Fonte di energia per l’attività fisica, contrastano anche l’insorgenza di gravi patologie come ipertensione e ipercolesterolemia. Parola d’ordine: semi di lino! Ricchi di omega 3 e omega 6 combattono la stipsi e lo stress ossidativo indotto dall’attività sportiva. Insomma, gli omega 3 sono un vero e proprio tesoro degli sportivi che non solo migliorano le performance durante gli allenamenti, ma riducono persino il rischio di infortuni. Inoltre, dopo l’attività fisica svolgono un ruolo riequilibrante, abbassando i tempi di recupero. Difatti, questi acidi grassi polinsaturi sono considerati essenziali perché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli autonomamente e vanno quindi assunti attraverso l’alimentazione. Hanno poi notevoli capacità antinfiammatorie e proprio in virtù di queste peculiarità, riducono lo stress a carico di tessuti e articolazioni, migliorando di conseguenza la resistenza. «Grazie al loro effetto antinfiammatorio a livello di tessuti e articolazioni sono particolarmente utili per chi fa sport», sottolinea in un’intervista a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. Altri importantissima funzione svolta è la riduzione, ad opera degli omega 3 dei livelli di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress, che viene prodotto non solo durante i periodi di particolare tensione emotiva e psichica, ma anche dopo uno sforzo fisico. Inoltre, a livello cognitivo, migliorano la concentrazione, la memoria, la qualità del sonno e riducono gli stati d’ansia.
OMEGA 3, ecco perchè è importante integrarli per la nostra salut
Tuttavia non fanno bene solo agli sportivi, questi grassi polinsaturi sono particolarmente utili per abbassare la pressione sanguigna, il livello di trigliceridi e colesterolo nel sangue e quindi il rischio cardiovascolare, oltre che per scongiurare il rischio di diabete. Arrivato dal Medio Oriente al Mediterraneo, le sue notevoli proprietà erano note anche nell’Antico Egitto: un concentrato di acidi grassi essenziali (omega 3 e omega 6), sali minerali, lipidi e fibre. Insomma, dalle proprietà antiossidanti alle altre sostanze benefiche, anche Ippocrate ne raccomandava l’uso. Un rimedio naturale ricchissimo di grassi fondamentali per preservare l’integrità delle nostre membrane cellulari e anche come trattamento naturale per la cura di bruciori e problemi allo stomaco. Inoltre, rinforza il sistema immunitario così da renderlo non solo più forte, ma anche in grado di contrastare il proliferare delle cellule cancerogene. Facilitano la protezione da infiammazioni interne, come la cistite, o esterne, che interessano soprattutto l’epidermide. La presenza di lecitina poi, assicura il buon funzionamento del cervello e del sistema nervoso. Inoltre, le loro proprietà emollienti e protettive del loro derivato vengono impiegate soprattutto in cosmesi per bellezza e salute di pelle e capelli. Ma quello che non tutti sanno è che, questi semi, facilitano la perdita di peso: aiutano a bruciare i grassi convertendoli in energia.
Un vero e proprio elisir per l’intestino e la digestione oltre a un ottimo depurativo per l’organismo. «Recenti studi avrebbero inoltre dimostrato l'utilità dell'olio di semi di lino nella gestione di patologie complesse, come le patologie autoimmuni e il cancro. Uno dei più importanti ambiti di applicazione dell'olio di semi di lino è quello cardiologico» evidenzia Christian Orlando, biologo. Secondo l’esperto, la letteratura attribuirebbe sia all'ALA che ai lignani, di cui l'olio di semi di lino è particolarmente ricco, funzioni cardioprotettive e vasoprotettive.
«Tali attività – sottolinea il biologo - si espleterebbero attraverso meccanismi diversi, tra i quali l’inibizione dell'aggregazione piastrinica, e minor tendenza a formare trombi, l’azione antinfiammatoria nei confronti dell'endotelio, l’azione ipocolesterolemizzante e l’azione antipertensiva. All'olio di semi di lino viene tradizionalmente attribuita una funzione importante anche sul mantenimento della normale funzionalità intestinale, tale attività, oltre all'effetto emolliente dell'olio sulle feci, sarebbe ancora una volta riconducibile alla presenza dei lignani, che oltre a normalizzare la peristalsi, eserciterebbero una funzione protettiva nei confronti della mucosa intestinale»
«Grazie al loro elevato apporto di acidi grassi omega 3 e omega 6 aiutano nella prevenzione cardiovascolare», spiega a Gazzetta Active la dietista Emanuela Russo. «Questi semi oleaginosi hanno una concentrazione elevatissima di acidi grassi buoni omega 3 e omega 6, che lavorano sulla prevenzione cardiovascolare e sulla riduzione di colesterolo cattivo e trigliceridi», sottolinea a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista INCO (Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità) dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano. «Gli acidi grassi omega 3 e omega 6 di cui i semi di lino sono ricchi non solo contrastano la ipercolesterolemia, riducendo quindi il rischio cardiovascolare, ma anche lo stress ossidativo, grazie alle loro proprietà antinfiammatorie. E questo si rivela utile anche per gli sportivi, dal momento che l’attività sportiva produce proprio stress ossidativo – utili poi anche per unghie e capelli - Contengono molti minerali come ferro, fosforo, selenio e zinco e vitamina E. Proprio questi micronutrienti migliorano anche la salute dei capelli e delle unghie»
Ma le sorprese non finiscono qui, i semi di lino sono poi grandi alleati anche del transito intestinale:
Grazie al loro importante apporto di fibra sono consigliati a chi soffre di stipsi: si può aggiungere un cucchiaio nello yogurt a colazione, oppure fare un decotto lasciandoli nell’acqua per una notte e poi berne il liquido una volta eliminati i semi. Ma si possono anche aggiungere alle insalate, eventualmente anche al posto dell’olio extravergine di oliva se questo non piace. Oppure si possono usare per delle panature più sane in aggiunta a farina di avena e perché no a semi di sesamo. Meglio sempre tritarli prima per rendere le loro proprietà nutrizionali più biodisponibili.
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Per approfondimenti:
Gazzetta Active "Semi di lino: un’arma contro ipertensione e ipercolesterolemia. E una fonte di energia per chi fa sport"
TGcom24 "Olio di semi di lino: le sai proprio tutte?"
Donna Moderna "Olio di lino: tutti i benefici per la salute e la bellezza di pelle e capelli"
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Codice Paleo "Acidi grassi polinsaturi Omega-3 ed Omega-6: rischi e benefici"
Donna Moderna "Omega 3: benefici e controindicazioni"
URV "A study identifies the mechanism by which eating fish reduces the risk of cardiovascular disease"
Notizie Scientifiche "Omega-3 del pesce riduce rischio di malattie cardiovascolari modulando lipoproteine"
Ragusa News "Omega-3: perché inserirli nella dieta"
Journal of the American Heart Association (JAHA) "Habitual Fish Consumption, n‐3 Fatty Acids, and Nuclear Magnetic Resonance Lipoprotein Subfractions in Women"
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Stessa spiaggia, stesso mare per essere sani e abbronzati. In vacanza o in città, la parola d’ordine è benessere dentro e fuori. Dal rinforzo del sistema immunitario per fare il pieno di salute alle regole da seguire per una corretta esposizione solare. Al mare o in montagna è fondamentale preparare pelle e organismo alle vacanze. Alimentazione, integrazione, idratazione e protezione. È questa la formula magica prima di essere baciati dal sole. Una preparazione che oltre ad aiutarci nel percorso di preparazione della pelle al sole, facilita l’abbronzatura e ci protegge da fastidiose scottature. Dall’alimentazione ai cosmetici, gli amici di un colorito intenso e un incarnato luminoso che contrastano la comparsa di macchie, cheratosi e, nel peggiore dei casi, anche tumori. Con la loro preziosa azione anti-invecchiamento e di rinforzo cutaneo, proteggono dai danni dei raggi ultravioletti e si dimostrano indispensabili per un colorito più intenso e prolungato nel tempo. Al via con betacarotene e zinco, come anche le vitamine A e C. Consigliati anche tutti quei cibi che contribuiscono all’apporto di acqua e micronutrienti essenziali (come frutta e verdura), validi supporti sia per il nostro organismo che per la nostra pelle. Dunque, non solo per una tintarella senza scottature, ma anche per combattere stanchezza e affaticamento che nelle calde giornate estive la fanno da padrone è importante fare la scorta di queste sostante benefiche e seguire una dieta ricca di alimenti che li contengono. Non dimentichiamo poi che in aggiunta ad un’alimentazione bilanciata, l’integrazione fornisce l’apporto necessario e garantisce l’approvvigionamento quotidiano di questi nutrienti così da evitare fastidiose conseguenze dovute a queste carenze. In vacanza con gli amici del benessere di pelle e organismo!
Il sole svolge numerose azioni benefiche per la salute, ad esempio stimola la produzione di vitamina D, indispensabile per fissare il calcio nelle ossa e per un buon mantenimento della nostra muscolatura, ma anche di ormoni importanti per il benessere, sia fisico che psichico. Dall’altra parte però rappresenta anche uno stress per l’organismo, che si difende dai suoi raggi provocando l’abbronzatura. In effetti, per aumentare le difese nei confronti delle radiazioni, la pelle si abbronza grazie a un pigmento bruno, la melanina, prodotta dai melanociti, cellule presenti nel tessuto cutaneo - spiega Christian Orlando, biologo. - Non bisogna considerare solo il betacarotene che stimola la sintesi della vitamina A, ma soprattutto alimenti ricchi di antiossidanti, in grado di proteggere la pelle dai danni del sole. Perché un’abbronzatura luminosa passa innanzitutto da una cute sana e radiosa. Ad esempio la vitamina C che partecipa alla formazione del collagene, il tessuto di sostegno dell’epidermide, alla quale garantisce l’elasticità; ha un ruolo antiossidante combattendo la formazione di svariati tipi di radicali.
Potente antiossidante e alleato del sistema immunitario. Non dimentichiamo la vitamina C! Fondamentale anche d’estate e quindi, non solo d’inverno per tenere lontano il raffreddore. Importante alleato della pelle soprattutto nella prevenzione dell’invecchiamento, protegge l’epidermide stimolando le naturali difese della pelle. Per una cute bella, giovane e luminosa. Questa preziosa vitamina previene l’invecchiamento cellulare e le macchie cutanee (grazie alla sua notevole azione schiarente), favorisce la produzione naturale di collagene, riduce la stanchezza, protegge la pelle dai raggi UV e aumenta la melanina nella grana del derma. Insomma, rallenta i segni del tempo regalando alla pelle elasticità e tonicità. Protegge, inoltre, dai danni causati da fumo, raggi solari, inquinamento e stress ossidativo. «Si tratta di una vitamina idrosolubile, che quindi non può essere accumulata nel nostro organismo e deve essere assunta regolarmente attraverso l’alimentazione», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. Le sue caratteristiche rendono la vitamina C utile nel contrasto ai radicali liberi in condizioni di stress ossidativo e nella lotta all’infiammazione.
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
Inoltre, l’acido ascorbico partecipa a moltissime reazioni metaboliche, come la sintesi di aminoacidi, degli ormoni e del collagene. Tuttavia, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarlo, questo prezioso nutriente deve essere assunto attraverso l'alimentazione e l’integrazione. «È un potente antiossidante in grado di combattere l'aging cutaneo e stimolare la sintesi del collagene», spiega a II Sole 24Ore Mariuccia Bucci, dermatologa a Sesto San Giovanni (Mi). «Non solo – aggiunge la biologa -, se la nostra pelle appare spenta, affaticata, macchiata, un'applicazione topica di vitamina C aiuta a ridurre tutti questi inestetismi». Perché questo nutriente è così importante per il nostro corpo? «La vitamina della bellezza rappresenta la principale difesa […]» spiega a Il Sole 24Ore Nicola Sorrentino, nutrizionista a Milano. «L'acido ascorbico – continua la dermatologa – è utile nel miglioramento della struttura della pelle assicurando un miglioramento delle concentrazioni di collagene ed elastina, pilastri del derma». «È anche utilizzato come schiarente, un suo derivato è efficace contro l'iperpigmentazione e nel ridurre le infiammazioni post trattamenti laser» conclude Mariuccia Bucci.
