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Un’alimentazione povera di carboidrati è il modo migliore di prevenire le malattie. È quello che scrive Enzo Soresi, primario emerito di pneumologia dell’Ospedale Ca’ Granda, Niguarda di Milano. Nella sua lunga carriera di medico ne ha affrontate tante, per gran parte raccolte nei sui libri, oggi, si racconta, ancora una volta e fornisce un interessante spunto di riflessione con le sue considerazioni sull'emergenza Covid-19. Partendo dall’assunto largamente condiviso che il virus influenzale induce una severa immunodepressione che favorisce, in un secondo momento, la complicanza batterica polmonare con germi spesso resistenti agli antibiotici, le sperimentazioni in corso, prima in Cina e poi a Napoli, forniscono un barlume di speranza per il controllo della polmonite interstiziale.

Soresi porta alla nostra attenzione su due aspetti importanti. Il primo riguarda proprio l’anticorpo monoclonale da anni somministrato, sottocute, ai pazienti affetti da artrite reumatoide,  malattia autoimmune scatenata dalla interleuchina 6 (IL6), una delle citochine flogogene più  aggressive. Poiché nei pazienti che finiscono in rianimazione è proprio questa IL6 che porta alla insufficienza respiratoria un uso tempestivo di questo anticorpo, noto con il nome di Tocilizumab, potrebbe essere di possibile  aiuto. Le sperimentazioni sono in corso e  sembrano promettere bene.  Mentre, il secondo, punta tutto sull’alimentazione, quella povera di carboidrati, come modo più efficace nella prevenzione delle malattie.

La guerra ai tumori si combatte a tavola

Il Dottor Soresi fornisce qualche consiglio su come tenersi in forma in questo periodo di quarantena. «Attività fisica moderata, se non potete uscire organizzatevi in casa oppure fate 2 piani di scale (in salita) 4 volte al giorno, equivalgono a circa 8.000 passi». In ultimo, raccomanda l’esperto, l’integrazione di vitamina C per rinforzare le immunità del nostro organismo contro virus e batteri. 

Inoltre, ricorda l’esperto, in un supplemento del Corriere della Sera, Io Donna: “Occhio all’indice glicemico”si legge che la guerra ai tumori si combatte e si vince a tavola: i cibi  ad alto indice glicemico, come pane e pasta non integrali, dolci, biscotti, alcol, aumentano di circa il 50% la probabilità di ammalarsi di tumore al colon ed alla vescica. Tematica peraltro già trattata in un capitolo nel libro “Guarire con la nuova medicina integrata” scritto in collaborazione con Edoardo Rosati ed il coblogger Pierangelo Garzia, dove veniva affrontato «il principio della glicazione e dell’importanza di una alimentazione il più possibile lontana dagli zuccheri per ridurre il principale fattore di rischio di tutte le malattie che è l’infiammazione».

Stop al glucosio e alla dieta mediterranea

Il primo passo verso un'alimentazione antinfiammatoria è l'addio agli zuccheri e alla dieta mediterranea. «Come clinico - spiega Soresi - difronte a pazienti asmatici o affetti da broncopatie croniche correlate al fumo o all’inquinamento, la prima cosa che consegno ai pazienti è una sintesi di una alimentazione antinfiammatoria, il più possibile lontana dagli zuccheri. Quindi la prima regola della nostra alimentazione sarà quella di abbandonare la via metabolica del glucosio per attivare quella a minor rischio del fruttosio. La dieta mediterranea di conseguenza, ricca di carboidrati,  non mi sembra oggi la migliore via da percorrere, a  parte quella dell’uso dell’olio di oliva, sempre più alimento da proporre in ogni tipo di alimentazione».

«Quando mangiamo un piatto di 100 grammi di spaghetti - aggiunge l'esperto -, l’80% del loro peso è costituito da amido che,  nell’arco di circa 3 ore viene trasformato in zucchero . Questo carico di zuccheri induce un innalzamento della glicemia e questo comporta un immediata increzione di ormone insulina la cui finalità è quella di eliminare lo zucchero con una serie di strumenti che cosi si possono riassumere: 1° indurre nel fegato la produzione di scorta di glucosio (intorno ai 70 grammi ) 2° stimolare le cellule muscolari, in particolare alcuni tipi di fibre, note come fibre bianche, ad assimilare più zucchero possibile, 3° indurre il fegato a produrre Vldl (Very Low Density Lipoprotein) che poi diventeranno le LdL del cosiddetto colesterolo cattivo».

La via del fruttosio, la strada della longevità

Tirando le somme, quindi, il trucco dovrebbe essere quello di tornare a un'alimentazione che segua la via del fruttosio, proprio come facevano i nostri antenati. «Carne, pesce, frutta, vegetali, con aggiunta di olio d’oliva. La via del fruttosio è quella seguita dai nostri antenati basata essenzialmente sul consumo di questo zucchero. E qui, il primario del Ca’ Granda, si ricollega a una tesi già sostenuta da Adriano Panzironi con lo stile di vita Life 120.

Piramide alimentare

 «Il giornalista Adriano Panzironi - sottolinea Enzo Soresi - , in cui mi sono imbattuto durante gli zapping televisivi notturni, propone una piramide alimentare nel suo libro Vivere 120 anni molto lontana da quella classica della dieta mediterranea ma che a mio avviso rientra in pieno nel principio di abbandonare la via della glicazione allo scopo di ridurre il più possibile l’infiammazione nei nostri tessuti. Alla base della piramide troviamo carni e pesci più olio d’oliva da assumere ad ogni pasto, poi verdure ed uova quindi una porzione di frutta fresca più frutta secca, quindi formaggi stagionati ed alla fine vino rosso, cioccolato fondente e dolci in minima quantità. Una rivoluzione alimentare che cozza contro i vegetariani, i vegani e gli animalisti, ma che è da prendere in seria considerazione in un momento in cui l’obesità, nel mondo occidentale, si sta rivelando come una vera e propria epidemia. Su queste basi però ricordiamoci che il nostro libro Mitocondrio mon amour (Utet) ne è un documento fondamentale, l’importanza di una attività fisica non stressogena ma adeguata, anch’essa entrata a buon diritto nei percorsi di prevenzione dalle malattie infiammatorie e neoplastiche».

 RIPRODUZIONE RISERVATA LIFE120 © Copyright A.R.

