Per vivere in salute c’è bisogno della nutrizione potenziata. L’alimentazione non è sempre sufficiente a colmare i nostri deficit di vitamine e minerali, da qui, l’importanza di avvalersi di un aiuto fondamentale. «Gli integratori sono degli alimenti pensati per colmare eventuali carenze nutrizionali», sostiene Alessandra Bordoni in un'intervista a Vanity Fair, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. «Sono degli alimenti di cui conosciamo bene tutte le caratteristiche, proprio perché sappiamo esattamente quali e quanti micronutrienti contengono apportando benefici all’organismo». Secondo l'esperta seguire un’alimentazione corretta potrebbe non essere sufficiente. Infatti, altro aspetto da considerare è quello che riguarda i micronutrienti contenuti nei cibi che non sempre riescono ad arrivare al nostro organismo nelle quantità necessarie. «Un'alimentazione corretta potrebbe essere sufficiente, ma la verità è che non lo è per molte persone. Inoltre ci sono micronutrienti che rispetto ad altri si disperdono più facilmente a causa della trasformazione e conservazione dei cibi, oppure che per essere davvero efficaci devono essere assunti in grandi concentrazioni», sottolinea Bordoni.
Sull’assunzione dei tanto contestati integratori alimentari se ne sono dette tante. Per questo è bene sottolineare che non bisogna necessariamente avere delle grandi carenze nutrizionali per integrare la propria dieta, spiega a Vanity Fair, Filippo Ongaro, ex medico degli astronauti ed esperto in nutrizione ed integratori. Secondo l’esperto, la funzione principale degli integratori è quella di fornire delle sostanze biologiche importanti per avere non solo un corpo in salute, ma in ottima salute per poter affrontare l’invecchiamento con una abbondante riserva di nutrienti. La scelta dell’integratore è soggettiva, e varia in base alle esigenze e all’apporto di nutrienti da compensare, proprio come lo stile alimentare. «Non esiste una regola per l’assunzione, l’integratore va usato finché ce n’è bisogno (ovvero, laddove necessario, anche per sempre). Normalmente si assumo con dei cicli,[...] ma devono essere consapevoli che i benefici non durano per sempre, ma solo durante l’integrazione».
Anche se non ci sono integratori stagionali, né quelli indicati per l’estate o per l’inverno, non dimentichiamo che ci sono, tuttavia, integratori alimentari specifici per colmare particolari carenze oltre, ovviamente, in base ai segnali che emette il nostro corpo in risposta a diverse condizioni esterne. Come, ad esempio, con l’estate e il caldo, molti vanno incontro a situazione di spossatezza e gonfiore, dovuto a una cattiva circolazione e al ristagno dei liquidi. Tra i primi effetti del caldo, il gonfiore: «Per prima cosa, consiglio di bere tanta acqua perché la ritenzione è anche disidratazione» spiega l’esperta. «La vitamina C è un protettore ed è antiossidante». Seguiti dai cali di energia: «La stanchezza è uno dei primi sintomi di carenza di vitamine e minerali che influiscono proprio sul metabolismo energetico. In questo caso può andare bene un integratore multivitaminico e multiminerale ad ampio spettro». E poi ancora per la perdita di liquidi: «Se si suda molto e si fa attività sportiva, sodio, potasso e magnesio aiutano a reintegrare».
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
Gli integratori aiutano ad avere i valori sempre ottimali e avere quindi l’organismo ben protetto, con l’obiettivo non solo di non ammalarsi, ma di vivere sempre al massimo. E il valore ottimale di alcuni nutrienti nell'organismo è fondamentale per avere un sistema immunitario capace di proteggerci da virus e influenze stagionali. Ovviamente non hanno poteri magici, ma contribuiscono a fortificare il nostro organismo facilitando una risposta agli attacchi di agenti esterni. «I principali micronutrienti classici che sostengono il normale funzionamento del sistema immunitario e le difese naturali sono vitamina D, vitamina C, zinco, selenio e magnesio», spiega Maurizio Salamone, direttore scientifico di Metagenics Italia. «Oltre a questi, numerosi studi clinici hanno mostrato che alcuni principi attivi contenuti negli estratti di piante come la curcuma e l’echinacea possono modulare o stimolare le difese immunitarie».
VITAMINA D: Non solo per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Inoltre favorisce la prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative oltre al metabolismo del calcio e nella regolazione del sistema immunitario. La vitamina D è quasi sempre insufficiente e spesso va integrata separatamente. Può essere assunta come alimento solo in minima parte, il resto è prodotto grazie all’esposizione alla radiazione solare, in particolare ai raggi UVB. Stare al sole e mangiare tanto pesce per fare il pieno di questa preziosa vitamina.
VITAMINA C: o acido ascorbico è nota per il suo effetto antiossidante e immunomodulante. Un concentrato di proprietà nutritive benefiche per il nostro organismo, non solo d’inverno. Rinforza le difese immunitarie, contrasta i radicali liberi e protegge dalle infezioni. Facciamo il pieno di vitamina C! Al via con un potente alleato per l’estate. Questo importante nutriente, prezioso per il sistema immunitario, interviene nella formazione di ossa, pelle e denti, sostiene l’attività muscolare, partecipando alla produzione di energia a livello cellulare. «La vitamina C è fondamentale per il mantenimento dell’integrità delle barriere mucosali, ad esempio nel tratto gastrointestinale e respiratorio – spiega Salamone – supporta infatti la sintesi del collagene e protegge le membrane cellulari allo stress ossidativo. È coinvolta nella regolazione delle cellule immunitarie, potenzia l’azione dei linfociti natural killer e l’attività dei macrofagi, e promuove la sintesi di anticorpi». L’apporto di vitamina C andrebbe frazionato nel corso della giornata per ottimizzare l’assorbimento e il metabolismo.
ZINCO: Modulatore molto importante della risposta immunitaria. Allo zinco si attribuisce la capacità di rimarginare rapidamente le ferite (comprese le ulcere e i danni alle arterie), di aiutare a prevenire i raffreddori (migliora la risposta immunitaria), di migliorare la vista, di migliorare l’odore corporeo, di combattere l’acne e l’ingrossamento prostatico (previene il cancro) e di aumentare la produzione dello sperma» si legge nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti di Adriano Panzironi.
SELENIO: «Il sistema immunitario necessita di un adeguato apporto giornaliero di selenio, la cui biodisponibilità dipende da numerosi fattori, tra cui la forma con cui il selenio viene assunto, la sua conversione in metaboliti e fattori genetici dell’individuo che influenzano il metabolismo del selenio stesso», spiega Salamone. «Il selenio è utilizzato per fluidificare il sangue, regolare, regolare le prostaglandine e la viscosità delle piastrine, prevenendo malattie coronariche, l'ictus e l'insufficienza cardiaca. Tale minerale è funzionale per il sistema immunitario» scrive Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti.
MAGNESIO: Potente aiuto per contrastare la stanchezza ed alleviare crampi e dolori muscolari. Infatti, questo minerale, rinforza ossa, muscoli e tessuti mobili e non fa ingrassare. Essenziale, quindi, per il benessere psicofisico e ancor più per la salute, nel nostro corpo è il quarto micronutriente più abbondante. Immagazzinato per la quasi totalità (99%) nelle ossa, nei muscoli e nei tessuti (il restante 1% si trova nel sangue). La carenza di magnesio nell’uomo è associata ad uno stato di infiammazione cronica – precisa Salamone –. Il magnesio è presente in molte acque minerali, alimenti e integratori alimentari».
POTASSIO: Prezioso per il nostro organismo, il potassio è tra i sali minerali fondamentali più importanti poiché serve al corpo per ridurre la ritenzione idrica, coordinare la trasmissione nervosa e regolare la contrattilità muscolare. Inoltre, come molti studi hanno dimostrato, può essere importante per tenere sotto controllo la pressione arteriosa e quindi mantenerci in salute. Le principali funzioni di questo minerale sono quelle di controllare il ritmo del cuore, l'eccitabilità neuromuscolare, l'equilibrio acido-base e la pressione osmotica.
CURCUMA: Non solo come ingrediente principale del curry, la curcuma, è infatti rinomata da sempre, grazie al suo costituente attivo, la curcumina, noto antiossidante e antinfiammatorio per antonomasia. Apprezzata per contrastare crampi, dolori muscolari e reumatici, artrite, problemi digestivi e stress e riconosciuto come rimedio naturale contro il colesterolo alto. Da non trascurare poi, la sua capacità di rallentare processi e malattie dell’invecchiamento correlati all’infiammazione. «Viene rapidamente metabolizzata dal microbioma intestinale e dal fegato, riducendo la sua attività terapeutica» precisa Maurizio Salamone.
