Dannata insonnia! Non risparmia nessuno, neanche i giovanissimi. Assolti dal carico delle responsabilità perchè non è sempre e solo colpa delle cattive abitudini che spingono gli adolescenti a restare svegli fino all’alba. Secondo un recente studio, pubblicato su Jama Otolaryngology condotto su quasi 12 mila ragazzini tra i 9 e i 10 anni il 7% riferiva di dormire male per più di 3 notti a settimana a causa di problemi di russamento, a loro volta causa di apnee notturne che arrivano a influenzare le capacità cognitive. Stando ai postumi del lockdown i dati riportati da uno studio pubblicato sulla rivista Sleep Medicine, nell’ultimo anno, i disturbi del sonno sono aumentati del 25%. Umore, lucidità mentale, energie e performance: il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo tutti le conseguenze, a prescindere dall'età. Dalle notti passate a rotolarsi nel letto, ai risvegli all’insegna della stanchezza. E poi, la quantità non coincide quasi mai con la qualità, soprattutto in questo caso. Difatti, dormire non significa riposare bene, con un sonno costante e senza interruzioni. Proprio per questo, e ancor più, per il benessere del nostro organismo, l’importante e svegliarsi riposati, al mattino, e con la giusta energia per affrontare la giornata. «Non solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani» la definisce così l'insonnia, Adriano Panzironi nel libro “Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti”.
Il 65% dei bambini italiani sotto i 6 anni e il 71% di quelli più grandi hanno avuto, nell’ultimo anno, problemi comportamentali e sintomi come l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno, inquietudine e ansia da separazione. A sottolinearlo è stata un'indagine sull'impatto psicologico e comportamentale delle conseguenze del lockdown sui bambini e sugli adolescenti, presentata al Ministero della Salute e condotto dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova su un campione di 3.245 famiglie con figli sotto i 18 anni a carico. Nei bambini e adolescenti (età 6-18 anni) i disturbi più frequenti hanno interessato la componente somatica (disturbi d’ansia e somatoformi come la sensazione di mancanza d’aria) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento e di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa). In particolare, in questa popolazione è stata osservata una significativa alterazione del ritmo del sonno con tendenza al ‘ritardo di fase’ (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino), come in una sorta di “jet lag” domestico. In questa popolazione di più grandi è stata inoltre riscontrata una aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore. Obiettivo: regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. L’alleato migliore per contrastare insonnia e disturbi del sonno indubbiamente, e da sempre, la melatonina. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo, una molecola naturale antichissima (la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa), prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali. Deleterie, inoltre, per il nostro benessere psicofisico anche ansia e stress poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso.
La melatonina poi è anche un potente antiossidante con azione di pulizia nei confronti dei radicali liberi, (anche più efficace delle vitamine C, E e del Beta-carotene). Rafforza il sistema immunitario, innescando un processo inibitorio del cortisolo. «Risulta efficace contro i microbi, i virus e le cellule neoplastiche» precisa Adriano Panzironi. Alcuni ricercatori dell’Ospedale Oncologico di Milano hanno dimostrato l’attività inibitoria della melatonina, sulla crescita delle cellule tumorali del cancro alla prostata. All’Università di New Orleans è stata riscontrata un’azione inibitoria anche verso altri tipi di neoplasie, quali il cancro ai polmoni, all’utero ed alle mammelle. La melatonina, inoltre, prolungherebbe anche la sopravvivenza dei malati terminali (migliorando nel contempo la qualità della vita). Difatti da esperienze riportate dal professor Paolo Lissoni responsabile della divisione Oncologica dell’Ospedale di Monza, l’utilizzo della melatonina ha aumentato del 16% le regressioni tumorali (di solito incurabili) su tumori gastrointestinali, polmonari e nei mesoteliomi. «Somministrata durante la chemio e la radioterapia – continua Panzironi -, ha ridotto gli effetti collaterali, di solito devastanti. E, per dovere di cronaca, va detto che il professor Di Bella, per primo indagò sull’azione antitumorale della melatonina ed infatti la inserì nel suo protocollo di cura. La sua azione protettiva è rivolta alle membrane cellulari, alle lipoproteine Ldl (contro l’ossidazione), alle cellule dell’endotelio arterioso, ai neuroni celebrali (contro l’ischemia, dovuta a stress o alcool). Inoltre, è utilizzata per alleviare i disturbi dovuti al cambio di fuso orario (sindrome da jet lag) migliorando l’adattabilità dei propri ritmi biologici all’ora locale». Utilizzata anche per migliorare i sintomi della menopausa. Difatti, se associata al progesterone, inibisce l’ovulazione. Diversi studi hanno confermato che determinati livelli di melatonina, nel flusso sanguigno, soprattutto nelle ore notturne, diminuiscono le probabilità d’infarto. «Tale effetto è dovuto alla sua azione vasodilatatrice (contrasta i radicali liberi che inibiscono l’ossido nitrico) ed antiaggregante piastrinica».
Contribuisce alla riduzione di colesterolo, aumentando il metabolismo dei grassi.
La ricerca è interessante, ma i dati sulla qualità del sonno erano autoriferiti (nessun controllo sui ragazzi in un Centro di medicina del sonno per verificare il reale numero degli episodi di russamento e le apnee) e, una volta eliminati tutti i cosiddetti fattori “confondenti” - come, per esempio, l’ indice di massa corporea, livello educazionale e socio culturale dei genitori - si è visto che le differenze tra chi dichiarava di dormire bene senza russare e chi sosteneva l’opposto, dal punto di vista delle performance cognitive si riducevano - spiega in un’intervista a Il Corriere della Sera Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano - Una metanalisi pubblicata su Nature Human Behaviour, che considera precedenti studi fatti in Olanda, Inghilterra e Stati Uniti, su oltre un milione di soggetti, ci dice che il 13,2% dei ragazzi tra i 6 e i 13 anni ha difficoltà ad addormentarsi e il 9,1 % a mantenere il sonno; tra i 14 e i 17 anni le percentuali salgono rispettivamente al 15,5% e al 23% mentre, tra i 18 e i 25, si arriva al 22,6% per i problemi a prendere sonno mentre le interruzioni del riposo calano al 9,4%. Tuttavia in quest’ultima fascia di età cominciano a manifestarsi i risvegli precoci che riguardano il 10% dei soggetti. In una nostra ricerca, condotta su mille ragazzi, e pubblicata su Sleep Medicine, abbiamo visto che la più alta percentuale di sonno poco riposante e di risvegli notturni si verifica tra i 16 e i 17anni e che tra i 18 e i 19 anni il 40% dei giovani dorme poco e il 42% ha difficoltà ad addormentarsi.
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
Anche il russamento riveste un ruolo importante nell’insorgenza di queste problematiche.
Tutto sommato marginale – prosegue nell’intervista l’esperto -, tranne che nella fascia di età tra i 3 e gli 8 anni. Sono altri i responsabili del cattivo sonno. Innanzitutto la tendenza dei ragazzi a dare poca importanza al ruolo del riposo notturno, a vivere “premendo sull’acceleratore” alla sera, adottando comportamenti sbagliati, come il cattivo uso della tecnologia - certamente aumentato in questi tempi di pandemia e lockdown - che, causando eccitazione, ritarda il rilascio della melatonina, l’ormone del sonno. Poi ci sono fattori costituzionali, come il fatto di nascere “gufo” e cioè addormentarsi e, quindi, svegliarsi tardi, cosa che predispone a difficoltà di sonno. – Tra gli altri fattori poi capaci di influenzare negativamente il sonno, anche l’ansia - In uno studio, recentemente pubblicato su Frontiers of Psicology, si è visto che su 313 ragazzi tra i 12 e i 16 anni che avevano contattato il medico di medicina generale per problemi di ansia, il 38 % soffriva di insonnia e l’83% riferiva un tempo di addormentamento superiore a 30 minuti. Chiedersi se siano le prolungate difficoltà di sonno a causare l’ansia o viceversa è come domandarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina. - Attenzione poi a non incorrere in spiacevoli conseguenze - Si indebolisce il sistema immunitario e possono peggiorare gli stati di ansia e depressione. Per quanto riguarda l’apprendimento è noto che si riduce il volume cerebrale di alcune aeree, e in particolare dell’ippocampo che è il “centro di comando” della memoria. Il sonno profondo riduce poi l’accumulo di beta amiloide, proteina responsabile dell’Alzheimer. A differenza di quanto avviene durante l’infanzia, alla sera l’organismo degli adolescenti produce in ritardo la melatonina, ma si può fare comunque molto. Scandire la giornata con ritmi regolari e orari dei pasti e del riposo il più possibile fissi. Incoraggiare l’attività fisica, specie all’aria aperta. Cercare di capire se ci sono problemi di stress, magari legati alla scuola e, in generale, non far finta di non vedere il problema. O i problemi.
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Per approfondimenti:
Il Corriere della Sera "I bambini e gli adolescenti soffrono di insonnia? E che cosa si può fare?"
La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"
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Agi "Dormire male indebolisce le difese immunitarie"
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PubMed "Magnesium intake and depression in adults"
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Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"
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Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"
Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"
La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"
Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"
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Dalla sintesi di carboidrati, lipidi e proteine, alla contrazione muscolare. Coinvolto in oltre 300 vie metaboliche, il magnesio è un oligoelemento essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Benefico per ossa, muscoli, cuore e cervello. Questo minerale contribuisce al corretto funzionamento del metabolismo ed è un alleato del nostro benessere psicofisico. Astenia, stanchezza, spossatezza, debolezza muscolare, crampi, tachicardia sono alcuni sintomi di una ipotetica carenza ovvero, sono campanelli d’allarme di ipomagnesemia. Tra le sue più comuni manifestazioni anche emicrania, sbalzi d’umore, irritabilità e disturbi del sonno. Fenomeni di aritmia cardiaca, invece, ricorrono solo nei casi di grave ipomagnesemia. Nella fase premestruale, in gravidanza e in menopausa. Alle prese con questo importante minerale soprattutto le donne. Tra gli altri anche gli sportivi. Un’intensa attività fisica, infatti, può provocare perdite significative di magnesio, a causa della sudorazione eccessiva e degli sforzi muscolari prolungati. Presente in tantissimi alimenti tra cui le verdure a foglia verde, i cereali integrali, la frutta secca, le banane e il cacao. Gli esperti dell’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, per un'limentazione varia, corretta ed equilibrata raccomandano almeno un apporto quotidiano di 350 mg per l’uomo e 30 mg per la donna. Anche l’acqua è una fonte di magnesio, in grado di coprire il 10% del fabbisogno giornaliero.
Emicrania e cefalea? Tra gli alimenti consigliati nel contrasto al mal di testa, causa principale delle situazioni di stress acuto, responsabili della riduzione dei livelli di magnesio. Quindi non solo riposare bene, ma per prevenire questi fastidi è opportuno mangiare fare la scorta di questo prezioso minerale. Il magnesio è indispensabile per migliorare il metabolismo del calcio e di conseguenza aiuta ad evitarne depositi sul cuoio capelluto. Contribuisce al rinforzo dei capelli e mantiene la chioma forte e sana. Quindi, utile per ridurre le infiammazioni ai follicoli piliferi (l’ostruzione dei pori) e contribuisce a rinforzare i capelli permettendo che essi crescano in maniera non solo più sana, ma anche molto più rapida. Inoltre, questo minerale favorisce l’attivazione della vitamina D che aiuta, di conseguenza, anche l’assorbimento del calcio. Aiuta poi, a migliorare la circolazione del sangue nel cuoio capelluto causando la diminuzione delle cellule morte che vi si depositano. Estremamente utile in caso di forfora poichè permette la riduzione della desquamazione. Dall’effetto miorilassante, che aiuta a distendere i muscoli in caso di sforzo fisico (come ad esempio dopo l’attività sportiva oppure in caso di particolare stress o tensione) alla sua capacità di alleviare i sintomi premestruali come i crampi e i dolori addominali o il mal di testa di tipo tensivo. Prezioso per il benessere di muscoli, contrasta lo stress ossidativo e allontana le lunghe notti insonni. Secondo quanto dimostrato da uno studio statunitense condotto nel 2015, riduce persino il rischio di depressione e si dimostra un alleato indispensabile per chi pratica sport oltre che per lo sviluppo, la crescita (nei bambini) e il rinforzo (negli anziani) delle ossa.