Per approfondimenti:  

Leggi i saggi di Enzo Soresi (medico, pneumologo, oncologo e patologo) su  Neurobioblo.com : "Le mie considerazioni sull'epidemia da coronavirus" e "A proposito di zucchero e salute"

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In Italia, il tasso di mortalità per Coronavirus è pari al 6,6%. Dato importante e rilevante se comparato ai contagi nel resto del mondo. Bisognerebbe, quindi, interrogarsi sui fattori che contribuiscono, insieme al virus, a un numero così elevato di morti. La spiegazione potrebbe essere nei ceppi batterici resistenti agli antibiotici. E se gran parte dei decessi per coronavirus dipendessero veramente dai batteri presenti negli ospedali? E se questi batteri si annidassero nei corpi vulnerabili, e quindi, maggiormente esposti, delle persone infettate? Sono questi gli interrogativi sollevati dalla virologa Ilaria Capua in un articolo pubblicato su Fanpage. «Questi decessi sono un’anomalia che dobbiamo approfondire e studiare con cura e velocità». La virologa chiede così chiarezza per comprendere, una volta per tutte, cosa sia accaduto realmente nei corpi di tutte quelle persone che hanno perso la vita, con l’infezione addosso.

Secondo un rapporto sull'uso di antibiotici pubblicato dal Ministero della Salute «l’antibiotico-resistenza rappresenta una delle principali problematiche di salute pubblica a livello globale. In ogni regione del mondo si stanno sperimentando nella pratica clinica gli effetti della resistenza, ovvero l’incapacità di un antibiotico, somministrato alle dosi terapeutiche, di inibire la crescita o la replicazione di un microrganismo. La perdita di efficacia degli antibiotici attualmente disponibili rischia di mettere in crisi i sistemi sanitari, causando sia l’aumento della mortalità per infezioni che maggiori costi sanitari e sociali». «La situazione italiana - si legge nel rapporto del Ministero della Salute - è critica sia per quanto riguarda la diffusione dell’antibioticoresistenza sia per il consumo degli antibiotici; infatti, nonostante il trend in riduzione, il consumo continua a essere superiore alla media europea, con una grande variabilità tra le regioni. Nelle mappe europee relative alla distribuzione dei batteri resistenti in Europa, l’Italia detiene insieme alla Grecia il primato per diffusione di germi resistenti. Una delle ragioni per cui si sta assistendo in Italia e nel mondo a questo aumento di resistenze batteriche è l’uso non sempre appropriato degli antibiotici. Utilizzare gli antibiotici con attenzione deve essere un impegno e un dovere per tutti».

grafico antibiotici

I ceppi batterici antibiotico resistenti

«Lo dico, perché in Italia –– spiega la virologa nell’articolo pubblicato su Fanpage - c’è un altro problema che continua a non avere l’attenzione che merita e di cui nessuno, a maggior ragione, ha parlato in questi giorni: l’Italia è in Europa, insieme a Cipro, il Paese che ha più ceppi batterici antibiotico resistenti. Cos’è esattamente l’antibiotico-resistenza? In poche parole, è la manifestazione della legge del più forte. O, se preferite, un meccanismo naturale attraverso il quale i microrganismi si evolvono. I batteri si modificano in presenza di una sostanza che è per loro “veleno”. Non solo diventano resistenti, quindi, ma sono anche in grado di trasmettere la resistenza alle future popolazioni batteriche. In dieci anni la proporzione di superbatteri resistenti è almeno decuplicata».

«È un fenomeno quello dell’antibiotico resistenza, che ha molte cause: le più riconosciute sono l’abuso di antibiotici in medicina umana e veterinaria, per l’appunto, e la scarsa igiene delle mani. L’effetto è che ormai questi superbatteri ce li possiamo prendere ovunque, dall’autobus, alla scuola dei figli. Questo cosa significa per il singolo cittadino? Significa, banalmente, che in Italia un paziente ha più probabilità di incorrere in complicazioni dopo interventi ospedalieri, come ad esempio in seguito a trapianti, ricovero in terapia intensiva o interventi chirurgici complessi. È un problema talmente grave, questo, che in molti altri paesi europei, al momento del ricovero i pazienti che hanno avuto contatti con ospedali italiani nei sei mesi precedenti vengono sottoposti a screening e immediatamente isolati» conclude Ilaria Capua, confidando nelle sanificazioni e nelle norme igieniche adottate per debellare sia il Covid-19, sia l’antibiotico resistenza.

Italia, maglia nera da anni

Già nel 2017 il nostro Paese si era conquistato la maglia nera. Ogni anno, in Europa si registrano circa 4 milioni di infezioni da germi e 37 mila morti. E purtroppo, l'Italia, preceduta solo dalla Grecia. Secondo gli esperti, negli ospedali italiani, la situazione è veramente drammatica: le infezioni da germi antibiotico-resistenti colpiscono 300 mila pazienti e causano tra i 4500 e i 7 mila decessi. Stando alle stime dell'Oms, se non si interviene in tempo, nel 2050 le morti provocate da germi multi-resistenti potrebbero arrivare addirittira a 10 milioni, e quindi, superare quelle per i tumori. Il quadro degli ospedali e, ancor più nelle terapie intesive è, a dir poco, catastrofico. «Anche per un semplice problema di igiene di medici e personale: basterebbe lavarsi le mani passando da un paziente all'altro» è quanto sostiene Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Iss. «La realtà epidemiologica impone di ridurre l'uso inappropriato di antibiotici, sia nelle persone che negli animali, il miglioramento della diagnostica microbiologica e le prescrizioni inutili o fai da te - dice il presidente del Gisa e indica le vaccinazioni, tra le cause della situazione italiana nel calo del livello di protezione immunitaria. 

