Il buongiorno si vede dal mattino soprattutto quando il sonno ci protegge dalle infezioni. Una correlazione, quella tra il sistema immunitario e le ore di riposo che viene confermato da una lunga serie di studi. Evidenze scientifiche dimostrano infatti che chi dorme meno di sei ore è più soggetto a infezioni da rhinovirus (virus che penetrano per via aerodiffusa localizzandosi e moltiplicandosi nelle mucose nasali) rispetto a chi dorme almeno sette ore. Insomma, uno scudo naturale che ci protegge da virus, raffreddori e influenze stagionali. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, sul nostro organismo. Da qui, l’importanza di un numero minimo di ore di sonno a notte e anche dell’orario in cui, abitualmente si va a dormire. Tra chi va a letto presto a chi rimane sveglio fino a tarda ora. Tra i cosiddetti “gufi”, quelle persone che si addormentano tardi e si svegliano a mattino inoltrato e le “allodole”, quelle persone che vanno a letto presto e si alzano a primo mattino. E ancora tra brevi dormitori (le persone che possono dormire solo 4/5 ore e stare bene perché hanno meno bisogno di sonno) e lunghi dormitori (persone che hanno la reale necessità di dormire più della media, circa 9/10 ore). Dal bruxismo al sonnambulismo: i motivi per cui una persona non riposa bene durante la notte possono essere molteplici. Insomma, tra sonno a intermittenza all’insonnia, i disturbi del sonno non vanno mai sottovalutati. Dormine fa bene perché il sonno porta con se tanti aspetti e azione importanti contribuendo al tempo stesso sia al benessere psicofisico sia al contrasto di tante gravi patologie. Protegge la memoria, tiene alla larga il diabete, contrasta le patologie cardiovascolari e fa funzionare meglio anche il nostro sistema immunitario. Come dimostrato in uno studio condotto in Cina, i soggetti considerati come “buoni dormitori” hanno una prognosi migliore nei casi di Covid 19. Inoltre, inibisce il senso di fame e pertanto si dimostra come un valido aiuto anche nella lotta all’obesità e al sovrappeso. «Cercare di avere un sonno regolare e dedichiamogli un suo ‘spazio’ preparandolo in anticipo» raccomanda a Obiettivo Salute il prof. Luigi Ferini Strambi, ordinario di Neurologia, Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro. In ultimo, l’esperto raccomanda, da non dimenticare tra le buone abitudini prima di addormentarsi viene quella di rilassarsi ed evitare l'esposizione a tutti i dispositivi elettronici.
Umore, lucidità mentale, energia e performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze. Infatti, quando sporadico, incide negativamente sulla nostra salute. Tra i danni causati se, nel breve periodo, riguardano soprattutto benessere fisico e psichico, nel lungo periodo, danneggiano anche il cuore. Ebbene sì, dormire poco o male ci rende vulnerabili e maggiormente predisposti e soggetti a ictus e infarti. Lo conferma uno studio condotto lo scorso anno da un team di ricercatori dell’Università del Colorado di Boulder. Gli studiosi avevano determinato che chi dorme meno di 7 ore a notte presenta livelli inferiori di tre microRNA nel sangue, molecole che regolano e giocano un ruolo importante nel consentire il corretto funzionamento dei vasi sanguigni. Secondo i dati mostrati dallo studio, pubblicato sulla rivista Sleep Medicine, ci si è spostati da una prevalenza di disturbi del sonno nella popolazione dal 30% a oltre il 55%. Tra gli altri “nemici del sonno” anche i dispositivi elettronici che, al tempo dello smart working, ci inchiodano agli schermi anche dopo il lavoro con l’intento di trovare un passatempo tra le mura domestiche. Come peggiorano un quadro già critico? L'iperstimolazione che il cervello subisce durante il giorno, unita alla luce blu dei device elettronici, riduce la produzione della melatonina, l'ormone che stimola il sonno, annullando così ogni sorta di rilassamento. Tuttavia, dormire non significa riposare bene, con un sonno costante e senza interruzioni. Proprio per questo, e ancor più, per il benessere del nostro organismo, è fondamentale svegliarsi riposati e con la giusta energia per affrontare la giornata. Per contrastare insonnia e disturbi del sonno è importante un buon alleato e tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è proprio la melatonina: una molecola naturale antichissima prodotta dalla ghiandola pineale allocata nell’encefalo e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La cui principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali.
Inutile poi cercare di recuperare nel weekend le ore di sonno perse durante la settimana anche se, dormire qualche ora in più la domenica non fa miracoli, ma è sempre meglio di niente!
«Ci sono studi che dimostrano che individui che dormono meno di sei ore sono molto più facilmente infettabili da rhinovirus rispetto a chi dorme almeno sette ore: la possibilità diventa quattro volte più elevata. I soggetti che fanno turni di lavoro notturno hanno una riduzione significativa dei linfociti T rispetto a chi non fa lavori notturni. Questo probabilmente ci spiega perché se noi andiamo a considerare le infezioni respiratorie come tosse e raffreddore, i lavoratori notturni mostrano un aumento significativo di queste. Il problema dei ‘gufi’ non è che vanno a letto tardi, ma che si devono alzare presto e quindi si trovano spesso in una condizione di privazione, seppure parziale, di sonno. Il ‘gufo’ si ammala più della ‘allodola’ nella misura in cui, rispetto alla ‘allodola’, non può dormire a sufficienza. Ma se riesce semplicemente a spostare anche l’orario della sveglia non ha problemi. Sappiamo che dormire è fondamentale a livello di difese immunitarie perché facilita la liberazione delle citochine, elementi necessari per il potenziamento del sistema immunitario. Le citochine vengono liberate soprattutto in rapporto al sonno profondo, quel sonno ad onde lente (la fase 3 non Rem) che si ha quando il soggetto, dal punto di vista encefalografico, è come in una specie di coma», spiega in un'intervista a Gazzetta Active il professor Luigi Ferini Strambi, ordinario di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro di Milano.
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
Tuttavia, i benefici del corretto riposo non finisco qui. Infatti, dormire di più durante una malattia infettiva ne accelera anche la guarigione.
«E’ così. Dormire molto durante le infezioni può comportare una maggiore quota di sonno profondo e quindi una maggiore liberazione di citochine. Già trent’anni fa alcuni studi dimostrarono come la privazione di sonno vada ad influire negativamente sulla produzione di cellule NK (natural killer), cellule citotossiche del sistema immunitario, determinando un depotenziamento del sistema immunitario. Altri studi hanno evidenziato che con la privazione di sonno si producono meno anticorpi, abbassando la risposta immunitaria dell’organismo».
Tra i principali nemici della nostra salute c’è proprio l’insonnia.
Innanzitutto si parla di insonnia “Quando si ha un disturbo di inizio o mantenimento del sonno: ‘vorrei dormire ma non ce la faccio’. Questo disturbo deve essere presente per almeno tre volte alla settimana per almeno tre mesi. Così si ha la diagnosi di insonnia. Ma non è solo far fatica a prendere sonno o a dormire a sufficienza. E’ che la insonnia determina ripercussioni negative durante il giorno. Altrimenti semplicemente si ha un brevidormitore. Prima di tutto carenze e alterazioni sul piano cognitivo. Oggi abbiamo studi che dimostrano come gli insonni a lungo termine abbiano un aumentato rischio di sviluppare la demenza. Questo perché durante la notte il sistema glinfatico pulisce tutte le scorie prodotte dalle nostre cellule durante il giorno. Se uno dorme bene il sistema glinfatico funziona bene, se si dorme poco no e ci sono dei rischi. Il sonno poi è il più importante inibitore del cortisolo, l’ormone dello stress. Se dormo bene il livello di cortisolo diminuisce, come anche la frequenza cardiaca, e quindi si abbassa il rischio di ipertensione arteriosa. Infatti i lavoratori notturni hanno un aumentato rischio di ipertensione e di malattie cardiache. Si ha anche un maggior rischio di sviluppare diabete, perché si sviluppa un’insulino resistenza. Inoltre si aumenta di peso, perché viene liberato un ormone, la grelina, che aumenta l’appetito, portando a mangiare di più».