Vigila sulla nostra salute contribuendo a una serie di processi importanti: favorisce la riduzione della stanchezza e dell’affaticamento, contribuisce all’equilibrio elettrolitico, vigila sul metabolismo energetico, favorisce il funzionamento del sistema nervoso, incentiva la funzione muscolare, facilita la sintesi proteica, contribuisce alla funzione psicologica, rinforza ossa e denti.
Influenza la sintesi proteica, la contrazione muscolare, gli impulsi del sistema nervoso, il controllo glicemico e la pressione arteriosa – spiega Luca Colucci, biologo, nutrizionista -. È fondamentale per la produzione di energia a livello cellulare, aiuta le funzioni digestive e gli organi implicati nella disintossicazione del corpo. Bisogna assumerlo mediante l’alimentazione: importante scegliere il cibo e far attenzione all’acqua che assumiamo ogni giorno: sempre più spesso la nostra dieta, ricca di zuccheri e cibo non sano, risulta “scarica” di questo prezioso minerale, (200mg al giorno circa rispetto a un fabbisogno medio di circa 350-400mg). Anche l’eccesso di caffè e l’assunzione continuata di alcol, contribuiscono alla diminuzione dei suoi livelli nei nostri tessuti.
7 segni che il corpo ha bisogno di Magnesio
Le peculiarità e le principali funzioni di questo minerale sul nostro organismo vengono spiegate anche da Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
È coinvolto in oltre 300 diversi processi metabolici risultando fondamentale per l’assimilazione del fosforo, del calcio e del potassio. Facilita l’utilizzo di alcune vitamine, come quelle del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E. Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio.
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
Se non sono sufficienti -prosegue il biologo -, è necessario adoperarsi per rifornirlo in maniera rapida e efficace, ricalibrare l’alimentazione con l’integrazione. Nella maggior parte dei casi, è consigliabile un apporto giornaliero di magnesio pari a 5-6 mg per ogni chilo di peso corporeo per evitare problemi di salute. Tuttavia, per alcune situazioni particolari, queste quantità variano raggiungendo i 10 mg per chilo di peso corporeo nelle donne in gravidanza e addirittura 15 mg per i bambini in fase di sviluppo. Il fabbisogno è influenzato da diversi fattori: la quantità di calcio presente nel sangue, l’apporto alimentare di proteine e fosforo, le riserve di vitamina D nell’organismo. In caso di sudorazione eccessiva, vomito, diarrea e disturbi gastrointestinali, la dose deve essere aumentata per evitare carenze. Un suo eccesso, invece, è molto raro ed è spesso correlato a disfunzioni ormonali, patologie renali o interazioni con farmaci specifici. Molti i disturbi fisici e nervosi legati al deficit di magnesio: stanchezza, palpebre tremanti, crampi, insonnia, depressione, ansia , spasmi, tensioni muscolari legate a uno sforzo fisico intenso sono tra le principali manifestazioni. È possibile ricorrere ad esami del sangue per quantificare possibili mancanze, valutando anche livelli di sodio, potassio e calcio, i cui deficit sono spesso associati all’ipomagnesemia. Il migliore modo per identificare subito possibili carenze è quello di ascoltare i segnali del corpo: una stanchezza eccessiva già dalle prime ore del mattino, vertigini ricorrenti, formicolio a braccia e gambe, potrebbero essere chiari segnali di allarme. Anche il dolore premestruale eccessivo può essere sintomo di problemi legati ai livelli di questo minerale. Ogni giorno due porzioni di frutta e di verdura in media garantiscono un buon apporto di questo prezioso minerale. I cereali sono la maggiore fonte di questo oligoelemento: 100 grammi di grammi di crusca di frumento, contengono fino a 550 milligrammi di magnesio. Altre fonti di carboidrati ne sono molto ricche: mais, miglio e in generale tutte le farine integrali. Anche frutti di mare, pesce, bresaola, mandorle secche, anacardi, […] ne rappresentano un’ottima fonte. Per chi soffre di carenze, si consiglia di fare uno spuntino al giorno con due quadrati, 30grammi circa di cioccolato amaro fondente: contengono oltre 90mg di magnesio. Ci sono gli integratori alimentari: il magnesio è di sicuro un classico. E’ utile approfittare nei cambi di stagione per ripristinarne le scorte, prima dell’inverno e dell’estate. In questo modo si possono prevenire crolli dei livelli energetici, purificare al meglio il corpo dalle tossine accumulate, prepararsi alle nuove sfide. Se si procede con una integrazione esterna è bene protrarla per almeno un mese. Si può partire con 100mg al giorno, salire con gradualità fino a 400mg al giorno in base alle necessità. Di solito problematiche derivate da sovradosaggi sono molto rare poiché il surplus viene eliminato attraverso le urine. Da non dimenticare che anche le acque magnesiche con una concentrazione di magnesio che supera i 50 mg/litro possono essere un valido aiuto nel ripristinarne i livelli ottimali.
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Alimentazione, cosmetici e integrazione. La salute della pelle passa dall’equilibrio interno. Primo segno visibile di queste buone abitudini sicuramente una pelle sana e luminosa. Un concentrato di vitamine e altri nutrienti è il mix vincente per il nutrimento dell’epidermide sia da dentro che da fuori. Salute, benessere e bellezza della cute sono da sempre legate alle nostre scelte alimentari. Una serie di accorgimenti che passano da una dieta in senso lato ad un’attenzione all’idratazione e alla cura con prodotti mirati. Insomma, il cibo è da sempre il nostro migliore alleato, ma spesso necessita di un supporto esterno. Non solo vitamina C e D, ma anche melatonina, magnesio, potassio e altri micronutrienti fondamentali per affrontare al meglio la nostra battaglia quotidiana e anche quella notturna. Tra le cause principali dell’esaurimento delle nostre riserve e colpevoli di stress, stanchezza, sbalzi d’umore, scarsa concentrazione, insonnia e disturbi del sonno. 2 milioni e mezzo di italiani soffrono di disturbi d’ansia, una risposta a una situazione che appare minacciosa o a cui non siamo abituati, per questo l’assunzione di vitamine contro lo stress può aiutare ad alleviare alcuni dei sintomi ad essa associati. Insomma, stress e carenza vitamina è un binomio da non sottovalutare. «Lo stress incide moltissimo anche sulla nostra pelle. Quando siamo particolarmente stressati iniziamo a sviluppare ormoni come prolattina e cortisolo che bersagliano la cute, stimolando la produzione di cellule sebacee, che portano ad iperseborrea e acrne», sottolinea in un'intervista a Gazzetta Active la dottoressa Ines Mordente, dermatologa.
Salute a rischio con STRESS e CORTISOLO, come influisce lo stile di vita
Quando il sonno diventa fondamentale. Altro legame pericoloso, infatti, è proprio quello tra pelle e insonnia. Questa, ci rende nervosi e irritabili con pesanti ripercussioni sulla nostra salute e incide negativamente anche sull’epidermide. Difatti, l’insonnia è responsabile anche di borse, occhiaie, rughe e segni del tempo oltre a lasciare la nostra pelle spenta e opaca. Nello specifico l’insonnia produce il cortisolo, l’ormone dello stress che è in grado di distruggere il collagene esistente. Le notti insonni influenzeranno anche i livelli di umidità lasciando la pelle, di viso e corpo, secca e disidratata. L’effetto della pelle spenta e opaca è dovuto proprio a questa disidratazione. La pelle reagirà producendo più sebo e, come effetto a catena, i pori si ostruiranno creando punti neri, acne, infiammazioni e pori dilatati. Sull’importanza del sonno concorda anche il dottor Sorrentino, biologo e nutrizionista: «Se si dorme poco o male l’attivazione del cortisolo, l’ormone dello stress, ha tra gli altri effetti anche quello di portarci a mangiare di più. Dormire non solo un numero sufficiente di ore, ma anche un sonno di buona qualità è fondamentale per il benessere generale dell’organismo». Questo si verifica perché durante il sonno si attiva il ricambio cellulare (turnover cellulare), un processo per cui le cellule superficiali ormai morte, lasciano il posto alle nuove. Per contro, con una buona dormita la pelle produrrà elastina, collagene e acido ialuronico oltre all’ormone della crescita, quell’ormone che ci fa sembrare eternamente giovani.
«Lo stato della nostra pelle è estremamente legato allo stato del nostro intestino. Entrambi rappresentano una barriera, quindi una funzione di protezione tra l’ambiente interno e quello esterno, ma anche una connessione tra i due ambienti” - chiarisce in un’intervista a Gazzetta Active il dottor Sacha Sorrentino, biologo nutrizionista. - Sono sempre più oggetto di ricerca le relazioni tra la disbiosi, ovvero l’alterazione della flora batterica intestinale, e le manifestazioni cutanee come psoriasi, rosacea, acne e dermatite atopica. Molti studi hanno evidenziato come la correzione terapeutica della disbiosi, con probiotici e probiotici, possa essere associata ad un miglioramento della qualità della pelle».
Proprio per questo, l’alimentazione e di conseguenza, l’eliminazione del consumo di alcuni cibi, ha un ruolo fondamentale non solo per la nostra salute, ma anche per quella della nostra pelle che poi riflette il nostro benessere interiore.
Uno stile di vita incentrato su una dieta sana, ricca di alimenti come frutta e verdura di stagione, prevede il giusto reintegro di antiossidanti, vitamine e sali minerali. I pesci di piccola taglia, non di allevamento, e la frutta secca aiutano il reintegro di omega 3 e omega 6, fondamentali nel contrastare l’infiammazione e lo stato di ossidazione - aging dovuto allo stress. Parlo di alimenti ricchi di grassi idrogenati o zuccheri raffinati, che possono nutrire alcuni batteri presenti nel microbiota, predisponendo così ad un peggioramento della salute della pelle. - Attenzione poi al consumo smodato di latte e latticini - Diversi studi scientifici hanno evidenziato come un eccessivo consumo di prodotti lattiero-caseari possa, in alcune persone sia di sesso maschile sia di sesso femminile, incrementare la comparsa di acne. Gli amminoacidi del latte, infatti, sembrano promuovere la secrezione di insulina e la sintesi di IGF-1, ormone che, inducendo la iperproduzione di sebo, risulta essere tra i principali conduttori di produzione dell’acne.
Quindi, non solo il cibo, ma per la salute della pelle bisognerebbe evitare anche limitare al minimo il consumo di alcune bevande:
Bere tè, caffè ed alcolici in abbondanza può peggiorare la qualità della pelle, irritandola. Al contrario il tè verde, come dimostrato in alcuni studi scientifici, migliora la carnagione e rende la pelle più sana e luminosa, aiutandola ad eliminare le tossine. Inoltre contiene numerose sostanze antiossidanti in grado di ridurre i segni dovuti all’età. - Ma soprattutto è bene ricordarsi di bere acqua - Una buona idratazione è indispensabile per mantenere sana l’epidermide, in quanto conferisce elasticità dei tessuti. Il fabbisogno di acqua di ciascun individuo cambia a seconda dello stile di vita. Ricordo sempre: il colore delle urine ci permette di verificare immediatamente il nostro stato di idratazione. Se siamo idratati, saranno di un colore chiaro, altrimenti più scuro.