 

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Per approfondimenti: Rapporto sull'uso di antibiotici del Ministero della Salute

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#Iorestoacasa. È questa la nuova campagna social all'insegna di responsabilità e consapevolezza. Lavarsi bene le mani, mantenere le distanze di sicurezza ed evitare assembramenti. Iniziamo così a rispettare le norme igieniche per prevenire il contagio e limitare il rischio diffusione del virus, ma non basta. Diventa fondamentale, soprattutto in situazioni difficili come questa, rinforzare il sistema immunitario che potrebbe diventare un potente alleato contro il nemico comune. Come rispondiamo a virus e malanni stagionali? Il modo migliore per contrastarli è proprio quello di farci trovare in salute. Quindi, per evitare di ammalarsi, bisogna innanzitutto rinforzare gli anticorpi con la corretta alimentazione. E per rinforzare il sistema immunitario ed evitare il contagio, al via con le vitamine C e D che, sono, oggi più che mai, nostri amici in questa grande battaglia. 

regole coronavirus

Gli inibitori contro il coronavirus

«Una buona difesa, quindi utile anche contro il coronavirus, si ha assumendo vitamina C e D e in generale prendendo tutto ciò ciò che combatte i processi ossidanti che mandano in crisi il sistema immunitario. Non farsi prendere dal panico per il coronavirus. Non è una malattia così pericolosa come ci è stata presentata, bisogna difenderci, ma in maniera ordinata» ribadisce Luc Montagnier nell’intervista realizzata da Giulietto Chiesa a Pandora Tv. Coì, Montagnier Nobel per la medicina nel 2008 spiega come rinforzare sistema immunitario. E poi «non farsi prendere dal panico per il coronavirus - aggiunge il premio Nobel - non è una malattia così pericolosa come ci è stata presentata, bisogna difenderci ma in maniera ordinata». Infatti, secondo Montagnier, lo stato di panico produce enzimi che indeboliscono le nostre difese, rendendo l'organismo più vulnerabile»

 

 

Per sistema immunitario intendiamo il sistema di difesa dagli agenti estranei all'organismo. Un'interessante spiegazione viene presentata nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. «Il nostro corpo è attaccato continuamente dall’esterno da virus, batteri, funghi e solo la nostra pelle riesce a difenderci efficacemente. Tali microrganismi patologici cercano in ogni modo di entrare nel nostro organismo, utilizzando le ferite o le abrasioni, oppure tramite la bocca o il naso. Un altro terreno di scontro all’interno del nostro corpo è l’intestino, dove colonie di batteri patogeni, presenti nel colon, si scontrano con le nostre difese immunitarie. Il nostro corpo è difeso da un esercito definito “sistema immunitario”, perché composto da gruppi differenziati di globuli bianchi, ognuno dei quali pronto ad assolvere specifici compiti (circa 5.000/9.000 globuli per millimetro cubo) e da organi di produzione e maturazione degli stessi. Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine. In primis, tutte le cellule a difesa del nostro organismo nascono nel midollo osseo e sono di tre tipi differenti: mastociti, monociti, granulociti (che si suddividono in neutrofili, basofili ed eosinofili), linfociti (che si suddividono in linfociti T e linfociti B e cellule dendritiche». 

«La complessità del nostro sistema immunitario - si legge nel libro - è dovuto sia al meccanismo di controllo che alle scelte di difesa da attuare in base al tipo di nemico che aggredisce il nostro corpo. Ogni singola tipologia di cellula immunitaria deve essere attivata al momento giusto e disattivata subito dopo aver risolto l’invasione, per evitare di infliggere dei danni al nostro corpo. Vi sarete resi conto che a seguito di un’influenza il nostro corpo reagisce alzando la temperatura, aumentando la permeabilità dei vasi sanguigni ed innesca una serie di reazioni». 

A tavola gli alleati della salute

Come aumentare le difese immunitarie? Ovviamente con il carburante primario del nostro sistema immunitario: il cibo. Infatti, una corretta alimentazione, sana ed equilibrata, fornisce al nostro organismo la giusta energia per affrontare le nostre battaglie quotidiane. Innanzitutto, evitare gli i cibi con un'elevata quantità di zuccheri e grassi saturi. Ecco alcuni cibi le nostre difese. Gli agrumi sono una fonte primaria di vitamina C, con le loro proprietà antiossidanti e immunomodulanti, collaborano con il sistema immunitario nella protezione dalle malattie. lmportante, tra questi, il ruolo svolto dal limone nei processi di difesa cellulare: antisettico, battericida e combatte bronchite, artrite, sovrappeso e ipertensione. Le verdure, soprattutto quelle a foglia verde con proprietà antibatteriche e antivirali. L'olio Extra Vergine di Oliva o EVO, riequilibra la membrana delle cellule bianche del sangue (linfociti). La frutta secca, ricca di vitamina E, è un concentrato di sostanze prebiotiche come minerali e omega 3, utile per aiutare il nostro organismo ad affrontare gli attacchi degli agenti patogeni esterni. L'echinacea o curcuma, ottime anche come tisane, grazie ai suoi estratti infatti, utili per favorire le naturali difese immunitarie dell’organismo, aiuta a prevenire i raffreddori. L'aglio, capace di contrastare le infezioni. Assolutamente da evitare: lo zucchero, che potrebbe compromettere l’attività del sistema immunitario, aumentando i rischi legati alle malattie cardiache e alla pressione. E, per sopperire a carenze alimentari, o semplicemente per rafforzare le difese immunitarie, ricordiamo la possibilità di aiutare il nostro organismo con la giusta integrazione di vitamina C, vitamina D, magnesio, zinco e selenio.

 Aiutiamoci ad evitare il contagio

  1. Lavare spesso le mani con acqua e sapone o con gel a base alcolica
  2. Evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni repiratorie acute
  3. Non toccare occhi, naso e bocca con  le mani
  4. Quando starnutisci o tossisci copri bocca e naso con fazzoletti monouso o, in carenza di questi, usa la piega del gomito
  5. Evitare assembramenti
  6. Non prendere farmaci antivirali né antibiotici senza la prescrizione del medico
  7. Pulisci le superficie con disinfettanti a base di alcol
  8. Usa la mascherina se sospetti di essere malato o se assisti persone malate
  9. I prodotti Made in China e i pacchi provenienti dalla Cina non sono pericolosi
  10. Gli animali di compagnia non diffondono il virus
  11. In caso di dubbio, chiama il medico di famiglia

 

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LEGGI: Sistema immunitario debole e malattie associate alla carenza di Vitamina D: ecco i principali segnali

Vitamina C: rafforza il sistema immunitario e combatte virus e malanni di stagione

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Coronavirus contro influenza e come riconoscerlo: ecco le principali differenze

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Lo stress ai tempi del Coronavirus. Al via le regole anti-panico proposte dalla Società Italiana di Psichiatria (Sip) per far fronte all'emergenza Covid-19. Quindi, non solo un'emergenza sanitaria. Oltre a prevenire il rischio del contagio, ci troviamo anche a fare i conti con la paura del virus e, di conseguenza anche con episodi di ansia e stress che scandiscono il tempo delle nostre giornate e la fanno da padrone impedendoci di gestire la situazione al meglio e soprattutto, senza stravolgere le nostre abitudini quotiane. Infatti, è fondamentale mantenere la calma ed evitare di prendere iniziative in situazioni di panico. Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors).