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Per approfondimenti:
Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"
Radio 24 "Il sonno amico del nostro cervello"
Corrriere della Sera "Gli effetti sul sonno della pandemia"
Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"
Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"
The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"
Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"
Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"
La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"
Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"
Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"
La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"
Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"
La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"
Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"
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Sonno e apnee notturne: oltre al fastidio, aumenta il rischio di infarto e ictus
300mila italiani, soprattutto donne (7 su 10), soffrono di artrite reumatoide e ogni anno si registrano 5mila nuovi casi. Comune tra i 40 e i 70 anni, sebbene il picco di comparsa dei primi sintomi avvenga tra i 35 e i 45 anni. Tuttavia, durante l’inverno dolori e fastidi si accentuano ancor più. Tra le categorie più a rischio ci sono anche le persone obese o in sovrappeso, questo perché l’aumento di peso sovraccarica le articolazioni aumentando il rischio di infiammazione. Per quanto riguarda i segni poi, tra i principali da non trascurare: dolore persistente alle articolazioni (colpisce spesso le giunture di mani e piedi), talvolta accompagnato da gonfiore, in particolare di notte e al mattino, per poi attenuarsi nel corso della giornata. Talvolta i sintomi di questa patologia possono essere intermittenti, manifestarsi con diversi gradi di intensità o rimanere latenti anche per anni per poi peggiorare nel tempo. Controllo della malattia e riduzione dei sintomi, in altre parole: remissione. Uno spiraglio in fondo al tunnel per almeno la metà dei malati, soprattutto quando la diagnosi è precoce. Difatti, come dimostrano le recenti evidenze scientifiche, con l'inizio delle cure entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi, controllare la patologia è un traguardo raggiungibile per il 50-60% dei pazienti. Fondamentale è quindi diagnosticarla e intervenire tempestivamente, come già detto, entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi. Acuta o cronica è senza dubbio, la più nota è quella reumatoide. Un’infiammazione che colpisce un gran numero di persone che si trovano alle prese con dolore, gonfiore, arrossamento della cute e rigidità articolare. Valido alleato contro questa nemica comune: l’alimentazione. Come suggerito dal dottor Gianfrancesco Cormaci, specialista in biochimica clinica «il regime alimentare previsto per alleviare questi sintomi è la dieta antinfiammatoria che si basa essenzialmente sui cibi ad alto contenuto di antiossidanti, polifenoli, carotenoidi, acidi grassi omega 3, cibi a basso indice glicemico». In questo regime alimentare viene favorito anche l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva come principale fonte di grassi ed è altresì consigliata la riduzione o la minimizzazione dei carboidrati raffinati, fast food, bevande alcoliche e bevande zuccherate.
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Una dieta a ridotto contenuto infiammatorio è associata a una maggiore perdita di peso, riduzione dell’infiammazione, migliori prestazioni fisiche e minore dolore articolare. Difatti, nei pazienti con artrite reumatoide che seguivano lo stile alimentare consigliato si riscontravano la riduzione del dolore e il miglioramento delle funzioni fisiche rispetto a quelli che non seguivano una dieta a basso contenuto infiammatorio. Ad oggi si contano più di 100 tipologie di artrite, che possono colpire persone di ogni età e di entrambi i sessi, anche se una maggior incidenza si riscontra negli anziani e nelle donne. Tra le più note ci sono sicuramente l’osteoartrite e l’artrite reumatoide. Le meno comuni sono, invece, la fibromialgia, il lupus eritematoso sistemico, la gotta, l'artrite psoriasica, ecc.
L'artrite reumatoide può essere curata e tenuta sotto controllo e ora persino fermata prima che porti alla progressiva perdita di funzioni fondamentali che comportano, negli anni, l’invalidità dei pazienti» precisa Luigi Sinigaglia, past president della Società Italiana di Reumatologia. «Noi specialisti - prosegue l’esperto - abbiamo a disposizione cure efficaci, messe a punto negli ultimi 15-20 anni, che possono consentire in un’elevata percentuale di casi la remissione completa: che significa permettere al paziente di fare una vita normale». «l problema resta – sottolinea Senigallia -, però, la diagnosi precoce che, nel nostro Paese, può avvenire anche uno o due anni dopo la comparsa dei primi sintomi. Oggi riusciamo a raggiungere la remissione nel 50-60% dei pazienti se la malattia viene diagnosticata tempestivamente, ovvero entro un anno dalla comparsa dei primi sintomi. Sfruttando la cosiddetta “finestra di opportunità”, quella fase cioè che intercorre tra l'esordio della patologia e l'instaurarsi di danni irreversibili, in cui è fondamentale iniziare con il corretto trattamento farmacologico per garantire maggiori possibilità di remissione e migliori risultati clinici.
L’inverno è la stagione in cui le malattie reumatiche si accentuano.
Le malattie reumatiche sono una grossa famiglia di patologie che comprende sia malattie di degenerazione articolare, come l’artrosi, sia malattie più infiammatorie, in cui l’infiammazione precede il danno articolare. L’infiammazione, per definizione, tende a migliorare con le temperature più calde o con l’utilizzo dell’articolazione interessata» spiega a Obiettivo salute su Radio24, Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica di Humanitas. Certamente – precisa Selmi -, il peggioramento durante l’inverno è più comune nei pazienti con artrosi, quel dolore più meccanico che può colpire ginocchia, pollice e alluce e che aumenta proprio con il freddo». Tra le parti più colpite, indubbiamente le nostre mani. «Le mani sono estremamente importanti in Reumatologia – continua -, la temperatura fredda può causare, per esempio, il fenomeno di Raynaud, una costrizione dei vasi che porta le dita di mani o piedi a diventare prima bianche, poi blu, poi rosse; un disturbo frequente soprattutto nelle giovani donne». «Le mani – sottolinea l’esperto - sono poi spesso sede sia di artrite sia di artrosi ed è tipica la manifestazione più iniziale dell’artrite reumatoide a livello delle articolazioni delle mani. Quello che distingue queste due condizioni è il tipo di dolore: nel caso dell’artrite il dolore migliora con l’uso dell’articolazione, mentre nel caso dell’artrosi è l’esatto opposto e dunque l’uso delle articolazioni – per scrivere o per afferrare qualcosa – porterà a un aumento del dolore». Non dimentichiamo un altro grande fastidio che ci accompagna nella stagione fredda: il mal di schiena. «Nel caso del mal di schiena oltre al problema articolare, contribuisce anche la componente muscolare; in questo senso il freddo è un pessimo compagno di viaggio per quanto riguarda le contratture muscolari che possono essere alla base di alcuni mal di schiena, soprattutto in regione cervicale.
Partendo da presupposto che il peggioramento di queste patologie avviene sicuramente nei mesi invernali, ci sono anche altri tre fattori che incidono e che contribuiscono al peggioramento. Primo tra tutti, la scarsa attività fisica con conseguenze sia per l’aumento di peso che per la dimensione immunologica. Seguita poi da una sporadica esposizione ai raggi solari, e quindi, a un minor assorbimento di vitamina D, causa di un aumento dell’infiammazione locale. E per ultimo, ma non per importanza, anche insonnia e disturbi del sonno che favoriscono anch’esse stati infiammatori all’interno dell’organismo. Inoltre, le artriti provocano un senso di affaticamento, astenia e stanchezza.