Storia e segreti della VITAMINA C nella prevenzione di tante malattie
Il pieno in vacanza, la riserva per l’inverno. Con moderazione e fattore protettivo sono le uniche regole da rispettare. Difatti, la tintarella è il primo segnale da parte del nostro corpo della produzione di melanina e vitamina D. Premesso che le fonti naturali di approvvigionamento di vitamina D sono due, la luce del sole e gli alimenti. Il cibo è la seconda fonte di vitamina D: in cui, la quantità di questo nutriente è così scarsa che bisognerebbe mangiare questi alimenti in quantità troppo elevata. «La sintesi di essa da parte dell’organismo, attivata dall’esposizione alla luce solare, contribuisce all'80-90% dell'apporto di vitamina D. La sua assunzione con gli alimenti copre il 10–20 % del fabbisogno. Ne consegue che l’assunzione con la sola dieta non è generalmente sufficiente e che una moderata esposizione solare rimane sempre il metodo migliore per mantenere un giusto apporto di vitamina D» spiega Renato Masala, endocrinologo della piattaforma di esperti di Top Doctors. Inoltre, i bagni di sole fanno bene a tutti, ancora di più agli anziani e a chi soffre di problemi alle ossa.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Tra i principali segnali di una sua carenza eccessiva sudorazione, stanchezza, debolezza o depressione, problemi intestinali, pelle scura, età avanzata e sovrappeso. Fondamentale poi per il nostro sistema immunitario perché coordina l’attività di tutte le sue cellule: sia quelle coinvolte nell’immunità innata che quelle dell’immunità adattativa. Come già detto, a differenza di altre vitamine, la sua fonte principale non è il cibo, ma la luce solare. Nessun segnale evidente in caso di carenza. Tuttavia, considerato che la sua azione principale è l’assorbimento del calcio, in caso di carenze gravi si possono avere i sintomi tipici di una ipocalcemia, come formicolii e parestesie alle mani e ai piedi. Anche una propensione alle fratture può essere un segnale in questo senso, come pure l’astenia, la debolezza muscolare e la conseguente facilità alle cadute, poiché la vitamina D ha funzioni extrascheletriche, sul muscolo. Ricordiamo che (essendo la fonte principale di approvvigionamento), la scarsa esposizione solare comporta l’aumento del rischio di un deficit di questa vitamina, per questo è essenziale farne il pieno d’estate per avere le giuste scorte per affrontare in salute anche l’inverno.
Un must contro i killer del benessere psicofisico, colpevoli dell’accelerata dei processi degenerativi. Altro supporto necessario è quello contro lo stress ossidativo, i danni del tempo e l’invecchiamento. Dalle vitamine agli omega 3. Gli antiossidanti sono necessari perchè evitano danni irreparabili al nostro organismo. Gli antiossidanti sono quindi sostanze capaci, anche se presenti in piccola quantità, di ritardare o inibire i processi di ossidazione di materiali degradabili. Opponendosi all’azione dell’ossigeno, prevengono o quanto meno ritardano l’ossidazione di un’altra sostanza ossidabile. In sostanza, impediscono/inibiscono la formazione e l’azione degli agenti ossidanti e reagiscono direttamente con l’ossigeno.
L'importanza degli ANTIOSSIDANTI nel contrasto ai RADICALI LIBERI
Un potentissimo antiossidante è la vitamina E, che protegge la membrana cellulare, prevenendo la perossidazione lipidica, poi c’è il betacarotene, che protegge la pelle, quindi tutta la classe di flavonoidi, anche gli acidi grassi omega 3 hanno un’azione antiossidante e antinfiammatoria, nel rinforzo della barriera lipidica. Un altro antiossidante importante, la vitamina C che permette la sintesi del collagene e il recupero muscolare. Un processo naturale che porta alla progressiva diminuzione del collagene e dell'elastina prodotti dal derma, con conseguente cedimento dell'epidermide. Tra le prime cause dell’invecchiamento precoce e quindi, dell'assottigliamento e della perdita di elasticità della pelle. Gli effetti negativi dovuti ad una produzione interna di radicali liberi, hanno conseguenze rilevanti sulla nostra pelle tra cui proprio la comparsa di rughe evidenti seguite da una perdita di elasticità più profonda. Dalla pelle arrossata a quella infiammata, da quella irritata a quella disidratata. Uno squilibro devastante che potrebbe creare danni irreparabili se non contrastato in tempo e con i giusti mezzi.
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Vesciche, prurito, placche, arrossamento, gonfiore, bolle e alterazione della pigmentazione. Tratto distintivo dell’esposizione scorretta e “non protetta”. L’eritema solare, tipico dell’estate è il prodotto della diretta o indiretta esposizione ai raggi solari. Tra le parti più colpite il viso, le superfici estensorie degli arti, il dorso delle mani e dei piedi. Per evitare questi fastidiosi inestetismi cutanei è bene non dimenticare mai una crema con filtro solare a coefficiente di protezione elevato prima di qualsiasi esposizione e, a prescindere dal fototipo, da applicare costantemente, soprattutto dopo il bagno. Non solo al mare, ma anche nelle lunghe passeggiate in città o in montagna, il filtro solare non va mai dimenticato. Senza dimenticare poi che una corretta esposizione comincia dalla conoscenza del proprio fototipo (ovvero, la quantità di melanina presente nella pelle) e dall’utilizzo, quindi, di solari idonei. Dal fototipo 1 (pelle molto chiama), in cui il rischio di danni permanenti e di scottature gravi è elevato, al 4 (pelle olivastra) dove la probabilità è sicuramente più ridotta, ma non esclusa. La pelle è dotata di una propria soglia di resistenza ai raggi e meno resiste più corre il rischio di ritrovarsi alle prese con dolorose scottature. Sconsigliata a priori la tintarella nelle ore centrali della giornata, cioè tra le 11 e le 16. Inoltre, evidenze scientifiche dimostrano che l'accumulo dei radicali liberi indotti dall'esposizione solare comporta l'invecchiamento precoce della cute, quindi sono molto utili gli integratori alimentari a base di sostanze antiossidanti come vitamina C, vitamina E, zinco, selenio e beta-carotene) da assumere prima dell'esposizione solare.
Dalle scottature all’abbronzatura a “macchie di leopardo”. Colpevoli le ustioni solari più gravi, che danno origine ad eritema, sono causate da un’eccessiva e prolungata esposizione ai raggi ultravioletti in mancanza di un’adeguata protezione sulla pelle. Ecco come intervenire in modo preventivo per proteggere la pelle anche sotto il sole. Come già detto, oltre che dai fototipi, la scelta del fattore di protezione dei solari dipende innanzitutto dall'intensità e dalla tipologia dei raggi UV ai quali si è esposti, dall'età (se bambini o adulti) e dalle aree cutanee interessate (zone estremamente delicate, aree critiche). I solari ad hoc, oltre quindi a proteggerci da sole, svolgono anche una funzione idratante e di contrasto ai radicali liberi e, di conseguenza, con un importante effetto antirughe. Quindi per avere un’abbronzatura omogenea bisogna contrastarne gli eventuali danni come scottature, segni, rughe, macchie e melanomi. Secondo la definizione universalmente riconosciuta l’eritema è una lesione della pelle, dovuta a un processo infiammatorio, che rientra nelle forme di allergia cutanea, che si manifesta con arrossamenti o pruriti generati dall'esposizione al sole (scottature solari). «L'infiammazione – precisa l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) -, tipica dell'eritema, è causata dalla vasodilatazione dei capillari sottocutanei. I margini dell'eritema possono essere netti o sfumati, con chiazze più o meno estese sulla superficie del corpo. Una volta riassorbito, può causare desquamazione o discromia (diversa colorazione della pelle). L'eritema può essere il segnale di varie malattie della pelle. Una delle forme più diffuse di eritema è una allergia alla luce solare, denominata dermatite polimorfa solare, che rientra nella categoria delle fotodermatosi dovute a una particolare sensibilità della pelle al sole».
Gloria Mosconi, biologa e nutrizionista, spiega in un’intervista esclusiva a Life 120 quali sono le misure preventive da osservare in caso di eritemi da fotosensibilità al sole e come prevenire questo fenomeno e affrontare le vacanze in salute dentro e fuori.
Quali sono i sintomi, le cause e i rimedi di una risposta infiammatoria acuta della pelle?
Con l’avvento della bella stagione, ogni occasione è buona per fare passeggiate, vacanze, gite in barca ed andare in spiaggia, vivere quindi numerosi momenti in luoghi assolati senza prendere le dovute precauzione o con protezioni solari insufficienti. L’occasione per far insorgere scottature sono quindi numerose, e l’esposizione prolungata ai raggi UVA e UVB sia derivante dai raggi solari, ma anche dalle lampade abbronzanti, può scatenare delle ustioni di diversa entità che prendono il nome di Eritema. Qui assistiamo ad un processo di modifica del DNA cellulare in cui il sistema immunitario riconosce la malattia ed interviene per ripararla causando però l’arrossamento con aumento della temperatura delle zone interessate. Quello che le persone chiamano eritema solare, dal loro punto di vista, è una scottatura solare, ma, dal punto di vista dermatologico prende il nome eruzione solare polimorfa ed è una vera e propria allergia al sole legata ad un difetto di adeguamento della pelle all’esposizione ai raggi solari, infatti non tutti vanno incontro a questo problema ma solo una parte della popolazione che soffre di un meccanismo cutaneo che non funziona alla perfezione. È una vera e propria ustione di primo o secondo grado i cui sintomi compaiono entro le 6/12 ore dall’esposizione. Nei casi più gravi può scatenare la formazione di vescicole, con prurito accompagnato anche da febbre, mal di testa, vertigini, dolore, fino ad arrivare ad una situazione più severa e complessa come la sincope. Insomma, tutto dipende dal grado di infiammazione che si raggiunge. È chiaro che in questi casi dobbiamo rivolgerci immediatamente al medico. Si riconosce attraverso la digitopressione in cui il rossore scompare per poi riapparire al cessare di questa. Può interessare un’area circoscritta così come più aree del corpo. Le cause scatenanti dell’eritema, come citato all’inizio, possono essere legate all’esposizione ai raggi UV, quindi di natura termica, ma possono essere avere anche un’origine diversa, come meccanica, fisica, infettiva come la quinta malattia, emotiva, allergia ad alimenti oppure a detergenti per la casa o per il corpo senza dimenticare anche l’allergia ai farmaci. Quali sono i rimedi da mettere in pratica nel caso di eritema solare?? Il consiglio è di utilizzare impacchi freddi con acqua ed amido di riso per la sua azione lenitiva sulla pelle, oppure le tanto conosciute acque termali in bomboletta spray, provenienti appunto da stazioni termali, ricche di oligoelementi ad azione lenitiva e contro il forte bruciore della pelle rinforzando la pelle danneggiata. Gel o pomate di acido ialuronico ad azione rigenerante e idratante ed infine creme a base di biolipidi e/o gel di aloe, sempre per la loro azione ristrutturante della pelle.
È possibile prevenire la scorretta ed eccessiva esposizione ai raggi UVB e UVA?
All’eritema solare sono a rischio tutti, ma in particolare una certa categoria di persone che vengono identificate attraverso il fototipo di appartenenza, e che scelgono una protezione non adeguata al proprio fototipo, oppure per non averla rinnovata durante i lunghi bagni di sole, o dopo i bagni in acqua, ma ancora per non aver preso la sana abitudine di utilizzarla in città, anche in presenza di nuvole. Inoltre è necessario acquisire la consapevolezza che la la scorretta ed eccessiva esposizione ai raggi solari per i soggetti a rischio, è una scelta che va abbandonata. La corretta modalità di esposizione è determinate per prevenire queste forme di infiammazione della pelle attraverso una esposizione graduale che va dai 10 ai 15 minuti la mattina in un orario compreso tra le 9 e le 10 da ripetere i pomeriggio dalle 16 in poi. Nel tempo, quando la pelle avrà preso colorito, si può scalare il fattore protettivo che dovrà necessariamente partire con un SPF 50+ , ed aumentare gradualmente l’esposizione, ma sempre in maniera molto moderata e mai nelle ore più calde. L’utilizzo di un bel cappello di paglia è sempre gradito alla nostra pelle. Inoltre un mix di antiossidanti come licopene, beta carotene con vitamina A C ed E è ciò che si può assumere per aumentare il contributo alla prevenzione di eritemi e scottature solari, sempre da utilizzare in associazione alla crema. Il consiglio è di cominciare la loro assunzione un mese prima dell’esposizione e di continuarli durante tutto il periodo temporale in cui ci esponiamo. Quindi, senza alcun problema, anche per l’intera stagione compreso il mese di settembre . E’ indicato in maniera particolare per i fototipi chiari ma anche per tutti coloro che desiderano una abbronzatura più uniforme e persistente.
L’eritema può essere il campanello d’allarme di varie malattie della pelle?
L’eritema può essere presente in molte affezioni della pelle. E’ una condizione che può manifestarsi con l’esposizione ai raggi UV e rimanere fine a sé stessa, parliamo quindi di eritema solare legato alla scottatura da sole, ma molto frequentemente può essere anche correlata ad un sintomo iniziale unico o prevalente di un’altra patologia della pelle. Alcuni esempi sono la dermatite atopica, la dermatite seborroica, follicolite, geloni, Pitiriasi rosea, la rosacea, allergie da contatto, blefarite, cirrosi epatica, ustioni, ma ce ne sono molte altre. E’ chiaro che in situazione come queste la risoluzione o il miglioramento delle forme di eritema è legato a monte alla cura che il soggetto con lo specialista rivolge alla malattia iniziale. Individuare la patologia che è alla base delle forme di eritema, e che può esserci a prescindere dall’esposizione ai raggi UV , ma che in alcuni casi emerge anche con l’esposizione ai raggi solari, è alla base della risoluzione e/o del miglioramento dei sintomi.
Quali sono le differenze tra eritema, dermatite e orticaria?