 

Le reazioni di stress: le tre fasi della Sindrome Generale d'Adattamento

Stress grafico

Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935; la sindrome viene definita in questo modo da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se infatti nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». O ancora peggio, il disagio mentale dovuto alla percezione di essere impotente verso i problemi, mantenendo un costante umore negativo che coinvolge i pensieri, i comportamenti e, di conseguenza, il benessere fisico, meglio nota come depressione. Ed è soprattutto in situazioni come queste, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione.

Come affrontare la paura del virus

Partendo dal postulato dell'impossibilità di eliminare completamente la paura dalla nostra vista, «e in questo caso è amplificata dalla diffusione velocissima di notizie parziali, quando non addirittura false, che può causare un crollo di fiducia nei rapporti tra le persone e nelle Istituzioni» spiega Enrico Zanalda, presidente della Sip. Cnclude poi Zanalda, nell'intervista all'ANSA: «Il virus sta avendo un impatto violento sulla vita quotidiana, modificando le nostre vite e provocando l'annullamento o la posticipazione di centinaia di migliaia di eventi minori, ma importanti nella vita delle persone, dai compleanni ai battesimi». «Le notizie contraddittorie che circolano online e sui social, unite alle necessarie misure assunte, creano un mix ansiogeno che ha modificato la percezione di salute e benessere individuale e rischia di generare anche ipocondria e ansia da untori» aggiunge Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Sip e ordinario di psichiatria all'Università di Chieti-Pescara.

«Non stravolgere le abitudini quotidiane». Così, per arginarla, la Società Italiana di Psichiatria, lancia un appello e mette a punto le 7 regole anti-panico. E poichè l'informazione, quando corretta, aiuta a contenere la paura, proprio per gestire l'epidemia di insicurezza che si diffonde rapidamente tra la popolazione, la Sip propone un elenco di suggerimenti per controllare  al meglio stress e ansia1) Attenersi alle comunicazioni ufficiali delle autorità; 2) riconoscere che le cose "spaventose" non sono necessariamente le più rischiose; 3) mantenere la calma, non stravolgere le proprie abitudini ed evitare di prendere decisioni se si è in un momento di panico; 4) affidarsi solo alle testate giornalistiche autorevoli; 5) non fare tesoro di ciò che si intercetta online e sui social media, se non accuratamente verificato; 6) rivolgersi al proprio medico e non chiedere opinioni su gruppi social e 7) se compaiono ansia o depressione rivolgersi a specialisti. Ricordiamo, inoltre, l'importanza della prevenzione, per noi stessi e per gli altri. Come si legge sul sito del Ministero della Salute, lavare e disinfettare le mani sono la chiave per prevenire l'infezione. Si raccomanda, quindi di lavare le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 60 secondi. E quando, questi non sono disponibili, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcool (concentrazione di alcool di almeno il 60%).

 

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Dall’impegno fisico e mentale nella fase di crescita ai periodi di convalescenza. Per i bambini è fondamentale integrare l’alimentazione, a volte inadeguata, con vitamine e minerali. Questi micronutrienti, svolgono un ruolo chiave, in primis, come apporto nutrizionale e, in secundis, quale supporto al regolare svolgimento delle sue funzioni nei processi metabolici. L’apporto calorico ottimale, come suggerito nella piramide alimentare (vedi foto), è fornito dal giusto apporto di proteine, grassi, vitamine e sali minerali, per gli adulti, così come anche per i bambini, è fondamentale e, laddove l’alimentazione non riesce a reperire l’energia necessaria per affrontare la giornata è importante colmare il gap, tra quest’ultima e l’energia consumata, con la supplementazione nutrizionale. Una dieta equilibrata e una corretta integrazione permettono ai bambini una crescita sana e offrono un’importante supporto nello sviluppo delle funzioni cognitive.

Da non trascurare poi, il valore aggiunto di vitamine e minerali per la salute delle ossa soprattutto, durante la fase della crescita. A tal proposito, come riportato anche nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni: Le ricerche, l'importanza della vitamina C è «fondamentale per il buon mantenimento delle ossa e la sua carenza comporta disturbi ossei quali, la frattura spontanea, la ridotta crescita e la compromissione della guarigione». Ruoli e meccanismi delle azioni della vitamina C nell'osso, vengono anche confermate da uno studio di un'equipe di ricercatori, riportato su JBMR. Infatti, nel 2015, Patrick Aghajanian, Susan Hall, Montri D. Wongworawat e Subburaman Mohan rilevano che  «[...] le carenze di acido ascorbico (AA)inibivano la corretta sintesi del collagene, e inoltre che la sintesi del collagene osseo femorale disfunzionale era il risultato del ridotto contenuto di idrossiprolina [...] le cavie carenti di AA avevano ridotto il numero e lo spessore dell'ossotrabecolare, ma aumentavano la spaziatura trabecolare della tibia [...]. Le cavie scorbutiche mostrano una ridotta attività della ALP, sia nel tessuto osseo che nel siero rispetto a quelle a dieta integrata con AA. In queste cavie si condividono fenotipi scheletrici simili tra cui la frattura spontanea, lo spessore corticale ridotto, il numero ridotto di trabecole metafisarie [...]. L'AA ha dimostrato di essere un modulatore vitale della differenziazione osteogenica econdrogenica. Gli organismi vertebrati carenti nei normali livelli fisiologici di AA sviluppano disturbi ossei quali la fratturazione spontanea, la ridotta crescita ossea e la compromissione della guarigione [...] pertanto, l'effetto dell'AA sulla salute delle ossa è vitale».

Piramide alimentare

 I sali minerali: cosa sono e a cosa servono

Nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti, Adriano Panzironi spiega le caratteristiche e le principali funzioni dei sali minerali sul nostro organismo. «Lo iodio è efficace nella cura di problemi di tiroide, articolazioni, sistema cardiaco e apparato circolatorio. «La dose giornaliera raccomandata dal Consiglio Nazionale della Ricerca USA è di 150 microgrammi. Lo iodio è assorbito attraverso la pelle o nel tratto gastro-intestinale. Il 30% è utilizzato dalla tiroide (trasformato dagli ormoni della tiroxina e della triiodotironina) e il restante quantitativo dai reni o eliminato attraverso l’urina (piccole quantità sono eliminate anche con il sudore, le lacrime, la saliva e la bile). Dalla tiroide dipende la regolazione del metabolismo; di conseguenza aiutando la produzione energetica del corpo (dei grassi con la sintesi del colesterolo) si favorisce la crescita, il buon funzionamento della conversione del Beta-carotene in vitamina A e l’assorbimento dei carboidrati all’interno dell’intestino. Il selenio è utilizzato per fluidificare il sangue, regolare, regolare le prostaglandine e la viscosità delle piastrine,prevenendo malattie coronariche, l'ictus e l'insufficienza cardiaca. Tale minerale è funzionale per il sistema immunitario. Il rame, secondo alcuni studi riportati nel libro, ha avuto un ruolo importante nella riduzione dei danni all’aorta ed al cuore (successivamente ad eventi come l’infarto) grazie alla sua azione antinfiammatoria. Regola inoltre la pressione sanguigna. Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio».