«Con l’arrivo dell’estate l’organismo si deve ricaricare dopo aver sopportato i problemi dell’inverno e della primavera quindi è molto importante assumere vitamine, minerali ed antiossidanti che ci aiutano a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi dell’ossigeno, i prodotti “di scarto” che si formano all’interno delle cellule ogni volta che l’ossigeno è utilizzato per produrre energia (ossidazione)» spiega Christian Orlando, biologo. «Importante – prosegue l’esperto - l’assunzione del beta carotene che a seconda della necessita l’organismo trasforma in Vitamina A per aiutare la pelle durante l’abbronzatura. Le vitamine del gruppo B sono essenziali per l’organismo perché trasformano il cibo in energia. Collaborano al buon funzionamento dei sistemi nervoso e muscolare».
«E quando in estate facciamo sport e ci muoviamo più del solito – sottolinea Orlando - le vitamine del gruppo B diventano essenziali ed inoltre ci danno una mano a uscire dal letargo invernale, quando con la bella stagione ci sentiamo spossati e stanchi. La vitamina C, oltre a essere uno degli antiossidanti più potenti, è anche essenziale per il corretto funzionamento del sistema immunitario e per la sintesi di collagene, il costituente principale dei tessuti vascolari, della pelle, dei muscoli e delle ossa. Vitamina D per mantenere ossa e muscoli robusti. La vitamina E importante antiossidante previene l’invecchiamento della pelle mantenendola idratata ed elastica. La vitamina H importante in molti processi metabolici. In seguito all’elevata sudorazione fondamentali i sali minerali come Calcio, Magnesio, Selenio e Zinco» conclude il biologo.
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Per approfondimenti:
Vanity Fair "Integratori alimentari: quando assumerli e quali scegliere in estate"
Grazia "Cosa mangiare in estate per proteggere la pelle e fare il pieno di vitamine"
Vanity Fair "I migliori integratori per le difese immunitarie"
Il Faro "Quali superfood per un’estate piena di energia"
Sapere Salute "Un’estate vitaminica"
LEGGI ANCHE: Vitamine e sali minerali: i principali alleati di adulti e bambini
Antiossidanti: alleati degli sportivi, contrastano i radicali liberi
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Pericolo, paura, incertezza e sconforto. Tra i principali segnali latenti dell’ansia. Dall’isolamento degli ultimi mesi al rischio di contagio. Sono questi i fattori che hanno peggiorato la condizione psicologica di molte persone. La conferma arriva da uno studio dell’Istituto Mario Negri che ha esaminato alcuni pazienti per indagare sulla relazione causa-effetto nell’aumento di questo disturbo. Complice lo scoppio della pandemia e le relative conseguenze che hanno portato a un incremento di questo disagio. Per sommi capi, l’ansia può essere definita come una sensazione di tensione psichica legata all’aspettativa della paura di un evento considerato pericoloso o investito di significati particolari. Inoltre, l’ansia rappresenta anche un sintomo largamente diffuso in molte situazioni di disagio, è anche uno stato psicologico che si sperimenta in condizioni normali e confina con quelle emozioni che fanno parte della nostra vita quotidiana. Ansia e depressione sono deleterie per il nostro benessere psicofisico poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso. A complicare un quadro già critico anche le tante faccende da sbrigare e le mille cose da pianificare nei giorni che precedono la partenza per le vacanze estive.
A soffermarsi con grande attenzione sul disagio sperimentato dagli italiani durante la quarantena è stato un sondaggio ideato dal dipartimento di salute pubblica dell’Istituto Mario Negri. Il team di ricerca guidato dal professor Marco Bonati condotto una ricerca lanciando, nel mese di aprile 2020 un questionario online composto da 48 domande. In questo modo sono state raccolte informazioni e dati demografici, sui sintomi fisici nei 14 giorni precedenti la compilazione del questionario. Al sondaggio hanno partecipato 35011 adulti e sono state raccolte 20518 risposte complete. I dati raccolti hanno evidenziato un aumento delle problematiche psicologiche e hanno permesso di delineare un quadro molto preciso delle persone che più di altre hanno sviluppato disturbi psicologici, ovvero donne, le persone con un basso livello di istruzione, segnate da problemi di salute, disoccupati, relegati in abitazioni con meno di 2 camere, con contatti con pazienti infetti da Sars- Cov-2 e che non erano uscite di casa nelle due settimane precedenti la somministrazione del questionario.
«I dati a disposizione evidenziano come l’ansia sia una problematica soprattutto femminile: il rapporto uomini/donne è infatti 1/3. Nel corso della vita si stima che circa l’11% delle persone adulte soffra di un disturbo d’ansia; tale disturbo compare indipendentemente dall’età anagrafica. La situazione italiana, in ogni caso è apparentemente migliore se confrontata con la maggioranza delle altre nazioni europee» spiega in un’intervista a La Stampa, Maurizio Bonati capo del Dipartimento di Salute pubblica del Mario Negri. Tuttavia, non tutti reagiscono allo stesso modo ai fattori circostanti. La prima differenza è quella di genere, tra uomo e donna. «Le donne – continua Bonati - reagiscono in modo diverso a condizioni di stress psicologico che possono indurre disturbi d’ansia, ma la maggiore prevalenza nel sesso femminile riconosce anche meccanismi biologici su base ormonale e neurochimica. Gli uomini e le donne, in ogni caso attivano azioni, comportamenti e risposte diverse a comuni situazioni di disagio». Inoltre, l’esperto evidenzia un quadro tutt’altro che incoraggiante: «E’ aumentato, in particolare negli uomini raddoppiando il numero di ansiosi». Ma oltre all'ansia c'è di più. Partendo dalla definizione universalmente riconosciuta, per stress si intende una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors).
Le reazioni di stress: le tre fasi della Sindrome Generale d'Adattamento
Le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico. Il termine stress viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935; la sindrome viene definita in questo modo da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Sicuramente poche, ma siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se infatti nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». O ancora peggio, il disagio mentale dovuto alla percezione di essere impotente verso i problemi, mantenendo un costante umore negativo che coinvolge i pensieri, i comportamenti e, di conseguenza, il benessere fisico, meglio nota come depressione. Ed è soprattutto in situazioni come queste, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione.
Come riconoscere l’ansia dai sintomi manifestati? «I sintomi – si legge nell’intervista su La Stampa - che possono far pensare a un disturbo d’ansia sono vari: senso di vuoto mentale e di pericolo, pensare a ricordi o formulare pensieri negativi frequentemente, avere la sensazione marcata di essere osservati e di essere al centro dell’attenzione altrui. Ricercare spiegazioni, rassicurazioni, vie di fuga o evitare condizioni di insicurezza, disagio o paura. L’ansia, spesso, produce anche sintomi fisici quali tremore, sudorazione, palpitazione, aumento della frequenza cardiaca, vertigini, nausea». I disturbi legati all’ansia possono prendere anche altre forme come ad esempio, le fobie e il disturbo da stress. Inoltre, sono frequentemente accompagnati da depressione. Un altro disturbo d’ansia si potrebbe presentare con preoccupazione costante, persistente e pervasiva di eventi negativi, accompagnata da irrequietezza, difficoltà di concentrazione, irritabilità e insonnia. Questi fastidi incidono poi negativamente sui rapporti sociali e compromettono qualsiasi attività. Anche l’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap) ha condotto un’indagine su oltre 700 soggetti tra i 19 e i 60 anni, per indagare la frequenza nelle persone dei sintomi tipici dell’ansia e del panico. Dai risultati è emerso che il 79% di coloro che hanno risposto al sondaggio ha avuto, durante l’ultimo mese, manifestazioni fisiche frequenti e intense di ansia; il 73% si percepisce come una persona molto apprensiva, che si preoccupa facilmente di piccole cose o situazioni; il 68% dichiara di avere non poco disagio a stare lontano da casa o da luoghi familiari, mentre il 91% trova molto spesso difficoltà nel rilassarsi.
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La Stampa "Ansia, il disturbo di molti è aumentato durante il lockdown. Gli esperti: “Mai sottovalutarlo”
Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"
Città Nuova "Ma che ansia!"
Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"
La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"
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La prima linea di difesa contro lo stress ossidativo. Contrastano gli effetti dei radicali liberi, veri e propri nemici della nostra salute. Uno scudo prezioso per tante patologie come diabete, malattie cardiovascolari, cancro e obesità. Quindi non solo alleati per il benessere quotidiano, ma fondamentali nel contrasto di malattie non trascurabili. Importanti per il nostro organismo e ancor più, per chi pratica attività sportiva. Per stabilire il potere antiossidante dei vari alimenti sono stati condotti una serie di studi dalla Boston University in collaborazione con il dipartimento dell'agricoltura americano. La loro azione antiossidante è stata misurata in base a una scala, l'ORAC, secondo la quale a valori più alti corrispondono maggiori poteri antiossidanti. Tra gli alimenti che ne sono maggiormente ricchi cetrioli, pomodori, albicocche, spinaci, melone, pera, banana, pesca, mela, melanzana, uva, cipolla, kiwi, peperone, avocado, susina, arancia, fragole, pompelmo, cavoli, prugne, more, barbabietola e mirtilli.
Al processo di ossidazione, seguono serie di danni e alterazioni che possono compromettere il corretto funzionamento dell’organismo e aumentare il rischio di sviluppo di gravi patologie. È stato ampiamente dimostrato che lo stress ossidativo è associato allo sviluppo o, nei casi di malattie preesistenti, al peggioramento di arteriosclerosi, infarto, sindromi coronariche (malattie cardiovascolari), diabete, sindrome metabolica e obesità (malattie metaboliche), declino cognitivo, demenza, perdita dell’udito (malattie degenerative neurologiche), tumori, psicosi e diverse condizioni infiammatorie. Altra fonte importante di radicali liberi è rappresentata dai processi che il sistema immunitario sfrutta per difendere l’organismo dalle aggressioni esterne, come virus e batteri o come risposta a ferite, traumi e allergie. Inoltre, anche lo stress psicofisico aumenta la produzione di composti ossidanti, mettendo a dura prova i sistemi cellulari di neutralizzazione. Partendo da questi assunti, nasce l’esigenza di potenziare e rinforzare le capacità del nostro organismo nella lotta ai radicali liberi con il supporto di alimenti e integrazione così da prevenire disturbi e malattie.
Un antiossidante è una qualunque sostanza capace di interferire con le reazioni chimiche di ossidazione che danno origine ai radicali liberi o che hanno la capacità di neutralizzare quelli già prodotti. A questa categoria appartengono quelli presenti nell’organismo (endogeni) o assunti con l’alimentazione. Tra gli antiossidanti endogeni, i più noti sono il coenzima Q10 e il glutatione. Invece, quelli assunti dall’esterno con la funzione di rinforzo dei sistemi cellulari di detossificazione dai radicali liberi comprendono vitamine, polifenoli e altri microelementi. Tra questi: la vitamina C (o acido ascorbico), la vitamina A ed i carotenoidi, la vitamina E, i polifenoli (flavonoidi e resveratrolo), l’acido lipoico e altri oligoelementi essenziali quali selenio, rame, manganese e zinco. La maggior parte di questi antiossidanti di provenienza alimentare si trova nei cibi come verdura, frutta, cacao, tè, caffè e vino rosso.
«I radicali liberi infatti accelerano l’invecchiamento, attivano dei processi infiammatori e indeboliscono il sistema immunitario. L’azione degli antiossidanti è quella di rendere stabili le cellule e contrastare la formazione di più radicali liberi» spiega a Gazzetta Active Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. L’esperta mostra cosa accade nel nostro organismo nei casi di squilibrio tra antiossidanti e radicali liberi oppure in caso di una produzione elevata di citochine infiammatorie: «Una cellula sana vede un equilibrio tra la produzione di citochine pro-infiammatorie e citochine anti-infiammatorie. Anche quelle pro-infiammatorie hanno un’azione positiva per l’organismo, perché possono bloccare un’infezione, un patogeno. Sono un sistema di difesa della cellula. Quando questo equilibrio viene meno, magari perché si segue una dieta sbilanciata, si ha un’eccessiva produzione di citochine pro-infiammatorie. A questo punto si crea questa condizione di stress ossidativa che, se non trattato, può diventare cronico. Si tratta di un’infiammazione silente, priva di sintomi, ma se diventa cronica può dare luogo a tutte quelle patologie infiammatorie come obesità, diabete, malattie cardiovascolari, cancro».
Nell’intervista alla Gazzetta dello Sport, Jessica Falcone evidenzia l’importanza degli antiossidanti. «Un potentissimo antiossidante è la vitamina E – continua l’esperta -, che protegge la membrana cellulare, prevenendo la perossidazione lipidica. Poi c’è il betacarotene che protegge la pelle. Quindi tutta la classe di flavonoidi: i polifenoli. Anche gli acidi grassi omega 3 hanno un’azione antiossidante e antinfiammatoria, perché danno forza alla barriera lipidica, agendo a livello anche genico. Ottimi anche per gli sportivi, perché vanno a nutrire il muscolo. La vitamina C è un altro antiossidante importante, che permette la sintesi del collagene e il recupero muscolare». La biologa sottolinea, infine, l’importanza degli antiossidanti per gli sportivi. «L’attività fisica – aggiunge - sottopone l’organismo ad uno stress ossidativo. Quindi integrare con degli omega 3 o degli antiossidanti in generale può essere particolarmente utile». «Lo sportivo brucia moltissimo ossigeno, per questo è fondamentale un’alimentazione ben bilanciata con una buona quota di frutta e verdura, ma anche con spezie e aromi» conclude Falcone.
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La natura è il segreto del benessere. È la scoperta di alcuni ricercatori giapponesi che sostengono che l'inalazione di sostanze chiamate fitoncidi, rilasciate dagli alberi, possa essere il fattore che contribuisce a questo processo. Numerosi studi hanno scoperto che uscire all'aperto nella natura - persino in un parco urbano potrebbe ridurre la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna delle persone, oltre a normalizzare la secrezione dell'ormone dello stress, il cortisolo. Tirando le somme, a lungo termine, vivere o interagire con la natura è strettamente correlato a un ridotto rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e morte precoce. Senza dimenticare poi, i notevoli benefici per l’organismo dei livelli più elevati di vitamina D, come conseguenza di una frequente esposizione ai raggi solari.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Oltre a livelli più elevati di esercizio fisico e vitamina D, sono state avanzate varie teorie per spiegare questi risultati. Uno è che trascorrere del tempo all'aperto potrebbe aiutare a contrastare lo stress e la solitudine, favorendo le interazioni con altre persone. «In pratica, penso che questi vari percorsi probabilmente funzionino in sinergia», afferma Catharine Ward Thompson, direttore del centro di ricerca OPENSpace dell'Università di Edimburgo e coautore di un rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sugli spazi verdi urbani e sulla salute. «I fitoncidi possono essere importanti – spiega Catharine Ward Thompson, ma probabilmente è necessario essere completamente immersi nell'ambiente naturale per qualche tempo per ottenere questi benefici, mentre i benefici psicologici come il rilassamento e l'abbassamento dello stress potrebbero essere più facili da ottenere». Inoltre, si fa strada anche un’altra ipotesi, la teoria del restauro dell'attenzione, che suggerisce che i modelli naturali e il movimento attirino senza sforzo la nostra attenzione, offrendo ai nostri cervelli troppo tesi l'opportunità di riposare e recuperare.
Questi studi, partendo dall’assunto comune che gli alberi colpiscano il nostro sistema immunitario più direttamente, suggeriscono di trascorrere qualche giorno in una foresta per registrare un aumento considerevole del numero e dell'attività delle nostre cellule killer naturali, le cellule immunitarie che aiutano a rilevare e distruggere virus e cellule tumorali, nel nostro sangue. Secondo questi ricercatori giapponesi, l’inalazione di sostanze chiamate fitoncidi, rilasciate dagli alberi, potrebbe essere un fattore che contribuisce all’attività delle nostre cellule immunitarie. Le indagini dimostrano la capacità di alterare l'attività delle cellule killer naturali umane.