Al via con la “routine” del benessere. A tavola e oltre! Dal giorno alla notte, dobbiamo prenderci cura quotidianamente della nostra pelle,
Per avere una pelle luminosa la regola numero uno è la costanza […] ricordiamo innanzitutto che la morning routine è diversa dalla night routine: di giorno si va incontro a fattori esterni, come il sole e altri agenti atmosferici. La night routine, invece, prevede l’utilizzo di creme con azione più rigenerante ed esfoliante, sfruttando il fatto di avere tutta la notte per favorire l’esfoliazione naturale notturna. Al mattino la prima cosa da fare è utilizzare l’acqua micellare per eliminare le cellule morte dopo l’esfoliazione notturna. Se però abbiamo una pelle secca è meglio il latte detergente o una mousse struccante delicata. Quindi si passa al sapone: dopo aver eliminato le cellule morte e dilatato i pori si passa al lavaggio. Consiglio il sapone liquido perché secca meno della saponetta. Il terzo step prevede l’applicazione di una crema da giorno, meglio se con un fattore di protezione. Il sole è una delle cause più importanti di invecchiamento cutaneo, quindi anche in età molto giovane è importante applicarla. Oggi esistono creme con fattori di protezione specifici non solo per fototipo, ma anche per il tipo di pelle, se più o meno grassa, se con macchie cutanee, rosacea, cuperose o altro. Alcuni prodotti hanno anche all’interno già il trucco. Il quarto ed ultimo step consiste nell’applicazione di acqua termale, che ha una duplice funzione: fissa il trucco e svolge una azione lenitiva. – Senza dimenticare di struccarsi. - Anche la sera il primo passaggio prevede l’utilizzo di acqua micellare, quindi sapone e poi crema, oppure siero, o ancora maschera. Si conclude anche in questo caso con l’acqua termale. A differenza del mattino, però, un paio di volte alla settimana si può utilizzare un sapone con effetto scrub o peeling, per aumentare il ricambio cellulare. Sempre un paio di notti a settimana sarebbe buona cosa utilizzare una maschera, con principi attivi mirati in base al nostro tipo di pelle, da lasciar agire tutta la notte.
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Alimentazione Gazzetta "Vitamine per la pelle, nella dieta e nelle creme: quali sono le più utili?"
Wikipedia "Pelle"
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La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa
Killer del benessere psicofisico e colpevoli dell’accelerata dei processi degenerativi. L’avanzare degli anni scorre inesorabile e con esso l’invecchiamento cutaneo, quel processo cronico e fisiologico che interessa ciascuna cellula dell'organismo e che a livello della pelle si manifesta con la comparsa di rughe, macchie, scarsa idratazione, perdita di tonicità ed elasticità. Individuati chimicamente nel 1956 dallo studioso Denham Harman, il quale giunse alla conclusione che i radicali liberi erano i principali artefici dell’invecchiamento delle cellule e ne sottolineò l’aspetto altamente nocivo. Un processo naturale che porta alla progressiva diminuzione del collagene e dell'elastina prodotti dal derma, con conseguente cedimento dell'epidermide. Tra le prime cause dell’invecchiamento precoce e quindi, dell'assottigliamento e della perdita di elasticità della pelle. I danni ossidativi intrinsechi, ovvero gli effetti negativi dovuti ad una produzione interna di radicali liberi, hanno conseguenze rilevanti sulla nostra pelle tra cui proprio la comparsa di rughe evidenti seguite da una perdita di elasticità più profonda. Insomma, contro l’avanzata dei radicali liberi, gli antiossidanti, un must per difendere la pelle dal processo di invecchiamento. Dalla pelle arrossata a quella infiammata, da quella irritata a quella disidratata. Uno squilibro devastante che potrebbe creare danni irreparabili se non contrastato in tempo e con i giusti mezzi. Inoltre, i radicali liberi privano la pelle della sua capacità naturale di trattenere l’acqua e difendersi dall’inquinamento e dalle impurità. Difatti, il compito dei trattamenti antiossidanti è proprio quello di proteggere l'epidermide dai danni causati dai radicali liberi e quindi dall’inquinamento in superficie contrastando anche la perdita di idratazione. I radicali liberi sono poi responsabili di numerose malattie cardiovascolari e degenerative oltre a invecchiamento e calvizie. Tra gli altri fattori di rischio insonnia e disturbi del sonno. Si teorizza infatti che durante il sonno ci sia anche un aumento nell’attività degli antiossidanti prodotti dal nostro corpo e che la privazione del sonno causi un accumulo di radicali liberi.
Nemici della giovinezza, queste sostanze di scarto si formano come conseguenza del metabolismo cellulare e come tali sono eliminate da ogni singola cellula attraverso meccanismi specifici. I radicali liberi sono molecole che in quantità eccessive danno origine a reazioni chimiche dannose. Particelle instabili e prive di una componente essenziale: questa carenza conduce gli elettroni che le compongono verso una naturale predisposizione ad unirsi agli atomi di idrogeno. Generati, mediante un evento fisiologico, dall’ossigeno tra i fattori responsabili di un aumento figurano l’eccessiva attività sportiva, l’inquinamento ambientale, l’esposizione a radiazioni solari o ionizzate, abuso di alcol e fumo, diete non equilibrate, l’assunzione di farmacia e le patologie pregresse (ipercolestemia, diabete, patologie autoimmuni e situazioni di stress). In sostanza, i radicali liberi intervengono in particolari tipi di processi estremamente negativi per l'organismo, quali invecchiamento, malattie tumorali, numerose patologie degenerative ed altre malattie di ogni genere come ad esempio la calvizie androgenetica. Antagonisti quindi dell’organismo, della pelle e… degli antiossidanti, sostanze che l’organismo produce per bloccare il processo di ossidazione e l’azione dei radicali liberi. Pertanto, prevenire l’insorgenza dei radicali liberi nel nostro corpo è un’arma importante contro l’effetto dannoso che possono provocare. Quando il nostro corpo non è più in grado di neutralizzare questi nemici della salute è necessario aiutarlo con una sana alimentazione, le giuste creme e la corretta integrazione. In pratica, il contrasto a questa azione nociva dipende dalla combinazione di alimentazione (dieta ricca di antiossidanti) e prodotti cosmetici che assumono un ruolo chiave nel trattamento e nella cura quotidiana della pelle, perché gli attivi presenti all’interno sono studiati specificatamente per trattare e proteggere la cute, con un’azione diretta sulla pelle e sui difetti da correggere.
Diversi studi evidenziano che nonostante la durata media della vita di un uomo sia propbabilmente inferiore (intorno ai 75 anni), questa, potrebbe essere sensibilmente aumentata passando addirittura ai 120 anni se solo sul nostro organismo non influisse l’azione dannosa dei radicali liberi. Difatti, essi producono un deterioramento non indifferente a livello cellulare. Danneggiando mitocondri e membrane cellulari rendono vani i processi riparatori degli antiossidanti. Questo meccanismo che porta alla morte delle cellule, crea i primi fenomeni fastidiosi a livello estetico per poi sfociare in una serie di malattie molto più gravi: malattie degenerative (sclerosi multipla, Alzheimer e morbo di Parkinson), patologie cardiovascolari (ictus, infarto e ischemie), patologie infiammatorie (enfisema polmonare, bronchite cronica, artrite reumatoide, asma, dermatite e cancro), invecchiamento di cellule e tessuti (lo stress ossidativo altera il meccanismo di rigenerazione cellulare provocando invecchiamento precoce), comparsa prematura di rughe e macchie (danneggiano i mitocondri delle cellule responsabili della struttura del tessuto epidermico) oltre a calvizie e perdita di capelli. Insomma, gli effetti nocivi di questo prodotto di scarto sono molteplici come spiega Gloria Mosconi, biologa e nutrizionista in un’intervista esclusiva a Life 120:
Cosa sono i radicali liberi e come esercitano la loro azione sull’epidermide?
I radicali liberi sono molecole aventi la caratteristica di contenere un elettrone spaiato nell’orbitale più esterno, rendendole così instabili. Per comprendere meglio questo meccanismo, va premesso che una molecola per considerarsi stabile, deve contenere non elettroni singoli, ma accoppiati due a due. Infatti, quando la molecola perde il suo elettrone, per cause che andremo a vedere, nel tentare di recuperare la sua stabilità cercherà in tutti i modi, di rubare, di strappare, un elettrone all’atomo vicino per pareggiare la sua carica elettromagnetica. Quando questo accade però, lei tornerà ad essere stabile, ma causerà l’instabilità all’atomo a cui ha strappato l’elettrone, che cercherà a sua volta di recuperare la sua stabilità strappando l’elettrone alla molecola vicina. Chiaramente è facile ed intuitivo capire che questo scatenerà un meccanismo a catena in cui gli atomi o molecole assumeranno lo stesso comportamento.
L’eccessiva produzione di radicali liberi che si accumulano nel nostro organismo sono una delle principali cause dell'assottigliamento e della perdita di elasticità della pelle?
L’organismo ha pensato ad un sistema di difesa rispetto all’attacco dei radicali. Ma quando la produzione di questi supera le capacità innate del nostro corpo, le conseguenze si riflettono sulle pelle in misura marcata ed evidente perché e l’organo in prima linea, quello sotto ai riflettori. La perdita di elasticità è uno dei primi segni di invecchiamento, ne consegue la perdita di tono e di turgore. L’importante è osservare e mettere in pratica i vari consigli, ma la cosa migliore da fare è sempre quella di prevenire ed accompagnare l’evoluzione della nostra pelle nel modo più sano e fisiologico possibile.
L'importanza degli ANTIOSSIDANTI nel contrasto ai RADICALI LIBERI
E’ possibile contrastare lo stress ossidativo e rallentare il processo di invecchiamento cutaneo?
Cerchiamo innanzitutto di comprendere nel modo più semplice possibile, l’origine ed il significato di Stress Ossidativo: La produzione di radicali liberi è un evento assolutamente fisiologico che fa parte delle numerose reazioni biochimiche cellulari soprattutto in quelle che coinvolgono l’ossigeno (ma possono derivare anche dall’azoto), per produrre energia. Infatti i radicali più conosciuti sono proprio quelli provenienti dalle reazione con l’ossigeno, chiamati ROS, come l’anione superossido e il perossido di idrogeno i quali a loro volta in presenza di metalli come ferro e rame danno origine al radicale ossidrile particolarmente tossico e responsabile della perossidazione lipidica. La loro formazione porta ad una conseguenza importante e assolutamente non trascurabile che prende il nome di Stress Ossidativo che sono proprio tutte quelle alterazioni che si producono nei tessuti, nelle cellule e nelle macromolecole biologiche, creando danno e a volte, quando la presenza dei radicali risulta essere in eccesso rispetto ai meccanismi di difesa dell’organismo, anche a morte cellulare. Come abbiamo già detto, la produzione di radicali liberi è un evento fisiologico e l’organismo ha di per sé, messo a punto un sistema di difesa in grado di neutralizzare buona parte degli effetti negativi associati appunto alla produzione di questi. Ad esempio la superossidodismutasi interviene per convertire l’anione superossido (un radicale), in perossido di idrogeno (acqua ossigenata) azione questa finalizzata a contrastare la presenza del radicale e a contrastare quindi lo stress ossidativo.
Quali sono le conseguenze dell’attacco alle molecole di collagene?
In questo caso i radicali liberi provocano più danni del previsto in quanto possono degradare e danneggiare prematuramente le nostre cellule di collagene che diventano più rigide facendoci apparire più vecchi. Infatti il collagene ma anche l’elastina e i lipidi che formano la membrana cellulare e il Dna, si possono deteriorare provocando, a lungo andare, un invecchiamento precoce ben visibile delle pelle. E’ necessario quindi che ci si protegga per tempo…. Ma bersaglio dell’azione ossidativa può avvenire anche a carico di fosfolipidi, proteine, acidi nucleici etc… , e le relative conseguenze su vari organi, compresa la pelle, sono causa di invecchiamento cutaneo con comparsa di rughe, macchie, e perdita di idratazione, tonicità ed elasticità.
Come proteggere la pelle dai questi irreparabili danni e interrompere le reazioni di ossidazione e di degenerazione?