«Il manganese - si legge nel libroè un ottimo antiossidante e rintracciabile in alimenti come l'avocado, le alghe, il tuorlo d'uovo, la frutta secca, i mirtilli, l'ananas, i piselli e gli spinaci. Questo oligominerale è essenziale per il nostro organismo. Il 40% di ciò che ingeriamo è assimilato nell’intestino tenue e quotidianamente, attraverso le feci, ne eliminiamo 4 milligrammi. Di media un uomo adulto contiene solamente dai 10 ai 20 milligrammi di questo oligominerale, di conseguenza è basilare assumerne la giusta quantità. Il cromo è, invece, utilizzato per la cura del diabete (insulino dipendenti), per mitigare gli effetti dell’iperglicemia e dell’ipoglicemia, per ridurre il desiderio di zuccheri. Favorisce l’utilizzo del glicogeno a livello muscolare ed epatico; migliora i livelli dell’insulina e del colesterolo nel sangue (facilitando l’utilizzo dei grassi nei mitocondri). Il cromo in diversi studi ha confermato la sua capacità antiossidante (contro l’invecchiamento) e di contrasto all’arteriosclerosi. Migliora l’attività del pancreas e la struttura muscolare (mantenimento del peso corporeo). Il ferro è noto per la sua capacità di produrre emoglobina (il pigmento che dà il colore rosso al sangue), fondamentale per il trasporto dell’ossigeno dai polmoni a tutte le cellule del nostro corpo. La carenza di tale minerale comporta una minore quantità di ossigeno e può provocare stanchezza, affanno, palpitazioni, mal di testa e vertigini (sintomi conosciuti con il nome di anemia). L’assunzione del ferro può avvenire tramite alimenti quali carni rosse, tuorlo dell’uovo, pesce, frutta e verdura. Allo zinco si attribuisce la capacità di rimarginare rapidamente le ferite (comprese le ulcere e i danni alle arterie), di aiutare a prevenire i raffreddori (migliora la risposta immunitaria), di migliorare la vista (compresa quella notturna), di migliorare l’odore corporeo, di combattere l’acne e l’ingrossamento prostatico (previene il cancro) e di aumentare la produzione dello sperma Il calcio è il minerale più abbondante nel nostro corpo e si trova per il 99% depositato nelle ossa e nei denti e per l’1% nei tessuti molli, nel sangue e nei fluidi cellulari. La dose giornaliera raccomandata dal Consiglio Superiore di Ricerca USA è di 800/1.000 milligrammi al giorno, da incrementare con l’avanzare dell’età.»

L'integrazione e il ruolo fondamentale delle vitamine

Una dieta equilibrata e un'integrazione consapevole sono le basi di partenza per vivere 'in salute' e all'insegna del benessere. Infatti, una giusta integrazione di vitamine e minerali è fondamentale per grandi e piccini per sopperire allo squilibrio nutrizionale provocato dalle cosiddette 'cattive abitudini' a tavola. Ecco, quindi, uno schema riepilogativo delle principali vitamine, le probabili conseguenze di questi deficit e i cibi che le contengono:

VITAMINA CARENZA ALIMENTI
Vitamina A  Cecità notturna, ipercheratosi, e cheratomalacia  Fegato, arance, frutta gialla matura, ortaggi a foglia, carote, zucca, spinaci e pesce
Vitamina B1  Beriberi, Sindrome di Wernicke-Korsakoff  Maiale, vegetali, fegato e uova
Vitamina B2  Ariboflavinosi, glossite, cheilite angolare  Banane, popcorn e asparagi
Vitamina B3  Pellagra  Carne, pesce, uova, vegetali, funghi e noci
Vitamina B5  Parestesia  Carne, broccoli e avocado
Vitamina B6  Anemia neuropatia periferica  Carne, vegetali, noci e banane
Vitamina B9
(o acido folico)
 Anemia megaloblastica, durante la gravidanza è associata a difetti al tubo neurale del bambino  Ortaggi a foglia, cereali e fegato
Vitamina B12  Anemia megaloblastica  Carne, altri prodotti animali, latte di soia, alcuni tipi di burger e yogurt vegetali
Vitamina C  Scorbuto  Frutta, vegetali e fegato
Vitamina D3
(o Colecalciferolo)
 Rachitismo e osteomalacia  Pesce, uova, fegato e funghi
Vitamina H
(o Biotina/B7)
 Dermatite, enterite  Tuorlo d'uovo crudo, fegato, arachidi e verdure a foglia verde
Vitamina K1
(o fillochinone)
 Diatesi emorragica  Verdure a foglia verde (es. spinaci), tuorli d'uovo e fegato

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Sistema immunitario debole e malattie associate alla carenza di Vitamina D: ecco i principali segnali

 

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Coronavirus o influenza stagionale? È questa la simil influenza che sta interessando l'intera popolazione. Secondo quanto riportato nel Manuale MSD, il Coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave viene trasmesso da persona a persona tramite stretto contatto personale. Si pensa che sia trasmesso più facilmente dalle goccioline respiratorie emesse quando una persona infetta tossisce o starnutisce. La diagnosi della sindrome respiratoria acuta grave viene fatta clinicamente e il trattamento è di supporto.
Il coordinamento di pratiche per un controllo rapido e rigido delle infezioni ha aiutato a controllare rapidamente l'epidemia che scoppiò nel 2002. Sebbene non siano stati segnalati nuovi casi dal 2004, non deve essere considerata debellata perché il virus causale ha una riserva animale dalla quale potrebbe teoricamente riemergere.

La prima lampante differenza tra l’influenza e il coronavirus è che la prima ha un vaccino e il secondo no. Perché «l’influenza è conosciuta da cento anni, il coronavirus da due mesi quindi parzialmente», spiega il virologo Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e presidente della Società italiana di terapia anti-infettiva (Sita). «E in Italia il coronavirus è presente da almeno quattro settimane». La conseguenza più ovvia è che gli scienziati come lui, in questi giorni, leggono - perché hanno gli strumenti - i dati di Wuhan, epicentro della malattia in Cina, per capire le caratteristiche del Covid-19.