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Se non opportunamente trattata questa malattia può avere un pesante impatto negativo sulla vita dei pazienti, oltre ad essere fortemente invalidante – sottolinea Silvia Tonolo, presidente ANMAR –. Per le ripercussioni sulla sfera personale e di relazione, un paziente su due ritiene addirittura di sentirsi escluso dalla società. C’è quindi un gran bisogno di un corretto percorso diagnostico terapeutico per questi pazienti che si basi su diagnosi precoce e tempestiva, presa in carico e appropriatezza terapeutica: sono fondamentali per garantire la remissione dalla malattia che dev’essere un obiettivo, non una speranza. Sappiamo che remissione non significa guarigione e che il mantenimento della stessa è subordinato alla continuità terapeutica e all’aderenza alle cure, ma da pazienti sappiamo altrettanto bene che quando i sintomi della patologia non interferiscono con la possibilità di vivere una vita attiva e normale l’effetto è positivo sia da un punto di vista fisico, che psicologico. Ecco perché noi pazienti, insieme al nostro reumatologo dobbiamo prenderci cura ogni giorno di noi stessi.
L’artrite reumatoide è una patologia infiammatoria cronica autoimmune che attacca i tessuti articolari di una persona il cui sistema immunitario, invece di proteggere l’organismo dagli agenti esterni come virus e batteri, si attiva in maniera anomala contro di esso» spiega al Corriere della Sera Roberto Gerli, presidente della Società Italiana di Reumatologia. «Sin dagli esordi – continua l’esperto -, la malattia si manifesta in maniera subdola, variabile, graduale o acuta, presentando dolore e tumefazione inizialmente alle articolazioni di mani e piedi, associati a rigidità al risveglio». «Con il tempo, l’infiammazione può coinvolgere potenzialmente ogni distretto dell’organismo (come polmoni, reni, cuore, sistema nervoso, vasi sanguigni, occhi) divenendo sistemica. La prognosi della malattia è decisamente migliorata a partire dagli anni '80, ma enormi progressi sono stati fatti negli ultimi 20 anni. Siamo passati dal sollievo sintomatico al rallentamento, o alla prevenzione, di ulteriori danni, fino alla possibilità di ottenere la remissione.
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Oggi, l’innovazione terapeutica continua a fornire opzioni in grado di cambiare l’evoluzione dell’artrite reumatoide, [...] che saranno sempre più in prima linea per il trattamento precoce di questa patologia volto a raggiungere l’obiettivo della remissione clinica. Utili pure a raggiungere il traguardo della remissione, condizionato da una stretta collaborazione fra paziente e medico» evidenzia il presidente della Società Italiana di Reumatologia. «Oltre all’inizio precoce del trattamento, è necessario uno stretto monitoraggio del paziente, con frequenti visite specialistiche, al fine di “misurare” il grado della risposta alla terapia - conclude Sinigaglia -. Attualmente, a fronte dell’ondata che ha investito gli ospedali legata all’emergenza Covid-19, molti pazienti hanno visto rinviare esami di controllo e visite con gli specialisti, ma ci sono prestazioni e terapie che non possono essere considerate differibili, con l’inevitabile effetto di un peggioramento del quadro clinico che, oltre a compromettere la possibilità di regressione, provoca anche un incremento dei costi sanitari e sociali - conclude Gerli.
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Leggo "Lotta all'Artrite reumautoide"
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MDPI "Special Issue "Vitamin D and Sport Performance"
PubMed "The Effect of Vitamin D Supplementation in Elite Adolescent Dancers on Muscle Function and Injury Incidence: A Randomised Double-Blind Study"
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Gazzetta dello Sport "Vitamina D: preziosa per ossa, muscoli e prestazioni sportive"
Quotidiano "Vitamina D, il segreto delle prestazioni sportive"
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+ 25%. Dalla prima alla seconda ondata. Unico comun denominatore il netto peggioramento della qualità del sonno. Lo rivela l’indagine di un gruppo di psicologi dell’Università di Roma Sapienza, guidati da Maria Casagrande del Dipartimento di psicologia clinica e dinamica. Secondo i dati mostrati dallo studio, pubblicato sulla rivista Sleep Medicine, ci si è spostati da una prevalenza di disturbi del sonno nella popolazione dal 30% a oltre il 55% e sono, al tempo stesso, aumentati anche stress e disturbi d’ansia. Una catena di patologie senza fine. La ricerca ha effettuato un confronto tra i dati rilevati attraverso un questionario somministrato online a circa 2.300 persone di età superiore a 18 anni e i dati epidemiologici di base.
I risultati della nostra ricerca dimostrano che c’è stato un peggioramento delle condizioni psicologiche durante lo stato di emergenza» spiegano gli autori dello studio. «Anche se è impossibile capire se i risultati sono attribuibili alla paura dell’epidemia o alle misure restrittive – evidenziano i ricercatori -, alcune caratteristiche del nostro campione sono risultate maggiormente in relazione a peggiori condizioni psicologiche: l’età più giovane, il sesso femminile, il timore di aver contratto l’infezione o aver avuto un contatto diretto con persone infettate. Chi aveva queste caratteristiche mostrava maggiori probabilità di sviluppare problemi connessi al sonno, sintomi d’ansia e stress psicologico, proprio come è già stato osservato in studi precedenti realizzati in corso di epidemia Covid-19 o SARS.
Tutti i consigli per RIPOSARE meglio ed essere più energici
Non solo i postumi del lockdown che sembra essere stato particolarmente difficile il momento dell’addormentamento, la cosiddetta latenza del sonno. Così, di conseguenza, l’indomani, molte persone hanno lamentato di non «funzionare» al meglio, come capita quando non si riposa a sufficienza. «Abbiamo anche riscontrato differenze territoriali, con una peggior qualità del sonno nelle aree del nord Italia, che corrispondevano a quelle in cui le condizioni erano peggiori e c’era il maggior numero di decessi» prosegue l’équipe di ricercatori. E infatti molte ricerche precedenti hanno documentato l’importanza del sonno nel ristabilire funzioni neurocomportamentali e psicologiche, come la regolazione delle emozioni, il tono dell’umore, l’ansia. E disturbi psichici come il Disturbo post-traumatico da stress (Ptsd) e altre forme correlate allo stress sono significativamente associate con un peggioramento della qualità del sonno, che a sua volta influenza negativamente il livello di soddisfazione della vita, la salute, gli aspetti correlati al benessere sociale ed emotivo. È per questo che riteniamo che studiare la qualità del sonno in corso di pandemia Covid-19 sia un elemento critico al fine di valutare il livello di benessere della popolazione italiana». Insomma, paura, stress e, dulcis in fundo, il coprifuoco hanno scombussolato il nostro metabolismo con notevoli conseguenze tra cui anche la mancanza di sonno. «Vivere in una con dizione di forte stress può compromettere la qualità del sonno» scrive in un post su Instagram Sara Parizzi, psicologa ed educatrice presso la Neuropsichiatra infantile di Fidenza (PR).