Se è vero che in molti casi i radicali liberi sono i nemici della pelle (oltre che dell’organismo), è altrettanto vero che i migliori alleati per contrastare e mantenere la pelle in salute sono gli Antiossidanti, sostanze che l’organismo produce per bloccare l’azione di questi. Gli Antiossidanti infatti sono già presenti all’interno del corpo, e buona parte di essi viene assunta attraverso l’alimentazione. Tuttavia questo non è sufficiente perché una parte di essi si disperde nell’intestino, e anche perché gli alimenti sono sempre più depauperati, e gli effetti benefici possono non arrivare direttamente alla pelle. Bisognerebbe inoltre fare attenzione a ciò che si mangia e si beve . Seguire uno stile di vita orientato il più possibile nell’ evitare sostanze inquinanti , stress, diabete, alcool, al fumo di sigaretta, al freddo, alla protezione dai raggi UV del sole applicando, non solo d’estate, creme e cosmetici con filtri solari, tutti fattori questi, scatenanti la formazione di molecole reattive.
Parliamo di "RADICALI LIBERI, AMMINE e NITRITI" nella 19a puntata de "Il Cerca Salute"
Qual è il ruolo degli antiossidanti e perché è importante inserirli nella beauty routine?
Fra le varie misure consigliate per contrastare l’azione della presenza dei radicali liberi, le sostanze antiossidante assumono un ruolo chiave nel contrastare il meccanismo molecolare favorendo la rigenerazione delle cellule danneggiate. Ora queste speciali sostanze si distinguono in sostanze antiossiodative di origine endogena (perché sintetizzate autonomamente dall’organismo) come la superossidodismutasi, la catalasi e il glutatione ridotto, oppure di origine esogena cioè apportate dagli alimenti o dagli integratori, senza dimenticare l’apporto importantissimo, e che metterei al primo posto, e che quotidianamente si può avere con cosmetici selezionati e di qualità , di cui la pelle si può nutrire per trarne molti benefici. Infatti le sostanze antiossidanti nei trattamenti cosmetici, sono quelle molecole in grado di interrompere le reazioni di ossidazione e di degenerazione prevenendone le conseguenze. Il futuro è lo studio di sostanze ad azione antiossidativa che siano anche stabili all’interno di una formulazione cosmetica. Si, perché molte di queste, come ad esempio la vitamina C, utilizzata spesso in polvere proprio per preservarne la massima efficacia, ha un periodo consigliato molto ristretto entro il quale il prodotto dovrà essere utilizzato, proprio a causa della sua poca stabilità. Stesso discorso vale per la vitamina E. Oltre alla Vitamina C ed E, esistono oggi creme per il volto e per il corpo ma anche shampoo detergenti etc… in cui si impiegano le proprietà di un metallo prezioso, cioè l’Argento in forma Organica Colloidale in concentrazioni idonee a sfruttare di esso solo i meravigliosi benefici. La forma organica colloidale favorisce la sua biodisponibilità valorizzando così i suoi principi dermopurificanti in virtù delle sue proprietà antiossidative, ed in sinergia all’acido ialuronico e alla Vitamina C, aiuta la pelle a contrastare i radicali liberi rigenerandola e rivitalizzandola, schiarendola, ristrutturandola e rendendola, in particolare quella matura, più elastica, più liscia e compatta. Ma anche a lenire gli effetti degli agenti esterni. Indicata per tutte le età, sia come prevenzione sia come ristrutturante dopo i 50 anni, l’argento colloidale accelera le reazioni biochimiche che rivitalizzano il derma fino in profondità. Migliora il microcircolo e l’ossigenazione cutanea, rallenta i processi di perdita di collagene (causati anche dalla presenza di radicali liberi), ed elastina, ripara le cellule tissutali, stimola la produzione di fibre elastiche e spiana i solchi già formati, rivelandosi un amico fedele nel contrastare i processi di invecchiamento le perdite di tono e trofismo per presenza di radicali liberi e che si manifestano ancor di più, nelle pelli stressate stanche o mature.
Gli effetti negativi sono accentuati anche dalla carenza vitaminica?
Poiché molte vitamine hanno proprietà antiossidanti vien da sé comprendere facilmente che laddove ci sia una carenza delle stesse, ci sarà anche una debole azione antiradicalica. Ci sono sostanze vitaminiche in grado di disattivare l’azione dei radicali cedendo loro stesse un atomo di idrogeno riducendo al minimo il loro effetto dannoso. Inoltre le vitamine liposolubili ad esempio, vengono incorporate nelle membrane cellulari proteggendole dal danno ossidativo.
Alimentazione, integratori e cosmesi hanno un ruolo chiave in questa lotta quotidiana?
È importante sottolineare, che è sempre meglio prevenire la presenza di un stress ossidativo assoluto mettendo in pratica una serie di misure fra cui l’alimentazione variata di frutta e verdura per l’apporto di vitamine e sali minerali la cui concentrazione nel sangue dovrà essere sostenuta con l’aiuto di integratori per via orale contenenti sostanze ad azione antiossidante come Vitamina C, Vitamina E, Coenzima Q10, magnesio, rame, zinco, selenio, omega3, polifenoli, flavonoidi etc…. Ma un ruolo chiave, a cui spesso si da erroneamente un peso relativo, è proprio la beauty routine, un MUST, per difendere la pelle dai processi di invecchiamento. In grado di interrompere le reazioni di ossidazione, donano al viso un incarnato chiaro , luminoso e puro, né opaco né lucido per esaltare la luminosità innata della pelle. Una pelle che abbandona il suo grigiore e torna ad essere chiara e naturale. Un effetto distensivo sulle rughe e di turgore della pelle emergeranno nella beauty routine. E’ fondamentale sapere cosa si stende sul proprio viso e corpo, anche attraverso l’analisi dell’INCI, scegliere prodotti delicati, e di altissima qualità, senza componenti aggressivi per la cute, sempre nel rispetto di questo grande e meraviglioso organo.
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Ansa "Rughe, è tutta una questione d'acqua"
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Wikipedia "Collagene"
DiLei "Collagene: cos’è, a cosa serve, cosa mangiare e integratori"
JAAC "Trehalose-Induced Activation of Autophagy Improves Cardiac Remodeling After Myocardial Infarction"
Alimentazione Gazzetta "Dieta e beauty routine per una pelle luminosa e sana: alimenti, creme e trattamenti"
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L'insonnia è al centro delle nuove scoperte sull'Alzheimer. Le ricerche degli ultimi anni hanno dimostrato che rischia di più l'Alzheimer chi presenta disturbi del sonno e del ritmo sonno-veglia. Ora un'indagine pubblicata sulla rivista Sleep medicine, condotta da ricercatori italiani, prova come le OSA, le apnee ostruttive notturne, contribuiscano al declino cognitivo in tutte le demenze e in particolare all’Alzheimer. Colpiscono dal 25 al 40% dei pazienti negli stadi da lievi a moderati della malattia, i disturbi del sonno sempre più una costante nelle persone affette da Alzheimer (AD). La devastante malattia neurodegenerativa è tra le forme più comuni di demenza, definita dall'accumulo anomalo ed eccessivo di diversi peptidi tossici tra cui placche amiloidi (Aβ) e grovigli neurofibrillari (NFT). La demenza di Alzheimer comporta cambiamenti atrofici nel cervello con conseguente perdita di memoria, disfunzione cognitiva e danni alle sinapsi. In molti, insonnia e disturbi del sonno possono rappresentare una causa di neurodegenerazione. Infatti, un pregresso di interruzione del sonno precedente all'insorgenza dei sintomi cognitivi potrebbe rappresentare un potenziale fattore di rischio per l'Alzheimer. Sebbene i meccanismi attraverso i quali un sonno scarso possa contribuire alla genesi dell'Alzheimer non siano completamente compresi, numerose evidenze scientifiche collegano i disturbi del ciclo sonno-veglia con la deposizione di beta-amiloidi ovvero sulla relazione tra insonnia e il conseguente sviluppo dell'Alzheimer. Il carico di amiloidi sembra essere potenziato dalle interruzioni del ciclo sonno-veglia e si sospetta sia un importante meccanismo attraverso il quale le interruzioni del sonno contribuiscono allo sviluppo dell'Alzheimer. Altri meccanismi poi innescati dall'interruzione del sonno possono anche essere coinvolti nello sviluppo dell'Alzheimer, come l'ipossia cerebrale, lo stress ossidativo, i disturbi dei ritmi di attività circadiani, la sovraespressione di orexine e la compromissione della barriera emato-encefalica. In pratica, l’interruzione del ritmo circadiano negli anziani potrebbe rappresentare, in particolare tra quelli con malattie neurodegenerative, un'importante caratteristica prodromica per lo sviluppo dell'Alzheimer. O meglio, la ridotta ritmicità circadiana è stata associata ad un aumento del rischio di questa malattia. Le alterazioni del ritmo circadiano sono esse stesse responsabili dello sviluppo della malattia: potenzialmente, la disregolazione dell’orologio biologico potrebbe danneggiare il sistema immunitario o provocare stress ossidativo, contribuendo alla genesi di questo disturbo. Biancamaria Guarnieri, neurologa e tra gli autori del report spiega in un'intervista a Donna Moderna il rapporto tra insonnia e demenza:
È un rapporto che va oltre quello che si credeva fino a pochi anni fa, quando i disturbi del sonno erano un triste accompagnamento della malattia che, nella fase avanzata, portava all’ospedalizzazione e comprometteva la serenità dei caregivers. Si è visto che le proteine dannose dell’Alzheimer, Beta Amiloide e Tau, si accumulano all’interno del sistema nervoso centrale soprattutto durante le ore di veglia e vengono poi eliminate dormendo bene. Perciò un sonno cattivo può interferire con questo meccanismo. Inoltre, uno studio americano ha mostrato un rallentamento dell’Alzheimer in pazienti curati per le apnee. In età avanzata ci possono essere insonnia, parasonnie, disturbo del comportamento in sonno Rem, sindrome delle gambe senza riposo, eccessiva sonnolenza diurna, che non sempre è il corrispettivo di una notte in cui si dorme male. Poi ci sono le OSA, le apnee ostruttive notturne, che rappresentano un fattore di rischio e favoriscono una più veloce progressione della malattia. Si manifestano soprattutto tra gli adulti, più nei maschi, e in oltre il 40-50 per cento dei casi di Alzheimer. Gli uomini che ne soffrono in genere se ne accorgono prima e si rivolgono ai medici. I sintomi infatti sono evidenti, russano, fanno svegliare le loro compagne e di giorno resta loro una eccessiva sonnolenza. Nelle donne invece i sintomi sono meno facili da riconoscere: confusione, insonnia, difficoltà di concentrazione, mal di testa. Le donne hanno una prevalenza di apnee in alcune fasi del sonno (sonno Rem). Perciò nel loro caso le OSA sono ignorate dalle stesse pazienti, sotto-diagnosticate o diagnosticate in ritardo.