La principale differenza

La principale differenza con l’influenza è che quando siamo di fronte al Coronavirus le difficoltà respiratorie si manifestano «subito, nei primi giorni». Rispetto all’influenza il coronavirus, spiega Bassetti, provoca più facilmente complicanze a carico del sistema respiratorio come «polmoniti gravi e polmoniti interstiziali». Sempre Wuhan dà le prime risposte: «il numero di vittime lì sta progressivamente dimunuendo - continua il virologo - perché i medici stanno imparando a conoscere meglio il virus, stanno imparando come devono ventilare i pazienti» per superare la crisi respiratoria.

Il momento del contagio

In base alle informazioni finora disponibili, l’influenza e il coronavirus hanno un’altra cosa in comune: «entrambi i virus possono essere trasmessi anche in fase pre-sintomatica» spiega Bassetti, cioè nel periodo di incubazione del virus quando non si sono ancora manifestati i sintomi. Le vie di trasmissione sono note: il contatto stretto con una persona malata, si legge nelle FAQ del Ministero della Salute. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette trasmesse con saliva, tosse, starnuti, e contatti diretti personali: in primis le mani non lavate che poi toccano bocca, naso e occhi. In rari casi il contagio può avvenire attraverso contaminazione delle feci. Quello che ancora non sappiamo è se il coronavirus, come l’influenza, perderà aggressività con il caldo e le temperature elevate. Su questo non vi è certezza, spiega Bassetti, e non ve ne può essere visto che il virus circola, o almeno è stato tracciato, da pochi mesi. Non è detto insomma che il coronavirus, come l’influenza, sia stagionale.

Quando chiedere il tampone

Si legge nelle FAQ del ministero che i sintomi di influenza e coronavirus sono simili: «le persone con il virus Covid19, l'influenza o il raffreddore, tipicamente sviluppano sintomi respiratori come febbre, tosse e naso che cola». Abbiamo appena superato il picco dell’influenza stagionale, in questi giorni di forte preoccupazione chi ha mal di gola, raffreddore o sintomi influenzali deve richiedere il tampone per coronavirus? «No - risponde Bassetti - se non si è stati a contatto con uno dei due focolai dell’epidemia in Italia (nel Lodigiano e nel Padovano ndr), al momento non ha senso fare il tampone». Allo stesso modo, spiega Bassetti, se un medico ha un paziente con polmonite da pneumococco, non farà il tampone per coronavirus perché sa già qual è la causa. Nel caso di sospetto coronavirus, inoltre, è necessario effettuare esami di laboratorio con il tampone per confermare la diagnosi.

Più controlli non vuol dire più diffusione

Una differenza tra il numero di contagiati da influenza e quello da coronavirus non si può fare, non solo perché nel primo caso chi vuole si può vaccinare e nel secondo no, non solo perché il coronavirus è presente nel nostro Paese «da circa quattro settimane» stima Bassetti e l’altro è ben conosciuto ma anche perché «In Italia in questo momento siamo più proattivi, abbiamo cambiato i metodi di rilevamento e stiamo cercando il coronavirus, stiamo facendo migliaia di tamponi e quindi il numero di contagiati sta salendo: non sono sicuro che i colleghi francesi o tedeschi, ad esempio in Baviera c’è stato un cluster di coronavirus, abbiano fatto la stessa cosa» osserva Bassetti.

Soggetti più a rischio

Come l’influenza anche il coronavirus può colpire in modo più grave le stesse categorie di soggetti vulnerabili: «persone con malattie croniche, gli anziani, gli immunodepressi, i cardiopatici, i diabetici. Ma nell’85% dei casi la malattia colpisce in maniera blanda, chiarisce Bassetti, solo un 10% dei casi è grave» ma se si interviene in modo tempestivo ci sono buone possibilità di guarigione. Al coronavirus dobbiamo abituarci proprio come all’influenza, in un certo senso entrerà nella nostra quotidianità. Si parla di mesi non di settimane, nella speranza che arrivi presto un vaccino. «Il coronavirus sarà inserito nel work-up diagnostico delle polmoniti», spiega Bassetti «cioè quando un medico avrà davanti una persona con la polmonite, farà anche il controllo per coronavirus».

Differenza tra letalità e mortalità

Spesso in questi giorni nei dibattiti, si fa molta confusione tra tasso di letalità e tasso di mortalità. Il dottor Bassetti spiega bene la differenza: «Il tasso di letalità è il rapporto tra numero di infettati e morti, il tasso di mortalità riguarda l’intera popolazione quindi anche i non contagiati». L’indice di letalità fuori dalla Cina è tra lo 0,4 e 0,8 per cento, calcola Bassetti.

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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Un concentrato di proprietà nutritive benefiche per il nostro organismo, soprattutto nei mesi freddi, aiutano il nostro sistema immunitario a difendersi e a tenere alla larga i virus del momento e i malanni di stagione. Dalla tosse al raffreddore, dai dolori articolari agli altri disturbi. L’inverno è per eccellenza la stagione dei malesseri e le cause principali sono quasi sempre gli sbalzi improvvisi di temperatura, dovuti al transito da ambienti caldi a quelli, freddi o umidi, che rendono l’organismo estremamente vulnerabile. Ecco come rafforzare le difese dell’organismo e ridurre al minimo i rischi.

I poteri della Vitamina C contro i Virus

Inoltre, la vitamina C, vanta poteri antiossidanti e rafforza il sistema immunitario, ancor di più in questo momento particolare. Questa sostanza è in grado di combattere i radicali liberi e di prevenire i danni cellulari, oltre a essere una preziosa fonte di fibre, in grado di regolare la funzionalità intestinale e contrastare il colesterolo. E poiché la vitamina C non viene accumulata dall’organismo, va assunta regolarmente con l’alimentazione. Ebbene si, un aiuto al sistema immunitario può arrivare anche dall’alimentazione, quindi dall’integrazione. Ci sono infatti cibi che per le sostanze contenute contribuiscono ad alzare le difese o ne favoriscono un più veloce recupero, ma non sono sempre sufficienti e per questo integrare diventa fondamentale.

