). Quindi anche i capelli hanno un proprio ciclo vitale che va dai 2 ai 7 anni e che si ripete circa 20 volte. Perdere fino a 100 capelli al giorno, per le chiome folte, è da considerarsi naturale ricambio fisiologico.

Stress e insonnia, i grandi nemici dei capelli

«È fisiologico che le persone perdano da 50 a 200 capelli al giorno. Poiché ciascun capello ha uno suo ciclo di vita, è normale che i capelli cadano in modo casuale nelle diverse zone della testa», spiega a D Repubblica la dermatologa, Laura Scott. «Se i capelli cadono più della normale quantità giornaliera, oppure la caduta è concentrata in un’area specifica della testa, allora siamo di fronte ad un’anomalia e bisogna intervenire. Inoltre, la caduta temporanea dei capelli prima dei 35 anni è molto diffusa, sia per cause legate alla salute del bulbo, sia per la sensibilizzazione del fusto. Non c'è motivo per cui i capelli cadano di più con l'invecchiamento, ma la caduta può derivare da effetti collaterali dei farmaci, malnutrizione, depressione e malattie, che sono più comuni in quelli in età avanzata». L’esperta poi, si legge nell’intervista, spiega la relazione con un fattore cruciale come lo stress. «Non ci sono studi che colleghino in maniera diretta la qualità del sonno con la perdita dei capelli ma esiste sicuramente un legame tra la qualità del sonno e i livelli di ormoni dello stress i quali, a loro volta, influenzano il follicolo pilifero e possono portare alla caduta occasionale dei capelli».

integratori per capelli vitamine

Insomma, stress, sonno e alimentazione. La caduta dei capelli potrebbe dipendere da una serie di fattori non trascurabili. Nel caso della perdita di capelli durante il cambio di stagione le cause sono da ricondursi a fenomeni fisiologici. Spesso l'alimentazione è tra i primi fattori da considerare. Difatti, la carenza di alcuni elementi nutritivi potrebbe rendere il capello più debole e provocarne la caduta. Viste le principali cause scopriamo ora come prevenirla! Innanzitutto cominciamo con la giusta alimentazione e la corretta integrazione. Particolare attenzione alla dieta! Nel contrasto alla caduta dei capelli è fondamentale uno stile alimentare sano ed equilibrato, ricco di vitamine e minerali. l cibi, infatti, sono fondamentali per la salute della nostra chioma. Non dimentichiamo poi che le proteine aumentano la crescita. La vitamina B12, inoltre, contenuta in uova, carne e pollame, è fondamentale sia per la crescita che per il benessere, mentre i cibi ricchi di ferro come i broccoli o il lievito di birra ne combattono la perdita. La biotina poi, presente nel fegato e nel tuorlo d'uovo, è essenziale per la naturale crescita dei capelli, ma anche la caffeina che favorisce e stimola la crescita. Per aumentare i sali minerali nell'organismo è importante mangiare frutta e verdura di stagione, meglio se cruda. E ancora il miglio, che fortifica la chioma. Gli alimenti ricchi di betacarotene, trasformato in vitamina A, sono indispensabili. Preziosi per il benessere della nostra chioma anche la vitamina C che promuove la produzione di collagene e che troviamo negli agrumi, nell'insalata, nelle patate, nei pomodori, oltre che nei mirtilli, nelle more e nelle fragole.

CALVIZIE: dalla caduta dei capelli all'alimentazione

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Per approfondimenti:

Il Giornale "Il cibo e i nostri capelli Ecco come custodirli

Dire Donna "Capelli fini: cause, rimedi, consigli e i prodotti migliori"

MSN Lifestyle "Perdita di capelli: ecco come combatterla

Al Femminile "Cibi che fanno bene ai capelli: la lista dei super food per la tua chioma!"

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Le persone con bassi livelli di vitamina D potrebbero essere più vulnerabili al coronavirus. È quanto evidenzia lo studio pubblicato sul Journal of American Medical Association Network Open e condotto dagli esperti dell'Università di Chicago che hanno esaminato la relazione tra i livelli di vitamina D e la maggiore probabilità di contrarre COVID-19 . «La vitamina D svolge un ruolo importante nel sistema immunitario, assicurando la salute delle cellule T e dei macrofagi, che combattono le infezioni» spiega David Meltzer dell'Università di Chicago. L’esperto sottolinea che anche studi precedenti avevano già evidenziato un legame tra livelli più bassi di vitamina D e tassi più elevati di malattie respiratorie, come asma, tubercolosi o infezioni virali capaci di compromettere la regolare attività polmonare. «Secondo i nostri dati, tuttavia - continua lo scienziato -, la vitamina D, […] sembra essere collegata a una minore probabilità di infezione in forma grave». L'équipe di ricercatori ha sottolineato che chi era carente aveva un rischio 1,77 volte superiore rispetto a chi aveva livelli adeguati.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Inoltre, non dimentichiamo che, la vitamina D viene sintetizzata attraverso la luce solare. «I livelli più alti di melanina – osserva ancora il ricercatore - sono associati a una maggiore difficoltà di assorbire la vitamina D, per cui abbiamo voluto verificare la correlazione tra la tonalità della pelle e l'incidenza di coronavirus». L’indagine è stata condotta su un campione di 489 persone, il 68% delle quali non aveva la pelle bianca. Dai risultati è emerso che il 25% (124 partecipanti) dei soggetti presentava livelli più bassi di vitamina D, sufficiente il livello registrato per il 59% (287 partecipanti) e incerto per il 16% (78 partecipanti). «Tra coloro che avevano tassi più elevati di vitamina D - prosegue l'autore - il 15% (71 partecipanti) è risultato positivo al coronavirus, mentre nel gruppo dei partecipanti con livelli più bassi la percentuale saliva al 19%». Inoltre, gli esperti della Mayo Clinic, un'organizzazione non-profit per la pratica e ricerca medica statunitense, raccomandano di assumere almeno 600 unità di vitamina D, prendendo il sole o assumendo integratori. «La sola vitamina D non rappresenta certamente un fattore influente al 10%, ma potrebbe svolgere un ruolo nell'organismo che ancora non comprendiamo» precisa Meltzer. Il risultato positivo è stato poi associato con altri fattori di rischio quali l'aumento dell'età, razza non bianca.