Non solo il sistema immunitario. Infatti, a beneficiare delle lunghe passeggiate all’aria aperta sarebbe anche il sonno. Il nostro tempo chiuso dentro durante il lockdown avrebbe potuto interrompere i nostri ritmi circadiani - cicli generati internamente, quasi 24 ore su 24 nell'attività di numerosi processi biologici, incluso il sonno. I nostri ritmi circadiani sono di solito mantenuti sincronizzati o coinvolti nell'ora del giorno in cui siamo all'aperto attraverso l'azione della luce intensa che colpisce una serie di cellule sensibili nella parte posteriore dell'occhio. Queste cellule oculari comunicano con una chiazza di tessuto cerebrale chiamata nucleo soprachiasmatico, che funge da orologio principale del corpo. «La luce interna è in genere troppo bassa per favorire il trascinamento, quindi se non si va all'aperto per tutta la settimana, questi ritmi possono essere interrotti, con conseguente sonno disturbato», sostiene Mariana Figueiro, ricercatrice del Lighting Research Center di Troy di New York. Il suo studio dimostra come gli impiegati che sono esposti a una luce più intensa durante la mattina, ad esempio nel tragitto per raggiungere il luogo di lavoro, riescono poi ad addormentarsi di notte con maggiore facilità con un sonno meno disturbato rispetto a quelli che sono esposti alla luce più debole. «L'interruzione circadiana e la riduzione del sonno – continua l’esperta - sono state collegate a una ridotta risposta del sistema immunitario». «Quindi, mentre la luce potrebbe non avere un impatto diretto sulla funzione immunitaria, può avere un forte impatto indiretto grazie alla sua capacità di trascinare il sistema circadiano e migliorare il sonno» conclude Figueiro. L'esposizione alla luce intensa durante la mattina ha anche un impatto positivo sull'umore delle persone e può aiutare a proteggersi dalla depressione.
Consigli per riposare meglio ed essere più energici durante il giorno
Riguardo al tempo necessario da trascorrere all'aperto per raccogliere questi benefici, non esiste una regola precisa. Sebbene la luce del mattino sia particolarmente importante per mantenere sincronizzati i nostri ritmi circadiani, non dimentichiamo che, la sintesi ottimale di vitamina D, avviene intorno a mezzogiorno, quando i raggi UVB alla luce del sole raggiungo l’apice. Quindi, la raccomandazione è quella di uscire all'aperto almeno una volta al giorno, ovviamente, ricordando di mantenere le distanze sociali e facendo attenzione alle scottature solari. E non dimentichiamo che la luce del sole e la natura, insieme all’alimentazione e all'integrazione, sono da sempre i nostri grandi alleati.
BBC Future "How staying indoors affects your immune system"
NCBI "The immunological case for staying active during the COVID-19 pandemic"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
Il Mattino "Tutto il potere della D: la vitamina che proviene dalla stessa stella anti-Covid"
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Complice i mesi di isolamento, l’ipovitaminosi D ha indebolito le nostre difese immunitarie, lasciandoci più vulnerabili ad altre infezioni. «Chi può faccia bagni di sole e cammini nelle foreste». È il consiglio dei ricercatori del Trinity College che nel nuovo studio hanno ribadito l’importanza della vitamina D per il nostro organismo. Non solo per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Nella ricerca, pubblicata su BBC Future, questo prezioso nutriente sembrerebbe avere un ruolo anche nel ridurre i livelli di una sostanza che causa l’infiammazione, l’interleuchina-6, associata a gravi difficoltà respiratorie (come quelle osservate nel Covid-19). La vitamina D modifica anche la disponibilità del recettore ACE2 nelle cellule polmonari che il virus Sars-CoV-2 utilizza per insediarsi. Infatti, quando la vitamina D altera questi recettori, per il virus diventa più difficile innescare l’infezione.
Non dimentichiamo che gli esseri umani si sono evoluti su un pianeta con un ciclo di luce e oscurità di 24 ore, e i nostri corpi sono “programma” per lavorare in collaborazione con quella luce. In questo meccanismo strutturato come una sorta di prima linea di difesa contro le infezioni respiratorie, la vitamina D consente ai macrofagi nei nostri polmoni di vomitare un peptide antimicrobico chiamato cathelicidin, uccidendo direttamente batteri e virus. Inoltre, questo importante nutriente, modifica anche l'attività di altre cellule immunitarie, come le cellule B e T, che regolano le risposte a lungo termine. Difatti, le persone con bassi livelli di vitamina D rischiano maggiormente di contrarre infezioni del tratto respiratorio virale come ad esempio avviene con l'influenza. I ricercatori stanno ora indagando sull’influenza degli integratori di vitamina D nella riduzione del rischio di alcune delle gravi complicanze associate al coronavirus.
Lo studio condotto da Rosa Kenny, gerontologo al Trinity College di Dublino e colleghi, dimostra che le popolazioni europee con i tassi di mortalità più alti da Covid-19, tra cui la Spagna e l'Italia, hanno i più bassi livelli di vitamina D. Tuttavia, anche se a primo impatto potrebbe sembrare poco logico, considerati i climi soleggiati che accomunano i due paesi, si ritiene che il responsabile sia soprattutto il cambiamento nello stile di vita che ha costretto le persone a mesi di lockdown, e quindi, a trascorrere più tempo al chiuso, potrebbe essere responsabile di questa carenza vitaminica. E anche se non è possibile collegare, gli alti tassi di mortalità di Covid-19 in questi paesi, esclusivamente alla carenza di vitamina D «ci sono forti prove circostanziali per un'associazione tra vitamina D e le vie immunitarie che sappiamo siano implicate in Covid e in particolare la grave risposta di Covid» spiega Rosa Kenny. Questo avviene perché, in primis, la vitamina D sembrerebbe ridurre i livelli di una sostanza biochimica alla base dell'infiammazione nota come “interleuchina-6”, associata a gravi difficoltà respiratorie osservate nella malattia. La vitamina D, poi, modificherebbe anche la disponibilità dello stesso recettore ACE2 sulle cellule polmonari che la Sars-CoV-2 utilizza per accedere a queste cellule e radicare un'infezione. Quando la vitamina D altera questi recettori, per il virus diventa più difficile ancorarsi nel nostro organismo.
Il mio medico - Tutti i benefici della vitamina D
Alla luce di quanto scoperto e dimostrato, la ricercatrice, suggerisce che tutti gli adulti dovrebbero prendere in considerazione integratori di vitamina D, soprattutto con il pericolo costante di contrarre quest’infezione. Ora, che abbiamo ripreso la routine, più che mai. Kenny spiega anche i notevoli benefici di trascorrere più tempo all'aria aperta. Altro modo per rafforzare le nostre difese contro altre infezioni virali, tra cui l'influenza e il raffreddore, oltre ad aumentare la risposta immunitaria. Queste ricerche suggerisco che passare qualche giorno in una foresta provocherebbe un aumento del numero e dell'attività delle nostre cellule killer naturali. La spiegazione è la riduzione dello stress. «Sappiamo che le persone usano l'esercizio fisico come un cuscinetto per lo stress, ed è molto chiaro che alti livelli di stress cronico non fanno bene al sistema immunitario», sostiene Neil Walsh, che studia l'impatto dell'esercizio fisico sul sistema immunitario a Liverpool John Moores, Università nel Regno Unito. «Quindi - secondo Walsh - se riesci a ridurre i livelli di stress essendo attivo, ciò avrà un impatto positivo sulla tua salute».
Ruolo della vitamina D sul sistema immunitario e nelle malattie dermatologiche
Stare al sole e mangiare tanto pesce per fare il pieno di vitamina D per aumentare le nostre riserve. Tra le sue fondamentali funzioni, non solo quella protettiva. Come suggerito nella variegata letteratura scientifica, oltre che per la salute di calcio e ossa, la vitamina D è anche una potente alleata nella prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative.
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Dalla cosmesi alla salute. Considerata una pianta miracolosa da oltre 5 millenni, il suo uso è molto antico. Citata anche nel Papiro Ebers del 1550 a.C. la "pianta dell'immortalità" veniva utilizzata già dagli egizi nei preparati per l'imbalsamazione. Secondo le usanze di questa civiltà, l’aloe vantava di proprietà capaci di rendere immortali e aiutava i faraoni a trovare la strada per il regno dei morti. Associato ai bagni di “latte”, per Cleopatra era prodigioso per la sua bellezza. Tra gli antichi romani, invece, era pratica consolidata soprattutto tra i soldati in guerra l’utilizzo dell’aloe vera sotto forma di balsamo lenitivo e cicatrizzante per curare le ferite. Anche nel trattato “Historia Naturalis” di Plinio il Vecchio, venivano descritte le proprietà terapeutiche di questa pianta oltre per accelerare il trattamento delle ferite, per i problemi di stomaco, irritazioni cutanee, emicrania e stipsi. Utilizzato per alleviare il mal di testa anche dai Maya, per questo popolo era anche nota per le sue presunte proprietà afrodisiache.