Le dermatiti si distinguono in dermatiti irritative e dermatiti allergiche. Vediamo la differenza: le dermatite irritative da contatto che rappresentano l’80% delle dermatiti, sono quelle in cui si viene a contatto con un prodotto che scatena un fenomeno allergico solo nel punto del corpo in cui c’è stato il contatto. Non presentano quindi diffusione sul resto del corpo. Se si riapplica il prodotto in quel punto, torna la dermatite. Ad esempio, la sabbia , il bagno al mare senza risciacquarsi dopo , l’elastico del costume sintetico con presenza di colorante può essere irritante, possono essere fattori scatenanti una dermatite di natura irritativa. Ci sono poi le dermatiti allergiche da contatto che si scatenano in seguito al contatto con un allergene solo nella zona interessata, e che, con i successivi contatti tendono ad estendersi su altre zone del corpo diverse dal contatto. In questo caso esistono dei test che ci dicono qual è l’allergene imputato. Questi test non esistono per le dermatiti irritative da contatto quindi non è possibile risalire alla sostanza irritante. La dermatite allergica tende ad andare meglio non solo con l’esposizione ai raggi solari e all’acqua di mare, ma anche grazie a dei meccanismi immunologici che nel tempo vengono sviluppati e che recano al paziente una maggiore difesa. Quando parliamo di dermatite in realtà entriamo in un argomento molto vasto dunque ci concentreremo su in articolare, cioè la Dermatite Atopica o Eczematosa, molto frequente nell’età pediatrica. Come l’eritema, anche la dermatite è un processo infiammatorio, e pur essendo questa una definizione molto generica, è un disturbo diffuso la cui origine può avere un legame con cause diverse. La dermatite atopica, diversamente da altri tipi di dermatite che interessano aree specifiche del corpo (come ad esempio la dermatite allergica da contatto), si può manifestare su tutto il corpo ed è sempre una forma reattiva della cute in risposta ad una condizione fisiopatologica in cui i fattori genetici contribuiscono alla sviluppo della malattia. I geni implicati sono quelli che codificano per le proteine dell’epidermide ed immunologiche, in cui il gene che codifica per una proteina, che fa parte delle cellule cornee derivante dalla differenziazione cheranocitica, subisce una mutazione. Oltre ai fattori genetici, contribuiscono allo sviluppo della dermatite atopica anche fattori immunologici, fattori disfunzionali della barriera cutanea, e cause ambientali (alimenti, allergeni presenti nell’aria, utilizzo di prodotti per la cura della pelle o profumi, tessuti, sudorazione etc...) Si distinguono due fasi: una Acuta ed una Cronica: in quest’ultima dove prevalgono citochine T Th1 (interferone gamma IL-12) predomina una condizione di secchezza grave, in cui grattamento e sfregamento può causare un indurimento, un ispessimento cutaneo (lichenificazione). Nella fase acuta riscontriamo edema, presenza di vescicole, desquamazione, forte prurito e dolore con formazione di fissurazione. Qui troviamo prevalentemente cellule del tipo T Th2 e diversi tipi di interleuchine IL-4, IL-5, IL-13. Ce ne sono poi tante altre... L’esordio è nei bambini molto piccoli, con un miglioramento entro i primi cinque anni di vita. Non sempre è così però. In alcuni casi nelle forme gravi, la malattia tende a procastinarsi per poi mutare spesso in problematiche di natura respiratoria come riniti allergica oppure asma diventando così una patologia a lunga durata. L’orticaria è una reazione del sistema immunitario da non confondere con l’eritema . Si manifesta come una eruzione cutanea di ponfi rosacei o bianchi creando rilievo sulla pelle, che si diffondono in diverse zone del corpo ma possono raggiungere una distribuzione corporea pari o superiore al 20% della superficie. In tal caso, soprattutto quando associata a dolore e febbre è bene rivolgersi al medico . Caratterizzata da dolore e forte prurito, e frequentemente angioedema (un rigonfiamento del tessuto sottocutaneo), i ponfi solitamente non durano più di 24 ore, ma si può verificare che spariscano per poi ricomparire e la malattia può avere quindi un decorso molto più lungo. Nell’orticaria la presenza di globuli bianchi presente nel derma, nello specifico di mastociti, sono la causa della liberazione di istamina. Lo stimolo alla liberazione di questa può essere di tipo immunologico, non immunologico, fisico (calore, freddo, raggi UV etc... ) e chimico. Inoltre alcuni farmaci come gli ACE inibitori possono causare dei sintomi da orticaria, come angioedema, attraverso un meccanismo non allergico che non dipende quindi dalla liberazione di istamina. Individuare i fattori scatenanti, attraverso un diario che si può richiedere al paziente in cui raccoglie informazioni, permette all’esperto di catalogare il tipo di orticaria e provvedere alla cura o alle misure preventive da attuare.
I bambini a causa della loro pelle sensibile sono maggiormente esposti al rischio di scottature?
L’importanza di esporsi al sole in età pediatrica è importante per una serie di motivi fra cui per il metabolismo delle ossa grazie all’attivazione della vitamina D attraverso i raggi solari. Di contro studi in essere, sembra dimostrino che il fotoinvecchiamento e i tumori della pelle, siano correlati ad una icongrua esposizione che parte proprio dall’età infantile. L’esposizione al sole dovrebbe essere graduale e il fatto che quando si è piccoli si giochi molto all’aperto, favorisce questa condizione. Quest’anno con la pandemia questo aspetto è venuto meno quindi a maggior ragione è importante esporsi nelle ore in cui i raggi solari non sono perpendicolari alla terra. Scegliere un SPF 50+ non giustifica la possibilità di lasciarli al sole nelle ore più calde e per un tempo prolungato. Scegliere inoltre creme con filtri fisici , vale a dire prodotti che abbiano all’interno la minore quantità di sostanze chimiche dannose, quindi più ricche di ossido di zinco, biossido di titanio, sostanze meno aggressive queste, in grado di filtrare i raggi ma anche di penetrare meno nella pelle dei bambini . Lo spessore della pelle in questa età è molto sottile, non a caso il mercato propone prodotti distinti per fasce di età. Nel primo anno di età i bambini pur con la protezione solare vanno tenuti sempre e comunque all’ombra. Inoltre coloro che appartengono ad un fototipo 1 quindi molto chiari con capelli biondi o rossi, con carnagione lattea, presentano melanine molto differenti, quindi per natura avranno, una difesa ai raggi molto molto bassa. In questo caso oltre ad aiutarli con una fotoprotezione ancora più accurata, andranno anche supportati con vestiti e cappellini che filtrino i raggi solari. Il tempo in cui dura il reale valore filtrante del sole di una crema è di due ore; riapplicare il solare dopo questo tempo ma anche dopo il bagno al mare è importantissimo nei più piccoli. In caso di eritema leggero, applicare una crema lenitiva, ed evitare assolutamente la fostoesposizione nei giorni successivi.
Seppur limitata agli strati cutanei superficiali, potrebbe avere conseguenze rilevanti?
Molti sono i danni più o meno gravi che appartengono ad una fotoesposizione scorretta: dalle lesioni melanocitiche comuni come efelidi nell’età più giovane fino ad arrivare negli adulti dove il danno diventa cronico, evidenziandosi a distanza di molti anni come conseguenza di una incongrua fotoesposizione, con veri e propri processi di fotoinvecchiamento della pelle, con assottigliamento, discromie cutanee, e pelle solcata da rughe, secca e poco elastica, da cui è quasi impossibile tornare indietro, nonché tumori epiteliali che comprendono il carcinoma basocellulare o squamocellulare con gravità relativa, ma anche il melanoma, tumore ben più grave.
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Pronti a dire addio al mal di testa? Una dieta ricca di pesce grasso può ridurre l'intensità e la frequenza dell'emicrania. È la scoperta dei ricercatori del National Institute on Aging (NIA), del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA) e dell'Università della Carolina del Nord (UNC). Lo studio, pubblicato su "The BMJ", è stato condotto su 182 partecipanti predisposti al mal di testa, ha ampliato il precedente lavoro del team sull'impatto dell'acido linoleico (un acido grasso polinsaturo) sull'algia cronica. Indagini precedenti avevano valutato il possibile ruolo dell'acido linoleico nell'infiammazione dei tessuti e delle vie di elaborazione del dolore correlato all'emicrania del nervo trigemino ed erano giunti alla conclusione che una dieta povera di acido linoleico e ricca di acidi grassi omega 3 potrebbe lenire questa flogosi. Per 16 settimane i partecipanti all’indagine sono stati assegnati casualmente a uno dei tre piani di dieta. Tutti hanno ricevuto un pasto che includeva pesce, verdure, insalate e prodotti per la colazione. Al primo gruppo sono stati assegnati cibi con ampie porzioni di pesce grasso, mentre l'acido linoleico era ridotto. Il secondo gruppo ha avuto alimenti con abbondanti porzioni sia di pesce grasso che di acido linoleico. Al terzo gruppo, infine, sono toccati pasti con quantitativi abbondanti di acido linoleico e porzioni ridotte di pesce grasso. Durante la sperimentazione i ricercatori hanno monitorato il numero di giorni, la durata e l'intensità dell'emicrania oltre all'eventuale incidenza del mal di testa sulle capacità lavorative e sociali e alla necessità di assumere antidolorifici.
Oltre 4 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di emicrania. Tra le cause più frequenti di dolore cronico, i suoi effetti si ripercuotono negativamente sul lavoro e sulla vita quotidiana. Le donne di età compresa tra 18 e 44 anni sono maggiormente inclini a questa patologia e si stima che il 18% di tutte le donne americane ne sia colpita. L'emicrania è una malattia neurologica, tra le cause più comuni di dolore cronico, perdita di tempo lavorativo e qualità della vita ridotta. Lo studio ha mostra che i soggetti avevano una media di più di 16 giorni di cefalea al mese, oltre cinque ore di emicrania al giorno e punteggi di base che mostravano un grave impatto sulla qualità della vita e 122 partecipanti (67%) avevano emicrania cronica e 102 (56%) soddisfacevano i criteri per l'abuso acuto di farmaci. La dieta a basso contenuto di olio vegetale e con maggiori quantità di pesce grasso ha ridotto del 30-40% le ore di mal di testa totale al giorno e di giorni complessivi di cefalea al mese rispetto al gruppo di controllo. «Questa ricerca - ha affermato Luigi Ferrucci, direttore scientifico della NIA - ha fornito prove intriganti del fatto che i cambiamenti nella dieta hanno il potenziale di migliorare una condizione di dolore cronico molto debilitante come l'emicrania senza i relativi aspetti negativi dei farmaci». Ha aggiunto Chris Ramsden coordinatore dello studio: «Ecco un'ulteriore prova che i cibi che mangiamo possono influenzare i percorsi del dolore». Gli scienziati sperano di continuare a espandere questo lavoro per studiare gli effetti del regime alimentare su altre condizioni di algia cronica. Il team NIH è stato guidato da Chris Ramsden, un ricercatore nei programmi di ricerca intramurale NIA e NIAAA e membro della facoltà dell'UNC. Ramsden e il suo team sono specializzati nello studio dei lipidi, composti di acidi grassi presenti in molti oli naturali, e del loro ruolo nell'invecchiamento, in particolare nel dolore cronico e nelle condizioni neurodegenerative. Il team UNC è stato guidato da Doug Mann, MD, del Dipartimento di Neurologia, e Kim Faurot, Ph.D., del Program on Integrative Medicine.
Questo studio su 182 adulti con frequenti emicranie ha ampliato il lavoro precedente del team sull'impatto dell'acido linoleico e del dolore cronico. L'acido linoleico è un acido grasso polinsaturo comunemente derivato nella dieta americana da mais, soia e altri oli simili, nonché da alcune noci e semi. I precedenti studi più piccoli del team hanno esplorato se l'acido linoleico infiammasse i tessuti e le vie di elaborazione del dolore correlato all'emicrania nel nervo trigemino, il più grande e complesso dei 12 nervi cranici del corpo. Hanno scoperto che una dieta più povera di acido linoleico e più alta nei livelli di acidi grassi omega 3 (come quelli che si trovano nel pesce e nei crostacei) potrebbe ridurre il rischio di insorgenza di fastidiosi mal di testa. I ricercatori hanno notato che questi risultati servono come convalida del fatto che gli interventi basati sulla dieta che aumentano i grassi omega 3 riducendo le fonti di acido linoleico mostrano una migliore promessa per aiutare le persone con emicrania a ridurre il numero e l'impatto dei giorni di cefalea, riducendo al contempo il bisogno di farmaci per il dolore.
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Gli acidi grassi n-3 e n-6 sono i principali componenti dei tessuti implicati nella patogenesi dell'emicrania dove fungono da precursori per diverse famiglie di mediatori lipidici bioattivi che regolano il dolore (come ad esempio prostaglandine, leucotrieni, resolvine, maresine). Questi mediatori lipidici sono noti collettivamente come ossilipine. Poiché gli esseri umani non possono sintetizzare gli acidi grassi n-3 e n-6, i livelli di questi acidi grassi e dei loro derivati dell'ossilipina possono essere alterati dalla dieta. Dallo studio emerge che diverse famiglie di recettori dell'ossilipina sono arricchite nelle terminazioni nervose trigeminali e nelle vie centrali di elaborazione del dolore, dove regolano la sensibilizzazione e il rilascio del neuropeptide correlato al gene della calcitonina correlato alla cefalea; ciò implica un legame diretto tra acidi grassi n-3 e n-6 e patogenesi della cefalea. Diverse ossilipine derivate da acidi grassi n-6 hanno proprietà pronocicettive (promotori del dolore). In pratica, l'infusione di prostaglandine derivate dall'acido arachidonico n-6 suscitano nelle persone attacchi di tipo emicranico. I derivati dell'ossilipina dell'acido linoleico n-6 sensibilizzano le terminazioni del nervo trigemino ed evocano risposte al dolore comportamentale in modelli preclinici. Al contrario, diverse ossilipine derivate dall'acido eicosapentaenoico n-3 (EPA) e dall'acido docosaesaenoico (DHA) hanno potenti proprietà antinocicettive (riducenti il dolore). In particolare, l'acido 17-idrossidocosaesaeonico (17-HDHA) è il precursore della via per diverse famiglie di ossilipine segnalate per avere potenti effetti antinocicettivi in modelli sperimentali ed è stato collegato a punteggi del dolore più bassi nei pazienti con artrite.