Ipovitaminosi e aumento di vulnerabilità al Covid

Da sempre tra i principali fattori di rischio. Tra le diverse patologie associate a una maggiore esposizione al Covid, viene allocata sin dall’esordio di questa pandemia, anche l’ipovitaminosi D. Ora, un nuovo studio, sembrerebbe confermare l’aiuto offerto contro il SARS-CoV-2 da livelli adeguati di questa vitamina. Pertanto, come evidenziato dagli scienziati nell’abstract dello studio «è stato riscontrato che il trattamento con vitamina D riduce l'incidenza di infezioni virali delle vie respiratorie, specialmente nei pazienti con carenza di vitamina D». Studi precenti, in particolare quello di un team di ricerca britannico composto da scienziati del The Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust e dell’Università dell’East Anglia avevano trovato un’associazione tra tasso di decessi superiore per COVID-19 e popolazioni con vitamina D carente, mentre i professori Giancarlo Isaia dell’Accademia di Medicina di Torino ed Enzo Medico dell'Università degli Studi di Torino avevano rilevato una “elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D” nei pazienti con COVID-19 ricoverati nel capoluogo piemontese. I dettagli della nuova ricerca americana sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica JAMA Open Netowrks.

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

Se la vitamina D riduce l'incidenza di COVID-19, si è tentati di considerare che forse potrebbe ridurre anche la sua trasmissione. Questa vitamina rafforza l'immunità innata, quindi potrebbe diminuire di conseguenza l’infezione. Inoltre, influisce anche sul metabolismo dello zinco, che riduce la replicazione dei coronavirus. Tuttavia, prevenire l’ipovitaminosi D è possibile. Le fonti naturali di approvvigionamento di vitamina D sono sostanzialmente due: la luce solare e gli alimenti. Il cibo è la seconda fonte: succo d’arancia, uova, fegato e olio di merluzzo. Tuttavia, la quantità di vitamina D presente in quello che mangiamo è di per sé insufficiente ad ovviare questo deficit vitaminico, poiché bisognerebbe mangiare questi cibi in quantità troppo elevata. Da qui la necessita di avvalersi del prezioso sostegno degli integratori. «La sintesi di essa da parte dell’organismo, attivata dall’esposizione alla luce solare, contribuisce all’80-90% dell'apporto di vitamina D. La sua assunzione con gli alimenti copre il 10–20 % del fabbisogno. Ne consegue che l’assunzione con la sola dieta non è generalmente sufficiente a mantenere il giusto apporto di vitamina D» spiega Renato Masala, endocrinologo della piattaforma di esperti di Top Doctors.

Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche

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Per approfondimenti:

JAMA Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"

Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"

AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"

Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"

Dire "Il 60% dei bambini ha carenza di vitamina D"

Corriere Nazionale "Il 60% dei bambini soffre di carenza di vitamina D"

Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"

Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"

Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"

Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"

Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"

Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"

Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"

Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

LEGGI ANCHE: SOS ipovitaminosi. Il 60% dei bambini con carenza di vitamina D

Cuore e vitamina D: riduce il rischio di infarto e le complicanze future

Dal sovrappeso all'obesità: Vitamina D, nemica dei chili di troppo

Calcio, magnesio e vitamina D: i principali nemici dell'osteoporosi

Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare

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Oltre al raffreddore c'è di più! Non solo per contrastare i sintomi influenzali, ma anche come valido supporto per la tonicità muscolare. E di conseguenza, per tenere alla larga altri disturbi legati alla muscolatura come ad esempio osteoporosi, menopausa e stress. Quindi, la vitamina C non fa bene solo al nostro sistema immunitario. È quanto dimostrato da un recente studio condotto dalla East Anglia University. Infatti, secondo l’indagine, una sua assunzione costante aiuterebbe anche i muscoli, con un’azione anti-età soprattutto nelle donne over 50. Questo prezioso contributo apportato dall’acido ascorbico al nostro organismo faciliterebbe il contrasto della sarcopenìa, ossia la diminuzione della massa muscolare. Questa patologia è legata ai cambiamenti ormonali che entrano in gioco durante la menopausa e al conseguente passaggio a uno stile di vita più sedentario o a una riduzione dell’attività fisica. A questa poi, subentrano altri fastidi non trascurabili tra cui l'osteoporosi (la fragilità ossea), il diabete mellito di tipo 2. Altro nemico dei nostri muscoli è proprio lo stress. La vitamina C, aiuterebbe anche a combattere lo stress grazie alla produzione dei cosiddetti ormoni del buonumore, come le endorfine, che aiutano a rilassare la muscolatura.

Solitamente, la sarcopenia si manifesta in soggetti sedentari a seguito di un lungo periodo di inattività fisica oppure può accentuarsi semplicemente con l’avanzare dell’età. Tuttavia, la sarcopenia non è solo una conseguenza inevitabile dell'età, ma si verifica anche in condizioni di stress ossidativo crescente nel tempo con la formazione di radicali liberi. Per quel che riguarda l’osteoporosi, invece, si tratta di una malattia sistemica dello scheletro che aumenta la fragilità delle ossa e la predisposizione alle fratture, causato dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo e una riduzione della massa ossea. Anche l’osteoporosi, o osteopenia nella sua fase iniziale, è correlata a diversi fattori, primo fra tutti l'invecchiamento, seguito poi dalla riduzione della densità minerale ossea, dalla menopausa, dalla limitata attività motoria. Oltre alla perdita della tonicità muscolare, la sarcopenìa porta a uno stato di debolezza, alla possibile perdita di equilibrio, oltre a una maggiore probabilità di andare incontro a diabete di tipo 2.

Un elisir anti-invecchiamento

Oltre 50 milioni di persone soffrono di indebolimento muscolare. «Era già dimostrato che la vitamina C non solo stimola le difese immunitarie, ma agevola anche il recupero muscolare dopo uno sforzo fisico, perché neutralizza i radicali liberi che sono responsabili anche dell’invecchiamento cellulare» spiega in un’intervista a Donna Moderna Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. L’associazione di questo importante nutriente a due preziosi aminoacidi (lisina e metionina) favorisce la sintesi della carnitina, considerato un vero e proprio carburante per il sistema muscolare. Inoltre, contribuisce anche alla produzione dell’elisir dell’eterna giovinezza: il collagene. Non trascurabile il suo ruolo anti-età su pelle e tessuti. «Lo studio britannico – si legge nell’intervista - ora ha indagato un aspetto nuovo, che riguarda il rapporto tra le quantità di vitamina C assunte da un campione di persone molto vasto e la probabilità di andare incontro a sarcopenìa, ossia il depauperamento muscolare». E poi ancora il sostegno contro il nemico di tutti i giorni: lo stress. «Si tratta dello stress, responsabile dell’aumento del cortisolo, che a sua volta depaupera il muscolo e ne facilita l’atrofia» continua il nutrizionista.

VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici

Lo studio è stato condotto su 13 mila donne e uomini tra i 42 e gli 82 anni che avevano aderito al progetto European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition. Sono stati analizzati la massa muscolare, la quantità di grasso e acqua nell’organismo e i livelli di vitamina C: «I gruppi che avevano assunto più vitamina C avevano massa muscolare migliore e muscoli più tonici» spiega Ailsa Welch, epidemiologa e principale autrice dello studio. La ricerca dimostra che anche che le persone con maggiori livelli di vitamina C potevano avere fino al 3% di muscoli in più. Dato importante considerato che, dopo i 50 anni, si può arrivare alla perdita annua dello 0,5-1% di massa tonica. L’indagine mostra l’incofutabile importanza dell’acido ascorbico soprattutto negli over 50, negli anziani e in particolare nelle donne, dove la menopausa porta al maggior rischio di fragilità ossea. Inoltre, è scientificamente dimostrato che a un miglioramento della massa muscolare segue anche un miglioramento anche dello stato osseo. Questo meccanismo si verifica perché un sistema muscolare in piena attività stimola il supporto dell’apparato scheletrico. Senza dimenticare poi, che migliorando la tonicità muscolare, si riduce il rischio sia di cadute che di fratture. Frequenti nei soggetti in età avanzata e, ancor più in quelli affetti da osteoporosi o anche solo nelle donne alle prese con la menopausa. Insomma, superati i 50 anni, sembra che, grazie alla sua azione anti-invecchiamento dei muscoli, l’assunzione di vitamina C, con l’alimentazione e l’integrazione, sia fondamentale per mantenersi in forma, soprattutto a livello muscolare.

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Per approfondimenti:

Donna Moderna "Vitamina C per i muscoli delle over 50"

Il Sole 24Ore "Una pelle nuova con la vitamina C"

Donna Moderna "Vitamina C, l’antiossidante naturale che fa bene alla pelle"

Fanpage "Vitamina C per la pelle: perché fa bene e come usarla"

GQ Italia "La vitamina C è l'ingrediente che rende più bella la pelle questa estate"

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Al via con il decalogo della vitamina D. «Il 60% dei bambini italiani ha una ipovitaminosi: una carenza di vitamina D. Una percentuale molto alta che deve far riflettere noi clinici. I fattori di rischio sono: ridotta esposizione alla luce solare, elevata pigmentazione cutanea, allattamento al seno esclusivo senza profilassi, adolescenza e obesità» spiega in un’intervista a Dire Giuseppe Saggese, professore ordinario di Pediatria all’Università di Pisa (Unipi) e direttore responsabile di ‘Sipps’, la rivista ufficiale della Società italiana di Pediatria preventiva e sociale. Non solo l’infanzia, infatti, anche l’adolescenza è una fase a rischio ipovitaminosi D. Questo fenomeno è dovuto soprattutto dall’elevato numero di ore, nell’arco della giornata, che i ragazzi trascorrono a casa tra social network e serie televisive a discapito delle passeggiate all'aria aperta e sotto al sole. Altro fattore di rischio e strettamente correlato con l’ipovitaminosi è l’obesità. Infatti, l’insuccesso della perdita di peso potrebbe essere dovuto a una carenza di vitamina D. Numerosi studi dimostrano che i soggetti obesi o in sovrappeso presentano bassissimi valori di vitamina D nel sangue. In altre parole, riportare la vitamina D a livelli ottimali promuove la perdita di peso, potenzia gli effetti di una dieta ipocalorica e migliora il profilo metabolico. Quindi, «tutte le persone obese dovrebbero controllare i propri livelli di vitamina D e, in caso di deficit, assumere supplementi» spiega Luisella Vigna, a capo dell’indagine e responsabile del Centro Obesità e Lavoro del Dipartimento di Medicina Preventiva, Clinica del lavoro dell’Ospedale Maggiore Policlinico. Inoltre, aggiunge l’esperto nell’intervista  a Dire «la vitamina D svolge un’azione precisa e specifica a livello scheletrico e, in caso di carenza, possono presentarsi problemi di rachitismo e un difetto di acquisizione di massa ossea».

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Ovviamente non sono esclusivamente i più piccoli a soffrire di questo deficit. Ben il 70% degli italiani presenta una carenza di questo prezioso micronutriente con il conseguente rischio di osteoporosi. Percentuale che sale al 100% per le persone ospedalizzate. Prevenire l’ipovitaminosi D? Le fonti naturali di approvvigionamento di vitamina D sono due, la luce solare e gli alimenti. Il cibo è la seconda fonte: succo d’arancia, uova, fegato e olio di merluzzo. Tuttavia, la quantità di vitamina D presente in quello che mangiamo è di per sé insufficiente ad ovviare questo deficit, poiché bisognerebbe mangiare questi cibi in quantità troppo elevata. Da qui la necessita di avvalersi del prezioso sostegno degli integratori. «La sintesi di essa da parte dell’organismo, attivata dall’esposizione alla luce solare, contribuisce all’80-90% dell'apporto di vitamina D. La sua assunzione con gli alimenti copre il 10–20 % del fabbisogno. Ne consegue che l’assunzione con la sola dieta non è generalmente sufficiente a mantenere il giusto apporto di vitamina D» spiega Renato Masala, endocrinologo della piattaforma di esperti di Top Doctors. Inoltre, non dimentichiamo che, non solo la sua carenza è associata a un aumentato rischio di infarto miocardico e relativa insufficienza cardiaca acuta, ma ne peggiora addirittura gli esiti e le conseguenze.

Il decalogo della vitamina D

1) La vitamina D è un fattore importante per la salute del bambino e dell’adolescente;
2) La principale fonte di approvvigionamento di vitamina D è rappresentata dall’esposizione alla luce solare. La dieta fornisce quantità trascurabili di Vitamina D;
3) La maggioranza degli organismi scientifici internazionali considera come sufficienti/normali i valori di vitamina D (25-OH-D) = 30 ng/m (=75 nmol/L), insufficienti i valori compresi tra 20 e 30 ng/ml (50 – 75 nmol/L) e come indicativi di deficit quelli =20 ng/ml (= 50 nmol/L), (deficit severo = 12 ng/ml: =30 nmol/L);
4) E’ stata dimostrata un’elevata prevalenza di ipovitaminosi D (= 30 ng/ml = insufficienza + deficit) in età pediatrica. I principali fattori di rischio sono: ridotta esposizione al sole, elevata pigmentazione cutanea, allattamento al seno esclusivo senza profilassi, adolescenza, obesità, specifiche patologie (es. insufficienza epatica o renale), farmaci interferenti con il metabolismo della vitamina D (es.antiepilettici, corticosteroidi);
5) La vitamina D svolge un’azione favorevole e ben definita a livello scheletrico. Il deficit di vitamina D influenza negativamente la salute ossea del bambino e dell’adolescente potendo determinare rachitismo e alterazione del processo di acquisizione della massa ossea;

Il 60% dei bambini ha carenza di vitamina D

                                                                         