Integrare la Vitamina C è importante

«L’acido ascorbico rimane la migliore arma di prevenzione naturale contro i malanni influenzali», informa Paola Genovese, medico specialista in scienza dell’alimentazione all’ICLAS – Istituto Clinico Ligure di alta specialità di Rapallo. «La prima fonte di questa preziosa sostanza è la frutta – aggiunge l’esperta - tra quella di stagione, kiwi e papaya rappresentano ottime scelte (ne contengono tra i 50 e i 100 mg ogni 100 g) e poi ci sono ovviamente gli agrumi (arance, mandarini, mandaranci, pompelmi e limoni), che ne assicurano una dose inferiore (30-50 mg ogni 100 g), ma hanno dato il vantaggio di poter essere tenuti in borsa per dare spazio nella dieta a broccoli e cavolini di Bruxelles (60 mg di vitamina C ogni 100 g di prodotto cotto), oltre che a spinaci, songino e tarassaco crudi (40 mg ogni 100 g di prodotto crudo)». Essendo vulnerabile alle alte temperature e molto sensibile alle variazioni termiche, come tutte le vitamine termolabili, non resiste al calore, per cui le caratteristiche rimangono inalterate solo se i cibi vengono consumati crudi (o comunque poco cotti) o al massimo cotti al vapore. Quindi, per preservarla al meglio, l’ideale sarebbe evitare le cotture prolungate.

Il limone, ricco di acido ascorbico è utilizzato, per il trattamento dell’acne oltre che come astringente, diuretico e per favorire la sudorazione. E gli agrumi sono ingredienti perfetti per un gran numero di piatti quali, ad esempio, l’insalata invernale, un mix di radicchio, sedano, finocchio, rape e arance, il tutto arricchito da senape dolce e mandorle tostate, tagliate a lamelle. Chi ama i sapori esotici può provare il misto di lattughe con avocado e mandarini: le due tipologie di lattughe, quella romana e quella cappuccia, si sposano in un connubio perfetto col dolce sapore di mandarini e avocado. E dulcis in fundo: la salsa, preparata con senape, olio, sale e pepe. Un altro abbinamento di sapori da gustare è infatti quello tra carciofi, olive snocciolate e limone, tagliato a fettine sottilissime, il tutto, insaporito da aglio e timo.

Le ricerche sulla Vitamina C

E pare proprio che, dalla sua scoperta, nel 1937 ad opera dell’ungherese Albert Szent-Gyorgyi, come si legge anche nel libro di Adriano Panzironi, Vivere 120 anni – Le ricerche, sia «fondamentale per la formazione del collagene (tessuto connettivo di pelle, ossa e legamenti) permette di migliorare la fase anabolica del nostro corpo, mantenendo il giusto equilibrio della fase catabolica. Diversi i riconoscimenti ricevuti, dalla stessa, per la sua funzione antisclerotizzante. In primis, brucia le concentrazioni di grassi che si depositano sulle pareti delle vene e, nel contempo, partecipa alla riparazione dell’epitelio interno delle arterie, impedendo la riformazione antisclerotica. Inoltre, previene la formazione delle nitrosammine (cancerogene), derivanti da nitrati a nitriti, protegge dalla tossicità delle clorammine (sostanze aggiunte nell’acqua al posto del cloro) e dai gas di inquinamento, proteggendo le cellule dei polmoni dall’ossidazione. Tre studiosi dell’Università di Roma hanno verificato che tale vitamina rallenta la crescita dei melanomi, inibendo lo sviluppo dei neuroblastomi e dei gliomi. Inoltre, la vitamina C è utilizzata come ansiolitico e nel trattamento di schizofrenia, depressione e paranoia».

Quindi, non solo per combattere i malanni stagionali, ma tra le innumerevoli proprietà della vitamina C anche la sua capacità di contrastare invecchiamento, Alzheimer e malattie della pelle oltre alla sua efficacia nel trattamento del dolore come analgesico naturale e alla protezione svolta nei confronti del cervello nei disturbi neurodegenerativi.
Per cui una buona integrazione di Vitamina C è fondamentale.

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 Storia e segreti della VITAMINA C nella prevenzione di tante malattie

Vitamina C, un concentrato di proprietà e benefici

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La medicina ufficiale riconosce l’importanza delle vitamine nella ricerca di cure contro l’epidemia dell’HIV e dell’AIDS. In tutto il mondo, sempre più gruppi di ricerca stanno seguendo la ricerca scientifica e naturopatica che è al centro del lavoro di formazione dell’Alleanza dr Rath per la Salute. Il numero di pubblicazioni scientifiche sull’importanza dei micronutrienti nella lotta contro le malattie comuni più diffuse è in rapida crescita. Nel novembre del 2013, la rivista medica americana Journal of the American Medical Association (JAMA) ha pubblicato uno studio che prova come nei soggetti sieropositivi, i micronutrienti inibiscono la progressione dell’infezione e riducono il rischio di decesso per AIDS. La rivista ” Journal of the American Medical Association” non è una rivista qualunque. Si colloca bensì tra gli organi più rinomati ed importanti del mondo medico. Uno studio pubblicato su "Journal of the American Medical Association ” forma l’opinione in tutto il mondo. I medici e gli scienziati responsabili di questo studio – compresi centri rinomati come l’Università di Harvard, l’Università di Miami e l’Università di Johns Hopkins – non sono sospettati di corteggiare la ricerca naturopatica. Il riconoscimento dell’importanza dei micronutrienti nel rafforzamento del sistema immunitario e nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS, non è una coincidenza. Indica invece che questi risultati scientifici non possono più essere ignorati. Mentre la lobby farmaceutica continua a combattere le vitamine attraverso la medicina, i media e la politica a causa della concorrenza al business farmaceutico multimiliardario, i più saggi della classe medica stanno già prendendo le distanze da queste posizioni insostenibili.