Il Giornale "Così il pesce grasso nella dieta aiuta l'emicrania"
NHI "Consuming a diet with more fish fats, less vegetable oils can reduce migraine headaches"
The BMJ "Dietary alteration of n-3 and n-6 fatty acids for headache reduction in adults with migraine: randomized controlled trial"
AGI "Pesce azzurro in tavola due volte a settimana riduce i rischi cardiaci"
Ansa "Meno rischio cardiaco con 2 porzioni di pesce a settimana"
Corriere Nazionale "Chi mangia regolarmente pesce azzurro ha un rischio significativamente inferiore di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a chi prende integratori"
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Nella dieta e nelle creme, le regole fondamentali per una pelle sana e luminosa. Il segreto è nascosto all’interno e la giusta preparazione inizia con un’alimentazione sana ed equilibrata e una routine ad hoc con trattamenti mirati a seconda delle esigenze della pelle. A, ed E sono tra vitamine fondamentali per la salute. Anche se la vera regina dell’estate è senza dubbio la vitamina C. Alleata di benessere e giovinezza, previene l’invecchiamento cutaneo e mantiene la pelle fresca, riposata, uniforme e luminosa. Insomma, dall'azione antiossidante, alla protezione dai radicali liberi i tanti benefici dell’acido ascorbico sono apprezzati in tutto il mondo e diffuse soprattutto tra le celebrities. Inoltre, favorisce la produzione naturale di collagene, riduce la stanchezza, protegge la pelle dai raggi UV e aumenta la melanina nella grana del derma. Infatti, la vitamina c si dimostra da sempre un valido aiuto nella prevenzione delle macchie cutanee. «È un potente antiossidante in grado di combattere l'aging cutaneo e stimolare la sintesi del collagene», spiega a Il Sole 24Ore Mariuccia Bucci, dermatologa a Sesto San Giovanni (Mi). «Non solo – aggiunge la biologa -, se la nostra pelle appare spenta, affaticata, macchiata, un'applicazione topica di vitamina C aiuta a ridurre tutti questi inestetismi». Anche utilizzata in sinergia con altre due vitamine, la A e la E, per contrastare l’invecchiamento. La sua funzione esfoliante, poiché è pur sempre un acido, e come il glicolico, esercita un’azione schiarente sulle macchie. O ascorbilfosfato di magnesio come agente depigmentante contro le discromie cutanee. Contribuisce alla produzione di collagene, principale sostegno di pelle e tessuti. Inoltre, la vitamina C è un prezioso alleato della pelle nella protezione dei capillari. Rinforza le pareti venose, rendendole più resistenti ed elastiche.
Protegge la cute dai raggi ultravioletti, causa di invecchiamento precoce. Aiuta a prevenire la couperose ed accelera la guarigione dei capillari già danneggiati. Inoltre, l’acido ascorbico vanta anche di un’azione antinfiammatoria. Pelle e vitamina C sono un vero e proprio binomio vincente, non solo per la pelle, ma anche contro la secchezza oculare e l’affaticamento visivo. Anche se tutte le vitamine che intervengono nel metabolismo cellulare hanno effetti benefici sulla vista, alcune sono in grado, più di altre, di intervenire nel contrasto ai processi ossidativi. Amica degli occhi la vitamina A (o retinolo, precursore dei carotenoidi, va a far parte della composizione della rodopsina, molecola sensibile alla luce presente sulla retina, che ha la capacità di migliorare la vista). Preziosa poi la vitamina C, come la vitamina E che contribuisce al mantenimento cellulare contrastando la fotosensibilità, il fastidio alla luce e proteggendo la parete esterna dell’occhio. La B2 o riboflavina interviene sul sistema n ervoso, anche a livello di nervo ottico. E ancora la vitamina D che promuove la secrezione lacrimale, rivelandosi utile in caso di secchezza dell’occhio, evitando così le infezioni. Anche gli acidi grassi omega 3 influenzano positivamente la nostra vista agendo come antinfiammatori per le ghiandole lacrimali, stabilizzando il film lacrimale e di fatto migliorando anche la visione. Non solo per l’organismo e la pelle, questi nutrienti sono fondamentali anche contro la perdita di acutezza visiva, il deterioramento della retina, la cataratta o il glaucoma. In altri termini, secondo Clinica Baviera, una delle più importanti aziende oftalmologiche in Europa, una dieta ricca di nutrienti e vitamine si dimostra un valido supporto nel rinforzo della vista e nella prevenzione o nel ritardo di malattie agli occhi.
Per avere una pelle luminosa e sana è importantissimo l’apporto quotidiano e costante di alimenti vegetali: frutta e verdura di stagione non possono mancare nella nostra alimentazione. Micronutrienti come vitamine, sali minerali e antiossidanti migliorano l’efficienza delle funzioni biologiche delle nostre cellule, agendo da veri e propri sistemi di difesa e di supporto -spiega a Gazzetta Active il dottor Sacha Sorrentino, biologo nutrizionista - . A livello di dieta – continua l’esperto - le più importanti sono la vitamina A (o retinolo), la vitamina C (o acido ascorbico), la vitamina D, la vitamina E (o tocoferolo). - Non dimentichiamo poi che oltre che per la pelle c’è una vitamina-ormone essenziale per il nostro sistema immunitario: - Questa vitamina liposolubile ha un ruolo essenziale di barriera cutanea, di strumento di difesa della nostra pelle, oltre che di fattore di crescita delle cellule cutanee. Va ricordato come bassi livelli di vitamina D sono associati ad eczema e psoriasi. Soprattutto nei mesi invernali è bene controllare i propri livelli di vitamina D e assumere supplementazioni in caso di carenza.
Pelle e alimentazione procedono di pari passo, tanto è vero che molte patologie cutanee si acuiscono a causa di una cattiva alimentazione - conferma in un'intervista a Gazzetta Active la dottoressa Ines Mordente, dermatologa. - Nei programmi terapeutici dei pazienti che cercano di migliorare la propria pelle è fondamentale inserire l’apporto vitaminico attraverso iniezioni oppure attraverso creme che contengono al proprio interno questi principi vitaminici. La vitamina A favorisce il rinnovamento cellulare, migliorando l’idratazione della pelle e rendendola più elastica [...]. La vitamina C è contenuta in particolare nei frutti rossi (come lamponi, ribes, mirtilli, fragole), nei peperoni, nei kiwi e nei pomodori ed è un altro micronutriente fondamentale per la pelle perché coinvolta nella regolazione della produzione di collagene. Poi c’è la vitamina E è fondamentale per combattere l’invecchiamento cutaneo, con una azione di contrasto ai radicali liberi. Tra le fonti migliori troviamo l’olio extravergine di oliva, i semi oleaginosi, la frutta secca e gli ortaggi a foglia verde. - Tuttavia, le vitamine, oltre che nel cibo sono essenziali anche addizionate nelle creme. - Le stesse vitamine sono utili alla nostra pelle anche addizionate alle creme. Più nello specifico, la vitamina A o retinolo è spesso presente nelle creme con azione seboregolatrice, anche per ridurre le rughe e i segni di invecchiamento cutaneo, e, a livello topico, stimola la produzione di glicosaminoglicani e acido ialuronico, con una azione esfoliante. - Molto utile nelle creme, sottoline l'esperta, anche la vitamina E: - Ha infatti una potente azione idratante, oltre ad essere un ottimo riparatore cutaneo. Spesso le creme addizionate con vitamina E vengono utilizzate dopo gli interventi chirurgici, per cancellare le cicatrici, o dopo il parto, anche per eliminare le smagliature. L’acido ascorbico poi, meglio nota come vitamina C, oltre ad essere un potente antiossidante è preziosa nel contrasto alle macchie cutanee - ricorda la dottoressa -, ha un grandissimo potere antiossidante anche sulla pelle, con azione antiage e schiarente, poiché si lega ai melanociti presenti sulla cute e fa in modo che non si crei quella reazione chimica per cui la macchia diventa con il tempo più scura. La vitamina C, infatti, penetra nel metabolismo delle cellule melanocitarie, ovvero quelle cellule che regolano le macchie cutanee, contrastando le macchie scure. E’ consigliata soprattutto in età matura.
Gazzetta Active "Vitamine per la pelle, nella dieta e nelle creme: quali sono le più utili?"
Gazzetta Active "Occhi secchi, le vitamine e i micronutrienti amici della vista"
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L'alimentazione, la grande alleata dei nostri occhi
Dorato a salutare. Un colorito perfetto si ottiene solo con l’impegno. Dalla corretta esposizione all’assunzione di alimenti sani. Una pelle sana, idratata e protetta è il punto di partenza per affrontare radicali liberi e l’avanzare del tempo. Quindi un colorito sano, uniforme e senza scottature pericolose per la pelle. Ma qual è il segreto di un'abbronzatura perfetta e duratura? Creme mirate, solari, integratori e alimenti ricchi di beta-carotene, ovvero un carotenoide che si trasforma in vitamina A nell’intestino, per poi trovare spazio nel fegato dal quale verrà rilasciato in modo graduale. E poi gli antiossidanti, che oltre a combattere i radicali liberi, hanno effetti positivi anche su ossa e vista. Capacità che aumentano se i cibi che lo contengono vengono assunti insieme ad alimenti ricchi di zinco e vitamine C ed E. Dulcis in fundo, per accentuare il colorito, prezioso anche l’apporto bilanciato tra omega 3 e omega 6. Questi alimenti, oltre a facilitare l’abbronzatura, idratano e stimolano la produzione di melanina e permettono alla pelle di conservare la sua naturale elasticità proteggendo anche il corpo dalle temperatura alte e dal caldo eccessivo. Tra gli alleati della pelle a tavola oltre frutta e verdura, anche gli omega 3 e 6, utili per mantenere la cute giovane, elastica e favorendo il rinnovamento cellulare a tutti gli strati cutanei. Altro aiuto per un’abbronzatura perfetta: il beta-carotene. Essenziale per la salute della cute si deposita sulla pelle conferendole un aspetto dorato e un colore più scuro. Inoltre, è in grado di prevenire le scottature nei soggetti con pelli sensibili oltre a un’alterata fotosensibilità. Dotato di proprietà fotoprotettive, protegge la cute dalla luce solare in eccesso e quindi riduce la sensibilità della pelle durante l’esposizione al sole.
Scottature, segni, lentiggini, macchie senile, rughe, cute squamosa e, melanomi. Oltre l’incarnato uniforme c’è di più. Preparare la pelle all'esposizione solare è fondamentale per contrastare i danni provocati dai raggi UV. La strategia ideale è quella di approcciarsi al sole in modo graduale, abituando, pian piano, il nostro corpo ai raggi, evitando così uno shock dovuto all'esposizione troppo intensa. Ovviamente, tutti i fototipi devono seguire un approccio leggero al sole, con maggiore accortezza a chi ha la pelle più chiara. Al mare o in montagna, l’importante è essere sempre pronti e adeguatamente “protetti”. Ecco come preparare la pelle al sole. Il primo step di una beauty routine è proprio quello di esfoliare la pelle e idratarla con cosmetici giusti. Uniforme, compatta e morbida al tatto per prevenire la comparsa di macchie cutanee. L’abbronzatura è bella, ma attenzione ai danni della pelle. Tra i rischi di un’esposizione prolungata agli UV accelerazione dell'invecchiamento cutaneo e, di conseguenza, un aumento del rischio di cancro alla pelle. Tuttavia, l’abbronzatura, seppur ricercatissima in estate è alla base di un singolare paradosso che non tutti conoscono. Il progressivo imbrunimento della cute non è altro che un ‘infortunio’ dello strato superficiale della pelle, diretta conseguenza dell'esposizione prolungata ai raggi solari. Un processo che accelera l’invecchiamento cutaneo per questo è di notevole importanza prevenire questo fenomeno utilizzando prodotti cosmetici con fattore protettivo così da garantire all’epidermide salute e benessere. Un piccolo accorgimento per evitare oltre ai danni irreparabile anche quella sensazione fastidiosa e dolorosa causata dall’ustione (di primo o secondo grado che sia). Altro inestetismo legato ai raggi UV: la comparsa di rughe. Infatti, la luce ultravioletta danneggia le fibre che si trovano nella cute (‘elastine’).
Gloria Mosconi, biologa e nutrizionista spiega in un’intervista esclusiva a Life 120 come proteggere la pelle durante l’esposizione evitando danni permanenti e prepararla a un’abbronzatura dorata e duratura da far invidia, in vacanza, al vicino di ombrellone e, in città, al vicino di casa.
Qual è il legame tra melanina e abbronzatura e a cosa serve?