6) La Vitamina D svolge diverse azioni extra-scheletriche, contribuendo in particolare alla regolazione del sistema immunitario. L’ipovitaminosi D è stata associata ad un aumentato rischio di infezioni respiratorie e a un peggiore controllo dell’asma. Al momento, nonostante l’interesse degli studi, l’eterogeneità degli stessi non permette di evidenziare un ruolo causale e/o terapeutico della vitamina D in tali condizioni patologiche;
7) Il dosaggio della vitamina D non è indicato di routine, ma deve essere limitato ai casi con patologie scheletriche o altre condizioni in cui è clinicamente lecito sospettare una ipovitaminosi D. I risultati del dosaggio devono essere individualizzati nel singolo bambino in quanto sono influenzati da diversi fattori come il periodo dell’anno, l’esposizione al sole, l’ernia, l’indice di massa corporea, fattori genetici e la metodica di dosaggio;
8) Nel primo anno di vita tutti i bambini devono ricevere la profilassi con 400 UI di Vitamina D, indipendentemente dal tipo di allattamento. Il nato pretermine (peso > 1.500 gr) necessita di dosi superiori (600-800 UI/die) fino al compimento di un’età post-concezionale pari a 40 settimane;
9) Dopo il primo anno di vita, la profilassi (600 UI/die) deve essere individualizzata in base alla presenza o meno di fattori di rischio: durante il periodo invernale in Italia non è attiva la sintesi cutanea di vitamina D; particolare attenzione deve essere rivolta al periodo adolescenziale, quando si realizza il picco di massa ossea. Il mandato del pediatra è quello di valutare clinicamente (anamnesi, es. clinico) l’opportunità della supplementazione, in modo particolare da novembre ad aprile;
10) L’assunzione di adeguati apporti di calcio è fondamentale per la salute ossea di bambini e adolescenti.

Ipovitaminosi: tra rischi e patologie

Numerosi studi dimostrano la maggiore efficacia della vitamina D nella prevenzione delle malattie. Nella lunga lista di patologie causate dalla deficienza di questa vitamina possiamo elencare: infezioni respiratorie acute, anafilassi, anemia, ansia, artrite, asma, arteriosclerosi, autismo, malattie autoimmuni, disordine bipolare, danni cerebrali, densità del tessuto mammario, fatica e dolore cronico, abilità cognitive, raffreddori, livelli della proteina C-reattiva, morbo di Crohn, fibrosi cistica, carie, depressione, diabete, dislessia, eczema, epilessia, fibromialgia, influenza, fratture, emicrania, problemi cardiaci, colesterolo alto, HIV/AIDS, ipertensione, disfunzioni del sistema immunitario, infiammazioni, infiammazioni intestinali, insonnia, patologie renali, leucemia, lombalgia, melanoma, meningite, sindrome metabolica, sclerosi multipla, miopia, dolori muscolari, obesità, osteoporosi, morbo di Parkinson, polmonite, psoriasi, schizofrenia, ictus, tubercolosi, etc…

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

Questo fondamentale nutriente ha un effetto benefico anche sulla longevità ed è fondamentale per il corretto funzionamento del sistema cardiocircolatorio e per la protezione di cuore e cervello, oltre ad essere utile per aumentare le difese del sistema immunitario, riducendo così il rischio di ammalarsi. Inoltre, previene gravi patologie tra cui diversi tipi di tumori ed è essenziale per il sistema nervoso. In ultimo, ma non meno importante, la vitamina D contribuisce anche alla riduzione di ansia e depressione. Quindi non solo per rinforzare la risposta, ma come miglior difesa contro ogni malattia e componente cruciale del nostro sistema immunitario.

Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche

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Per approfondimenti:

Dire "Il 60% dei bambini ha carenza di vitamina D"

Corriere Nazionale "Il 60% dei bambini soffre di carenza di vitamina D"

Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"

Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"

Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"

Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"

Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"

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Febbre, tosse, raffreddore e dolori muscolari o articolari. Differenze e analogie confondono milioni di italiani. Tra i temi più discussi con l’arrivo dell’autunno, e di conseguenza dei primi malanni causati dagli sbalzi di temperatura, come riconoscere e distinguere l’influenza stagionale dal Covid. Confuse spesso a causa delle sintomatologie assai simili, secondo uno studio condotto da Assosalute, presentata durante una conferenza online, «il timore più diffuso tra gli italiani è proprio quello di non essere in grado di saperle distinguere prontamente. A sostenerlo, ben il 33% degli intervistati. Seguono poi il timore di non poter ricevere cure adeguate (14,7%), soprattutto tra gli over 65, e la paura di un nuovo isolamento (14%), soprattutto tra i più giovani». Difatti, rispetto agli anni precedenti, l’atteggiamento delle persone rispetto all’influenza è cambiato radicalmente. Tra le principali differenze degne di nota, la perdita di gusto (ageusia) e olfatto (anosmia) tipiche della Sars-CoV2, al contrario dell’influenza. Anche la tosse, in caso di Covid è secca e persistente. Altra differenza va ricondotta ai sintomi iniziali, il coronavirus si manifesta quasi sempre con febbre a cui poi si associano tosse e dolori muscolari. Al contrario, invece, l’influenza inizia quasi sempre con la tosse. Per quanto riguarda le difficoltà respiratorie poi, in caso di Covid evolvono spesso in polmonite, questo perché il patogeno tende a scendere nelle basse vie respiratorie.

VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici

«Distinguere la normale influenza da Covid-19 non è così semplice – spiega in un’intervista al Messaggero Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi - Nonostante i due virus siano diversi, i sintomi che caratterizzano l'influenza stagionale e Covid-19 sono molto simili. L’unico modo certo per fare una diagnosi differenziale è quindi quello di eseguire il tampone. È bene ricordare che l’influenza con cui abbiamo a che fare tutti gli anni presenta sempre le medesime caratteristiche: insorgenza brusca di febbre oltre i 38 gradi, presenza di almeno un sintomo sistemico (dolori muscolari/articolari) e di un sintomo respiratorio (tosse, naso che cola, congestione/secrezione nasale, mal di gola). La momentanea perdita (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), la perdita (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia), sono invece tipici del Covid e non legati all’influenza stagionale. Attenzione anche ai bambini: se assistiamo al verificarsi di un unico sintomo respiratorio, è verosimile che siamo di fronte a malanni di stagione, se invece se ne verifica più di uno contemporaneamente, è bene fare ulteriori accertamenti» suggerisce il virologo.