“Non ho chiuso occhio” o “non riesco a prendere sonno”, “dormo male” oppure “mi sveglio continuamente”. Queste tra le frasi principale che ormai da mesi sentiamo ripetere, come da rituale, ogni mattina da quando è esplosa l’emergenza. Un risveglio traumatico e per niente rilassante quello a cui vanno in contro ogni mattina gli italiani. Aumentano sempre più le persone che si alzano dal letto poco riposati o ancora assonnati e a peggiorare la situazione, l’attuale pandemia e il coprifuoco degli ultimi mesi. Lo stress e l’assenza di stimoli, una vita sociale sempre più limitata e la preoccupazione per il lavoro incidono negativamente sul nostro sonno e, più in generale, sulla nostra salute. In ultimo, il coprifuoco a cambiare il nostro stile di vita e le nostre abitudini, gli orari della routine quotidiana compreso il nostro orologio biologico che continua ad essere il bersaglio perfetto delle nostre giornate stressanti alle prese con il mare magnum di notizie. Sono questi i principali fattori che, fra gli altri, rappresentano una minaccia alla buona qualità del sonno. Aspetto da non sottovalutare è quello dovuto al rallentamento, o addirittura, alla cessazione, di ogni attività motoria. Tra gli altri “nemici del sonno” anche i dispositivi elettronici che, finito il tempo dello smart working, ci inchiodano agli schermi con l’intento di trovare un passatempo tra le mura domestiche. Attività che peraltro hanno l'effetto di annullare ogni sorta di rilassamento: l'iperstimolazione che il cervello subisce durante il giorno, unita alla luce blu dei device elettronici, riduce la produzione della melatonina, l'ormone che stimola il sonno.
Un disturbo patologico che colpisce più gli adulti che i ragazzi, in questa nuova ondata di coronavirus l'insonnia sta facendo contare numeri importanti. «Molte persone - aggiunge Francesco Fattirolli, direttore della struttura organizzativa dipartimentale di riabilitazione cardiologica dell’Università di Careggi - ci dicono di avere problemi del sonno che è inquieto e disturbato. Ma ci raccontano anche di timori e di senso di paura». Sono diversi i fattori che influiscono sulle sue cause e, di conseguenza, hanno l'effetto di innescare maggiore stress. Tuttavia, dormire bene è possibile. Una condizione che poi si accentua ancor più d’inverno. Difatti, «quando fa freddo – si legge nell’intervista a Vanity Fair - facciamo fatica a prendere sonno perché il nostro corpo non riesce a scaldare facilmente le zone periferiche, soprattutto mani e piedi» spiega a Vanity Fair, Sara Montagnese, professore di Medicina all’Università di Padova. Umore, lucidità mentale, energie e performance: il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze. Dalle notti passate a rotolarsi nel letto, ai risvegli all’insegna della stanchezza. E poi, la quantità non coincide quasi mai con la qualità. Soprattutto in questo caso. Dormire non significa riposare bene, con un sonno costante e senza interruzioni. Proprio per questo, e ancor più, per il benessere del nostro organismo, l’importante e svegliarsi riposati, al mattino, e con la giusta energia per affrontare la giornata. Per contrastare insonnia e disturbi del sonno è fondamentale un buon alleato: scegliere la corretta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è proprio la melatonina. Una molecola naturale antichissima (la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa), prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali.
Non dimentichiamoci poi di ansia e stress. Deleterie per il nostro benessere psicofisico poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso. A complicare un quadro già critico anche le tante faccende da sbrigare e le mille cose da pianificare nei giorni che precedono la festività.
Ogni volta che c’è un cambio di stagione potrebbero manifestarsi una serie di disturbi, che possono compromettere la qualità della vita quotidiana. Spesso si parla di disordine affettivo stagionale che si manifesta con malessere e stress. Sono diverse le cause che potrebbero celarsi dietro la stanchezza del cambio di stagione, tra cui l’alterazione della serotonina e della melatonina, dovute alle modifiche nell’alternanza tra luce e buio» evidenzia Christian orlando, biologo e nutrizionista. «Comunque – suggerisce Orlando - ci sono dei semplici rimedi che possono aiutare a vivere meglio il cambio di stagione, è importante assumere vitamine del gruppo B che supportano il nostro metabolismo energetico, la vitamina C perché contribuisce a ridurre stress e affaticamento e la melatonina importante per ritrovare il giusto equilibrio sonno-veglia. E’ importantissimo anche idratare l’organismo, che ha bisogno di eliminare le tossine e le scorie accumulate inoltre anche una leggera attività fisica è utile per rilassare la mente.
Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors). Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti:
Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se, infatti, nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là.
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Nella lotta al coronavirus un altro potente alleato del nostro organismo. Dopo la lattoferrina e la vitamina D, un’altra sostanza è oggetto di studio per il potenziale ruolo contro il coronavirus, ora è il turno della melatonina che, secondo uno studio statunitense, potrebbe aiutare ad abbassare il rischio di contrarre l’infezione. Dopo le numerose indagini e delle evidenze scientifiche circa il rapporto tra vitamina D e SARS-CoV2 ora, la scoperta dei ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) che identificando nell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, solitamente utilizzato come integratore alimentare per risolvere i problemi di insonnia una possibile opzione di trattamento per il Covid. Secondo gli studiosi, l’uso regolare di questo ormone che regola il ciclo sonno-veglia, comunemente utilizzato come integratore contro l’insonnia, è associato a una «probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2», una percentuale può arrivare a coprire più della metà dei casi (52%) nella popolazione afroamericana. Nella ricerca pubblicata sulla rivista Plos Biology, i ricercatori hanno utilizzato i dati delle cartelle cliniche di quasi 27mila pazienti con Covid-19 per identificare le manifestazioni cliniche e le patologie comuni tra l’infezione da coronavirus e altre malattie, integrando queste informazioni con tecnologie di analisi utili alla descrizione e l’interpretazione del sistema biologico sottostante. In particolare gli studiosi hanno valutato l’associazione con altre 64 malattie (cancro, malattie autoimmuni, cardiovascolari, metaboliche, neurologiche e polmonari) individuando il nesso tra le diverse patologie. L’analisi ha evidenziato che, ad esempio, alcune proteine associate alle difficoltà respiratorie e alla sepsi (due delle principali cause di morte nei pazienti con forme gravi di Covid-19) erano altamente correlate con più proteine di Sars-Cov-2.
Nell’insieme, gli studiosi hanno determinato che le malattie autoimmuni (come ad esempio la malattia infiammatoria intestinale), polmonari (come la broncopneumopatia cronica ostruttiva e fibrosi polmonare) e neurologiche (depressione e disturbo da deficit di attenzione e iperattività) mostravano una significativa associazione con geni e proteine coinvolte nell’infezione da SARS-CoV-2. L’indagine ha analizzato circa 3.000 sostanze, individuandone 34 interessanti per la loro potenziale azione antivirale e fra queste, prima tra tutte, la melatonina. «Questo ci ha indicato – precisa Feixiong Cheng del Genomic Medicine Institute della Cleveland Clinic e autore dello studio – che farmaci già approvati per il trattamento di queste condizioni respiratorie potrebbero avere qualche utilità nel trattare anche l’infezione da coronavirus agendo su quei bersagli biologici condivisi». Anche gli scienziati del Life Science avevano già indagando il potenziale effetto terapeutico nei pazienti affetti da Covid-19. La review pubblicata su Life Science dal titolo “Lungs as target of COVID-19 infection: Protective common molecular mechanisms of vitamin D and melatonin as a new potential synergistic treatment” ha indagato il potenziale terapeutico dell’azione sinergica della vitamina D e della melatonina nei pazienti affetti da coronavirus. Secondo la ricerca, sia la vitamina D che la melatonina, grazie alle notevoli proprietà che le contraddistinguono tra cui quelle antinfiammatorie, antifibrotiche e antiossidanti, svolgono un’azione regolatrice nei confronti del sistema renina-angiotensina-aldosterone, influendo positivamente sulla “tempesta delle citochine”, causa di infiammazioni e fibrosi dei tessuti a livello polmonare, e più in generale sul sistema immunitario. Quindi non solo l’ipovitaminosi tra le cause di maggior rischio. La review pone l’attenzione su come la carenza di queste sostanze potrebbe influire sugli stati di infiammazione acuta causati da Covid-19, provocando sintomi più gravi rispetto a quelli registrati nei pazienti con livelli ematici di vitamina D e melatonina più alti.