Pericolo ALZHEIMER? Quando la prevenzione comincia a tavola
Secondo quanto riporta il Rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con l’Alzheimer’s Disease International, la demenza, in costante aumento nella popolazione è “una priorità mondiale di salute pubblica”. I dati poi non sono certo incoraggianti: 35,6 milioni di persone nel mondo sono affette da demenza, ogni anno si registrano 7,7 milioni di nuovi casi, un nuovo caso ogni 4 secondi. Uno scudo a questo fenomeno in costante aumento sembrerebbe arrivare proprio dalla melotonina che oltre ad essere un valido alleato per contrastare l'insonnia si è dimostrato anche un regolatore endogeno latente della neurogenesi per mitigare la neuropatologia di Alzheimer. La melatonina, un neuro-ormone sintetizzato dalla ghiandola pineale, è noto come agente pleiotropico multifunzionale che ha un'ampia gamma di ruoli neuroprotettivi in molteplici disturbi neurodegenerativi legati all'etàe in particolare, alla malattie di Alzheimer (AD). Difatti, la secrezione di melatonina diminuisce con maggiore frequenza proprio nelle persone affette dalla demenza dell'Alzheimer, tale riduzione si pensa possa essere responsabile della disorganizzazione dei ritmi circadiani, dei problemi legati al sonno e della compromissione delle funzioni cognitive osservati in questi pazienti. Inoltre, tra le peculiarità riscontrate proprio nei pazienti affetti da Alzheimer anche la cosiddetta “sindrome del tramonto” che si manifesta con agitazione e confusione durante le ore serali. Da qui l'assunto che l'integrazione di melatonina sembrerebbe avere effetti positivi su questa sindrome come su altri disturbi del sonno. Senza considerare poi la lunga serie di benefici per l'organismo e per il rinforzo delle difese immunitarie dovuti anch'essi al corretto riposo. Ad oggi, non esiste un trattamento curativo contro la progressione dell'Alzheimer ma esistono una serie di buoni abitudi per limitare al minimo i rischi di questa invalidante patologia. A questo proposito, la melatonina svolge un ruolo cruciale per l'inibizione dell'interruzione circadiana controllando i geni dell'orologio e attenua anche l'accumulo di amiloidi e l'iperfosforilazione della tau regolando la via di segnalazione della glicogeno sintasi chinasi-3 (GSK3) e della chinasi 5 (CDK5) dipendente dalla ciclina. Un aiuto importante per contrastare lo stress ossidativo e la morte neuronale durante la progressione dell'Alzheimer.
Insomma, una malattia neurodegenerativa cronica con meccanismi fisiopatologici ben definiti, che colpisce principalmente il lobo temporale mediale e le strutture neocorticali associative. Le placche neuritiche e i grovigli neurofibrillari rappresentano i segni patologici dell'Alzheimer e sono rispettivamente correlati all'accumulo del peptide beta-amiloide (Aβ) nei tessuti cerebrali e ai cambiamenti del citoscheletro che derivano dall'iperfosforilazione della proteina associata ai microtubuli nei neuroni. Secondo l'ipotesi amiloide dell'Alzheimer, la sovrapproduzione di beta-amiloide è una conseguenza dell'interruzione dei processi omeostatici che regolano la scissione proteolitica della proteina precursore dell'amiloide. Genetica, fattori legati all'età e ambientali contribuiscono ulteriormente a uno spostamento metabolico favorendo l'elaborazione amiloidogenica a scapito della via fisiologica secretoria. I peptidi beta-amiloide, invece, sono generati dalla successiva scissione da parte della beta-secretasi (BACE-1) e della gamma-secretasi che è stata recentemente caratterizzata come parte del complesso della presenilina. Tra le diverse isoforme beta-amiloidi che presentano sottili differenze a seconda del numero di amminoacidi C-terminali, l'amiloide svolge un ruolo fondamentale nella patogenesi dell'Alzheimer. Il potenziale neurotossico del peptide beta-amiloide deriva dalle sue proprietà biochimiche che favoriscono l'aggregazione in oligomeri e protofibrille insolubili. Questi inoltre originano specie beta-amiloidi fibrillari che si accumulano in placche senili e neuritiche. Questi processi, insieme a una riduzione della capacità di smaltimento di beta-amiloide dal cervello, porta all'accumulo extracellulare di beta-amiloide e alla successiva attivazione di cascate neurotossiche che alla fine portano a cambiamenti del citoscheletro, disfunzione neuronale e morte cellulare. L'amiloidosi intracerebrale si sviluppa nei pazienti con la demenza di Alzheimer in modo età-dipendente, ma recenti evidenze scientifiche indicano che può essere osservata in alcuni soggetti già nella terza o quarta decade. Secondo recenti studi è possibile suddividere l’Alzheimer in tre fasi cliniche:
Lo stress aumenta il rischio di ammalarsi del morbo di Alzheimer
Come già anticipato, insieme al deterioramento cognitivo progressivo, anche la disfunzione dei ritmi circadiani gioca un ruolo fondamentale nella progressione della patologia stessa. Insomma, una relazione di influenza reciproca quella tra ritmi circadiani, sonno e Alzheimer. L'eziopatogenesi dei disturbi del sistema circadiano e l' Alzheimer condividono alcune caratteristiche generali che sbloccano anche la prospettiva di osservarli come un percorso reciprocamente dipendente. Per contro, l'invecchiamento, può alterare sia i tempi che la qualità del sonno che può essere fortemente disturbato nei casi di Alzheimer. Tuttavia, quando il ciclo sonno-veglia viene interrotto (e quindi caratterizzato da un aumento dei livelli cerebrali del neuropeptide che promuove la veglia orexina e da una maggiore attività neurale), la capacità di smaltimento del sistema nervoso centrale (SNC) dei metaboliti extracellulari diminuisce. Difatti, questi risultati suggeriscono l'esistenza di un'interazione meccanicistica tra la patogenesi dell'Alzheimer e l'interruzione dei cicli sonno-veglia, che è in grado di accelerare lo sviluppo e la progressione di questa grave malattia. Per sommi capi, l’ottimizzazione del ritmo sonno-veglia potrebbe diventare un ulteriore obiettivo terapeutico nella prevenzione e gestione della malattia di Alzheimer. Proprio per questo, per contrastare insonnia e disturbi del sonno è fondamentale un buon alleato: scegliere la corretta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Ancora meglio poi se con un rimedio naturale come la melatonina. Una molecola naturale antichissima con la principale funzione di regolare il ritmo circadiano, in particolare dove, come in questo caso, l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali.
PubMed "Circadian and sleep dysfunction in Alzheimer's disease"
The Journal Of Neuroscience "Oxidative damage and antioxidant response in frontal cortex of demented and non-demented individuals with Alzheimer’s neuropathology"
PubMed "Alzheimer's disease"
PubMed "Candidate mechanisms underlying the association between sleep-wake disruptions and Alzheimer's disease"
Le Scienze "Alzheimer: scoperti i meccanismi delle difese antiossidanti contro la neurodegenerazione"
PubMed "Melatonin in Alzheimer's Disease: A Latent Endogenous Regulator of Neurogenesis to Mitigate Alzheimer's Neuropathology"
La Stampa "Il cacao previene e inibisce l’Alzheimer"
Corriere della Sera "Mangiare cacao contro l'Alzheimer"
PubMed "Is Sleep Disruption a Risk Factor for Alzheimer's Disease?"
Hypertension "Benefits in Cognitive Function, Blood Pressure, and Insulin Resistance Through Cocoa Flavanol Consumption in Elderly Subjects With Mild Cognitive Impairment"
Medi Magazine "Estratto di cacao per la cura e prevenzione dell’Alzheimer"
Eurosalus "Il cacao che cura l'Alzheimer"
Today "Alimentazione e Alzheimer, cosa dice la scienza? Gli studi che fanno chiarezza"
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Nuovi studi sul cacao: una spolverata di benessere che previene e inibisce l’Alzheimer
Dannoso per umore e forma fisica. Tutta colpa dello stress. E la situazione peggiora quando lo stress aumenta di pari passo ai livelli di cortisolo. Quando diventa cronico, lo stress può causare seri problemi alla salute e al benessere psico-fisico. Il nostro organismo è predisposto per far fronte a eventi stressori ed è proprio in questi momenti che siamo portati a mangiare di più. Un meccanismo che si innesca perché il cervello stimola la produzione di sostanze che condizionano la regolazione del senso di fame e di sazietà. Una concausa inevitabile che si innesca quando il nostro corpo reagisce agli stimoli a causa di una situazione di pericolo o di un evento imprevisto e di conseguenza, l’organismo rallenta il metabolismo. Lo stress porta, infatti, non solo a mangiare di più, ma anche a preferire cibi più grassi ovvero, quello che si accumulano a causa dello stress e si depositano prevalentemente intorno alla vita. Condizione meglio nota come obesità centrale, patologia che favorisce ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. Una correlazione che si innesca tra disagio emotivo e aumento di peso. La sfera emotiva resta comunque un punto cardine e alcuni studi hanno già dimostrato che addirittura uno stile di vita ansioso dei genitori potrebbe essere legato a un maggior rischio di sovrappeso dei figli. In Italia il 20,4% dei bambini sono in sovrappeso e il 9,4% sono obesi. Una condizione che sta portando anche alla comparsa di patologie finora poco frequenti nell'infanzia, come l'ipertensione e il diabete di tipo 2.
Il legame tra l'OBESITÀ infantile e il consumo di AMIDI e ZUCCHERI
Un filo rosso che vede lo stress legato anche all’ansia e all’insonnia: lo stress porta a stati d’ansia che provocano disturbi del sonno e le conseguenze negative si ripercuotono su tutto il corpo. Questo avviene perché le persone ansiose faticano a prendere sonno quando, invece, sarebbe buona abitudine riposare almeno 7-9 ore a notte. Ma i guai non finiscono qui. Ebbene sì perché dormire poco indebolisce anche il sistema immunitario e ci rende più vulnerabili al rischio di infezioni. Diminuiscono poi anche le nostre capacità cognitive: cala la memoria, le prestazioni e la concentrazione. Riposare bene è fondamentale per accumulare tutte le energie per far fronte a impegni e imprevisti che ci riserva il quotidiano, ma anche perché insonnia e disturbi del sonno incidono pesantemente sulla salute dell’apparato cardiovascolare, aumentando il rischio di ictus e infarti oltre ad alterare, come già detto, il funzionamento del metabolismo favorendo l’insorgenza, insieme all’obesità, anche di diabete, gastrite e stipsi. Da qui l’importanza di ridurre i fattori di stress con la riduzione dell’esposizione alle cause stesse di stress. Di grande aiuto l’attività fisica, un’alimentazione sana, uno stile di vita equilibrato. L’esposizione a stress cronico provoca, invece, una condizione di iperfagia, con una maggior predilezione per alimenti ricchi di grassi e zuccheri. Molte aree cerebrali, tra cui l’ipotalamo e l’ippocampo, sono coinvolte sia nell’assunzione di cibo, sia nella funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), principale meccanismo di reazione allo stress. La percezione di un pericolo innesca una intricata catena di eventi, che favorisce la secrezione di uno specifico ormone, il cortisolo.
E’ un ormone secreto dalle ghiandole surrenali – spiega Pierluigi Pianese, chimico-farmaceutico, in forza alla Ultimate Italia -. La sua produzione è regolata dall’ipotalamo e dall’ipofisi: quando la concentrazione di cortisolo diminuisce, l’ipotalamo rilascia un ormone Il CRH, che stimola l’ipofisi a produrre ACTH il quale a sua volta stimola il surrene a produrre e rilasciare cortisolo detto anche ormone dello stress.
Insomma, tra i tanti fattori di sovrappeso indubbiamente lo stress, ma anche dell’insonnia, dei disturbi di sonno e di altre problematiche correlate al metabolismo. L’esperto spiega gli effetti del cortisolo sul nostro corpo.
Le azioni principali consistono nell’indurre un aumento della glicemia nel sangue, controllare il metabolismo delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati, regolare i sistemi endocrino, cardiovascolare, nervoso-centrale, immunitario, e la coagulazione del sangue. Lo stress non è sempre un male: quello “buono”, ci permette di affrontare piccole e grandi emergenze, ci dà forza e resistenza inaspettate. Se però la situazione si protrae, i livelli di cortisolo non tornano nella normalità, si ha una condizione di stress che può avere conseguenze sulla salute fisica e mentale.
L'esposizione cronica allo stress ambientale può giocare un ruolo nello sviluppo dell'obesità, attraverso l'iperattivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrenale (HPA). L'adattamento allo stress richiede una serie coordinata di risposte adattive, tra cui un aumento dell'asse HPA e l'attivazione del sistema nervoso simpatico per mantenere l'omeostasi e proteggere dalle malattie croniche. Un ipotetico fattore di iperattivazione cronica dell'asse HPA nell'obesità, in particolare il fenotipo addominale, è stato correlato all'incapacità individuale di far fronte a eventi stressanti avversi ambientali a lungo termine per tutta la durata della vita. Studi epidemiologici e clinici condotti sull'uomo hanno a loro volta documentato che l'obesità addominale e le sue comorbidità metaboliche sono significativamente correlate con condizioni legate allo stress come eventi di vita avversi, disturbi psicologici e problemi psicosociali. Ma perché dormire poco contribuisce all’aumento di peso?