La prima linea di difesa per stare bene

Come già detto, con l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus è cambiato anche l'atteggiamento degli italiani in caso di sintomi influenzali rispetto al passato. Come dimostra la ricerca Assosalute, infatti, «se nel 2019 il 55% degli intervistati dichiarava che il primo comportamento, in caso di febbre, sarebbe stato rimanere a casa, riposare e assumere farmaci da banco, oggi lo conferma soltanto il 37,1%. Aumentano coloro che si rivolgeranno subito al parere del medico di base: il 34,5% rispetto al 12,3% del 2019». Sempre dall'indagine emerge che sono «stabili rispetto all'anno scorso le figure di riferimento in caso di febbre: il 53% degli italiani continuerà a rivolgersi al medico di base, seguito dal 28,4% che invece si affiderà alla propria esperienza, curandosi con gli usuali farmaci di automedicazione, soluzione più diffusa a cui farà ricorso, se necessario, il 60,6% degli italiani; cala invece il numero di coloro che si rivolgeranno al farmacista: sono il 14,6% degli intervistati, rispetto al 23,2% del 2019».

INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico

In ultimo, la raccomandazione di Pregliasco è quella di non uscire in caso di sintomi ed evitare il contatto con gli altri. Inoltre, il virologo suggerisce anche di evitare gli sbalzi di temperatura, preferire un’alimentazione sana e corretta e rinforzare il sistema immunitario, prima linea di difesa contro i malanni stagionali. Tra le altre cause di influenze e sindromi parainfluenzali, gli ambienti affollati e poco areati che creano le condizioni per la diffusione di virus e batteri. Per cui, il modo migliore per difendersi dagli attacchi degli agenti patogeni è, primo tra tutti, quello di potenziare il nostro sistema di difesa con un’alimentazione sana ed equilibrata insieme al prezioso supporto di integratori alimentari, soprattutto di vitamine e minerali che danno al nostro organismo una marcia in più per combattere gli attacchi esterni. «Un sistema immunitario efficiente — sottolinea Annamaria Colao in uno studio pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition — è importantissimo per difenderci da malattie e virus e passa anche per una nutrizione corretta». La resistenza alle infezioni può essere, quindi, migliorata e facilitata grazie agli antiossidanti, che aiutano il nostro organismo a difendersi dall’attacco dello stress ossidativo. Via libera a tavola, quindi, agli agrumi e a tutti i cibi ricchi di vitamina C, considerata da sempre l’antiraffreddore per eccellenza.

L'importanza del sistema immunitario

Attenzione poi a non trascurare i fattori che indeboliscono il nostro sistema immunitario. Primo tra tutti, il consumo smodato di alcolici inibisce il sistema immunitario e altera il microbiota intestinale, riduce inoltre le capacità dei globuli bianchi di circondare e distruggere batteri pericolosi. L’eccesso di alcolici, interferisce anche con la produzione di citochine, rendendo più sensibili alle infezioni. Da evitare assolutamente quando è in corso un’infezione virale o batterica che sia. E ancora, l’uso eccessivo di sale riduce le difese immunitarie, e quindi, la possibilità di contrastare le infezioni batteriche. Stesso meccanismo con l’introduzione di zuccheri in quantità elevate.

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Per approfondimenti:

Il Messaggero "Covid, influenza stagionale e coronavirus: come distinguere i sintomi in caso di febbre"

Centro meteo italiano "Coronavirus, influenza stagionale e raffreddore, come distinguerli: i sintomi e le caratteristiche"

Corriere della Sera "Coronavirus, come incide la dieta sulla forza del sistema immunitario"

Salute Prevenzione "Nella guerra contro i Virus la scienza si dimentica sempre del Sistema Immunitario"

Philippe Lagarde "Libro d'oro della prevenzione: difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine"

Sapere "I sistemi di difesa dell'organismo"

Corriere del Mezzogiorno "Coronavirus, come difendersi a tavola"

Il fatto alimentare "Coronavirus: dieta e trattamenti terapeutici naturali proposti da docenti di medicina"

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Vitamine e sali minerali: i principali alleati di adulti e bambini

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Al mare o in montagna. Da sempre un potente alleato. Prendiamo il sole d’estate per fare il pieno di vitamina D. Uniche regole da rispettare: con moderazione e le dovute precauzioni. Una sostanza preziosa che permette di assorbire al meglio calcio e fosforo oltre a prevenire una serie di patologie non trascurabili tra cui il rischio di ipertensione, diabete e malattie autoimmuni. Quindi, l’esposizione solare, è l’unico modo per garantire un certo quantitativo di vitamina D necessario per mantenere in salute le ossa, l’organismo e per affrontare l’inverno. Per non trascurare poi un dato importante: il 70% degli italiani è sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi. Percentuale che sale al 100% per le persone ospedalizzate. Come prevenire l’ipovitaminosi D? Le fonti naturali di approvvigionamento di vitamina D sono due, la luce del sole e gli alimenti. Il cibo è la seconda fonte di vitamina D: succo d’arancia, uova, fegato e olio di merluzzo. Tuttavia, la quantità di vitamina D è così scarsa che bisognerebbe mangiare questi cibi in quantità troppo elevata. Da qui, il prezioso sostegno degli integratori.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

 

«La sintesi di essa da parte dell’organismo, attivata dall’esposizione alla luce solare, contribuisce all'80-90% dell'apporto di vitamina D. La sua assunzione con gli alimenti copre il 10–20 % del fabbisogno. Ne consegue che l’assunzione con la sola dieta non è generalmente sufficiente e che una moderata esposizione solare rimane sempre il metodo migliore per mantenere un giusto apporto di vitamina D» spiega Renato Masala, endocrinologo della piattaforma di esperti di Top Doctors. Ovviamente, facciamo il pieno con consapevolezza, evitando l’esposizione nelle ore più calde che potrebbero provocare seri danni, alla pelle e alla salute. «Ovviamente, la durata della permanenza al sole – chiarisce l’esperto - dipende dal tipo di pelle e dal periodo dell'anno, ma, in generale, in un individuo adulto e sano è sufficiente esporre al sole un quarto della superficie del corpo (viso, mani, parti delle braccia e delle gambe) per 5-25 minuti al giorno, scoperte e senza protezione solare, per produrre una quantità di vitamina sufficiente».

Tra abbronzatura e benessere

Qualora non si riuscissero a raggiungere livelli ottimali con l’esposizione solare, e quindi, a ottenere una dose idonea di questo nutriente, diventa fondamentale avvalersi di un ulteriore supporto: l'assunzione di vitamina D tramite integratori alimentari. «Prima di tutto, la scelta di alimenti contenenti vitamina D è relativamente poca, e poi la formazione di vitamina D’attraverso la luce del sole e il rifornimento delle scorte del corpo non è possibile tutti i mesi dell'anno. Inoltre, il rischio di un insufficiente apporto di vitamina D può aumentare se non ci troviamo regolarmente all'aperto, ad esempio a causa di tante ore di smart working o di ufficio» precisa l’endocrinologo. L’esperto sostiene che l'assunzione di preparati di vitamina D sia particolarmente raccomandata nel caso di carenza. Inoltre un miglioramento non può essere ottenuto né con l'autosintesi né con la dieta. «Anche le persone anziane, soprattutto dai 65 anni in su – consiglia l’ endocrinologo - dovrebbero assumere integratori alimentari appropriati, poiché l'autosintesi diminuisce con l'età. Normalmente vengono utilizzati preparati a base di vitamina D3 o colecalciferolo. In alternativa possono essere utilizzati il calcifediolo e il calcitriolo».