Il dr Rath è stato un pioniere. La pubblicazione sulla rivista Journal of the American Medical Association  è particolarmente esplosiva anche per il fatto che tali risultati non sono affatto nuovi. Il ruolo dei micronutrienti nella lotta contro l’epidemia dell’AIDS è stato per anni al centro della ricerca della Fondazione per la Salute Dr.Rath in Sud Africa. I risultati degli studi condotti su quasi un migliaio di persone infette da AIDS erano stati molto incoraggianti. I micronutrienti erano in grado di migliorare notevolmente tutti i sintomi tipici dell’infezione AIDS. Questi risultati straordinari sono già stati riportati su Rath International. Data l’importanza globale di questi risultati, si è voluto pubblicarli il 6 maggio 2005 sul quotidiano più influente, il New York Times. Essendo New York la sede dell’ONU, c’era l’intenzione di fare in modo che i governi di tutto il mondo venissero a conoscenza di questa svolta medica. Successivamente sono stati documentati i risultati sul Commonwealth Health Ministers Yearbook 2007?, l’annuario dei ministri della sanità del Commonwealth britannico che è stato inoltrato a più di cento governi. L’importanza di questi risultati era naturalmente evidente anche alle corporazioni farmaceutiche che avevano individuato nell’epidemia dell’AIDS uno dei mercati più redditizi. Esse hanno commercializzato i loro preparati chemio altamente tossici a milioni di persone affette da sindrome di immunodeficienza, pur sapendo che il sistema immunitario stesso sarebbe stato il primo ad essere distrutto. Per mascherare la frode, hanno distribuito queste sostanze tossiche “chemio” sotto forma di compresse colorate e hanno dato loro il promettente nome di farmaci “Antiretrovirali (ARVs)”. Il business delle sostanze altamente tossiche ARVs è stato fino ad oggi un business multimiliardario. Lo status quo vuole invertire la marcia del tempo Non c’è da stupirsi che i lobbisti dell’industria farmaceutica siano ricorsi ai media e a internet per impedire la svolta della ricerca sui micronutrienti nella lotta contro la sindrome da immunodeficienza AIDS. Vi invito a leggere ancora la pagina Wikipedia sul Dr.Rath e a riconoscere con quale impudenza i fatti sono stati capovolti. E se siete dell’opinione che Wikipedia sia dopo tutto un’enciclopedia online indipendente e “democratica”, allora dovreste riflettere leggendo il sito.

Anche riviste specializzate come Der Spiegel si sono lasciate usare da una copertura unilaterale: sotto il titolo “Tragedia a Città del Capo”, la lotta naturale contro l’epidemia dell’AIDS è stata vilipesa da slogan come “con pillole e opuscoli contro il cancro e i virus”. La risposta del dr Rath all’allora editore del Der Spiegel, Stefan Aust, è documentata qui. Dopo questa campagna diffamatoria contro il lavoro del dr Rath e del suo gruppo di ricerca, ai pionieri della strategia priva di effetti collaterali, efficace e a basso costo contro l’AIDS, risulterà chiara l’importanza della pubblicazione sul quotidiano medico americano del novembre 2013. Significa semplicemente che avevano ragione! Tutte le volte! Milioni di vite avrebbero potuto essere salvate, se le scoperte non fossero state combattute dai media e dai politici, ma fossero state sostenute. L’unico “rimprovero” che puo’ essere fatto è che l’approccio all’AIDS con i micronutrienti avveniva troppo anni prima del tempo.

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Fonte: ComeMigliorare.com

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La vitamina C, somministrata per via endovenosa in quantità equivalenti a quelle contenute in 2000 (duemila!) arance, potrebbe costituire un’arma in più nell’arsenale delle terapie contro il cancro. È quanto ipotizza uno studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine: alte dosi di vitamina C renderebbero più efficace la chemioterapia e allevierebbero i suoi effetti collaterali.

Non è certo la prima volta che la vitamina C viene tirata in causa come possibile terapia antitumorale. Alla fine degli anni ’70, Linus Pauling, due volte vincitore del premio Nobel (per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962) sosteneva che alte dosi di acido ascorbico, altro nome del composto, erano in grado di prevenire o trattare molti tipi di tumore. Quella di Pauling è stata una vera e propria ossessione sui benefici dell’acido ascorbico. Ma gli studi clinici organizzati per verificare la sua teoria non hanno mai trovato alcun risultato positivo. Da allora la vitamina C è stata abbandonata dalla medicina ufficiale, anche se trova ancora cittadinanza, più che altro come terapia di supporto, nella medicina alternativa.

Altissime dosi

Nel nuovo studio, Qi Chen e colleghi della University of Kansas hanno prima esaminato l’effetto dell’acido ascorbico in laboratorio su linee cellulari di vari tumori (su cui ha dimostrato un effetto tossico), poi l’hanno somministrato per via endovenosa e a dosi altissime, da dieci a cento volte superiori a quelle normalmente presenti nell’organismo, a topi in cui erano stati indotti tumori dell’ovaio, e trattati con farmaci chemioterapici classici, il carboplatino e il paclitaxel. Negli animali alla cui chemioterapia era stata aggiunta la vitamina C i tumori si sono ridotti assai più che in quelli sottoposti alla sola chemioterapia. Il trattamento è stato sperimentato anche su un piccolo gruppo di malati di cancro in fase avanzata, 25, sottoposti a chemioterapia, per vedere se la vitamina C ad alte dosi era tollerata. Apparentemente sì: i pazienti non avuto effetti collaterali dalla vitamina, ma hanno sopportato meglio la chemioterapia, dichiarando di avere avuto meno nausea e fatica.

Di nuovo sotto esame

Sulla base di questi risultati promettenti, gli autori dello studio sostengono che il caso della vitamina C come trattamento anticancro vada riesaminato. La mancanza di efficacia emersa nei vecchi studi – sostengono – potrebbe essere dovuta al fatto che la vitamina era somministrata per via orale. In questo modo, solo una piccola quantità viene assorbita dall’intestino, ma la maggior parte viene eliminata dai reni. La somministrazione per via endovenosa, invece, riesce a far salire la concentrazione di acido ascorbico nel sangue a livelli impossibili con l’assunzione orale.

Non è neppure chiaro in che modo la vitamina C svolga la sua azione, e anche questo ha contribuito alla scarsa fiducia che potesse davvero funzionare. L’acido ascorbico è noto per essere un antiossidante, cioè una molecola che combatte l’azione dei radicali liberi. Proprio per questo motivo, si è ragionato che il suo effetto logico dovrebbe essere di indebolire l’efficacia della chemioterapia boicottando il suo effetto ossidante sulle cellule tumorali. Da questo studio sembrerebbe esattamente l’opposto.

Gli scienziati ipotizzano che la vitamina C somministrata in vena e ad alte dosi agisca in realtà proprio come ossidante, cioè aiuti le sostanze chemioterapiche nell’opera di danneggiamento delle cellule tumorali, risparmiando però quelle sane. Interrogativi che andrebbero sciolti con altri studi. Il problema è chi potrebbe essere interessato a finanziarli, dato che la vitamina C costa poco e non è brevettabile. L’unica è che, come chiedono gli autori dello studio, entrino in gioco enti pubblici.

Fonte: Focus

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