Dalla capacità di modulare e influenzare meccanismi fisiologici dell’organismo al mantenimento di ossa e denti in salute, dal buon funzionamento dei muscoli al rinforzo del sistema immunitario. L’azione della vitamina D è ormai da anni oggetto di ricerca. Non meno interessante è la correlazione fra la carenza di vitamina D con i disturbi del sonno, condizione che ha registrato una vera e propria impennata nella popolazione italiana soprattutto nel periodo del lockdown marzo-maggio 2020, nel pieno della prima ondata. Altra grande protagonista nella regolazione del ritmo circadiano del sonno è la melatonina. Questo ormone viene prodotto naturalmente dalla ghiandola pineale e a livello mitocondriale, a cui sono state attribuite, secondo quanto dimostrano le ricerche di diversi studi clinici e review, anche proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e immunomodulanti. E proprio a questa esigenza rispondono i nutraceutici e gli integratori alimentari a base di vitamina D e melatonina efficaci per aiutarci a ritrovare benessere e serenità.
Tuttavia, anche se il legame fra melatonina e coronavirus è ancora da esplorare, e se i ricercatori hanno individuato alcuni processi fisiologici che potrebbero entrare in gioco, la sostanza potrebbe giovare ai pazienti anziani, ovvero a quelli a rischio di forme di infezione più gravi. Inoltre, la melatonina, sopprime alcuni processi infiammatori, anche a livello polmonare, ad esempio aumentando le citochine anti-infiammatorie. Senza trascurare poi, come risaputo, che un buon riposto (almeno 8 ore a notte) aiuta ad abbassare i livelli dello stress. Inoltre, nell’indagine che ha indagato il rapporto tra melatonina e coronavirus è emerso che l’uso di melatonina era associato a una probabilità ridotta di quasi il 30% di risultare positivo al Covid-19 dopo l’adeguamento per età, razza e varie comorbidità della malattia. In sostanza, l'uso adiuvante della melatonina ha un potenziale per migliorare i sintomi clinici dei pazienti COVID-19 e contribuire a un più rapido ritorno dei pazienti alla salute di base. Considerate le alte prestazioni della melatonina, la sua prescrizione nella profilassi del COVID-19 è fortemente raccomandata.
Authorea "Efficacy of a Low Dose of Melatonin as an Adjunctive Therapy in Hospitalized Patients with COVID-19: A Randomized, Double-blind Clinical Trial"
Fanpage "La melatonina potrebbe prevenire e curare l’infezione da coronavirus"
Leggo "Vitamina D e Melatonina: Life Science indaga il potenziale terapeutico nei pazienti affetti da Covid-19"
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Afa e caldo torrido, da sempre causa di notti insonni. Caldo e sonno non vanno a braccetto. Al contrario, le alte temperature incidono negativamente sul nostro riposo rendendo l’addormentamento più lento e complesso. Le afose notti estive riesco puntualmente a privarci del tanto meritato riposo notturno. Scopriamo perché! Prima di addormentarci, la nostra temperatura esterna tende a uniformarsi. «Nella fase di addormentamento la temperatura degli arti aumenta di un poco» spiega a Vanity Fair, Sara Montagnese, professore di Medicina all’Università di Padova. «Viceversa – precisa l’esperta -, diminuisce quella della zona centrale del corpo, tronco e torace». Montagnese spiega perché con gli caldo, con i vasi sanguingni più aperti, gli arti diventano più caldi del normale. «Quando fa freddo – si legge nell’intervista a Vanity Fair - facciamo fatica a prendere sonno perché il nostro corpo non riesce a scaldare facilmente le zone periferiche, soprattutto mani e piedi. Al contrario, quando fa molto caldo, gli arti sono già – come si dice tecnicamente – vasodilatati». Ma c’è dell’altro. Quando finalmente riusciamo a prendere sonno, capita dopo un po’ di svegliarsi bagnati di sudore. «La sudorazione – evidenzia l’esperta - è una strategia del nostro corpo per disperdere calore e abbassare la propria temperatura. È una risposta alle temperature elevate che può rendere l’addormentamento più lento».
Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze. Il numero delle ore riposate diminuisce all’aumentare delle temperature. L’afa non toglie solo il respiro, ma anche il sonno. Dalle notti passate a rotolarsi nel letto, ai risvegli all’insegna della stanchezza. E poi, la quantità non coincide quasi mai con la qualità. Soprattutto in questo caso. Dormire non significa riposare bene, con un sonno costante e senza interruzioni. Proprio per questo, e ancor più, per il benessere del nostro organismo, l’importante e svegliarsi riposati, al mattino, e con la giusta energia per affrontare la giornata. Secondo la Sleep Foundation americana la stanza da letto ideale dovrebbe essere fra i 15,5 e i 19,5 gradi. Tra le nostre cattive abitudini, c'è proprio quella di tirare fino a tardi. Infatti, il sonno sporadico, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze e se, nel breve periodo, riguardano soprattutto benessere fisico e psichico, nel lungo periodo, danneggiano anche il cuore. Ebbene sì, dormire poco o male ci rende vulnerabili e maggiormente predisposti e soggetti a ictus e infarti. Lo conferma uno studio condotto lo scorso anno da un team di ricercatori dell’Università del Colorado di Boulder. Gli studiosi avevano determinato che chi dorme meno di 7 ore a notte presenta livelli inferiori di tre microRNA nel sangue, molecole che regolano e giocano un ruolo importante nel consentire il corretto funzionamento dei vasi sanguigni.
«Stabilire routine semplici può aiutare i nottambuli a regolare i loro orologi interni e a migliorare la loro salute fisica e mentale complessiva: livelli insufficienti di sonno e disallineamento circadiano possono influire negativamente su molti processi corporei, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, cancro e diabete», evidenzia Debra Skene dell'Università del Surrey. L'esperta spiega che rispetto alle persone mattiniere, i nottambuli soffrono maggiormente nella nostra società per riuscire ad adattarsi agli orari imposti dalla società (scuola o lavoro), che non sono sincronizzati con i loro orologi interni. «Riconoscendo queste difficoltà e fornendo semplici strumenti per migliorare il benessere fisico e mentale - conclude la ricercatrice -, possiamo fare passi avanti in una società che è costantemente sotto pressione per massimizzare la produttività e ottimizzare le prestazioni delle persone in determinati momenti della giornata».
Con il termine insonnia s'intende non «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Tra le conseguenze negative, della carenza di sonno, possiamo annoverare il diabete di tipo 2, l'obesità, poiché quando si dorme meno si tende solitamente a mangiare di più e si bruciano le calorie con maggiore difficoltà, la sindrome metabolica e la perdita dell'elasticità cutanea. Proprio per questo, per contrastare insonnia e disturbi del sonno è fondamentale un buon alleato: scegliere la corretta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è proprio la melatonina. Una molecola naturale antichissima (la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa), prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali.
Senza dimenticare poi ansia e stress. Deleterie per il nostro benessere psicofisico poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso. A complicare un quadro già critico anche le tante faccende da sbrigare e le mille cose da pianificare nei giorni che precedono la partenza per le vacanze estive. Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors). Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935; la sindrome viene definita in questo modo da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se, infatti, nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». Inoltre, in situazioni come quella che precede la partenza, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione.