Per il benessere del corpo e per la salute di pelle e capelli. Un vero e proprio concentrato di benefici per l’organismo utilizzata come ingrediente principale degli ingratori alimentari. Le tante proprietà sono dovute alla ricca concentrazione, nelle sue foglie, di vitamine, minerali, aminoacidi, enzimi e principi attivi utili al benessere del nostro corpo. Tra i tanti benefici dell’aloe, la sua funzione depurativa e disintossicante che aiuta ad espellere dall’organismo le tossine accumulate. Il potere immunomodulante che, stimolando la produzione di globuli bianchi, facilita la risposta immunitaria all’attacco di virus e batteri. Quindi, oltre a rinforzare le difese immunitarie, questa pianta è anche una potente alleata. Altro effetto positivo è quello del sistema digestivo: migliora la digestione e facilita il corretto assorbimento nell’intestino, dovuto all’influenza sulla flora batterica.
Dal tipico aspetto allungato delle foglie questa miracolosa pianta grassa è dotata di parenchimi acquiferi, particolari tessuti che permettono di immagazzinare grandi quantità di acqua. Le sue foglie, spesse e dal colore verde scuro, sono composte da una parte esterna che contiene un lattice amaro e da uno strato gelatinoso, all’interno, utilizzato a scopi terapeutici. Costituita da zuccheri complessi, soprattutto glucomannani, tra cui l'acemannano, con proprietà immuno-stimolanti; gli antrachinoni, nella parte verde coriacea della foglia, ad azione fortemente lassativa e altre preziose sostanze come sali minerali, vitamine, aminoacidi e acidi organici. Oli e prodotti dermatologici vengono estratti dal liquido gelatinoso presente nelle foglie dell’aloe. Utilizzato poi, per le importanti proprietà benefiche, nel trattamento di numerose patologie. La sua funzione lenitiva svolge una funzione calmante in casi di infiammazione, gonfiore e dolore. Le sue proprietà rigeneranti, antinfiammatorie e cicatrizzanti lo rendono utile per trattare ferite, pruriti, eritemi, micosi, afte e punture d’insetti. Favorisce l’idratazione dell’epidermide grazie alle sue proprietà umettanti. E ancora, la sua funzione disintossicante che incide sull’organismo con effetti depurativi e disintossicanti. L’effetto lassativo, invece, è associato all'aloina, contenuta nella parte periferica delle foglie.
ALOE VERA: benefici, proprietà curative e come utilizzarla
A conferma di quanto detto anche un recente studio, pubblicato su PubMed, sull'utilizzo del gel di aloe per il trattamento della colite ulcerosa attiva, ha dimostrato che se assunto per quattro settimane riduce l'attività nella malattia infiammatoria intestinale. Mentre un’indagine precedente, review del 2014, che ha raccolto e analizzato una serie di articoli scientifici, studi e ricerche pubblicati negli ultimi anni sull'efficacia dell'acemannano, sostanza presente nelle foglie di aloe, ha evidenziato l’enorme potenziale della pianta come agente terapeutico. L'acemannano infatti, vanta di proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e osteogeniche che favoriscono e accelerano la guarigione delle lesioni e contrastano virus, batteri o funghi, tra cui la Candida albicans e l'Escherichia coli.
L'Aloe è costituito da quattro grandi categorie di componenti, ognuna delle quali conferisce alla sostanza proprietà importantissime. La prima è rappresentata dai mucopolisaccaridi, degli zuccheri complessi la cui consistenza è rapportata all'elicina a cui è riconducibile la proprietà gastroprotettrice, perché, aderendo allo stomaco, formano una sorta di pellicola protettiva. I mucopolisaccaridi stimolano anche il sistema di difesa dell'organismo, proteggendolo da attacchi di agenti patogeni. L'Aloe è riconosciuto anche per la sua proprietà cicatrizzante e riepitelizzante: la cicatrizzazione di una ferita viene favorita dai glucomannani (polimeri di glucosio e mannosio), che stimolano l'attività dei macrofagi, potenziano la sintesi del collagene ed aumentano la riepitelizzazione.
Buonasera Dottore - Aloe: una pianta dai mille benefici
Il secondo gruppo, fa riferimento agli oligoelementi: minerali, vitamine e altri elementi nutritivi. Tra i minerali, la potenzialità antiossidante, per rallentare il processo di invecchiamento cellulare, è garantita da manganese e selenio. Sfruttate anche per la bellezza con l’impiego dell'aloe in creme anti-age. Inoltre, il mix vitamine-minerali consente di migliorare l’irrorazione del sangue. Il terzo gruppo, fa capo agli steroidi che vantano la proprietà più discussa tra tutte: quella antinfiammatoria. Preziosa è infatti la sua azione lenitiva e calmante. Dell’ultimo gruppo sono protagonisti gli antrachinoni. Definite come gli “spazzini del corpo”, purificano l'organismo esercitando la loro azione lassativa attraverso lo stimolo sulle contrazioni muscolari dell’apparato intestinale. Il primo studio scientifico sugli effetti lassativi dell'Aloe vera risale al lontano 1851quando due ricercatori anglosassoni Smith e Stenhouse scoprirono l'aloina. Tra le proprietà consolidate di questa pianta, anche quelle presunte. Un ottimo rimedio naturale anche come antibiotico (come ad esempio, in creme disinfettanti).
PubMed "Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Trial of Oral Aloe Vera Gel for Active Ulcerative Colitis"
PubMed "Acemannan, an Extracted Polysaccharide From Aloe Vera: A Literature Review"
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Dal polline alle allergie. La primavera, oltre alle belle giornate, porta con se anche tutti i fastidi legati alla febbre da fieno. Dagli starnuti agli occhi gonfi. Le allergie da pollini colpiscono tra il 10 e il 20% delle persone. «La questione con le allergie stagionali è che colpiscono il naso e gli occhi tendono ad essere nasali e la maggior parte dei sintomi è localizzata nella testa, a meno che non si abbia uno sfogo cutaneo» spiega Greg Poland, direttore del Mayo Clinic's Vaccine Research Group. Tuttavia, pochi sanno che il miglior rimedio naturale contro le allergie è il sale rosa dell’Himalaya. Rispetto al sale industriale, il sale rosa himalayano è decisamente il più indicato contro fastidi di tipo allergico. Considerato come il più pregiato, completo e puro tra i sali, solo quello himalayano contiene ben 84 oligoelementi e minerali fondamentali per il nostro organismo come rame e ferro da cui prendono la colorazione rosa naturale tipica di un prodotto non trattato e non sbiancato chimicamente.
Grazie alle sue proprietà antibatteriche e antinfiammatorie, è in grado di sciogliere il muco e accelerare la sua espulsione, supportandone il processo di rinforzamento del sistema immunitario. Una lunga serie di benefici contro i fastidi da allergia possono essere accentuati grazie alla nebulizzazione. Una tecnica unica, meno invasiva e delicata di altri sistemi perché permette di diffondere in modo omogeneo e sicuro tutti gli oligoelementi presenti nel sale himalayano all’interno della stanza. E in attesa della riaperture delle stanze del sale, possiamo sempre scegliere un piano B per non trascurare il benessere del nostro organismo. Nel frattempo, l’alternativa utile e semplice da utilizzare, potrebbe essere quella delle inalazioni di sale rosa dell’Himalaya. Da non dimenticare che, se riscaldato, il sale rosa himalayano, enfatizza le sue proprietà disintossicanti e decongestionanti.