La melanina determina il colore naturale di ognuno di noi e svolge un ruolo fondamentale nella protezione dai raggi UV. E’ un pigmento presente in quantità differenti in ciascun soggetto a seconda di fattori genetici e alla esposizione ai raggi UV. Al contrario di come si pensa, la melanina è presente nella pelle e nei capelli, ma anche nel tessuto sottostante l’iride, nel midollo, nell’orecchio interno, nella ghiandola reticularis della ghiandola surrenale, nel nervo vago, nel ponte di Varolio, e nella substantia nigra del SNC (sistema nervoso centrale). Questa viene prodotta dai melanociti, cellule poste alla base dell’epidermide, quando la pelle viene sottoposta alla luce del sole e soprattutto ai raggi UV. È da questo pigmento che dipende il colore della pelle umana. Nonostante tutti gli esseri umani presentino mediamente la stessa quantità di melanociti nella pelle, a fare la differenza è l’attività di questi ultimi, la razza, la zona del corpo considerata e l’età. Inoltre la quantità di melatonina dipende anche dalla latitudine; gli abitanti delle regioni equatoriali hanno la pelle più scura e questo dipende da un naturale processo evolutivo che nel corso dei millenni ha sviluppato quelle caratteristiche necessarie all’evoluzione della specie per proteggersi dai raggi UV del sole e per difendersi dalla distruzione dei folati necessari in gravidanza.
In cosa consiste il processo dell’abbronzatura dove il risultato ultimo è un incarnato dal colorito più scuro?
Il colore della pelle è dovuto alla presenza di alcuni pigmenti presenti nello strato basale cioè la parte più profonda della pelle. Ce ne sono diversi ma il più importante è la melanina , prodotta dal nostro organismo per difenderci dai raggi solari. Finché la superficie corporea dell’uomo era ricoperta di peli la sua produzione era ridotta proprio perla presenza di questo manto pilifero che esplicava una azione di protezione. L’incremento della sua produzione come sistema di protezione dai raggi UV è aumentata nei secoli, quando, per il processo evolutivo dell’uomo la pelle è cominciata a diventare glabra. La melanina può essere di due tipi: una molto scura chiamata eumelanina presente nei capelli grigio, neri, biondi o marroni e maggiormente presente nelle carnagioni scure; e un’altra di colore rossiccio giallo, chiamata feomelanina che dona un colore che va dal rosa al rosso, presente nelle persone con capelli rossi e prevalentemente nelle donne, e più concentrata nelle mucose; l’ultima è la neuromelanina concentrata a livello dei neuroni cerebrali, di colore scuro che si sviluppa durante la crescita ma la sua funzione ancora del tutto chiara. La produzione di melanina dipende principalmente da tre fattori: 1) L’esposizione ai raggi UV: gli esperti del mestiere hanno dimostrato che i raggi UV sono in grado di aumentare il numero di una speciale proteina recettoriale chiamata intermedina o melanocortina presente sulle cellule dell’epidermide in grado di recepire il messaggio e favorire la sintesi di melanina.. Questo spiega come una abbronzatura è più sicura se presa a piccole dosi; le nostre cellule lentamente, risponderanno in maniera più efficace alla intermedina producendo via via più pigmento. 2) Fattore genetico: questo determina il colore costituzionale dovuto alla razza e al genere. Infatti il genere di sesso maschile produce più eumelanina rispetto alle donne. 3) Fattore ormonale: alcuni ormoni in particolar modo la melanocortina prodotta dall’ipofisi, è coinvolta nella pigmentazione della pelle durante l’abbronzatura e nella protezione dei tumori della pelle.
Che ruolo hanno gli antiossidanti?
Abbiamo già visto che l’insieme delle reazioni metaboliche che si svolgono all’interno del nostro organismo a livello cellulare porta alla formazione di molecole instabili chiamate radicali liberi. Abbiamo inoltre anche parlato che a scatenare la formazione di queste, non sono solo fattori endogeni ma anche esogeni come lo stress, il fumo, l’alcool e i raggi ultravioletti, compresi quelli provenienti dal sole. L’eccessiva presenza di queste molecole provoca non poche problematiche e per controllare la loro formazione e/o per contrastare il loro effetto negativo sull’organismo, oggi esisto formulazione arricchite di antiossidanti, in bustine o in perle da assumere per via orale, molti di origine vegetale, come i carotenoidi, precursori della vitamina A, dove la loro concentrazione plasmatica influenza il colore della pelle e che costituiscono un’ottima difesa per il nostro organismo.
È necessario preparare la pelle all’abbronzatura?
Nonostante la melanina svolga un ruolo di protezione ai raggi UV, questo non è sufficiente, ed è indispensabile preparare e aiutare la pelle a difendersi ulteriormente. I motivi son molteplici: primo fra tutti perché quello che appartiene alla maggioranza delle persone è che il sole accentua quelli che sono i disturbi di un pelle secca e disidratata quindi una corretta dermocosmesi può sopperire ai fastidi correlati come pizzicore bruciore etc… La preparazione della pelle all’abbronzatura è bene che avvenga già in città, un paio di mesi prima dell’esposizione al sole. Non deve assolutamente mancare la detersione quotidiana della pelle del viso. Inoltre, consigliati sono i prodotti specifici che agiscono sia dall’interno che dall’esterno. Iniziando da quelli che agiscono dall’esterno si consiglia uno scrub oppure un esfoliante viso corpo per preparare la pelle ad essere più recettiva all’assorbimento dei prodotti che andremo ad utilizzare successivamente. Utilizzare creme o sieri dalla consistenza leggera, che abbiano un’azione protettiva ai raggi UV , azione antiossidante ed aventi anche la caratteristica di trattenere acqua in modo da effettuare una intensa azione idratante. Prima di uscire di casa, stendere un solare indicato alla propria carnagione. Abituarsi a queste misure preventive significa intervenire con netto anticipo sull’insorgenza soprattutto delle macchie solari. Inoltre è ormai assodato che c’è una correlazione tra una eccessiva esposizione al sole e l’incidenza della patologie della pelle come le cheratosi solari che sono delle formazioni pretumorali, ma anche tumori veri e propri come gli epiteliomi e per ultimo la forma più aggressiva come il melanoma. Ma anche problematiche legate ad una accelerazione dell’invecchiamento cutaneo e basta osservare la pelle di alcune categorie di lavoratori come i pescatori o i contadini per crearsi un’idea. Anche la comparsa di efilidi, o le lentigini solari o senili che appartengono a lesioni antiestetiche benigne che compaiono nei fototipi chiari, sono la conseguenza di una scarsa presenza di melanina per cui nelle zone sottoposte ad una maggiore irradiazione dei raggi UV come il dorso il décolleté o le spalle possono comparire queste lesioni molto fastidiose.
L’esposizione solare è fondamentale per fare il pieno di vitamina D?
Sentiamo parlare molto spesso della relazione tra l’esposizione al sole e i livelli vitamina D nel sangue. Infatti non a caso è chiamata vitamina del sole perché la sua fonte primaria di assorbimento non avviene attraverso l’alimentazione ma attraverso i raggi solari in particolare raggi UVB grazie alla sintesi che avviene nella nostra pelle, a partire da una sua provitamina. Per farne un po' di scorta sono sufficienti delle esposizioni ridotte: d’estate 10, 15 minuti circa 2, 3 volte a settimana; in primavera ed autunno 30, 40 minuti per tre quattro volte a settimana. Nonostante ciò, anche se potrebbe sembrare assurdo, la stragrande popolazione europea ed americana (soprattutto quella del nord), soffre di carenza di vitamina D. Questo è perché non ci esponiamo abbastanza e perché l’alimentazione non è in grado di sopperire questa mancanza. Per questo motivo è bene assumerla sotto forma di integratore monitorando i suoi livelli deficitari attraverso le analisi del sangue.
Quali sono i rischi di una sua carenza?
Le numerosissime funzioni in cui è coinvolta la vitamina D assumono un significato elevatissimo per il benessere dell’organismo. Assume un ruolo fondamentale nell’assorbimento di calcio e fosforo e nel rafforzamento della struttura scheletrica. Inoltre contribuisce alla salute cardiovascolare e il suo contributo antiinfiammatorio è in grado di controllare la crescita e la differenziazione cellulare e la prevenzione della trasformazione neoplastica, ad esprimere la sua azione antiinfiammatoria a tuttotondo, controlla i processi infettivi e il buon funzionamento della tiroide. Inoltre controlla il sistema renina angiotensina, la secrezione insulinica, ma soprattutto è la vitamina del sistema immunitario Queste, in maniera sintetica, sono le più importanti azioni della vitamina D soprattutto sotto forma di vitamina D3 chiamata colecalciferolo che si può reputare un vero e proprio ormone sintetizzato dall’organismo a livello cutaneo per mezzo dell’esposizione ai raggi UVB. Avere livelli soddisfacenti nel sangue della suddetta vitamina anche attraverso l’uso di integratori (solo il 10% viene assorbita attraverso i cibi che ne contengono scarsa quantità), ci permette di controllare e/o di prevenire moltissime problematiche ed è quindi semplice comprendere i rischi a cui si può andare incontro nel momento in cui vi è una carenza della stessa. Vale la pena spendere due parole per comprendere fino in fondo quali sono gli aspetti che possono creare dei limiti sull’assorbimento della vitamina D. Entriamo nel merito dell’obesità e dell’acidosi tissutale. Le cellule adipose chiamate anche adipociti, sono in grado di trattenere la vitamina D impedendone la sua disponibilità e utilizzo. Quindi il consiglio per le persone obese è quello di fare il più possibile integrazione. Per quanto riguarda invece una condizione in cui sia presente l’acidosi tissutale , questa promuove la distruzione della vitamina D da parte dei reni, perché in questa patologia, c’è il richiamo di calcio nel sangue proprio per correggere l’acidosi. Per la presenza di troppo calcio si attiva il paratormone che per evitare maggiore assimilazione dall’intestino, fa diminuire la vitamina D attiva nel sangue – come sostiene anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti - . Quindi è buona norma assumere a qualsiasi età Vitamina D, ma in particolare è consigliata in determinate situazione come quelle sopra citate.
Perché è importante scegliere cosmetici con fattore protettivo ai raggi UVA/UVB?
La luce solare è la fonte naturale più importante di radiazioni ultraviolette, frutto di una reazione nucleare al centro del sole in cui i raggi che ne derivano viaggiano verso la terra. I suddetti si distinguono in raggi UVA , UVB e anche gli UVC. Si diversificano fra loro per la diversa lunghezza d’onda. I raggi UVC sono poco conosciuti; hanno una lunghezza d’onda corta e sono molto violenti, ma per nostra fortuna, non sono in grado di attraversare gli strati di ozono. Cerchiamo ora di comprendere la differenza fra raggi UVA e UVB di capire se una crema contiene solo filtri UVB da una che contiene invece anche filtri UVA. Diversamente, i raggi UVB, meno violenti, si presentano con una lunghezza d’onda più lunga, ma sono meno aggressivi rispetto agli UVC. Hanno l’inconveniente di essere in grado di attraversare parzialmente gli strati di ozono e riescono a raggiungere il suolo e a superare gli strati dell’epidermide. Sono quelli in grado di donare la tanto amata abbronzatura ma di contro anche di scatenare i noti eritemi solari, danneggiare il DNA, causare i tumori della pelle, la disidratazione e l’invecchiamento precoce della stessa. I raggi UVA hanno energia inferiore e lunghezze d’onda più lunghe rispetto agli altri due, ma sono più penetranti, influenzando così le cellule più profonde della pelle. Quando ci si scotta, anche in presenza di nuvole e finestre è proprio per causa loro e per le loro caratteristiche penetranti. Sono rapidi nella loro azione infatti gli UVA sono quelli utilizzati per i lettini abbronzanti. Ora una pelle abbronzata ha il “falso mito” di proteggerci dai raggi solari, ma non dobbiamo farci tradire da questo immaginario collettivo in quanto, benché abbronzata, avrà un fattore di protezione (SPF) pari a 2, quindi bassissimo. Questo per dire che la pelle va sempre protetta con la crema. Quando si acquista è bene accertarci che sia una crema “ad ampio spettro” che quindi avrà la capacità di proteggerci sia dai raggi UVA che UVB, e con un fattore minimo di 30 SPF. Riapplicarla ogni due ore o più frequentemente se si suda molto o si sta in acqua. Esporsi per tempi limitati, usare cappelli ed occhiali e soggiornare in zone ombreggiate.