«Che sia in arrivo la primavera, l’estate, l’autunno o l’inverno, il cambiamento influenza pesantemente il nostro organismo» sostiene Christian Orlando, biologo. «Il doversi adattare a un nuovo clima – continua -, alla diversa lunghezza della giornata e a nuove abitudini di vita, può generare stress mentale e stanchezza fisica. Ogni volta che c’è un cambio di stagione potrebbero manifestarsi una serie di disturbi, che possono compromettere la qualità della vita quotidiana». «Spesso si parla di disordine affettivo stagionale che si manifesta con malessere e stress. Sono diverse le cause che potrebbero celarsi dietro la stanchezza del cambio di stagione, tra cui l’alterazione della serotonina e della melatonina, dovute alle modifiche nell’alternanza tra luce e buio» evidenzia l’esperto. «Comunque – suggerisce Orlando - ci sono dei semplici rimedi che possono aiutare a vivere meglio il cambio di stagione, è importante assumere vitamine del gruppo B che supportano il nostro metabolismo energetico, la vitamina C perché contribuisce a ridurre stress e affaticamento e la melatonina importante per ritrovare il giusto equilibrio sonno-veglia. E’ importantissimo anche idratare l’organismo, che ha bisogno di eliminare le tossine e le scorie accumulate inoltre anche una leggera attività fisica è utile per rilassare la mente».
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“L’orologio batte l’una…” Le due e poi le tre... Una vera e propria costante per tutte le persone che si ritrovano, una notte dopo l’altra a fare i conti con insonnia e disturbi del sonno. Complici caldo, stress e ansia. Dormire, e soprattutto, dormire bene è sempre più difficile. Le ripercussioni poi, sul nostro organismo, non sono per nulla trascurabili. Tra i tanti rischi che si corrono anche l’insorgenza di malattiee disturbi di varia natura. Uno studio americano dimostra il legame tra sonno frammentato e patologie cardiovascolari: tutta colpa dei neutrofili! Il sonno frammentato, quando diventa una situazione che se si manifesta con regolarità può avere effetti negativi sulla nostra salute. A tal proposito, un gruppo di ricerca dell'Università della California a Berkeley conferma il legame fra riposo interrotto e problemi cardiovascolari e mostra quale potrebbe essere il meccanismo sottostante. Questi ricercatori, infatti, hanno scoperto che le persone che si muovono di più e hanno un riposo notturno intermittente presentano, nelle analisi del sangue, livelli più elevati dei neutrofili, un tipo di globuli bianchi coinvolti in vari processi infiammatori, tra cui anche nell'aterosclerosi.
L’indagine, pubblicata su Plos Biology, ha coinvolto 1.600 persone sottoponendole a test non invasivi per rilevare disturbi del sonno, incluse le interruzioni. Tra gli esami la polisonnografia, che studia diversi parametri del sonno durante la notte (nello specifico, una sola notte) e l'actigrafia, che tramite uno strumento simile a un orologio da polso, registra tutti i movimenti diurni e notturni del polso e del braccio anche per periodi prolungati e ha monitorato i partecipanti per una settimana. I partecipanti sono poi stati sottoposti ad analisi del sangue per stimare i livelli di alcuni biomarcatori dell'infiammazione, quali neutrofili e monociti, due tipi di globuli bianchi che si alzano in presenza di vari processi infiammatori. Infine, è stata stimata, tramite una tac senza mezzo di contrasto, la loro quantità di calcio nelle arterie coronarie, una misura che dà conto della presenza e del grado di aterosclerosi. Gli scienziati hanno considerato ed escluso il peso di altri fattori che possono confondere l'esito, come ipertensione, indice di massa corporea e altro. Dalla ricerca è emerso che la frammentazione del sonno risulta associata, in maniera significativa, a livelli più elevati dei neutrofili e a una maggiore calcificazione delle coronarie. Stando a quanto emerso, gli autori dello studio suggeriscono che il ruolo della frammentazione del sonno sull'aterosclerosi potrebbe essere mediato e veicolato proprio dall'infiammazione legata all'aumento dei globuli bianchi anche se le cause restano ancora ignote.
«Sappiamo da tempo che c'è un legame fra sonno notturno troppo corto o troppo lungo oppure frammentato e problemi della salute cardiovascolare» spiega in un’intervista a La Repubblica Filippo Crea, direttore della Cardiologia alla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs. «E questo studio è interessante perché – prosegue l’esperto - , oltre a confermare questa relazione, fornisce una prima ipotesi del meccanismo con cui questo avviene, ovvero attraverso una piccola alterazione dei neutrofili». L'aterosclerosi, che è una patologia infiammatoria cronica e il fatto che in generale l'infiammazione cronica sia legata all'aterosclerosi non deve sorprenderci, continua Crea: «Ad esempio, i pazienti con malattie infiammatorie croniche fra cui l'artrite reumatoide, il lupus o malattie infiammatorie croniche intestinali sono in media maggiormente soggetti anche all'aterosclerosi. Attualmente diversi studi stanno cercando di capire meglio il perché». Da qui, l’importanza di dormire bene per migliorare il benessere psico-fisico e per preservare la salute futura. «Prestare attenzione alla durata del sonno, dato che studi precedenti hanno dimostrato una correlazione fra il rischio di patologie cardiache e cerebrovascolari e una durata troppo breve (minore delle 6 ore) o troppo lunga (superiore alle 9 ore) del sonno e non limitata a episodi sporadici ma regolari» raccomanda il direttore.
Per insonnia non s'intende «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani. […] quando sono imposti disturbi del sonno a questo ritmo circadiano, l’aumento notturno di IL-6 viene ritardato, […]la privazione totale del sonno notturno l’aumento di IL-6 di circa la metà. […] l’aumento notturno del fattore di necrosi tumorale TNF sembra essere guidato principalmente da fattori circadiani. […] vi è evidenza di un sorprendente aumento notturno della capacità dei monociti di rispondere alla sfida […] aggiunge l’idea che il sonno notturno favorisce la difesa immunitaria in una sfida microbica. […] prolattina. […]ormoni neuroendocrini sono noti per migliorare la proliferazione e la differenziazione delle cellule T e per promuovere l’attività delle citochine di tipo 1. […] la perdita di sonno aumenta progressivamente oltre 4 notti, vi è evidenza di un aumento cumulativo della proteina C-reattiva (CRP) […]» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Lo studio, infatti, conferma la correlazione tra le concentrazioni di interleuchine e le fasi circadiane e quindi, di conseguenza il bilanciamento Th1 e Th2. «Ad esempio - aggiunge - l’interleuchina IL6 ha due picchi alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00».
Tra i nostri “brutti vizi”, c'è proprio quella di tirare fino a tardi o, ancora peggio, fino al mattino. Infatti, l’abitudine di andare a dormire alle prime luci dell’alba, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze. Quando parliamo di insonnia, ovviamente, non alludiamo a episodi sporadici, ma alla difficoltà di riposare o al sonno disturbato che si protraggono per circa 4-5 notti a settimana. L’insonnia, ovvero quella condizione che impedisce di avere un sonno profondo e prolungato durante la notte a causa di ripetuti risvegli. L’importante è recuperare le ore di sonno ed limare le cattive abitudini che ci tengono svegli fino a tarda notte. Partendo dall’assunto che ogni adulto dovrebbe dormire circa 7-9 ore a notte, se il numero di ore riposate è inferiore, bisogna correre ai ripari e iniziare a ridurre la quantità di caffeina, e quindi, degli alimenti che la contengono, evitate l'utilizzo dei 'nemici del riposo' (smartphone, pc e tablet) almeno un'ora prima di andare a dormire, restare leggeri a tavola, soprattutto a cena, così da evitare problemi di digestione. Inoltre, è fondamentale scegliere un buon alleato: la corretta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è proprio la melatonina, una molecola naturale antichissima, con la principale funzione di regolare il ritmo circadiano.