Il sale dell'Himalaya possiede notevoli proprietà depurative, disintossicanti e rinvigorenti che apportano numerosi benefici al nostro organismo. Tra questi, la sua capacità di equilibrare il pH a livello cellulare, favorire l'assorbimento intestinale, contribuire all'igiene orale, vigilare sul corretto funzionamento della tiroide, diminuire i disturbi articolari e muscolari, alleviare gli stati di ansia, tonificare la pelle, facilitare il sonno, aiutare la respirazione e la circolazione sanguigna, curare le infezioni delle vie respiratorie, agevolare la riduzione dei segni dell'invecchiamento, ridurre i crampi, ridurre il rischio di ipertensione e ritenzione idrica, accresce il desiderio sessuale e rinforzare la resistenza delle ossa. Oltre al noto uso alimentare in cucina, il sale rosa è quindi impiegato come soluzione idrosalina grazie alle in numerose peculiarità che lo rendono un potente coadiuvante in grado di curare diverse patologie. In primis, considerata l’emergenza stagionale, le inalazioni idrosaline, metodo utilizzato soprattutto in caso di malattie delle vie respiratorie come asma, bronchite o raffreddore. Il procedimento è molto semplice, basta riempire una pentola e portare l’acqua ad ebollizione, aggiungere poi 30 grammi di sale rosa dell'Himalaya. Appena sciolto il sale, inalare il vapore sprigionato dalla soluzione attraverso fumenti. Una volta terminato, gli organi trattati impiegheranno almeno 30 minuti per espellere le tossine. Tuttavia, queste inalazioni non rappresentano una cura contro le allergie primaverili, ma piuttosto un rimedio naturale efficace contro tutti i sintomi tipici delle manifestazioni allergiche come asma, raffreddore, congestione nasale, lacrimazione degli occhi, bronchiti e difficoltà respiratoria.
I benefici del sale sulla pelle: Sale Rosa dell'Himalaya
Tuttavia, le inalazioni non sono l’unico uso in ambito terapeutico. In caso di bronchite o secchezza cutanea è possibile utilizzare il sale rosa per un bagno nell'acqua salata, attraverso l'osmosi le tossine del corpo vengono espulse nell'acqua mentre i sali minerali della soluzione salina vengono assorbiti attraverso la pelle riequilibrando i livelli del pH. Questo trattamento viene solitamente circoscritto a una parte del corpo, come avviene nel caso del pediluvio, ma può essere adottato anche come bagno totale. Notevole in caso di malattia della pelle come ferite, herpes e punture di insetti, contusioni, rigonfiamenti e distorsioni o più semplicemente può essere utilizzato come scrub per la pelle. Questa soluzione è indicata anche per i lavaggi delle cavità nasali in caso di raffreddore e allergie per dare sollievo a dolori provocati da malattie croniche, oltre alle infiammazioni del cavo orale. Ottimo rimedio anche per alleviare il dolore in caso di mal di gola, utilizzabile per disinfettare sia attraverso sciacqui, eliminando virus e batteri, che attraverso impacchi in grado di attenuare il dolore. Utile anche per sanare i casi di otite, utilizzato attraverso sacchetti di cotone o di lino, riscaldato in forno a 50-60°C e appoggiati sull’orecchio infiammato per circa 20 minuti.
Altro effetto purificante ed equivalente di una dieta disintossicante, è quello del bagno nella soluzione idrosalina. Mediante questa pratica, dove si consiglia di utilizzare almeno 1 Kg di sale, le tossine vengono trasferite dal corpo all'acqua mentre la pelle reintegra i minerali in soluzione. Al contrario del bagno normale, che disidrata, il bagno salino fissa l'acqua depositando il sale nello strato più esterno della pelle, lo strato protettivo rimane intatto e la cute non inaridisce. Indicato particolarmente per chi ha una tipologia di pelle molto secca. E non è tutto. Ottimo rimedio per ferite, punture d'insetto, dolori articolari e muscolari e per riequilibrare il pH della pelle sono le frizioni idrosaline. Questa pratica accelera la cicatrizzazione delle ferite anche in caso di contusioni e gonfiori. Basterà sciacquare e frizionare la parte interessata più volte delicatamente e asciugate. In caso di febbre, utilizzati più frequentemente gli impacchi salini. E ancora, il cuscino di sale usato a caldo o a freddo come metodo naturale per alleviare dolori reumatici o distorsioni. In ultimo, la versione moderna del mantello spagnolo di Sebastian Kneipp, la maglietta al sale disintossica l'organismo e riattiva il metabolismo.
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Asma, difficoltà respiratoria? La scienza conferma che dipende da quello che si mangia
Una tra le informazioni inequivocabili giunte sino ad oggi, sul Covid-19, riguarda proprio le complicanze in caso di contagio e il relativo stato di infiammazione con la conseguente alterazione del sistema immunitario. La maggior parte di queste cellule, circa il 70-80% si trova nel nostro intestino, forse, non tutti sanno che, l’efficienza di questa attività dipende soprattutto dalla tipologia di alimenti e ancor più di nutrienti che introduciamo attraverso il cibo. «Un sistema immunitario efficiente — sottolinea Annamaria Colao in uno studio pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition — è importantissimo per difenderci da malattie e virus e passa anche per una nutrizione corretta». La resistenza alle infezioni può essere, quindi, migliorata e facilitata grazie agli antiossidanti, che aiutano il nostro organismo a difendersi dall’attacco dello stress ossidativo. Via libera a tavola, quindi, agli agrumi e a tutti i cibi ricchi di vitamina C, considerata da sempre l’antiraffreddore per eccellenza.
Foto: Corriere della Sera
Anche Renata Bracale, ricercatrice e docente in nutrizione umana presso l’Università degli Studi del Molise, evidenzia in un’intervista a Fanpage l'importanza, mai come ora in cui siamo impegnati in questa lotta al virus, di tutti quegli alimenti, come frutta e verdura, a cui dovremmo attingere per rafforzare il nostro sistema immunitario. Nell’articolo, l’esperta spiega l’importanza della scelta di cibi ricchi di vitamine, minerali e antiossidanti: «La regola da tenere presente è che è importantissimo mangiare colorato. I colori nascondono dietro di sé dei segreti importanti: ad ognuno corrisponde una vitamina, un minerale, un antiossidante». Lei Zhang e Yunhui Liu due ricercatori dell’ospedale dell’Università Medica di Shenyang, in Cina, sostengono che i nutrienti che potrebbero svolgere un ruolo determinante nella difesa contro il COVID-19 sono le vitamine A, B2, B3, B6, C, D ed E, oltre ai micronutrienti come selenio, zinco e ferro e agli acidi grassi polinsaturi omega 3.
«Il primo scudo contro la pandemia è proprio il sistema immunitario» spiega Philippe Lagarde, oncologo di fama mondiale. Ad agire, per il medico francese, una volta assorbiti, sarebbero i micronutrienti, come appunto le vitamine, gli oligoelementi, i polifenoli, etc.... «Essi agiscono in sinergia tra loro - prosegue l’esperto -, ma anche assieme agli enzimi e ai sistemi antiossidanti della cellula per neutralizzare i radicali liberi costantemente sviluppati all’interno delle cellule». «Questa sinergia è essenziale – continua Lagarde -, eppure viene totalmente trascurata nella lotta alle infezioni, in particolare contro quelle virali». «Le vitamine C, E, A, il selenio, lo zinco, l’acido lipoico, il glutatione e suoi precursori, i carotenoidi (flavonoidi, antociani, tannini) agiscono in sinergia e sono il “nutrimento” di cui il sistema immunitario ha bisogno» conclude il noto oncologo francese. A confermare l’ipotesi anche un report dell’OMS: «L’83% della popolazione con più di 40 anni è carente di micronutrienti». Secondo i dati riportati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il sistema immunitario della popolazione a livello mondiale e, ancora più, di quella del mondo occidentale, è stato pericolosamente indebolito, soprattutto quello della fascia over 65. Detto e fatto, questo crollo delle difese apre le porte ai microrganismi patogeni, virus inclusi, spianando la strada alle pandemie.
La difesa dell'organismo contro l'aggressione dall'esterno da parte di microrganismi patogeni (virus, batteri, protozoi, funghi) formano nel loro complesso il sistema immunitario. Costituito principalmente da globuli bianchi o leucociti. I leucociti, che derivano da cellule staminali presenti nel midollo osseo e nel tessuto linfoide, intervengono in modi differenti nella difesa dell'organismo: alcuni sono in grado di inglobare l'agente esterno e distruggerlo (fagociti), altri agiscono indirettamente liberando diverse sostanze. «Il nostro corpo è attaccato continuamente dall’esterno da virus, batteri, funghi e solo la nostra pelle riesce a difenderci efficacemente» scrive Adriano Panzironi nel libro “Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti”. «Tali microrganismi patologici – continua nel libro - cercano in ogni modo di entrare nel nostro organismo, utilizzando le ferite o le abrasioni, oppure tramite la bocca e il naso o anche l’intestino, dove colonie di batteri patogeni, presenti nel colon, si scontrano con le nostre difese immunitarie».