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Demonizzati da decenni, i grassi, soprattutto quelli “saturi” (i grassi cattivi), sono considerati erroneamente come i principali responsabili di tante patologie e causa del colesterolo. Tuttavia, è arrivato il momento di sfatare questo luogo comune perché i grassi non fanno male, anzi sono utili soprattutto agli sportivi. «I grassi non fanno male», chiarisce in un'intervista a Gazzetta Active la dottoressa Claudia Delpiano, dietista e biologa nutrizionista presso l’IRCCS Policlinico San Donato e il Policlinico San Pietro. Al via quindi con gli effetti benefici dei lipidi, in particolare per chi pratica sport di resistenza. In particolare l’olio extravergine di oliva (fonte di acidi grassi monoinsaturi, è uno dei condimenti più indicati per chi soffre di colesterolo alto), il pesce azzurro (come l'alice, l'aringa, la ricciola, la sardina e lo sgombro, ricco di grassi buoni, ovvero gli omega3, contiene anche selenio, calcio, iodio, fosforo, potassio, selenio, fluoro, zinco e vitamine A e B), le noci, le nocciole, le mandorle (povere di carboidrati e ricche di proteine, fibre e, appunto, grassi buoni, sono potenti antiossidanti), i semi di lino (fonte preziosa di energia per l’organismo nei periodi di stress) e il cioccolato fondente (fonte di ferro, magnesio, rame e manganese, aiuta a mantenere la mente attiva e migliora le abilità cognitive ed è utile per contrastare il colesterolo cattivo e scacciare stress e cattivo umore) sono ottime fonti di grassi monoinsaturi e polinsaturi, i cosiddetti “grassi buoni”. Questi poi rappresentano anche un fattore protettivo rispetto all’ipercolesterolemia.
Fonte di energia per l’organismo, migliorano l’assorbimento delle sostanze nutritive. Conosciuti anche come lipidi, forniscono al nostro organismo l’energia necessaria per il suo sostentamento e un quantitativo di gran lunga maggiore rispetto a quella prodotta dai carboidrati e dalle proteine. Utilizzati, dunque, per lo svolgimento di funzioni organiche essenziali per il nostro benessere. «Per comprendere l’importanza dei grassi per l’organismo è fondamentale capire l’uso che ne fa il nostro corpo – precisa Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti -. Per molti di noi il grasso è visto come un substrato energetico (utilizzato per creare energia) e niente più, invece le sue funzioni sono essenziali anche per altri motivi. Distinguiamo intanto i tre differenti tipi di grassi che il nostro corpo assimila con l’alimentazione o produce in base alle proprie esigenze: trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo». Tra i grassi più importanti indubbiamente omega 3 e 6. «Questi acidi grassi – spiega la nutrizionista - sono molto importanti perché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli endogenicamente e quindi li deve assumere attraverso la dieta». Difatti, questi grassi, sono un concentrato di benefici anche per gli sportivi. «I grassi sono una fonte di energia nelle prestazioni di resistenza, che si tratti di corsa, ciclismo o triathlon. Per lo sportivo l’apporto di grassi dovrebbe essere intorno al 30% dell’apporto energetico totale. La restrizione di grassi va limitata al pre-gara, in cui troppi lipidi potrebbero rallentare la digestione».
Non solo non fanno male, ma sono deputati al benessere dell’organismo e allo svolgimento di numerose funzioni essenziali.
Proprio ultimamente c’è stata, da parte della comunità scientifica, una rivalutazione degli acidi grassi polinsaturi, i cosiddetti grassi buoni. Ma non bisogna abolire nemmeno i grassi saturi, quelli considerati cattivi. È vero, sono legati allo sviluppo di patologie cardiache e diabete, ma svolgono anche diverse funzioni utili per l’organismo. Prendiamo il burro: l’acido butirrico in esso contenuto è necessario per la salute metabolica della mucosa del colon perché va a nutrire i colonociti. Una noce di burro al giorno, meglio se crudo chiarificato, fa solo bene, soprattutto se si ha una vita attiva. Svolgono il ruolo di deposito energetico e hanno una funzione strutturale, perché vanno a costruire la membrana delle cellule, che è fatta proprio di lipidi e proteine. Vanno a costituire i nervi, il cuore, il fegato e i reni, e sono quindi fondamentali anche per lo sviluppo del sistema nervoso. Per questo motivo, per esempio, ai bambini bisognerebbe dare sempre latte intero, e non scremato. Lo stesso latte materno è molto lipidico. Trasportano anche le vitamine liposolubili come la A, la D, la E e la K, e ne permettono l’assorbimento. E la vitamina D, per esempio, è molto importante per gli sportivi, in particolare per runner e maratoneti, perché fondamentale per il metabolismo dell’osso. Nella corsa lo scheletro subisce molte sollecitazioni e microtraumi, da qui l’importanza della vitamina D.
Su questi costituenti essenziali, Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti fornisce un quadro dettagliato e completo per conoscere e comprendere il modus operandi di questi preziosi elementi e gli effetti positivi sulla nostra salute:
I grassi si distinguono in: saturi monoinsaturi e polinsaturi. Sono composti da una catena di atomi di carbonio (da 4 a 24) ed idrogeno, che in base alla lunghezza, al numero dei legami ed al posizionamento degli stessi, assumono strutture e caratteristiche differenti. Gli acidi grassi saturi hanno una consistenza solida anche a temperatura ambiente e si trovano principalmente negli animali (strutto), nei vegetali (palma e cacao) e nel latte. Gli acidi grassi monoinsaturi hanno un aspetto liquido e sono presenti nei vegetali come pistacchi, noci, mandorle ed avocado, ma vengono anche estratti dai semi come olive, arachidi, colza. Difatti li assumiamo sotto forma di oli. Gli acidi polinsaturi si dividono in due categorie, gli omega 3 e gli omega 6. Tali grassi sono anche definiti essenziali, in quanto il nostro corpo non è in grado di costruirli (a differenza degli altri grassi) e quindi vanno assunti con la dieta. Inoltre questi ultimi sono molto importanti perché il nostro corpo li utilizza solo a fini plastici (e non energetici). Gli acidi grassi saturi non hanno interruzioni, disponendosi longitudinalmente, dalla testa alla coda, dove si legano gli atomi di ossigeno (il gruppo ossidrile). Tale struttura permette l’allinearsi delle catene, conferendo al grasso, a temperatura ambiente, un aspetto solido. Inoltre più è lunga la catena e maggiore è la resistenza al calore (punto di fusione). Fanno parte di questa tipologia: i grassi caproico (6 atomi) e caprilico (8 atomi) presenti nel latte; il grasso miristico (14 atomi) presente negli oli, nei grassi vegetali, nel latte (11%), nel cocco e nella noce moscata; il grasso palmitico (16 atomi) che si trova nei grassi animali (strutto) e vegetali (palma 35-50% e cacao 25%); il grasso stearico (18 atomi) che si trova nello strutto al 10%, nel cacao al 35%, negli oli vegetali all’1,5%; i grassi arachico e beenico (22 atomi); il grasso lignocerico (24 atomi). Questi ultimi si trovano in piccole quantità nei grassi animali e vegetali. Gli acidi grassi monoinsaturi sono molecole che non hanno un aspetto lineare, bensì ricurvo, dovuto ad un doppio legame, ca pace di creare uno squilibrio elettrostatico. Ciò impedisce l’allineamento delle catene, rendendo il grasso liquido (solidifica solo con l’abbassamento della temperatura). Fanno parte di questa tipologia l’olio di oliva (che solidifica in frigorifero), l’olio d’arachide, l’olio di colza. È presente nei frutti come l’avocado, le mandorle, le noci, i pistacchi, gli anacardi ed in animali come le anatre e le oche. Esistono poi grassi polinsaturi che non hanno una catena lineare (fenomeno registrato anche in alcuni grassi monoinsaturi), bensì due doppi legami. Si dividono in due categorie, gli omega 3 e gli omega 6. Tale distinzione in omega, partendo dal fondo della catena, indica la posizione del primo doppio legame (omega 3 ad esempio indica la terza posizione; omega 6 la sesta posizione). Questi grassi polinsaturi sono anche definiti essenziali, in quanto il nostro corpo non è in grado di produrli (a differenza degli altri grassi) e quindi vanno assunti con la dieta. Inoltre questi ultimi sono utilizzati solo a fini plastici (e non energetici). Di conseguenza la loro carenza crea molti problemi (lo approfondiremo più avanti). Infine, esistono i grassi trans, una tipologia di grassi omega 6 o monoinsaturi, modificati da procedimenti chimici (con l’inserimento di atomi d’idrogeno) al fine di raggiugere la consistenza dei grassi saturi (la margarina ne è un esempio). Parleremo più avanti di quanto tali grassi, possano dimostrarsi dannosi per la nostra salute.
Il giornale "Grassi buoni, quali sono e in quali alimenti trovarli"
Marie Claire "I cibi grassi da evitare vs i grassi buoni, buonissimi, da riscoprire"
Science Direct "Peroxidation of n-3 and n-6 polyunsaturated fatty acids in the acidic tumor environment leads to ferroptosis-mediated anticancer effects"
UCLouvain "An Omega-3 that’s poison for tumours"
News Medical Life Science "Lo studio delucida come gli acidi grassi Omega-3 avvelenano le celle del tumore"
Medi Magazine "Un Omega-3 che è veleno per il cancro"
Il Giornale "I grassi buoni: acidi grassi Omega-3"
GEN "Mechanism Identified by Which Omega-3 Fatty Acid Is “Poison” to Tumors"
Medical Xpress "An omega-3 that's poison for tumors"
LEGGI ANCHE: Nuova ricerca: Omega 3, i “grassi buoni” che avvelenano le cellule tumorali
Colesterolo e rischio cardiovascolare: per il cuore, una dieta povera di zuccheri
Pesce e omega 3, la combinazione vincente contro rischi cardiaci e diabete
Olio extravergine, il re dei grassi buoni. Oltre ai benefici c’è di più
Il buono e il cattivo. Demonizzato da quelli che non sanno che è in realtà, il colesterolo, è un grasso essenziale per la nostra vita. Infatti, al di là delle convinzioni comuni «Noi ogni giorno abbiamo bisogno di molto colesterolo per il turn over delle membrane cellulari, costituite proprio da colesterolo. Inoltre questo lipide serve per la formazione degli ormoni a noi necessari, come gli ormoni steroidei e gli ormoni sessuali, sia maschili sia femminili. In altre parole, non possiamo prescindere dal colesterolo» spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Carmine Gazzaruso, responsabile del Servizio di Diabetologia, Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Vascolari e del Centro di Ricerca Clinico (Ce.R.C.A.) dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano e docente di Endocrinologia all’Università degli Studi di Milano. In Europa, le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte, con una stima che si aggira intorno ai 4 milioni di decessi l’anno. In parte prodotto dall’intestino e in parte attraverso l’alimentazione. Presente nel sangue, il colesterolo è di fondamentale importanza per la salute dell’organismo e deputato allo svolgimento di diverse funzioni. Una molecola organica della famiglia degli steroli che favorisce la produzione di molti ormoni, contribuisce alla formazione delle membrane cellulari e al loro corretto funzionamento, favorisce la digestione e migliora la sintesi della vitamina D. Trasportato dal fegato ai tessuti attraverso le lipoproteine: HDL (colesterolo buono) e LDL (colesterolo cattivo). Quando questi ultimi superano i precedenti, si attaccano alle pareti delle arterie generando delle placche estremamente pericolose per la salute fino a impedire il passaggio del sangue e aumentare il rischio di patologie cardiovascolari.
Il COLESTEROLO ALTO è davvero pericoloso per la salute del cuore?
Ogni anno, in Italia, muoiono più 224.000 persone per malattie cardiovascolari: di queste, circa 47.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. Il colesterolo, infatti, rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare. «Le malattie cardio e cerebrovascolari sono ancora oggi nel mondo la prima causa di morte e di disabilità. La pandemia Covid 19 ha peggiorato questa situazione, è ora di ripartire! Dobbiamo assolutamente agire contro i principali fattori di rischio cardiovascolari e tra questi sicuramente l’ipercolesterolemia è uno dei più importanti. Dobbiamo trattare al meglio i nostri pazienti, ridurre il colesterolo LDL a valori a target per i pazienti. Ora abbiano diverse opportunità per poterlo fare, fondamentale è instaurare un’alleanza tra specialisti, medici di famiglia e pazienti per raggiungere questo ambizioso obiettivo», dichiara all’Ansa Stefano Carugo, direttore UOC Cardiologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. Le principali cause sono sicuramente da ricercare nella dieta e nello stile di vita. Inoltre, anche la presenza di precise patologie e la predisposizione genetica possono influenzare in maniera significativa l’ipercolesterolemia. Oltre a stress, il fumo, l’assenza di attività fisica, l’uso continuato ed eccessivo di farmaci immunosoppressori, contraccettivi orali, steroidi anabolizzanti, cortisonici e altri ancora. La raccomandazione di tante società scientifiche, compresa l'American Heart Association, è quella di ridurre al minimo il consumo di grassi saturi, ma non tutti gli esperti sono d'accordo. Cardiologi e dietologi della University of South Florida hanno messo in discussione questo suggerimento poiché, secondo il loro studio, pubblicato sulla rivista Bmj Evidence-Based Medicine, non ci sono prove sufficienti che dimostrino che una riduzione del consumo di grassi saturi possa abbassare il colesterolo nel sangue e ridurre il rischio per le persone con ipercolesterolemia di sviluppare malattie cardiache. «Negli ultimi 80 anni, alle persone con ipercolesterolemia familiare è stato raccomandato di abbassare il colesterolo con una dieta a basso contenuto di grassi saturi» - chiarisce l'autore dello studio David Diamond - «Il nostro studio suggerisce che una dieta più salutare per il cuore è povera di zuccheri, e non di grassi saturi».