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La paura del contagio, l’isolamento e la crisi economica sono oggi tra i principali fattori che influenzano negativamente il nostro riposo. Lo dimostrano due importanti indagini che uno staff di ricercatori, del San Raffaele di Milano, sta conducendo, in questi giorni. Un primo studio nasce con lo scopo di indagare le abitudini di sonno negli studenti universitari: sono stati valutati con test e questionari specifici oltre 300 studenti, delle facoltà degli atenei del capoluogo regionale e gli esperti hanno evidenziato uno spostamento in avanti del periodo di sonno di circa un’ora, soprattutto nelle ragazze. «L’altro studio è stato invece condotto su personale sanitario coinvolto nella gestione del Covid-19: il sonno è stato valutato con l’attigrafo, una sorta di orologio, indossato per una settimana. Una valutazione preliminare dei risultati indica che una ridotta qualità del sonno emerge soprattutto nei soggetti di età superiore ai 40 anni». Spiega a Il Giorno il professor Luigi Ferini Strambi, primario del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
«Durante la pandemia – continua il primario - sono aumentati i pazienti con disturbi del sonno. Legati, in particolare, alle non poche difficoltà di mantenere un corretto ritmo sonno-veglia. L’andare a letto più tardi alla sera e l’alzarsi più tardi al mattino hanno stravolto i nostri normali ritmi biologici. I giovani, più degli altri, riferiscono di frequenti brutti sogni: accade perchè dormono più a lungo la mattina, allungando così la fase rem in cui si sogna. Ma non solo: infatti molti si sono concessi sonnellini diurni, spesso anche prolungati, che hanno inevitabilmente creato problemi sulla qualità del sonno notturno». «Altri fattori hanno avuto un ruolo negativo - sottolinea l’esperto - non solo la diminuzione dell’attività motoria o la ridotta esposizione alla luce naturale, ma anche l’esposizione continua a dispositivi elettronici, allo scopo sia di interazione sociale che di intrattenimento. La stimolazione costante dei centri della veglia e la luce blu prodotta dai “devic” elettronici (luce che inibisce il rilascio di melatonina) hanno creato problemi di addormentamento serale. Inoltre anche la ricerca costante dell’ultima notizia relativa alle novità sulla pandemia ha aumentato i livelli di ansia. L’allarme, per il futuro, ha contribuito alla deflessione dell’umore. È noto che ansia e depressione giocano un ruolo importante nel favorire i disturbi del sonno. Si deve prestare attenzione anche all’alimentazione: guai a esagerare con l’alcol, ad esempio».
Per insonnia non s'intende «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […]Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani. […] quando sono imposti disturbi del sonno a questo ritmo circadiano, l’aumento notturno di IL-6 viene ritardato, […]la privazione totale del sonno notturno l’aumento di IL-6 di circa la metà. […] l’aumento notturno del fattore di necrosi tumorale TNF sembra essere guidato principalmente da fattori circadiani. […]vi è evidenza di un sorprendente aumento notturno della capacità dei monociti di rispondere alla sfida […] aggiunge l’idea che il sonno notturno favorisce la difesa immunitaria in una sfida microbica. […]prolattina. […]ormoni neuroendocrini sono noti per migliorare la proliferazione e la differenziazione delle cellule T e per promuovere l’attività delle citochine di tipo 1. […] perdita di sonno aumenta progressivamente oltre 4 notti, vi è evidenza di un aumento cumulativo della proteina C-reattiva (CRP) […]» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Lo studio, infatti, conferma la correlazione tra le concentrazioni di interleuchine e le fasi circadiane e quindi, di conseguenza il bilanciamento Th1 e Th2. «Ad esempio - aggiunge - l’interleuchina IL6 ha due picchi alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00».
Tuttavia, il post lockdown non ha risparmiato neanche i più piccoli. 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno. Lo dimostra un’indagine presentata al ministero della Salute e condotto dal neurologo Lino Nobili che dirige il dipartimento di Neuropsichiatria infantile dellʼospedale pediatrico dall'Irccs Giannina Gaslini di Genova su un campione di 3.245 famiglie con figli sotto i 18 anni a carico. Le cause? La perdita improvvisa di quotidianità, i rapporti sociali e l’assenza di attività ludiche. Inoltre, bambini, ma anche adolescenti, hanno assorbito anche lo stress trasmesso dai genitori o dai componenti adulti del nucleo familiare. Dall’indagine è emerso che nel 65% e nel 71% dei bambini con età rispettivamente minore o maggiore di 6 anni sono insorte problematiche comportamentali e sintomi di regressione. Per quel che riguarda i bambini al di sotto dei sei anni, i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine e ansia da separazione).
Stesso trend, per quelli un po’ più grandi. Nei bambini e negli adolescenti tra i 6 e i 18 anni, i disturbi più frequenti riguardavano proprio la componente somatica, ovvero i disturbi d’ansia. In questa fascia di età è stata osservata, tuttavia, una significativa alterazione del ritmo-circadiano e delle fasi sonno-veglia con tendenza al ritardo di fase. Soprattutto gli adolescenti che sempre più spesso, vanno a letto molto tardi, facendo poi fatica a svegliarsi l’indomani, come se fossero ostaggi di una sorta di jet lag domestico. Ma non è tutto. Tra questi ragazzi è stata inoltre riscontrata una maggiore instabilità emotiva correlata a stati di irritabilità e frequenti sbalzi dell’umore. Tra le cattive abitudini degli italiani, c'è proprio quella di tirare fino a tardi o, ancora peggio, fino al mattino. Infatti, andare a dormire alle prime luci dell’alba, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze.
Come rimediare? Iniziamo subito a eliminare le cattive abitudini e a recuperare le ore di sonno perse. Ogni adulto dovrebbe dormire circa 7-9 ore a notte. Ma se il numero di ore riposate è inferiore, correte ai ripari: iniziate a ridurre la quantità di caffeina, e quindi, degli alimenti che la contengono, evitate l'utilizzo dei 'nemici del riposo' (smartphone, pc e tablet) almeno un'ora prima di andare a dormire, consumate pasti serali leggeri così da evitare problemi di digestione. E scegliete un buon alleato: la giusta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo c’è anche la melatonina, una molecola naturale antichissima, con la principale funzione di regolare il ritmo circadiano.
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Il sonno disordinato, quello sbagliato. Tra le cattive abitudini degli italiani (ma non solo), c'è proprio quella di tirare fino a tardi o, per gli amanti della notte, fino al mattino. Infatti, andare a dormire tardi, incide negativamente sulla nostra salute. Dall'umore alla lucidità mentale, dall'energia alle performance. Il sonno è indispensabile e quando scarseggia ne paghiamo le conseguenze e se, nel breve periodo, riguardano soprattutto benessere fisico e psichico, nel lungo periodo, danneggiano anche il cuore. Ebbene sì, dormire poco o male ci rende vulnerabili e maggiormente predisposti e soggetti a ictus e infarti. E non è finita qui. Tra le conseguenze negative, della carenza di sonno, possiamo annoverare il diabete di tipo 2, l'obesità, poichè quando si dorme meno si tende solitamente a mangiare di più e si bruciano le calorie con maggiore difficoltà, la sindrome metabolica e la perdita dell'elasticità cutanea. Già teorizzato lo scorso anno da ricercatori americani dell’Università del Colorado di Boulder. Gli studiosi avevano determinato che chi dorme meno di 7 ore a notte presenta livelli inferiori di tre microRNA nel sangue, si tratta di piccole molecole che regolano e giocano un ruolo importante nel consentire il corretto funzionamento dei vasi sanguigni. La conferma a questa teoria, arriva dal nuovo studio, pubblicato su Journal of the American College of Cardiology (JACC) che dimostra come il sonno irregolare sia dannoso per il cuore e per i vasi.