L’importanza di una dieta equilibrata per il corretto funzionamento della difesa immunitaria l’aveva intuita anche Ippocrate quando raccomandava: «Fa che il cibo sia la tua medicina». E se è vero che la miglior difesa comincia dalla tavola, vediamo quali sono gli alimenti fondamentali ricchi di nutrienti e micronutrienti per prevenire e contrastare le infezioni e per vivere in salute. La vitamina A è considerata un antinfettivo per eccellenza, indispensabile per l’integrità di cute e mucose, che sono la prima linea di difesa dai patogeni esterni. Ne sono ricchi gli alimenti dal colore arancione come carote, zucche, albicocche e uova. La vitamina B (B2, B3 e B6), influenza la risposta immunitaria contro virus e batteri. La vitamina C è un potente antiossidante in grado di contrastare le infezioni respiratorie di origine virale, evitando così, lo sviluppo di complicanze. Presente nei kiwi, nelle arance, nelle fragole e nel ribes rosso. E ancora nel peperone rosso, nel cavolo nero, nei broccoli, negli spinaci, nella lattuga e nella rucola. La vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella modulazione della risposta immunitaria e una sua carenza aumenta il rischio e la gravità delle infezioni, soprattutto quelle del tratto respiratorio.
Alimentazione Life 120 verdure consigliate e le loro proprietà
Nel libro "Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti", Adriano Panzironi spiega le caratteristiche e le principali funzioni dei sali minerali sul nostro organismo: «Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio» e una sua carenza viene associata a uno stato di infiammazione cronica. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), spinaci crudi, noci brasiliane, legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. Il selenio influenza differenti tipi di risposta immune, ostacola la formazione dei radicali liberi, proteggendo le cellule dai danni dell’ossidazione. Lo zinco riduce la morbilità e la mortalità dovuta alle infezioni respiratorie e una sua carenza è associata a condizioni patologiche come raffreddori e polmoniti, difatti, «allo zinco - evidenzia Adriano Panzironi nel libro - si attribuisce la capacità di aiutare a prevenire i raffreddori e migliorare la risposta immunitaria». Se combinato piritione, inibisce la replicazione di diversi virus, compreso il coronavirus SARS-CoV2. Il ferro, una sua carenza, e determina un indebolimento del sistema immunitario aumenta rischio di infezioni acute del tratto respiratorio. Presente sia nei cibi animali (come alici, seppie, calamari, tacchino, uova, manzo e nell’alimento che ne contiene sicuramente la maggiore quantità, ovvero le ostriche) che vegetali (germe di grano, semi oleosi di canapa, sesamo, semi di zucca e girasole). Presente anche nei pinoli, noci, mandorle, nocciole e, tra i latticini, in maggior quantità nel parmigiano.
Altro ruolo importante è quello svolto dai beta-glucani, presenti nella parte esterna del chicco di orzo e avena, nei funghi e nelle alghe, sono capaci di stimolare l’attività dei fagociti, particolari globuli bianchi che hanno il compito di eliminare virus, parassiti e batteri. Gli omega 3, dotati di proprietà antinfiammatorie, inibiscono la replicazione del virus dell’influenza A e ne riducono la mortalità. Riconosciuto come nutriente essenziale, deve necessariamente essere introdotto nella dieta perché l’organismo non è in grado di sintetizzarlo. Presente soprattutto in alcune tipologie di frutta secca e di semi oleosi. Fondamentali per l’organismo sono anche l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesoenoico (DHA), appartengono anche essi alla classe degli omega-3 e rintracciabile soprattutto nel pesce azzurro: alici, sgombri e sarde. L’acido folico stimola la formazione di globuli bianchi, si trova negli asparagi, spinaci fagiolini, scarola, cavolfiori, cavolo e piselli. I polifenoli sono dei modulatori epigenetici del microbiota e dal potere anti-infiammatorio.
In primis, il consumo di alcol inibisce il sistema immunitario e altera il microbiota intestinale, riduce inoltre le capacità dei globuli bianchi di circondare e distruggere batteri pericolosi. L’eccesso di alcolici, interferisce anche con la produzione di citochine, rendendo più sensibili alle infezioni. Da evitare assolutamente quando è in corso un’infezione virale o batterica che sia. In ultimo, l’uso eccessivo di sale riduce le difese immunitarie, e quindi, la possibilità di contrastare le infezioni batteriche. Stesso meccanismo con l’introduzione di zuccheri in quantità elevate.
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Covid-19, dalle vitamine ai minerali: la miglior difesa comincia a tavola
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Colpisce maggiormente chi ha il cuore malato. Quindi non solo i polmoni a differenza di quello che ci era stato detto fino a oggi. I dati sono riportati in uno studio condotto nel bresciano. Infatti, sono sempre più frequenti, nei soggetti positivi all’infezione da Sars-CoV-2, complicanze come infarti, embolie polmonari o, più in generale, di alterazioni di tipo trombo-embolico. Ad aggravare il quadro clinico già compromesso con il conseguente interessamento cardiaco sono i meccanismi legati alla tempesta infiammatoria e al rilascio di citochine, quindi, all'aumento della richiesta o al ridotto apporto di sangue al miocardio, a una diretta invasione miocardica del virus mediata dai recettori Ace2 o dall'ipercoagulabilità. In questi casi delicati, il coronavirus rischia di complicare un equilibrio circolatorio di per se instabile oppure innescare una vera e propria tempesta coinvolgendo la risposta infiammatoria e la coagulazione.
Questo è quanto emerge dalla ricerca condotta da Marco Metra, direttore dell'Unità di Cardiologia dell'ASST-Spedali Civili dell'Università di Brescia. L’indagine descrive per la prima volta il quadro clinico e la prognosi dei pazienti cardiopatici con infezione da Covid-19 e confronta i dati con quelli di altri pazienti senza patologia cardiaca. I risultati dello studio sono in pubblicazione sulla rivista scientifica European Heart Journal, la più accreditata a livello mondiale in ambito cardiologico. Ricordiamo che per cardiopatia si intende perqualsiasi malattia che interessa il cuore, strutturale (anatomico) o funzionale. Appartengono alla categoria delle cardiopatie per esempio le patologie che interessano le valvole del cuore (stenosi o prolasso), le malformazioni congenite e tutte quelle malattie che possono alterare il funzionamento della pompa cardiaca, compresi l’infarto miocardico e l’ischemia. Le cardiopatie si dividono in congenite, se presenti dalla nascita o acquisite, quando insorgono successivamente.
Lo studia dimostra che «i soggetti con cardiopatia positivi al Covid-19 hanno una prognosi più critica di quella già grave dei non cardiopatici con polmonite da Covid-19. Tra le cause di mortalità sono state la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), eventi trombo-embolici, tra cui l'embolia polmonare, e lo shock settico» spiega Metra al Sole 24Ore. «Gli studi eseguiti su casistiche cinesi – continua l’esperto - avevano già suggerito la maggiore suscettibilità per polmonite da Covid-19 dei soggetti cardiopatici e la possibilità di un danno cardiaco in corso d'infezione». «In questo studio – evidenzia il direttore dell’Unità di Cardiologia dell’ASST -, per la prima volta, sono descritte sia le caratteristiche cliniche che i fattori di rischio per aumentata mortalità di questi pazienti: età, storia d'insufficienza cardiaca, storia d'insufficienza renale, diabete». «Viene anche confermato il significato prognostico di alcuni semplici parametri laboratoristici quali la creatininemia (parametro del sangue che indica la funzionalità renale), la troponina plasmatica (indice importante per la salute del cuore), la linfopenia (carenza di specifici globuli bianchi)» conclude il ricercatore.
Lo studio è stato condotto su 99 pazienti con polmonite da Covid-19, di cui 53 con problemi cardiaci e 46 senza patologie cardiache. Tra i pazienti cardiopatici coinvolti nell’indagine, il 40% aveva uno storico di insufficienza cardiaca, il 36%, una fibrillazione atriale e il 30% una cardiopatia ischemica. L’età media dei soggetti è 67 anni e l'81% di sesso maschile. Durante il ricovero, il tasso di mortalità è stato del 26%, mentre negli altri pazienti sono stati registrati eventi tromboembolici (il 15%), sindrome da distress respiratorio acuto (il 19%) e uno shock settico (il 6 %). Dal confronto tra pazienti cardiopatici e non è emersa la mortalità più alta dei primi, rispettivamente il 36% contro il 15%. E di conseguenza, anche un tasso di eventi tromboembolici e di shock settico più elevati: rispettivamente il 23 contro il 6% e il 11% contro lo 0%.