Secondo quanto mostrano i dati raccolti nel corso dell’indagine, i pazienti che sviluppano malattie coronariche presentano fattori di rischio associati all'insulinoresistenza (o sindrome metabolica), come obesità, livelli elevati di trigliceridi nel sangue, ipertensione e diabete, per cui l'indicazione è quella di seguire una dieta a basso contenuto di carboidrati e povera di zuccheri. Inoltre «Gli effetti deleteri dell’ipercolesterolemia sul sistema cardiovascolare diventano più gravi quando è accompagnata da trigliceridi elevati, che potrebbero essere ridotti da una dieta povera di carboidrati» spiega Giaccari. In pratica, non solo non ci sono prove degli effetti dei grassi sull’ipercolestemia, ma una dieta a basso contenuto di carboidrati (LCD) migliora significativamente i biomarcatori delle malattie cardiovascolari, rispetto a una dieta a basso contenuto di grassi. Banditi quindi, oltre ai carboidrati anche in particolare gli zuccheri semplici e gli amidi con elevato indice glicemico (pane, pasta, legumi). E ancora una meta-analisi del 1992 e portata avanti da un team di esperti dell’Università di Maastricht. Gli esperti in questione hanno preso in esame i dati di 27 studi scientifici, scoprendo che gli acidi grassi hanno, rispetto ai carboidrati, effetti maggiormente positivi sui livelli di colesterolo buono HDL. Nel 2014 un’indagine sviluppata da ricercatori britannici (Università di Warwick) e svedesi (Università di Linköping), pubblicata su Nutrition & Diabetes, ha evidenziato che la glicazione (fenomeno dovuto a un eccesso individuale di glucosio, fruttosio o alcol) contribuisce alla trasformazione del colesterolo buono (HDL) in colesterolo cattivo (LDL) determinando cioè un aumento del rischio cardiovascolare. Ulteriore conferma arriva da un lavoro recente (2021) effettuato su soggetti diabetici e pubblicato su Biomedicines ha evidenziato che la lesione endoteliale (quella cioè che contribuisce all'infarto o all'occlusione delle coronarie) dipende dalla glicazione delle lipoproteine. In sostanza, residui di fruttosio e glucosio vanno a inserirsi su alcune proteine determinandone il malfunzionamento e facilitando la formazione della placca arteriosa che porta poi all'ischemia o all'infarto.
COLESTEROLO: tra approfondimenti ed evidenze scientifiche
Insomma, è necessario fare attenzione all’eccesso di colesterolo, o meglio, a quello di un particolare tipo.
L’eccesso di colesterolo – spiega Gazzaruso - può provocare dei danni dovuti al fatto che questo grasso tende ad accumularsi all’interno delle pareti dei vasi, in particolare dei grossi vasi, i vasi arteriosi, determinando aterosclerosi, patologia che ostruisce gradualmente le arterie. Se questo si verifica non arriva più sangue a sufficienza agli organi irrorati proprio da queste arterie e si possono verificare le tre patologie principe di tipo aterosclerotico: l’infarto, l’ictus e la arteriopatia degli arti inferiori. - Se infarto e ictus sono piuttosto noti, è bene chiarire di che cosa si parla quando si parla di arteriopatia degli arti inferiori - Si tratta di una patologia purtroppo poco cercata, diagnosticata e curata che è frequente in particolare nei grandi fumatori, oltre che nelle persone con diabete. La prognosi di sopravvivenza è peggiore rispetto a quella dei più comuni tumori maligni. Quando si avvertono i sintomi, ovvero dolori al polpaccio camminando, si ha già l’angina a livello di arti inferiori e a quel punto spesso è troppo tardi. Di fatto è dunque una aterosclerosi a livello di gambe. Ricordiamo infatti che l’aterosclerosi non colpisce mai un solo distretto, bensì è presente in tutte le arterie. Poi, a seconda del soggetto, si può manifestare in uno, due o più distretti. E il responsabile principale è il colesterolo che si accumula nelle arterie.
Ma qual è la differenza sostanziale tra HDL e LDL?
Essendo un grasso – chiarisce l’esperto -, per circolare nel sangue il grasso deve essere integrato in sistemi solubili nel plasma che si chiamano lipoproteine. Ma esistono diversi tipi di lipoproteine. I più noti sono le LDL (o lipoproteine a bassa densità) e le HDL (o lipoproteine ad alta densità). Le LDL trasportano prevalentemente colesterolo, in una percentuale di circa il 40% del totale, oltre a trigliceridi e altri grassi. Lo trasportano dal fegato, dove viene prodotto, alle periferie del corpo, andando ad integrare il colesterolo in tutto l’organismo. Se le LDL sono in eccesso, il colesterolo che arriva in periferia è superiore alla quantità che serve fisiologicamente, e quindi, tende ad accumularsi nelle arterie, con i danni di cui abbiamo detto. È qui che intervengono le lipoproteine HDL. Anch’esse sono deputate al trasporto del colesterolo, ma in un percorso inverso rispetto alle LDL, dalla periferia al centro. Di conseguenza una carenza di HDL determina una maggiore presenza di colesterolo a livello delle arterie. - Proprio per questo motivo il valore relativo al colesterolo totale conta poco - Ad essere importanti sono i valori relativi all’LDL e all’HDL. Ricordando che se l’HDL sale, l’LDL si riduce, come spiega la formula di Friedwald. Maggiore è la quantità di LDL, minore è la quantità di HDL. Ed è proprio ai livelli di LDL che dobbiamo prestare attenzione.
LDL e HDL, tutto quello che dobbiamo sapere sul COLESTEROLO
Secondo quanto scrive Adriano Panzironi, nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
La comunicazione semplicistica operata dalla stampa e dalla classe medica, ha reso ingiustizia al concreto ruolo esercitato dal colesterolo nei confronti del nostro metabolismo. Sappiamo che esiste un colesterolo buono e uno cattivo, ma a cosa veramente servano, quasi nessuno ne è a conoscenza. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Il colesterolo è un grasso usato principalmente per la costruzione, la manutenzione ed il buon funzionamento del nostro corpo. Approfondiamo le funzioni del colesterolo. Innanzitutto è essenziale per la membrana delle nostre cellule, in quanto si inserisce tra i due strati di fosfolipidi, aumentando la stabilità meccanica e la flessibilità della membrana. Inoltre regola lo scambio di sostanze messaggere tra l’esterno e l’interno della cellula. Le cellule neuronali (del cervello) sono più ricche di colesterolo. 1) La cellula, grazie al colesterolo riesce a staccare pezzi di membrana, al fine di creare degli organuli interni. Inoltre solo per la presenza di questo particolare grasso, la cellula può dividersi e crescere. 2) Senza colesterolo il fegato non potrebbe produrre la bile e quindi emulsionare i grassi, rendendoli assorbibili nell’intestino tenue. 3) Il colesterolo è alla base di moltissimi ormoni tra cui il cortisolo, l’aldosterone, il Gh, il testosterone, etc. 4) Questo grasso è necessario alla produzione endogena (autoproduzione) di vitamina D, essenziale per il nostro metabolismo. Parlare di colesterolo buono o cattivo non ha senso (vista la sua importanza). Per la precisione si dovrebbe parlare di quantità eccessiva di colesterolo nel sangue. Difatti non esistono riserve di tale grasso (come invece accade per i trigliceridi), essendo prodotto esclusivamente dal fegato in caso di esigenza da parte del corpo o assunto ingerendo alimenti che lo contengono. Il colesterolo ed i grassi non si trovano nel sangue allo stato libero, ma all’interno di alcune molecole chiamate lipoproteine.
Dal COLESTEROLO "CATTIVO" ai TRIGLICERIDI, le vere cause dell'aumento
Dati scientifici alla mano, la riduzione dei carboidrati aiuta a controllare alcuni valori fondamentali per la salute cardiovascolare. Ovvero, nel caso specifico, si verifica aumento dei livelli di colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità), il cosiddetto colesterolo buono che diventa superiore di quello LDL. Questi livelli vengono influenzati da precisi schemi alimentari a basso contenuto di carboidrati e contraddistinti dalla presenza di numerose fonti di acidi grassi essenziali (come gli omega 3), nutrienti essenziali per tenere sotto controllo il colesterolo cattivo.
NCBI "Arginine-directed glycation and decreased HDL plasma concentration and functionality"
Ansa "Colesterolo perché si forma e come si può ridurre"
BMJ "Dietary Recommendations for Familial Hypercholesterolaemia: an Evidence-Free Zone"
Gazzetta Active "Colesterolo Ldl e Hdl: la differenza e i rischi di averlo alto"
PubMed "Effect of dietary fatty acids on serum lipids and lipoproteins. A meta-analysis of 27 trials"
Ansa "Ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare: “La best practice della Regione Lombardia”"
NCBI "Endothelial Dysfunction in Diabetes Is Aggravated by Glycated Lipoproteins; Novel Molecular Therapies"
Eurosalus "Sale il colesterolo? Attenti a zuccheri e carboidrati"
DiLei "Dieta chetogenica: tieni a bada colesterolo e trigliceridi"
The Lancet "Associations of fats and carbohydrate intake with cardiovascular disease and mortality [...]"
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Addio carboidrati: contro il tumore al colon basta ridurre zuccheri e amidi
Saziano e aiutano il muscolo. Le proteine si sono ritagliate un ruolo chiave anche nella maggior parte dei regimi dimagranti che mirano alla perdita dei chili di troppo. Un bisogno assoluto che va supportato con regolarità, tra i nutrienti necessari all’organismo. Ovviamente, un quantitativo giornaliero che aumenta per tutti quei soggetti che praticano discipline di endurance (dove l’energia prodotta può derivare anche dalla trasformazione delle proteine in glucidi) rispetto a chi conduce una vita sedentaria. Insomma, fondamentale e troppo spesso trascurato, le proteine, sono state spesso associate esclusivamente alla fase di recupero post allenamento. Un adeguato apporto di proteine assunte nell’arco della giornata, è fondamentale soprattutto per gli sportivi. Considerate l’impalcatura dei muscoli (ma anche di altri tessuti come capelli e cute) negli atleti sono sottoposte a ricambio frequente, il cosiddetto turn-over proteico, rispetto a tutte quelle persone che non praticano nessuna forma di attività fisica. Grazie alla loro capacità di produrre energia, le proteine, sono anche la pronta risposta al meccanismo della gluconeogenesi (quel processo in cui si giunge all’esaurimento, completo o parziale del glicogeno). Inoltre, non solo favoriscono, ma prolungano addirittura il senso di sazietà nelle ore successive al loro consumo. Infine, si dimostrano da sempre amici della forma fisica e nemici giurati del grasso in eccesso, mantengono attivo il metabolismo aumentano la spesa energetica indotta dalla digestione.
Dalla costituzione del tessuto muscolare al trasporto di ossigeno nel sangue, dalla protezione contro sostanze pericolose al supporto a ossa e pelle. Un fabbisogno che aumenta con l’età. I principali costituenti chimici del nostro organismo e indispensabili per svariate funzioni vitali (strutturale, di trasporto e di deposito di nutrienti o altre sostanze). Evidenze scientifiche dimostrano, infatti, che apporti proteici più alti sostengono un buono stato di salute e favoriscono un decorso della malattia facile e veloce oltre a un recupero più breve nelle persone con più di 60 anni. Conseguenza naturale dell’organismo dovuta a una minore capacità di costruire massa muscolare che si unisce a un fabbisogno maggiore per compensare eventuali infiammazioni. E ancora, un quantitativo maggiore di proteine si dimostra utile nel supporto del sistema immunitario e nel contrasto di stress e spossatezza. Per un recupero più veloce ed efficace e nella prevenzione della perdita di massa muscolare. Oltre a facilitare il raggiungimento del proprio fabbisogno proteico e limitare, quindi, il catabolismo muscolare, al tempo stesso, favorisce la sazietà prolungata e ottimizza l’assorbimento degli aminoacidi (ovvero le singole “perline” che compongono le proteine), da parte di tutti i tessuti dell’organismo che ne fanno richiesta. Il fabbisogno quotidiano di proteine dipende non solo dalla massa magra di ogni soggetto, ma anche dal suo indice di attività. Per chi non pratica attività sportiva il Ministero della Salute indica come necessario un fabbisogno quotidiano tra lo 0,8 g e 1 g di proteine/Kg peso. Per contro, invece, un podista dovrebbe assumere ogni giorno una quantità non inferiore a tra 1,2 g/Kg e un massimo di 2 g/Kg/die.
Le proteine – come si legge nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti - si trovano principalmente nella carne, nel pesce, nel latte (e suoi derivati), nei legumi e nella soia. Le proteine sono formate da catene di più aminoacidi che durante il percorso digerente vengono scomposte e ritornano al loro stato naturale, gli aminoacidi. Ne esistono venti tipi e sono dei veri e propri mattoni, utilizzati dall’organismo per la costruzione del nostro corpo. Gli aminoacidi si dividono in due classi, quelli essenziali (abbiamo bisogno di assumerli attraverso la dieta) e quelli non essenziali (il nostro corpo è in grado di produrli demolendo le proteine che compongono muscoli e matrice extracellulare). Gli aminoacidi essenziali sono otto: fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina. Gli aminoacidi non essenziali sono dodici: glutammina, alanina, arginina, asparagina, cisteina, glicina, istidina, aspartato, glutammato, prolina, serina, tirosina. Il nostro corpo costruisce le proteine di cui ha bisogno, utilizzando i vari aminoacidi disponibili, così come in una partita di scarabeo si costruiscono le parole utilizzando le lettere. Consideriamo che il nostro corpo abbisogna di migliaia di tipologie differenti di proteine, ognuna deputata ad un utilizzo specifico. Gli aminoacidi sono anche usati nella produzione di ormoni ed enzimi, mentre quelli in eccesso, vista l’impossibilità di immagazzinarli nella loro forma naturale, sono trasformati in zucchero (glicogeno) all’interno del fegato (processo della neoglucogenesi).