Per insonnia non s'intende «solo un disturbo di salute, ma contribuisce anche in modo indipendente al rischio di malattie infettive e infiammatorie inclusa la depressione, così come la mortalità […] Per le concentrazioni circolanti d’interleuchina (IL)-6, ad esempio, ci sono due picchi, alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00, e questi picchi sembrano essere guidati da processi circadiani. […] quando sono imposti disturbi del sonno a questo ritmo circadiano, l’aumento notturno di IL-6 viene ritardato, […] la privazione totale del sonno notturno l’aumento di IL-6 di circa la metà. […] l’aumento notturno del fattore di necrosi tumorale TNF sembra essere guidato principalmente da fattori circadiani. […] vi è evidenza di un sorprendente aumento notturno della capacità dei monociti di rispondere alla sfida […] aggiunge l’idea che il sonno notturno favorisce la difesa immunitaria in una sfida microbica. […] prolattina. […] ormoni neuroendocrini sono noti per migliorare la proliferazione e la differenziazione delle cellule T e per promuovere l’attività delle citochine di tipo 1. […] perdita di sonno aumenta progressivamente oltre 4 notti, vi è evidenza di un aumento cumulativo della proteina C-reattiva (CRP) […]» si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le ricerche. Lo studio, infatti, conferma la correlazione tra le concentrazioni di interleuchine e le fasi circadiane e quindi, di conseguenza il bilanciamento Th1 e Th2. «Ad esempio - aggiunge - l’interleuchina IL6 ha due picchi alle ore 19,00 e di nuovo alle ore 5,00».
La melatonina è una molecola naturale antichissima, infatti, la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa. É prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna (di 5/9 millimetri di altezza) e presente in qualsiasi organismo (animale o vegetale). La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali. Vediamo ora come avviene questo processo: la ghiandola pineale è sincronizzata con i ritmi circadiani, modificandosi in base alle variazioni di luminosità del giorno e della notte o al cambio di stagione. Il precursore della melatonina è il triptofano (un aminoacido essenziale, d’assumere per via alimentare), trasformato in serotonina per opera dell’enzima idrossindolo-metil-transferasi (Homt), presente nella ghiandola pineale. La sua secrezione inizia con l’oscurità (livello iniziale da 5 picogrammi/ml), aumentando da 20 a 30 picogrammi/ml fino alle ore 20; superando i 30 picogrammi/ml nella notte. Il picco di 60/70 picogrammi/ml è raggiunto dalle 2 alle 3 del mattino. I livelli di melatonina tornano poi a scendere fino alle 7 del mattino. La sua funzione principale è quella di regolare la presenza degli altri ormoni (cortisolo, Gh, testosterone, etc.) rendendo possibile il fenomeno della riparazione tessutale del nostro corpo. La melatonina accompagna il nostro sonno nella fase Rem (quello profondo), inibisce il cortisolo e stimola la produzione dell’ormone del Gh e del testosterone. Senza tale azione il nostro corpo perderebbe la sua funzione di riparazione, compresa quella cellullare e del Dna che subisce 10.000 insulti al giorno, da parte dei “radicali liberi”. Tali complessi meccanismi sono stati oggetto di studio da parte di molti ricercatori, tra i quali ricordiamo il dottor Pierpaoli che esamina gli effetti della melatonina da oltre 30 anni.
Non solo per il sonno. Difatti, le funzioni della melatonina sono diverse, alcune di queste vengono elencate da Adriano Panzironi in Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. Potente antiossidante con azione di pulizia nei confronti dei radicali liberi, (anche più efficace delle vitamine C, E e del Beta-carotene). «La sua azione protettiva è rivolta alle membrane cellulari, alle lipoproteine Ldl (contro l’ossidazione), alle cellule dell’endotelio arterioso, ai neuroni celebrali (contro l’ischemia, dovuta a stress o alcool). Inoltre, è utilizzata per alleviare i disturbi dovuti al cambio di fuso orario (sindrome da jet lag) migliorando l’adattabilità dei propri ritmi biologici all’ora locale». Utilizzata anche per migliorare i sintomi della menopausa. Difatti, se associata al progesterone, inibisce l’ovulazione. Diversi studi hanno confermato che determinati livelli di melatonina, nel flusso sanguigno, soprattutto nelle ore notturne, diminuiscono le probabilità d’infarto. «Tale effetto è dovuto alla sua azione vasodilatatrice (contrasta i radicali liberi che inibiscono l’ossido nitrico) ed antiaggregante piastrinica». Contribuisce alla riduzione di colesterolo, aumentando il metabolismo dei grassi.
Altresì, rafforza il sistema immunitario, innescando un processo inibitorio del cortisolo. Difatti, «durante il picco delle 2-3 di notte, è stato riscontrato un aumento significativo delle cellule del sistema immunitario. Risulta efficace contro i microbi, i virus e le cellule neoplastiche. - Alcuni ricercatori dell’Ospedale Oncologico di Milano hanno dimostrato l’attività inibitoria della melatonina, sulla crescita delle cellule tumorali del cancro alla prostata. Nell’Università di New Orleans è stata riscontrata un’azione inibitoria anche verso altri tipi di neoplasie, quali il cancro ai polmoni, all’utero ed alle mammelle. La melatonina prolungherebbe anche la sopravvivenza dei malati terminali (migliorando nel contempo la qualità della vita). Difatti da esperienze riportate dal professor Paolo Lissoni responsabile della divisione Oncologica dell’Ospedale di Monza, l’utilizzo della melatonina ha aumentato del 16% le regressioni tumorali (di solito incurabili) su tumori gastrointestinali, polmonari e nei mesoteliomi. - Somministrata durante la chemio e la radioterapia, ha ridotto gli effetti collaterali, di solito devastanti. E, per dovere di cronaca, va detto che il professor Di Bella, per primo indagò sull’azione antitumorale della melatonina ed infatti la inserì nel suo protocollo di cura».
Tuttavia, gli anni passano per tutti e con l'avanzare dell'età diminuisce la produzione di melatonina. Vediamo come. «La ghiandola pineale - spiega Adriano Panzironi - con il passare degli anni tende a calcificarsi, causando già a 45 anni, circa il 50% di minore produzione di melatonina. Il calo raggiunge addirittura l’80% superati i 70 anni di età. Un altro nemico giurato dell’ormone melatonina è il cortisolo (chiamato 'ormone dello stress'). Solo quando il cortisolo cala nel sangue a livelli basali, la ghiandola pineale può secernere la melatonina. Lo stress, i pensieri ricorrenti prima di dormire, impediscono di attivare la melatonina e dormire sonni profondi. Un ulteriore nemico della ghiandola pineale è la luce. Difatti quando dormiamo davanti al televisore, o semplicemente con delle luci in camera da letto, non attiviamo la melatonina, disertando l’appuntamento con un sonno ristoratore (si consiglia di coprire anche le luci a led, ad esempio quelle delle radiosveglie). Altri inibitori della melatonina sono l’alcool, il fumo, il caffè».
Come rimediare? Iniziamo subito a correggere le cattive abitudini e a recuperare le ore di sonno perse. Ogni adulto dovrebbe dormire circa 7-9 ore a notte. Ma se il numero di ore riposate è inferiore, correte ai ripari: iniziate a ridurre la quantità di caffeina, e quindi, degli alimenti che la contengono, nell'arco della giornata, limitate l'esposizione a smartphone, pc e tablet, evitate l'utilizzo dei 'nemici del riposo' almeno un'ora prima di andare a dormire, preferire pasti leggeri così da evitare i fastidiosi episodi di indigestione. Dulcis in fundo, scegliamo la giusta integrazione per regolarizzare e facilitare la fasi del sonno.