Colpa dei nostri ormoni: non basta riposare dalle 7 alle 8 ore a notte: diventa fondamentale come si riposa. Fattori importanti: quantità e qualità del sonno. Come valutarli? Se al risveglio si avverte la sensazione di non essere ancora pronti a cominciare la giornata, vuol dire che non si è ben recuperato nelle ore notturne. Necessario mantenere metodo, ritmo, costanza delle ore di sonno: dormire 5-6 ore durante la settimana, poi fare il pieno di recuperare nel weekend non è scelta produttiva.
L’esperto mette in guardia sulle zone critiche, dai punti più sensibili all’accumulo di grasso e suggerisce come intervenire e modificare tutte le cattive abitudini.
Sull’addome: è la zona in cui si concentra il meccanismo cortisolo-insulina. La scarsa quantità e qualità del sonno, fa aumentare il rischio di insulino-resistenza, di obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo 2, quello alimentare. Il cortisolo, è però basilare per l’organismo: senza ci saremmo estinti. Ha un ritmo circadiano, alto nelle prime ore del mattino, decrescente durante il giorno, poi raggiunge il picco minimo in tarda serata. Stare svegli fino al tardi, compromette i ritmi biologici di questo ormone. Il corpo, come meccanismo di difesa e protezione a questa “forzatura oraria”, libera zucchero nel sangue. Il risultato? La produzione eccessiva di insulina da parte del pancreas e la crescita del grasso viscerale. Regolarizzare i ritmi del sonno, andare a letto sempre alla stessa ora, senza dispositivi elettronici, evitare pasti pesanti alla sera, puntare sulla qualità del cibo, eliminare quelli che infiammano l’organismo: farine bianche o raffinate, grassi, fritti. Non sovraccaricare la digestione, ma non saltare mai i pasti. E mangiare piano evitando di accumulare gonfiore.
Alleato tra tanti nemici. Ecco come ci viene in soccorso l’integrazione alimentare:
Uno stress intenso, duraturo e non gestito può avere conseguenze sulla salute. In questi casi può essere utile l’assunzione di integratori tonico-adattogeni in grado di sostenere il corpo fisicamente e favorire una buona risposta emozionale e comportamentale. Le proprietà di questi integratori aumentano l’energia e la resistenza, le capacità cognitive e le difese dell’organismo e stimolano a reagire in modo positivo, sia a livello mentale sia fisico allo stress. Su cosa puntare per contrastare gli sbalzi d’umore, i pensieri fissi, favorire un senso di benessere per mente e corpo? Consigliati gli integratori che presentano estratti vegetali di fosfatidilserina, melissa, griffonia, che favoriscono calma e serenità e la rhodiola rossa, un tonico che agisce sulla stanchezza fisica e mentale e contribuisce a normalizzare il tono dell’umore.
La Repubblica "Lo stress dei genitori aumenta il rischio di obesità infantile"
The New York Academy of Sciences "Stress, Obesity, and the Metabolic Syndrome"
Gazzetta Active "Non dimagrisci? Spesso è colpa dello stress: ecco come rimediare"
The New York Academy of Sciences "Obesity-Related Sleepiness and Fatigue"
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Esposti e vulnerabili. Sul banco degli imputati finiscono insonnia e stress. Condannati da nuovi studi, queste patologie influiscono negativamente non solo sul nostro stile di vita, ma anche sulla nostra azione difensiva da attacchi esterni. Un accumulo di ansia e stress per adattarsi a questa nuova quotidianità con cui conviviamo da più di un anno. Le alterazioni del sonno sono un fattore di rischio per l'obesità, l'ipertensione, il diabete oltre ad alcune forme di cancro, tra cui al seno e alla prostata. Anche lo stress abbassa le nostre difese, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di contagio. Legato a una situazione temporanea, contingente, facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Quindi, tra le soluzioni tra adottare nell’immediato sicuramente quella di intervenire sullo stile di vita abbassando i livelli di cortisolo e aumentando così la capacità immunitaria del nostro organismo. Un prezioso aiuto arriva poi anche dall'assunzione di integratori alimentari che limitano la produzione stessa del cortisolo.
Il sonno ci protegge dalle infezioni. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, sul nostro benessere psicofisico. Insomma, due importanti condizioni da non sottovalutare. L'insonnia è un grave problema di salute associato a un grande carico psicologico. Mentre lo stress (dall’inglese “sforzo o spinta”) indica una “trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi, particolarmente nelle ghiandole endocrine che stanno sotto il controllo dell'ipofisi anteriore” (Selye, 1936). Tra i notevoli danni provocati, il cortisolo non indebolisce solo il sistema immunitario, ma agisce sul cuore, aumentando la pressione e la frequenza cardiaca, agisce sul sistema respiratorio, stimolando la funzione respiratoria, aumenta la funzione metabolica, e quindi i livelli di glicemia nel sangue, rallenta il sistema digestivo e inibisce il sonno. In altre parole, di fronte ad uno stress non fa altro che peggiore una condizione critica. Un sondaggio dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico) ha evidenziato che a incidere sullo stress è stato anche lo smart working. Le prime vittime di questo stress da pandemia sono proprio le donne che hanno registrato un incremento dell’ansia di ben il 73%.
Tirando le somme, questa condizione decisamente critica porta a un aumento del 45% dei problemi di salute. Infatti, secondo gli esperti della World Sleep Society (Wss), i responsabili sarebbero proprio insonnia, disturbi del sonno e cattivo riposo notturno. In media, in quasi tutti i Paesi, il 10-15% della popolazione nazionale è affetta da patologie del sonno mentre un altro 30% circa riferisce una sensazione di riposo non riparatore e di stanchezza al risveglio. Un quadro critico che è indubbiamente peggiorato a causa della pandemia da Covid-19 e con le relative restrizioni che hanno modificato inevitabilmente i nostri ritmi di vita. Eppure un sonno regolare favorisce il miglioramento del sistema immunitario che ci rende vulnerabili a virus e a tante altre malattie. Infatti, come spiegano gli studiosi della Wss, le alterazioni del sonno hanno conseguenze psicologiche e psichiatriche molto negative, quali l'aumento dell'ansia e dello stato depressivo. Sulla salute del corpo umano poi, sono un ulteriore fattore di rischio aumentato di sovrappeso, obesità, ipertensione, diabete ed alcune forme di cancro, soprattutto del seno e della prostata.
Ma quali sono gli accorgimenti per riposare correttamente e arginare questa condizione rischiosa?
Lo stress è sicuramente legato ad una situazione temporanea, contingente, che facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. E questo vale anche per noi, che stiamo subendo una pressione cronica legata a questa situazione. Ma lo stress non migliora la risposta immunitaria, anzi. Quindi è importante cerca di arginarlo. Dormire, sicuramente, perché il riposo abbassa i livelli di cortisolo e aumenta la capacità immunitaria del nostro organismo. E’ la cosa più importante. A livello di alimentazione una dieta mediterranea vera, equilibrata, è sicuramente ottima in termini di acquisizione di tutti i nutrienti. Di certo un apporto di vitamina C e di vitamine del gruppo B è utile. Ma è bene soprattutto dormire.
Senza trascurare quanto dimostrato da una ricerca della Clinica universitaria di Navarra, in Spagna, ha anche evidenziato l'incidenza del cattivo sonno sull'insorgere del morbo di Parkinson: il 33% dei pazienti con disturbi del riposo notturno lo sviluppano entro 5 anni e più del 75% entro 10 anni. Tra i principali suggerimenti per migliorare la qualità del sonno c'è sicuramente quello di rispettare orari fissi sia per andare a letto che per alzarsi, riposare in media tra le 7 e le 8 ore a notte, non pensare di compensare nei weekend il sonno perso durante la settimana. Contribuiscono, inoltre, a una buona dormita anche l’alimentazione sana ed equilibrata per fare il pieno di sostanze nutritive senza appesantirsi troppo, una regolare attività fisica, la programmazione della propria giornata, l'esposizione ai raggi del sole per fare la scorta di vitamina D, l'esposizione ai dispositivi elettronici nelle ore serali e prima di andare al letto, e l'attività fisica troppo pesante, la moderazione nei consumi di fumo e alcool, evitare infine cibi pesanti, zuccheri, bevande gassate e caffeina, nemici per antonomasia del corretto riposo. Allontana le estenuanti notti insonni anche il magnesio, un prezioso minerale dall’effetto miorilassante, fondamentale per la nostra salute soprattutto in vista dell’estate. «Sicuramente si tratta di un sale minerale molto utile in caso di stress fisico e psichico», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e la RAF First Clinic di Milano. Un vero e proprio toccasana per il benessere, la sua presenza nella dieta, come evidenziato nell studio statunitense "Magnesium intake and depression in adults", riduce il rischio di depressione.
Stimola il rilassamento muscolare, contrastando i crampi e ripristinando la contrazione muscolare, come il calcio, ma agisce anche a livello del sistema nervoso, favorendo la distensione e avendo come effetto anche un miglioramento della qualità del sonno. Questa sua azione miorilassante è data dal fatto che questo minerale riduce la produzione di adrenalina. Carenze di magnesio si possono osservare in condizioni di forte stress, intensa attività fisica e sportiva o sudorazione importante. Anche l’insonnia e i disturbi gastrointestinali possono indicare una carenza di magnesio.
La risposta giusta contro stress, notti insonni, sbalzi d’umore, ansia e stati d’irritabilità si trova a tavola. In sostanza, è importante ridurre lo stress ossidativo attraverso l’assunzione, nella dieta, di tutte quelle vitamine e quei sali minerali che hanno una sorta di funzione di reintegro. Minerali come il potassio, il sodio e il magnesio, ma anche vitamine coma la C, potente antiossidante, oltre a quelle del gruppo B, in grado di ridurre il senso di stanchezza e migliorare la condizione stressogena generale a livello fisico e mentale. E ancora la vitamina D, grande alleata del sistema immunitario. Queste sostanze stimolano la contrazione e il rilassamento muscolare, agendo proprio come miorilassante, migliora la qualità del sonno.
Dolorosa e invalidante. Acuta o cronica è senza dubbio, la più nota è quella reumatoide. Tra le patologie della mano più comuni e fastidiose c’è sicuramente l’artrite. Dalle dita rigonfie a quelle deformate cosiddette “a collo di cigno”. I tratti distintivi di questa malattia sono senza dubbio dolori localizzati tra al pollice, medio e anulare, formicolii, rigonfiamenti oltre al “dito a scatto”. Una patologia autoimmune sistemica in cui alcune cellule del sistema immunitario che mutano e attaccano il proprio organismo aggredendolo. Nello specifico, la membrana affetta da artrite crea il panno sinoviale che, espandendosi, intacca legamenti, tendini e cartilagini. Le articolazioni maggiormente bersagliate sono sicuramente polsi, gomiti, ginocchia, caviglie, piedi e mani. In pratica, nelle persone malate di artrite reumatoide, produce erroneamente anticorpi che attaccano il rivestimento delle articolazioni (membrana sinoviale), causando infiammazione e dolore. L’infiammazione, a sua volta, produce sostanze chimiche (citochine) che provocano l’ispessimento e l’aumento di volume della membrana sinoviale e danneggiano le ossa, le cartilagini, i tendini e i legamenti circostanti. In assenza di cure, le citochine possono causare la deformazione dell’articolazione e, da ultimo, distruggerla completamente. Le ipotesi più accreditate sostengono che la malattia si manifesti in individui geneticamente predisposti quando siano esposti ad un evento o ad un agente, scatenante (quale un virus o un batterio), non ancora individuato che innesca la reazione immunitaria. Colpisce dalle tre alle sette persone ogni mille, in prevalenza donne, con un picco di insorgenza in una fascia d’età compresa fra i 45 e i 65 anni. Dalla rigidità al movimento alla conseguente perdita della funzionalità delle articolazioni coinvolte. «L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che attacca i tessuti articolari di una persona il cui sistema immunitario, invece di proteggere l’organismo dagli agenti esterni come virus e batteri, si attiva in maniera anomala contro di esso» spiega al Corriere della Sera Roberto Gerli, presidente della Società Italiana di Reumatologia.