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

Una scienziata norvegese: «Un quarto d'ora di sole italiano vale tanto oro per il nostro organismo. Dobbiamo fare il pieno di vitamina D con merluzzi e salmoni». Come già detto e ribadito, dai raggi Uv ricaviamo il 90% della vitamina D presente nel nostro organismo. Agendo su 4mila geni, questo elemento influenza positivamente il nostro corpo e, ancor più, la nostra salute. Inoltre, diversi studi recenti evidenziano le sue proprietà anticancro, ribadite anche durante un incontro a Milano dalla scienziata norvegese Alina Carmen Porojnicu del Norwegian Radium Hospital: «Una ricerca Usa calcola che, incrementando di una piccola quantità l'apporto di vitamina D, si riduce del 17% l'incidenza e del 29% la mortalità per tumore». «Per produrne una dose minima – prosegue l’esperta - bastano 15 minuti sotto il sole italiano in estate». «Sarebbe come bersi 250 millilitri di olio di fegato di merluzzo, o bere 5 litri di latte e consumare 100 uova senza gli effetti collaterali dell'abbuffata» conclude la scienziata. Insomma, i bagni di sole fanno bene a tutti, ancora di più agli anziani e a chi soffre di problemi alle ossa. 

Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche

 

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Per approfondimenti:

Il Giornale "Come fare il pieno di vitamina D in estate"

Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"

La Repubblica "Un mare di bellezza"

Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"

Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"

Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"

Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"

Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"

Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"

Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

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Al mare o in montagna, in vacanza o in città. Per l’estate l’importante è essere baciati dal sole. La prima regola è proprio quella di preparare la pelle al meglio per l’esposizione ai raggi solari. «Importante dedicare la giusta attenzione all’alimentazione, all’idratazione ed eventualmente valutare l’utilizzo di integratori che possano aiutarci nel percorso di preparazione della pelle al sole» suggerisce Giovanna Geri, farmacista e nutrizionista. Non dimentichiamo che la pelle è un organo dotato di memoria, capace di immagazzinare e ricordare, anche dopo anni, tutti i danni provocati da scottature e bagni di sole sbagliati, come ad esempio con la comparsa di macchie, cheratosi e, nel peggiore dei casi, anche tumori. I principali amici per un colorito intenso sono zinco e betacarotene. Il primo, dalla preziosa azione anti-invecchiamento, si trova principalmente nella frutta secca e nel cacao. «Volendo approfittare di un aiuto esterno – continua la nutrizionista – un integratore per il sole deve contenere vitamina C, vitamina A (anche come betacarotene) e zinco, in modo da preparare e rinforzare la pelle in vista di una tintarella senza scottature».

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Altro elemento essenziale, il betacarotene, naturale precursore della vitamina A, contenuto in abbondanza nell’olio di carota, protegge, insieme ad altre vitamine antiossidanti, dai danni dei raggi ultravioletti. Favorisce, inoltre, un’abbronzatura più intensa e prolungata nel tempo. E poi, via libera alla scorta di frutta e verdura di stagione che contribuiscono all’apporto di acqua e micronutrienti essenziali, validi supporti per il nostro organismo e per la nostra pelle. Un frutto al giorno toglie il medico di torno, come suggerisce lo stile alimentare Life 120. Tra le vitamine consigliate quelle ricche di antiossidanti come la vitamine A e C di cui è ricchissima la frutta estiva. «Le pesche contengono molta acqua e vitamine A, C, E e gruppo B – spiega l’esperta – il fico d’india che ha innumerevoli proprietà, in quanto ricchissimo di fibra e povero di calorie, contiene inoltre vitamine e sali minerali in abbondanza; i frutti di bosco, poi, sono miscele di antiossidanti, come vitamina C e polifenoli; le ciliegie contengono vitamine A e C; il melone, come tutta la frutta e gli ortaggi di colore giallo-arancio, contiene molta vitamina A, sotto forma di carotenoidi e vitamina C». Da qui, l’importanza di questi fondamentali nutrienti.

Dai bagni di sole alla tintarella

L’abbronzatura è il primo segnale che il corpo produce melanina e vitamina D. «Chi può faccia bagni di sole» la raccomandazione arriva dai ricercatori del Trinity College che nel nuovo studio hanno ribadito l’importanza della vitamina D per il nostro organismo. Non solo per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Oltre a ribadire l’importanza di questo nutriente e ad evidenziare la notevole carenza a livello nazionale (ipovitaminosi D) rispetto ad altri Paesi europei, la ricercatrice Rosa Kenny suggerisce prendere in considerazione integratori di vitamina D. Dal diabete all'infarto, dall'Alzheimer all'asma passando poi alla sclerosi multipla, quando diversi tipi di malattie sono associate alla carenza di Vitamina D. Questo è quanto riportato in una ricerca della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro. Fondamentale, quindi, oltre a fissare il calcio nelle ossa anche a prevenire l’osteoporosi negli anziani e il rachitismo nei bambini. “La vitamina D – spiega in un approfondimento l’Humanitas Research Hospital – è una vitamina liposolubile, viene quindi accumulata nel fegato e si presenta sotto due forme: l’ergocalciferolo, che viene assunto con il cibo, e il colecalciferolo, che viene sintetizzato dal nostro organismo. La vitamina D è scarsamente presente negli alimenti (alcuni pesci grassi, latte e derivati, uova, fegato e verdure verdi). La vitamina D viene in gran parte accumulata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari e va integrata in situazioni particolari”.

Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D

I principali segnali dell'ipovitaminosi D

Scopriamo tutti i principali segnali di deficit da vitamina D. Ecco alcuni sintomi indicativi di questa carenza: eccessiva sudorazione (soprattutto alla testa e alle mani, è uno dei principali sintomi di deficit di vitamina); stanchezza, debolezza o depressione (oggetto di una ricerca del 2006 per valutare gli effetti della vitamina D sulla salute mentale. Dallo studio è emerso che coloro che avevano bassi livelli di vitamina D erano più        inclini a manifestare depressione, poiché, la serotonina, conosciuta come “ormone del buonumore”, aumenta con l’esposizione alla luce solare); problemi intestinali (in caso di patologie intestinali che danneggiano l’assorbimento dei grassi, è molto probabile una carenza di vitamina D. I principali disturbi intestinali che danneggiano l’assorbimento dei grassi sono  morbo di Crohn e celiachia); dolori alle ossa (dipendono spesso dalla carenza di vitamina D); pelle scura (gli individui con la pelle scura tendono ad assorbire minore quantità di vitamina D, aumentando di rischi di carenza); età avanzata (l’avanzare dell’età determina una minore produzione di vitamina D, che pertanto andrebbe integrata in altro modo); sovrappeso (un aumento del peso corporeo, determina una maggiore necessità di vitamina D rispetto al fabbisogno di un normopeso, pertanto in caso di sovrappeso le probabilità di carenza sono più elevate).

Tutti i miracoli della vitamina della bellezza

L’altra parte del lavoro, la svolge un altro grande alleato: la vitamina C. Da sempre la vera star dell’estate. Fresca, riposata, uniforme, luminosa e visibilmente più giovane. Un importante alleato della nostra pelle che ne previene l’invecchiamento. I notevoli benefici della vitamina C sono molteplici. Dall'azione antiossidante, alla protezione dai radicali liberi e, di conseguenza, previene l'invecchiamento cellulare. Inoltre, favorisce la produzione naturale di collagene, riduce la stanchezza, protegge la pelle dai raggi UV e aumenta la melanina nella grana del derma. Un valido aiuto per prevenire i segni dell’invecchiamento, le macchie cutanee, uniformare l’incarnato e rendere meno visibili i segni del tempo. La Vitamina C è nota per essere uno dei più potenti antiossidanti, che stimolano collagene rendendo la pelle elastica e rimpolpata. Inoltre, l’acido ascorbico mantiene la pelle compatta ed elastica (grazie alla concentrazione di elastina), rinforzandola e proteggendola dall'azione dei radicali liberi. Migliora quindi la compattezza della cute e la protegge da fumo, inquinamento e raggi solari. Oltre alla sua azione benefica per il sistema immunitario è anche un valido rimedio naturale per avere una pelle più luminosa, quindi, anche contro fattori ambientali e naturali che, col passare del tempo, lasciano sulla pelle un colorito spento e poco uniforme. Grazie alla sua notevole azione schiarente, la vitamina C aiuta a prevenire e ridurre sia le macchie cutanee, sia le reazioni biochimiche che rendono l'incarnato spento e irregolare.

VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici

«È un potente antiossidante in grado di combattere l'aging cutaneo e stimolare la sintesi del collagene», spiega al Sole 24Ore Mariuccia Bucci, dermatologa a Sesto San Giovanni (Mi). «Non solo – aggiunge la biologa -, se la nostra pelle appare spenta, affaticata, macchiata, un'applicazione topica di vitamina C aiuta a ridurre tutti questi inestetismi». Perché questo nutriente è così importante per il nostro corpo? «La vitamina della bellezza rappresenta la principale difesa contro i grassi nocivi – spiega al Sole 24Ore Nicola Sorrentino, nutrizionista a Milano - buone fonti di questa vitamina sono l'olio di semi, l'extravergine d'oliva, l'anguilla, il caviale, il tonno sottolio, le uova, la frutta secca e le foglie verdi esterne degli ortaggi». «L'acido ascorbico – continua la dermatologa – è utile nel miglioramento della struttura della pelle assicurando un miglioramento delle concentrazioni di collagene ed elastina, pilastri del derma». «E' anche utilizzato come schiarente, un suo derivato è efficace contro l'iperpigmentazione e nel ridurre le infiammazioni post trattamenti laser» conclude Mariuccia Bucci.

Storia e segreti della VITAMINA C nella prevenzione di tante malattie

Tuttavia, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarlo, questo prezioso nutriente deve essere assunto attraverso l'alimentazione e l’integrazione. Tra gli alimenti che ne sono maggiormente ricchi troviamo la frutta con agrumi, fragole e kiwi e la verdura con broccoli, spinaci e lattuga. Non dimentichiamo che un consumo regolare di questi alimenti, all’interno di una dieta equilibrata, potenzia gli effetti di questa vitamina sulla pelle. La deficienza di vitamina C è generalmente imputabile a un insufficiente consumo di alimenti, da cui deriva quel senso di stanchezza persistente che costituisce uno dei sintomi più comuni della sua carenza. O anche in presenza di una serie di condizioni che riducono le scorte di vitamina che deve necessariamente essere apportata con una dieta bilanciata o con integratori specifici. Per cui, sarebbe auspicabile, soprattutto in estate, un aumento dell’apporto di questa preziosa vitamina, per bilanciare e riequilibrare la perdita di acido ascorbico causato da una maggiore sudorazione.

I consigli dell’esperto

«Il sole svolge numerose azioni benefiche per la salute, ad esempio stimola la produzione di vitamina D, indispensabile per fissare il calcio nelle ossa e per un buon mantenimento della nostra muscolatura, ma anche di ormoni importanti per il benessere, sia fisico che psichico. Dall’altra parte però rappresenta anche uno stress per l’organismo, che si difende dai suoi raggi provocando l’abbronzatura. In effetti, per aumentare le difese nei confronti delle radiazioni, la pelle si abbronza grazie a un pigmento bruno, la melanina, prodotta dai melanociti, cellule presenti nel tessuto cutaneo» spiega Christian Orlando, biologo. «Non bisogna considerare solo il betacarotene – precisa l’esperto - che stimola la sintesi della vitamina A, ma soprattutto alimenti ricchi di antiossidanti, in grado di proteggere la pelle dai danni del sole. Perché un’abbronzatura luminosa passa innanzitutto da una cute sana e radiosa. Ad esempio la vitamina C che partecipa alla formazione del collagene, il tessuto di sostegno dell’epidermide, alla quale garantisce l’elasticità; ha un ruolo antiossidante combattendo la formazione di svariati tipi di radicali».

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Per approfondimenti:

Ansa "Estate, il sole e la pelle, come avere un'abbronzatura perfetta senza danni in 6 passi"

Il Sole 24Ore "Una pelle nuova con la vitamina C"

Gazzetta dello Sport "Vitamina C, le spremute non bastano. Come fare il pieno anche d’estate?"

Donna Moderna "Vitamina C, l’antiossidante naturale che fa bene alla pelle"

Fanpage "Vitamina C per la pelle: perché fa bene e come usarla"

GQ Italia "La vitamina C è l'ingrediente che rende più bella la pelle questa estate"

NaturalmenteFarma "Vitamina D: sole e abbronzatura aiutano a sintetizzarla"

LEGGI ANCHE: La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa

Vitamina C: la scorta per l’estate, quando le spremute non bastano!