Ecco perché mangiare carne fa bene ed è fondamentale per la nostra salute
Bianca, rossa o nera. Rispettivamente le prime, sono indubbiamente quelle più digeribili, le seconde presentano un contenuto di ferro maggiore rispetto alle prime mentre, le terze, sono quelle più magre. La carne (ma anche il pesce) è ricca di proteine, vitamine (in particolare quelle del gruppo B, utili all'organismo per favorire i processi nervosi e digestivi) minerali e aminoacidi. Tra gli elementi fondamentali per beneficiare di tutte le proprietà nutritive, la cottura: rigorosamente lenta e a basse temperature. Ottima alleata in una dieta sana, bilanciata e completa. Con un alto valore biologico, grazie al ricco contenuto di aminoacidi essenziali, indispensabili per il mantenimento e la costruzione dei tessuti umani, le proteine animali sono facilmente assimilabili. Per contro, il pesce, seppur con livelli di consumo in Italia al di sotto della media europea, è tra gli alimenti essenziali della dieta occidentale. Sotto il profilo nutrizionale, oltre all’ importante quantitativo di vitamine e minerali, è composto da grassi considerati più “nobili” rispetto a quelli della carne.
Partendo dal presupposto che è il deficit calorico a determinare la perdita di peso – spiega in un’intervista a Gazzetta Active Flavia Bernini biologa, nutrizionista -, cerchiamo di capire perché, una volta stabilite le calorie, sono proprio le proteine a giocare un ruolo da protagonista nell’organizzazione di un regime efficace. Tre i motivi fondamentali: dei macronutrienti, le proteine hanno un indice di sazietà maggiore rispetto a grassi e carboidrati. Le proteine frenano il processo di perdita di massa magra, uno scotto che spesso bisogna pagare quando si vuole perdere peso. Tanto più alto è il deficit calorico di una dieta, tanto maggiore sarà il rischio di perdere muscolo. Aumentare la quota proteica rispetto a quella mediamente consigliata, sarà la strategia migliore per dare al nostro organismo sufficienti aminoacidi, i mattoncini di cui sono fatte le proteine, per ricostruire i tessuti muscolari danneggiati. La digestione delle proteine richiede un costo energetico superiore rispetto a quello degli altri macronutrienti, così consumiamo calorie per il solo fatto di metabolizzare proteine, cosa che contribuisce nel lungo periodo al deficit calorico. Anche una dieta vegetariana o vegana può raggiungere adeguati quantitativi proteici. Gli alimenti di origine animale come carne, uova, latticini e pesce hanno un contenuto proteico maggiore e uno spettro amminoacidico più completo rispetto a quelli di origine vegetale: questo è il motivo per cui le proteine animali vengono definite “proteine nobili. Tuttavia, anche utilizzando fonti di origine vegetale […], si possono raggiungere i giusti quantitativi proteici: combinando tra loro alimenti diversi, si possono reintegrare facilmente gli amminoacidi mancanti.
Gazzetta Active "L’importanza delle proteine nella dieta: ecco come dosarle"
La Repubblica "Le proteine animali utili alleate di una dieta completa"
Gazzetta Active "Proteine, una necessità assoluta: ecco perché ti servono"
Il Corriere della Sera "Proteine: il fabbisogno aumenta con l’età"con l’età"
Gazzetta Active "Alimentazione: proteine, perché sono importanti per la corsa"
Gazzetta Act!ve "Carne, dalle proteine nobili alla vitamina B12: i benefici di un alimento spesso sotto accusa"
PubMed "Effects of forage vs grain feeding on carcass characteristics, fatty acid composition, and beef quality in Limousin-cross steers when time on feed is controlled"
Nature "Impact of meat and Lower Palaeolithic food processing techniques on chewing in humans"
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Tumori che si disintegrano in pochi giorni grazie all'azione dell’omega 3. È questa l'eccezionale scoperta dei ricercatori dell'Università di Lovanio (UCLouvain), pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Cell Metabolism. Non si tratta di prevenzione, ma di un vero e proprio di arresto della crescita del tumore. Alcuni acidi grassi, secondo lo studio condotto in Belgio, che va avanti da alcuni anni, gli omega 3 ucciderebbero le cellule tumorali. Fondamentali per la salute umana, in particolare l’acido docosaesaenoico (DHA), ritenuto fondamentale per la funzione celebrale, la vista e i fenomeni infiammatori. Ora quaesta nuova ricerca, gli attribuisce un ruolo fondamentale nella lotta ad alcuni tipi di tumore, tra cui quello al seno e al colon, due dei tumori più letali che affliggono i nostri tempi. I cosiddetti “grassi buoni” allentano la progressione di alcuni tumori maligni confermando, di conseguenza, alcuni precedenti studi sul cancro. Questo fenomeno si verifica perché il DHA li avvelena letteralmente. In pratica, il veleno, agisce sulle cellule tumorali attraverso un fenomeno chiamato ferroptosi, un tipo di morte cellulare legata alla perossidazione di alcuni acidi grassi. Maggiore è la quantità di acidi grassi insaturi nella cellula, maggiore è il rischio della loro ossidazione. Di solito, nel compartimento acido all’interno dei tumori, le cellule immagazzinano questi acidi grassi in goccioline lipidiche, una sorta di protezione dall’ossidazione. Ma, in presenza di una grande quantità di DHA, la cellula tumorale è sopraffatta e non può immagazzinare il DHA, che si ossida e arriva alla morte. Utilizzando un inibitore del metabolismo lipidico che previene la formazione di goccioline lipidiche, i ricercatori hanno osservato che questo fenomeno è ulteriormente amplificato, ulteriore conferma al meccanismo identificato. Gli studiosi hanno dunque dimostrato che, in presenza di DHA, gli sferoidi prima crescevano e poi implodevano, verificando che lo sviluppo del tumore risultava significativamente rallentato.
Tumori che si disintegrano in pochi giorni grazie all’azione di un noto Omega-3 (DHA, che si trova principalmente nei pesci): questa è l’eccezionale scoperta dell’Università di Lovanio. Affamate di acidi grassi, le cellule tumorali in acidosi si rimpinzano di DHA ma non sono in grado di immagazzinarlo correttamente e si avvelenano letteralmente. Il risultato? Loro muoiono.
Un veleno per il cancro. Affamate di acidi grassi, le cellule tumorali in acidosi si rimpinzano di DHA ma non sono in grado di immagazzinarlo correttamente e si auto-avvelenano. «Abbiamo presto scoperto che alcuni acidi grassi stimolavano le cellule tumorali mentre altri le uccidevano» spiegano gli autori dello studio. Insomma, un’indagine che conferma la teoria delle ricerche precedenti. Nel 2016, il team di Leuven guidato da Olivier Feron, specializzato in oncologia, aveva scoperto che le cellule in un microambiente acido (acidosi) all’interno dei tumori sostituiscono il glucosio con i lipidi come fonte di energia per moltiplicarsi. In collaborazione con Cyril Corbet della UCLouvain, il Prof. Feron ha dimostrato nel 2020 che queste stesse cellule sono le più aggressive e acquisiscono la capacità di lasciare il tumore originale per generare metastasi. Nel frattempo, Yvan Larondelle, un professore della Facoltà di Bioingegneria dell’UCLouvain, il cui team sta sviluppando fonti di lipidi alimentari migliorate, ha proposto al Prof. Feron di unire le proprie competenze in un progetto di ricerca, guidato dalla dottoranda Emeline Dierge, per valutare il comportamento cellule tumorali in presenza di diversi acidi grassi. Così gli esperti hanno rapidamente identificato che le cellule tumorali acidotiche rispondevano in modi diametralmente opposti a seconda dell’acido grasso che stavano assorbendo e, nel giro di poche settimane, i risultati sono stati impressionanti e sorprendenti. L' acidosi tumorale promuove la progressione della malattia attraverso una stimolazione del metabolismo degli acidi grassi (FA) nelle cellule tumorali. Invece di bloccare l'uso di AF da parte delle cellule cancerose acide, abbiamo esaminato se l'eccessiva captazione di specifici AF potrebbe portare a effetti antitumorali. È stato concluso che n-3 ma anche notevolmente n-6 FA polinsaturi (PUFA) inducono selettivamente ferroptosi nelle cellule tumorali sotto acidosi ambientale. Al superamento della capacità tampone dello stoccaggio dei trigliceridi nelle goccioline lipidiche, la perossidazione dei PUFA n-3 e n-6 ha portato a effetti citotossici in proporzione al numero di doppi legami e ancora di più in presenza di diacilglicerolo aciltransferasi inibitori (DGATi). Quindi, una dieta ricca di PUFA a catena lunga n-3 ha ritardato significativamente la crescita del tumore del topo rispetto a una dieta ricca di FA monoinsaturi, un effetto ulteriormente accentuato dalla somministrazione di DGATI o induttori della ferroptosi. Questi dati indicano i PUFA dietetici come una modalità antitumorale adiuvante selettiva che può integrare efficacemente altri approcci farmacologici.
• I PUFA n-3 e n-6 si accumulano preferenzialmente nelle goccioline lipidiche delle cellule cancerose acide• I LC-PUFA in eccesso subiscono perossidazione e inducono ferroptosi nelle cellule cancerose acide• Gli inibitori DGAT prevengono la formazione di goccioline lipidiche e promuovono la ferroptosi• DGATi migliora gli effetti inibitori della crescita tumorale degli n-3 LC-PUFA dietetici nei topi
Gli acidi grassi essenziali, chiamati così perché l’organismo non è in grado di produrli e devono quindi essere introdotti dall’esterno, con l’alimentazione oppute con il supporto degli integratori. Delegati allo svolgimento di diverse funzioni, l’acido alfa linolenico (ALA) contribuisce a mantenere livelli normali di colesterolo del sangue, l’acido eicosapentaenoico (EPA) è importante per il buon funzionamento del cuore e l’acido docosaesaenoico (DHA) aiuta a mantenere la normale funzione cerebrale. Inoltre, gli effetti positivi sul cervello degli omega sono stati dimostrati da decine di studi internazionali. Questo è possibile perchè gli acidi grassi entrano a far parte delle membrane cellulari, che si mantengono elastiche, e combattono l’invecchiamento mentale, infatti, gli omega 3 influenzano soprattutto la memoria, l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione, la fluidità di parola e la velocità di elaborazione dei dati, migliorando sia le performance scolastiche sia quelle lavorative. Hanno poi un’azione antitrombotica, e migliorano il ritmo cardiaco, evitando l’insorgenza di aritmie. L'EPA e il DHA hanno effetti benefici sulla pelle perché costituiscono le membrane cellulari. Conservano l’elasticità cutanea, rendendo la pelle compatta e meno segnata dalle rughe del tempo. In pratica, riparando le membrane cellulari, ne ritardano la comparsa e rimediano ai danni già fatti nel corso degli anni. Inoltre, questi grassi hanno la capacità di diminuire i livelli di colesterolo cattivo (LDL) e di trigliceridi nel sangue, altro fattore di rischio per la salute del cuore, e al tempo stesso aumentano i valori di quello buono (HDL). Importanti per la loro azione antinfiammatoria, contribuiscono a potenziare il sistema immunitario. Fondamentali anche per i bambini. Grazie al Dha favoriscono lo sviluppo del sistema nervoso centrale nei primi anni di vita. Preziosi negli adulti, invece, hanno un effetto protettivo sulle cellule nervose, stimolano memoria e concentrazione.
Buoni e salutari per l’organismo. Il consumo degli acidi grassi riduce anche il rischio di patologie cardiovascolari. Come dimostra un recente studio dell’Universitat Rovira i Virgili (URV) e della Harvard Medical School sui notevoli benefici degli omega 3 per il nostro organismo. Secondo questi ricercatori, il consumo di omega 3, principalmente attraverso il pesce, ma anche negli integratori contenenti questi acidi grassi, contrasta le malattie grazie all’azione che consente di modulare le lipoproteine, le particelle che spostano i lipidi attraverso il sangue. Riducono poi, tra i tanti benefici, i livelli ematici di una proteina, la beta-amiloide, strettamente associata allo sviluppo della malattia di Alzheimer. In sostanza, per quanto riguarda le funzioni biologiche, nell’organismo umano, tra gli effetti protettivi e più rilevanti degli omega 3 ricordiamo sicuramente l’azione antiaggregante piastrinica, o effetto antitrombotico, il controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi, la riduzione del rischio di problemi cardiovascolare, il controllo della pressione arteriosa mantenendo fluide le membrane delle cellule, e dando elasticità alle pareti arteriose. Per supportare e favorire l’introduzione degli omega 3 sarebbe opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali di pesce, in particolare sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardina e aringa. Oppure in alternativa di avvalersi del supporto di integratori alimentari. Altra importante fonte di omega 3 sono i semi di lino, valido supporto per sopperire alla carenza di questi preziosi acidi.
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