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In Italia, 400.000 persone soffrono di artrite reumatoide. L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce in maniera elettiva le articolazioni. La sua prevalenza ovvero il numero di casi di artrite reumatoide nella popolazione mondiale è di circa l’1%. In Italia la media è di un malato ogni 250 persone. Tra le malattie osteoarticolari, l’artrite reumatoide, rappresenta la malattia più grave in termini di danno strutturale delle articolazioni, di danno osseo secondario, di complicanze extra-articolari, di comorbidità associate e di rischio di mortalità. Come accade per altre malattie autoimmuni è lo stesso sistema immunitario (che di norma difende l’organismo dalle aggressioni esterne) ad attaccare i tessuti sani, non riconoscendoli come tali. Il “bersaglio” privilegiato degli anticorpi, in questo caso è la membrana sinoviale, che è il foglietto di rivestimento interno della capsula articolare e che si riflette ai margini di questa andando poi a tappezzare le superfici ossee articolari. Tale membrana reagisce all'infiammazione aumentando di volume e dando origine al panno sinoviale. Questo si espande fino a provocare la graduale distruzione della cartilagine, ma il processo proliferativo nei casi più gravi arriva a toccare le ossa e gli altri tessuti circostanti (osso subcondrale, capsule, tendini, legamenti). Tuttavia, l’infiammazione potrebbe coinvolgere i vasi sanguigni, le sierose, i muscoli, i polmoni, i reni, il cuore, il sistema nervoso centrale e periferico, l’apparato visivo, quello emopoietico. Tra le categorie più a rischio ci sono indubbiamente anche le persone obese o in sovrappeso, questo perché l’aumento di peso sovraccarica le articolazioni aumentando il rischio di infiammazione.
Sotto il nome di artrite, che significa letteralmente “articolazione dolorante”, rientrano più di cento condizioni diverse. Unico comune denominatore, la caratteristica di provocare un'infiammazione a livello articolare. Fino a poco tempo fa confusa o associata all’artrosi, malattia ben diversa che colpisce i condrociti, le cellule che costituiscono la cartilagine e che, nonostante abbia una componente infiammatoria non è una malattia infiammatoria. Tra i sintomi manifesti di questa infiammazione articolare dolore, gonfiore, rigidità al movimento e successiva perdita della funzionalità delle articolazioni coinvolte. La rigidità articolare, maggiormente intensa al risveglio, può durare per tutta la giornata. Si tratta di uno dei principali campanelli d’allarme dell’artrite reumatoide: in altre patologie articolari (come l’osteoartrosi) questo disturbo tende a svanire più rapidamente. Inizialmente, la perdita della funzionalità articolare può essere determinata dall’infiammazione della membrana sinoviale (o sinovite). Nella fase avanzata della malattia è più frequentemente associata alle deformità articolari e alle anchilosi. Di solito, l’artrite reumatoide colpisce in modo bilaterale e simmetrico. Tra le varie forme di artrite:
Osteoartrite: più comune soprattutto tra le persone anziane, è la causa principale di disabilità fisica, tra le donne dopo i 45 anni di età. Lesiona le cartilagini e conseguentemente comporta spesso un contatto diretto tra le ossa nelle articolazioni. Si manifesta su mani, collo, fondoschiena e sulle articolazioni su cui si scarica il peso del corpo, come le ginocchia, i fianchi e i piedi.
Artrite reumatoide: (come già detto) interessa le articolazioni, ma anche i tessuti epidermici, polmonari, oculari e i vasi sanguigni. Le persone colpite si sentono stanche e febbricitanti. Una malattia autoimmune che si manifesta solitamente in modo simmetrico nei vari organi (entrambe le mani o entrambe le ginocchia). Può comparire a qualunque età, ma colpisce perlopiù le persone nel loro periodo di maggior produttività. Le donne colpite sono circa due volte più numerose che gli uomini.
Gotta: si manifesta come dolore improvviso e molto intenso e infiammazione e ingrossamento delle articolazioni. Frequentemente gli attacchi sono notturni e possono essere conseguenti all’uso di alcol, droghe o altre malattie pre-esistenti. E’ dovuta all’accumulo di cristalli di acido urico nei tessuti connettivi che si trovano nelle articolazioni. E’ più frequente negli uomini tra i 40 e i 50 anni, mentre nelle donne compare solitamente solo in menopausa.
Artrite reumatoide giovanile: la forma più comune tra i bambini, che causa dolore, irrigidimento, gonfiore e perdita di funzione delle articolazioni. Può essere associata ad episodi di febbre e può colpire diverse parti del corpo.
Fibromialgia: una malattia cronica che causa dolori in tutti i tessuti che supportano ossa e articolazioni. I dolori e l’irrigidimento si manifestano nei muscoli e nei tendini, soprattutto sul collo, colonna vertebrale, spalle e fianchi.
Lupus sistemico eritematoso: malattia autoimmune che comporta infiammazione di articolazioni, pelle, reni, cuore, polmoni, vasi sanguigni e cervello.
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Oltre a queste, ci sono anche altre forme di artrite che colpiscono anche tessuti e organi interni: lo scleroderma (che colpisce soprattutto la pelle), la spondiloartropatie (un insieme di forme che interessano principalmente la colonna vertebrale), l’artrite infettiva (causata da un agente batterico o virale, come i gonococchi o i porvovirus), la polimialgia reumatica (colpisce tendini, muscoli, legamenti, e tessuti articolari), la polimiositi (genera infiammazione muscolare), l’artrite psoriasica (che si manifesta in persone già colpite da psoriasi, soprattutto sulle dita di mani e piedi), le borsiti (infiammazione delle bursae, che contengono liquidi atti a ridurre la frizione tra le ossa) e le tendiniti (comportano infiammazione dei tendini, sia per eccessivo e scorretto uso che per una pregressa condizione reumatica).
Una dieta a ridotto contenuto infiammatorio è associata a una maggiore perdita di peso, riduzione dell’infiammazione, migliori prestazioni fisiche e minore dolore articolare. Difatti, uno stile alimentare “a basso contenuto infiammatorio” potrebbe portare persino alla riduzione del dolore e al miglioramento delle funzioni fisiche. Come suggerito dal dottor Gianfrancesco Cormaci, specialista in biochimica clinica «il regime alimentare previsto per alleviare questi sintomi è la dieta antinfiammatoria che si basa essenzialmente sui cibi ad alto contenuto di antiossidanti, polifenoli, carotenoidi, acidi grassi omega 3, cibi a basso indice glicemico». In questo regime alimentare viene favorito anche l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva come principale fonte di grassi ed è altresì consigliata la riduzione o la minimizzazione di carboidrati, alcolici e zuccheri. Sono, invece, da prediligere tutti quegli alimenti che contengono grassi omega 3 la curcuma perché in grado di contrastare gli stati infiammatori, l’olio EVO perché è da considerarsi un farmaco naturale. Insomma, da evitare assolutamente, zuccheri, cereali e tutti i cibi OGM. Questi cibi se inseriti all’interno di un’alimentazione sana e bilanciata, possono offrire un valido aiuto per alleviare i fastidiosi sintomi dell’artrite.
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Il sonno è l’allenamento più importante dell’atleta. Promemoria per gli sportivi: riposare bene per un risveglio in forma smagliante e per affrontare gli allenamenti con la giusta carica di energia. Il massimo delle prestazioni si ottiene solo con un buon riposo, ma quanto incide realmente il sonno sull’attività sportiva? Sonno e sport. Un doppio filo, un’influenza reciproca perché se è vero che una lunga dormita impatta positivamente sulle prestazioni è altrettanto vero che l’attività fisica facilita il riposo. Difatti, sono ormai acclarati gli effetti dello sport, o meglio, dei suoi postumi sulla durata e sulla qualità del sonno. In pratica l’attività motoria è il segreto per dormire con maggiore facilità. L'effetto "sonnifero" garantito dall'attività fisica emerge da un piccolo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. I ricercatori hanno monitorato con un accelerometro 417 adolescenti (di 15 anni), campionati in venti diverse città degli Stati Uniti. L'utilizzo di questi dispositivi, applicati al polso e sul fianco, ha permesso di ottenere misurazioni precise relativamente alle ore riservate al movimento e al riposo da parte di ognuno. Dall’indagine, gli scienziati hanno riscontrato un miglioramento del profilo del sonno rilevabile attraverso tre parametri: un addormentamento precoce, avvenuto almeno 18 minuti prima, una maggiore durata del riposo, in media 10 ore a notte e una ridotta frequenza dei risvegli. «La sedentarietà è con ogni probabilità nemica del buon riposo - sintetizza Orfeu Buxton, specialista del centro dei disturbi del sonno del Brigham and Women’s Hospital di Boston -. Incoraggiare […] nella pratica sportiva vuol dire migliorare la sua salute, anche attraverso un sonno più ristoratore».
Insonnia, nemica degli sportivi. Lo sport fa bene al riposo, come sostiene anche la National Sleep Foundation e allenarsi regolarmente fa dormire meglio, non tutti sanno però che il rapporto può anche essere inverso. Ovvero, dormire è un po’ come allenarsi e dormendo bene si completa l’effetto degli allenamenti. La forma fisica è come una sorta di puzzle che si completa con 6 tasselli: fatica, costanza, regolarità, alimentazione, integrazione e sonno. Insomma, dormire aiuta anche l’organismo a costruire i muscoli soprattutto sotto il profilo della massa (la sintesi proteica aumenta e consente la crescita muscolare). Non dimentichiamo poi che il sonno, “quello buono”, stimola l’ormone della crescita (gh) che ha funzioni lipolitiche (brucia i grassi), contribuisce alla riduzione di glicemia e insulina, diminuisce aldosterone e cortisolo, favorendo così il dimagrimento e, secondo una serie di evidenze scientifiche, i muscoli più grandi si allenano meglio quando il sonno è soddisfacente. Non solo il non dormire, ma anche il dormire poco o meno del necessario e in modo frammentato influisce negativamente sul nostro organismo e, di conseguenza, anche sulle nostre attività. Una scarsa qualità ci manda in carenza di sonno e questa privazione può avere affetti negativi sulle performance sportive oltre per una lunga serie di patologie. Inoltre, la privazione di sonno è molto più importante della quantità di ore effettivamente riposate. Ovviamente, tra gli altri suggerimenti, sarebbe buona abitudine, per facilitare il corretto riposo, una cena sana e leggera ed evitare l’esposizione a fonti luminose come pc, tablet e smartphone.
Un sonno disturbato in maniera cronica può influenzare le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. «Sicuramente se una persona ha un cronotipo serotino (è quindi un cosiddetto gufo) la scelta migliore è soffrire un po’ all’inizio per combattere la sua predisposizione ma favorire l’allenamento mattutino, se questo è l’unico momento in cui può allenarsi. All’inizio farà molta fatica ad allenarsi in quella fascia oraria, ma poi vi sarà un adattamento che renderà quello un orario abituale di allenamento», spiega a Gazzetta Active Jacopo Vitale, dottore in Scienze dello Sport e responsabile del Laboratorio del Movimento e Scienze dello Sport dell’IRCCS Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.
Ma vediamo ora cosa significa esattamente cronotipo serutino o mattutino e quali differenze ci sono tra i due termini.