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Afa e caldo torrido, da sempre causa di notti insonni. Caldo e sonno non vanno a braccetto. Al contrario, le alte temperature incidono negativamente sul nostro riposo rendendo l’addormentamento più lento e complesso. Le afose notti estive riesco puntualmente a privarci del tanto meritato riposo notturno. Scopriamo perché! Prima di addormentarci, la nostra temperatura esterna tende a uniformarsi. «Nella fase di addormentamento la temperatura degli arti aumenta di un poco» spiega a Vanity Fair, Sara Montagnese, professore di Medicina all’Università di Padova. «Viceversa – precisa l’esperta -, diminuisce quella della zona centrale del corpo, tronco e torace». Montagnese spiega perché con gli caldo, con i vasi sanguingni più aperti, gli arti diventano più caldi del normale. «Quando fa freddo – si legge nell’intervista a Vanity Fair - facciamo fatica a prendere sonno perché il nostro corpo non riesce a scaldare facilmente le zone periferiche, soprattutto mani e piedi. Al contrario, quando fa molto caldo, gli arti sono già – come si dice tecnicamente – vasodilatati». Ma c’è dell’altro. Quando finalmente riusciamo a prendere sonno, capita dopo un po’ di svegliarsi bagnati di sudore. «La sudorazione – evidenzia l’esperta - è una strategia del nostro corpo per disperdere calore e abbassare la propria temperatura. È una risposta alle temperature elevate che può rendere l’addormentamento più lento».

Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze. Il numero delle ore riposate diminuisce all’aumentare delle temperature. L’afa non toglie solo il respiro, ma anche il sonno. Dalle notti passate a rotolarsi nel letto, ai risvegli all’insegna della stanchezza. E poi, la quantità non coincide quasi mai con la qualità. Soprattutto in questo caso. Dormire non significa riposare bene, con un sonno costante e senza interruzioni. Proprio per questo, e ancor più, per il benessere del nostro organismo, l’importante e svegliarsi riposati, al mattino, e con la giusta energia per affrontare la giornata. Secondo la Sleep Foundation americana la stanza da letto ideale dovrebbe essere fra i 15,5 e i 19,5 gradi. Tra le nostre cattive abitudini, c'è proprio quella di tirare fino a tardi. Infatti, il sonno sporadico, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze e se, nel breve periodo, riguardano soprattutto benessere fisico e psichico, nel lungo periodo, danneggiano anche il cuore. Ebbene sì, dormire poco o male ci rende vulnerabili e maggiormente predisposti e soggetti a ictus e infarti. Lo conferma uno studio condotto lo scorso anno da un team di ricercatori dell’Università del Colorado di Boulder. Gli studiosi avevano determinato che chi dorme meno di 7 ore a notte presenta livelli inferiori di tre microRNA nel sangue, molecole che regolano e giocano un ruolo importante nel consentire il corretto funzionamento dei vasi sanguigni.

 Il caldo nemico del sonno

«Stabilire routine semplici può aiutare i nottambuli a regolare i loro orologi interni e a migliorare la loro salute fisica e mentale complessiva: livelli insufficienti di sonno e disallineamento circadiano possono influire negativamente su molti processi corporei, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, cancro e diabete», evidenzia Debra Skene dell'Università del Surrey. L'esperta spiega che rispetto alle persone mattiniere, i nottambuli soffrono maggiormente nella nostra società per riuscire ad adattarsi agli orari imposti dalla società (scuola o lavoro), che non sono sincronizzati con i loro orologi interni. «Riconoscendo queste difficoltà e fornendo semplici strumenti per migliorare il benessere fisico e mentale - conclude la ricercatrice -, possiamo fare passi avanti in una società che è costantemente sotto pressione per massimizzare la produttività e ottimizzare le prestazioni delle persone in determinati momenti della giornata».

Con il termine insonnia s'intende non «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Tra le conseguenze negative, della carenza di sonno, possiamo annoverare il diabete di tipo 2, l'obesità, poiché quando si dorme meno si tende solitamente a mangiare di più e si bruciano le calorie con maggiore difficoltà, la sindrome metabolica e la perdita dell'elasticità cutanea. Proprio per questo, per contrastare insonnia e disturbi del sonno è fondamentale un buon alleato: scegliere la corretta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è proprio la melatonina. Una molecola naturale antichissima (la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa), prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali.

Tutti i consigli per RIPOSARE meglio ed essere più energici

Senza dimenticare poi ansia e stress. Deleterie per il nostro benessere psicofisico poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso. A complicare un quadro già critico anche le tante faccende da sbrigare e le mille cose da pianificare nei giorni che precedono la partenza per le vacanze estive. Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors). Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935; la sindrome viene definita in questo modo da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se, infatti, nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». Inoltre, in situazioni come quella che precede la partenza, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione.

I consigli per dormire bene e svegliarsi riposati

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I consigli dell’esperto

«Che sia in arrivo la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno, il cambiamento influenza pesantemente il nostro organismo» sostiene Christian Orlando, biologo. «Il doversi adattare a un nuovo clima – continua -, alla diversa lunghezza della giornata e a nuove abitudini di vita, può generare stress mentale e stanchezza fisica. Ogni volta che c’è un cambio di stagione potrebbero manifestarsi una serie di disturbi, che possono compromettere la qualità della vita quotidiana». «Spesso si parla di disordine affettivo stagionale che si manifesta con malessere e stress. Sono diverse le cause che potrebbero celarsi dietro la stanchezza del cambio di stagione, tra cui l’alterazione della serotonina e della melatonina, dovute alle modifiche nell’alternanza tra luce e buio» evidenzia l’esperto. «Comunque – suggerisce Orlando - ci sono dei semplici rimedi che possono aiutare a vivere meglio il cambio di stagione, è importante assumere vitamine del gruppo B che supportano il nostro metabolismo energetico, la vitamina C perché contribuisce a ridurre stress e affaticamento e la melatonina importante per ritrovare il giusto equilibrio sonno-veglia. E’ importantissimo anche idratare l’organismo, che ha bisogno di eliminare le tossine e le scorie accumulate inoltre anche una leggera attività fisica è utile per rilassare la mente».

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Per approfondimenti:

Vanity Fair "Dormire quando fa caldo da morire? Ecco come fare"

Corriere della Sera "Estate, come dormire bene quando fa caldo e stare freschi"

La Repubblica "Insonnia d'estate, come recuperare sonno e benessere"

The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"

Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"

Oggi "Insonnia da caldo? 10 consigli per dormire bene anche con l’afa"

Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"

La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"

Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"

Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"

La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

LEGGI ANCHE: L'insonnia fa male al cuore: dalle notti tormentate alle patologie cardiovascolari

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