I mattutini veri sono coloro che anche quando non hanno impegni si svegliano tra le 6 e le 7 di mattina e vanno a letto tra le 21:30 e le 22. Sono piuttosto rari, sono circa il 15% della popolazione generale. I serotini sono un po’ più numerosi, circa il 25-30% della popolazione generale, ma anche in questo caso i serotini estremi sono più rari, circa il 10%, spesso sono atleti molto giovani, senza vincoli e impegni lavorativi, e tendono a svegliarsi verso le 11-12 e a coricarsi alle 1-3 di notte. Un orario intermedio, svegliarsi tra le 7 e le 9 e andare a letto tra le 23 e le 24 è l’orario intermedio per definizione. - Tuttavia, i ritmi della nostra vita sociale e lavorativa non coincidono quasi mai con quelli biologici - E’ un tema molto discusso, tanto che c’è chi ha proposto che alcuni giovani studenti particolarmente serotini debbano posticipare l’orario di inizio delle lezioni. I ritmi sociali e lavorativi sicuramente possono disturbare i ritmi biologici delle persone. C’è chi si adatta bene, soprattutto i mattutini e i soggetti con cronotipo intermedio, mentre chi soffre di più di solito sono i serotini».
Ma quali sono i rischi delle notti insonni e quali sono le ripercussioni dello scarso riposo sull’attività sportiva, o meglio sulle nostre performance?
Il sonno incide moltissimo sulle nostre performance. Incide sia la quantità sia la qualità del sonno. In linea teorica bisognerebbe raggiungere un minimo di 6 ore di sonno, ma i livelli raccomandati sono tra le 7 e le 9 ore per notte. Anche la qualità del sonno è fondamentale. Tra 8 ore dormite male, con molti risvegli, e 6 ore e mezzo dormite bene, molto meglio queste ultime. A livello di performance, una restrizione del sonno può avere effetti negativi indiretti: dormire bene determina, per esempio, l’inibizione della produzione di cortisolo, ormone dello stress, e se questo processo fisiologico viene alterato, la conseguenza è che anche la performance fisiche ne risentono. Fortunatamente se abbiamo una gara e ci siamo preparati bene nei mesi precedenti, dormendo adeguatamente facendo il cosiddetto sleep banking, la performance non viene inficiata se anche la notte prima non si dorme bene. Non è una sola notte di disturbi del sonno ad inficiare la performance. È molto più probabile che un sonno disturbato in maniera cronica influenzi le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. Ad esempio, si è visto che se un tennista dorme male solitamente a peggiorare non è la sua espressione di forza, ma la sua capacità di effettuare servizi o colpi precisi in campo. Nell’ambito della pallacanestro, a risentire della scarsità di sonno sono i tiri liberi o da tre. Per chi pratica discipline di endurance il rischio è che la capacità di effettuare un gesto tecnico efficiente venga influenzata negativamente, con conseguente aumento del costo energetico e fatica e calo complessivo della performance. Dipende da caso a caso, da disciplina a disciplina. Ma in linea generale inizia ad essere preoccupante anche solo avere tre notti di seguito di sonno disturbato.
Nello sport come nel sonno, l’importante è recuperare: «Sicuramente aiuta a recuperare il debito di sonno accumulato. L’importante è non spostare troppo gli orari di sveglia e addormentamento, in modo da non creare una condizione di jet lag sociale. Ma allungare il periodo di sonno, senza esagerare, può aiutare».
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Ribattezzata “coronasomnia”. Dal cambiamento delle abitudini allo spostamento dei rituali quotidiani. Complice sicuramente anche l’aumento dell’utilizzo dei dispositivi elettronici e della drastica riduzione delle occasioni sociali, i problemi del sonno sono diventati praticamente uguali a quelli di adeguamento da jet lag ovvero, dei tipici disagi riscontrati a seguito di un brusco cambiamento, come avviene in un volo intercontinentale, cambiando fuso orario e stagione. Energia, umore, lucidità mentale e performance. Il sonno è indispensabile! Tra i suoi grandi nemici in questo delicato periodo storico, la luce blu dei dispositivi elettronici, prima tra tutte, quella della televisione. Un recente studio indio-asiatico pubblicato su Psychiatry Research ha indagato la crescita del cosiddetto “binge watching” (abbuffate televisive), un comportamento patologico che nel sud-est asiatico durante il lockdown è aumentato fino al 73,7%. Insomma, intere giornate passate davanti allo schermo, in oltre la metà dei casi per noia (il 52,6%), in un quarto per ridurre lo stress e nel 15,7% per vincere la solitudine, guardando per almeno 5 ore consecutive soprattutto notiziari (il 69,2%) o programmi di YouTube (il 52,7%). Una cyber-psicopatologia che sfocia in affaticabilità cronica, irritabilità, disturbi dell’umore, ridotta efficienza lavorativa e una significativa interferenza col sonno. Un disturbo che coinvolge il 70% della popolazione, soprattutto donne (il 49%), nella fascia tra i 18 ed i 44 anni. Di questi binge-wiever, il 90% soffre di insonnia o disturbi del sonno.
INSONNIA? Farmaci per dormire e possibili rischi per la salute
Oltre alle abbuffate di serie televisive, anche quelle di cibo. Insomma, isolati, affamati e insonni. La risposta alle notti tormentate è una terapia capace di ripristinare in maniera naturale i cicli perduti di sonno, garantendo così il regolare funzionamento del ritmo circadiano e delle fasi sonno-veglia. Un effetto con la capacità di riequilibrare la bilancia ipotalamica. Grande alleata in questa battaglia quotidiana, proprio la melatonina che, seguendo la stessa curva di diffusione sera-mattino di quella naturale dell’epifisi, ripristina un sonno fisiologico, riducendo il fenomeno della cosiddetta “inerzia morfeica da sonniferi” (cioè il risveglio frastornato che segue a una dormita indotta farmacologicamente) e migliora, di conseguenza, del 55% la qualità del risveglio, peraltro pessima in oltre la metà degli adulti che fanno uso di sonniferi. Quindi, la salute fisica e mentale è strettamente correlata ad un buon riposo, condizione sempre più rara in tempi di Covid. Tra i diversi disturbi del sonno, quella che accomuna gran parte degli italiani è senza dubbio l’insonnia, ovvero la difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno costante, che si traduce nella percezione di un sonno non ristoratore, con stanchezza e sonnolenza durante il giorno. In sostanza, si dorme poco e male e l’indomani ci si sveglia scarichi e non riposati. Nel lungo termine, questi disturbi, possono impattare sulla salute con la comparsa di serie patologie come obesità, ansia, depressione, malattie cardiovascolari e diabete. Senza trascurare poi la difficoltà di concentrazione. Tirando le somme, dalla prima alla seconda ondata, complice anche il peggioramento delle condizioni psicologiche, si registra non solo un inasprimento della qualità del sonno, bensì un aumento dei “nottambuli” del 25%.
Una correlazione poi, quella tra il sistema immunitario e le ore di riposo che viene confermata da una lunga serie di studi. Evidenze scientifiche dimostrano che chi dorme meno di sei ore è più vulnerabile rispetto a chi dorme almeno sette ore a notte. Insomma, uno scudo naturale che ci protegge da virus, raffreddori e influenze stagionali. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, anche sul nostro organismo. Insomma, dal sonno a intermittenza all'insonnia, questi disturbi non vanno mai sottovalutati. Dormine fa bene perché il riposo porta con se tanti aspetti e azione importanti contribuendo sia al benessere psicofisico sia al contrasto di tante patologie.
Con l’arrivo della pandemia è un po’ come se tutti fossimo saliti a bordo di un aereo che non atterra mai, alterando così i nostri ritmi sonno-veglia - spiega al Corriere della Sera l’ex-presidente della SINPF, Giovanni Biggio dell’Università di Cagliari che ha illustrato questa sistuazione al convegno "Quando tutto cambia" - Questo volo senza scalo assomiglia alla costrizione in casa impostaci dal lock-down in cui si perde il ritmo delle abituali attività di vita e di lavoro e i rapporti sociali. Il naturale alternarsi del ciclo luce-buio che favorisce sonno e ritmi di vita è il principale fattore perduto: non ci si alza più alla solita ora per andare in ufficio o a scuola e la sera ci si attarda alla TV o al computer. La continua esposizione alla luce artificiale di casa o a quella blu degli schermi TV o dei PC usati in smart-working, mette in crisi l’epifisi, la ghiandola posta dietro la fronte che, in risposta agli stimoli luminosi naturali, produce l’ormone dei ritmi del sonno chiamato melatonina che sale la sera e scende il mattino.
Una persona su quattro trascorre notti in bianco. Secondo i risultati della British Sleep Society pubblicati sul Journal of Thoracic Disease, bel il 70% dei britannici di età compresa tra i 40 e i 63 anni ha riferito di cambiamenti nei propri schemi di sonno dal primo lockdown. Il catalogo dei problemi di sonno riportati includevano disturbi del sonno, addormentarsi involontariamente, difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati e andare a dormire più tardi. Tra le altre considerazioni rilevanti, il sonno influenza direttamente la nostra risposta immunitaria. La privazione del sonno riduce la produzione di citochine protettive e viceversa, così come quella degli anticorpi e delle altre cellule che combattono le infezioni. «Durante il sonno, il nostro sistema immunitario rilascia proteine chiamate citochine», evidenzia la dottoressa Ivana Rosenzweig, medico del sonno. Tuttavia, dormire di più non è sufficiente, occorre riposare bene! Il dottor Steven Altchuler, psichiatra e neurologo specializzato in medicina del sonno presso la Mayo Clinic (USA), sottolinea che sono in gioco molteplici fattori. Primo, la nostra routine quotidiana e l’ambiente sono stati interrotti, rendendo difficile mantenere intatto il nostro ritmo circadiano. Normalmente le nostre giornate si susseguono secondo un programma di risvegli, pendolari, pause e ore di sonno, ma il COVID-19 ha cambiato, da un giorno all'altro, tutte le nostre abitudini. «Abbiamo perso molti dei segnali esterni che sono presenti nelle riunioni dell’ufficio, nelle pause pranzo programmate. Quello che stai facendo, durante il lavoro a distanza, è interrompere il tuo orologio biologico», ha sottolineato il neurologo.
Una spiegazione esaustiva del disagio che siamo vivendo ce la fornisce anche Christian Orlando, biologo e nutrizionista:
Il lockdown, tra le varie problematiche che ha portato una di queste riguarda l’aumento di disturbi del sonno (insonnie reattive legate agli stati ansioso-depressivi, allo stress, all’ansia; insonnie legate all’alterazione del ritmo biologico e delle attività giornaliere del singolo). Un recente approfondimento pubblicato dalla rivista americana The Atlantic afferma che “il buon funzionamento del ritmo sonno-veglia aiuta a impedire che le nostre risposte immunitarie vadano in tilt” quindi intervenire sulla regolarizzazione del sonno è certamente desiderabile per quanto concerne l’esposizione all’infezione: disturbi del ritmo circadiano, infatti, si associano a vari aspetti di depressione immunitaria I benefici della melatonina riguardano principalmente il ripristino del ritmo sonno-veglia e subordinatamente la facilitazione dell’addormentamento. Un sonno migliore e stabilizzato, a cascata e in maniera indiretta, può migliorare il quadro immunitario. La melatonina è un ingrediente naturalmente presente nel nostro organismo, in grado di incidere positivamente sulla qualità del sonno senza compromettere le nostre attività diurne. Infatti con il risveglio, l’organismo riesce a smaltire naturalmente la melatonina residua, concedendo al corpo l’energia necessaria per affrontare le attività giornaliere. Secondo uno studio, realizzato dagli scienziati della Cleveland Clinic, centro di ricerca con sede in Ohio, la melatonina sarebbe associato a una “probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2”. Trattandosi di risultati prodotti sulla base di simulazioni e analisi di dati statistici, occorre specificare che per ora non vi è alcuna evidenzia del nesso causa-effetto del beneficio e del fatto che gli integratori a base di melatonina abbiano azione protettiva rispetto al virus. L’ormone, sottolinea la ricerca, potrebbe giovare in particolare ai soggetti anziani, visto che la sua produzione naturale si riduce con l’avanzare dell’età.
Corriere della Sera "Con la pandemia gli stessi problemi di sonno e adeguamento del jet lag"
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