Un lavoro che trova riscontro anche in un altro studio. L’autore, Alberto Boretti, esamina l’alta mortalità del Covid 19, la necessità di trovare misure efficienti e a basso costo per i pazienti in terapia intensiva e tutti quei meccanismi con cui il coronavirus arreca danno. E tra questi viene messa in evidenza anche la funzione virucida della tanto discussa vitamina C e l’azione immunomodulante e del completo controllo di quella che viene definita “tempesta di citochine” e dei vari indicatori di infiammazione. L’indagine di questo ricercatore italiano, infatti, esamina gli effetti della vitamina C per via endovenosa sulla risposta del sistema immunitario, le proprietà antivirali dell'IV Vit-C e infine le proprietà antiossidanti dell’acido ascorbico per affrontare in modo specifico le caratteristiche della tempesta di citochine della Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) che si verificano nel ciclo successivo della malattia infettiva SARS-CoV2. A Shanghai, il decremento del tasso di mortalità è stato ottenuto con la somministrazione di vitamina C per via endovenosa. Molti medici cinesi hanno confermato i risultati ottenuti dall’utilizzo della vitamina C contro il Covid-19. Pertanto, lo studio suggerisce di riesaminare urgentemente gli usi della vitamina C IV, pre e post infezione. Secondo gli esperti, infatti, l’acido ascorbico per via endovenosa aiuta a sviluppare una risposta del sistema immunitario più forte aumentando le attività antivirali.
COVID-19 e VITAMINA C: La resa dei conti
Secondo quanto riportato nella review “Intravenous vitamin C for reduction of cytokines storm in acute respiratory distress sindrome” (Vitamina C endovena per la riduzione della tempesta di citochine nella sindrome da difficoltà respiratoria acuta) forse, «la riduzione della tempesta di citochine negli ultimi stadi dell'infezione da Covid-19 è l'applicazione più significativa di IV Vit-C». L’indagine evidenzia anche la complessità della polmonite da Covid-19 con il relativo tasso di morbilità e mortalità. Infatti, l’infezione provoca una grave lesione polmonare che sfocia poi nella Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), un disturbo polmonare potenzialmente letale. «Questo processo spiega Boretti nell’articolo - impedisce all'ossigeno necessario di entrare nei polmoni e alla fine provoca la morte». «I coronavirus – si legge nello studio - aumentano lo stress ossidativo che favorisce il malfunzionamento cellulare e alla fine provoca insufficienza d'organo».
Questo processo che aiuta ad aumentare in modo considerevolmente lo stress ossidativo, a causa della generazione di radicali liberi e citochine porta, infine, a gravi lesioni cellulari e, nella peggiore delle ipotesi, anche alla morte. In base ai dati emersi fino ad ora, sembra evidente che la somministrazione di agenti antiossidanti insieme a terapie di supporto convenzionali collaudate svolga un ruolo importante nel controllo di un quadro clinico complesso come quello da SARS-CoV2. In ultimo, viene ribadita l’assenza di vaccini e farmaci antivirali adeguati per la pandemia e la conseguente importanza della vitamina C e altri antiossidanti, agenti estremamente utili nel trattamento clinico dell’ARDS. Lo studio conferma, infine, la sicurezza e l’efficacia di un sovradosaggio di vitamina C: «È importante sottolineare che la dose elevata di Vit-C IV è sicura ed efficace». «Qui esaminiamo – spiegano nel report - il principale meccanismo d'azione della Vit-C IV che aiuta a rafforzare il sistema immunitario, riduce la tempesta di citochine e inibisce i processi ossidativi, quindi, le proprietà antivirali saranno riviste, con particolare attenzione alla riduzione delle vie ossidative tipiche delle Covid19 ARDS».
Il Sole 24Ore "Covid-19 e cardiopatia, uno studio italiano apre la strada alle future ricerche sull’infezione"
European Heart Journal "CAPACITY-COVID: a European registry to determine the role of cardiovascular disease in the COVID-19 pandemic"
European Heart Journal "Life-threatening cardiac tamponade complicating myo-pericarditis in COVID-19 "
Pharma Nutrition "Intravenous vitamin C for reduction of cytokines storm in acute respiratory distress syndrome"
U.S. National Library of Medicine "Use of Ascorbic Acid in Patients With COVID 19"
Treatment for severe acute respiratory distress syndrome from COVID-19
Medicine in Drug Discovery "Can early and high intravenous dose of vitamin C prevent and treat coronavirus disease 2019 (COVID-19)?"
New York Post "New York hospitals treating coronavirus patients with vitamin C"
Daily Mail "New York hospitals are treating coronavirus patients with high dosages of VITAMIN C after promising results from China"
National Cancer Institute "High-Dose Vitamin C (PDQ®)–Health Professional Version"
Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936
Othomolecular "Shanghai Government Officially Recommends Vitamin C for COVID-19"
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Arriva la conferma a tutte le teorie su Covid e vitamina C. Uno studio che porta la firma di un ricercatore italiano, Alberto Boretti. Un articolo di medicina ufficiale, con 150 fonti, già consultabile, sarà pubblicato a giugno sulla rivista Pharma Nutrition, edita da Elsevier, il più grande editore mondiale nel settore medico-scientifico. Nel report vengono esaminati tutti gli aspetti importanti: si parte dall’alta mortalità del Covid 19, viene spiegata la necessità di trovare misure efficienti e a basso costo per i pazienti in terapia intensiva e poi si passa a esaminare tutti i meccanismi con cui il coronavirus arreca danno. Nella terza parte dello studio, poi, si evidenzia l’azione virucida della vitamina C, elencando tutti gli effetti notevolmente apprezzabili nei pazienti incubati e tutto, in un arco temporale decisamente stretto: si parla di due giorni. Viene sottolineata, altresì, la scarsa presenza di effetti collaterali nel trattamento oltre al basso costo per il sistema ospedaliero. Si parla anche di attività immunomodulante e del completo controllo di quella che viene definita “tempesta di citochine” e dei vari indicatori di infiammazione di cui sentiamo parlare ogni giorno.
Tra l’assenza di un vaccino in grado di arrestare la pandemia del Covid-19 e la controversa efficacia degli antivirali, seppur sviluppati per altre patologie, scelti come terapie dall’OMS, emerge la vitamina C per via endovenosa (IV Vit-C) come alternativa nel contrasto del virus. L’indagine di questo ricercatore italiano, infatti, esamina gli effetti della vitamina C per via endovenosa sulla risposta del sistema immunitario, le proprietà antivirali dell'IV Vit-C e infine le proprietà antiossidanti dell’acido ascorbico per affrontare in modo specifico le caratteristiche della tempesta di citochine della Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) che si verificano nel ciclo successivo della malattia infettiva SARS-CoV2. A Shanghai, il decremento del tasso di mortalità è stato ottenuto con la somministrazione di vitamina C per via endovenosa. Molti medici cinesi hanno confermato i risultati ottenuti dall’utilizzo della vitamina C contro il Covid-19. Pertanto, lo studio suggerisce di riesaminare urgentemente gli usi della vitamina C IV, pre e post infezione. Secondo gli esperti, infatti, l’acido ascorbico per via endovenosa aiuterebbe a sviluppare una risposta del sistema immunitario più forte aumentando le attività antivirali.
Secondo quanto riportato nella review “Intravenous vitamin C for reduction of cytokines storm in acute respiratory distress sindrome” (Vitamina C endovena per la riduzione della tempesta di citochine nella sindrome da difficoltà respiratoria acuta) forse, «la riduzione della tempesta di citochine negli ultimi stadi dell'infezione da Covid-19 è l'applicazione più significativa di IV Vit-C». L’indagine evidenzia anche la complessità della polmonite da Covid19 con il relativo tasso di morbilità e mortalità. Infatti, l’infezione provoca una grave lesione polmonare che sfocia poi nella Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), un disturbo polmonare potenzialmente letale. «Questo processo spiega Boretti nell’articolo - impedisce all'ossigeno necessario di entrare nei polmoni e alla fine provoca la morte». «I coronavirus – si legge nello studio - aumentano lo stress ossidativo che favorisce il malfunzionamento cellulare e alla fine provoca insufficienza d'organo». In sintesi, l'insufficienza polmonare (ARDS) è considerata la principale causa dell'azione di Covid19 sull'uomo. Questo processo che aiuta ad aumentare in modo considerevolmente lo stress ossidativo, a causa della generazione di radicali liberi e citochine porta, infine, a gravi lesioni cellulari e, nella peggiore delle ipotesi, anche alla morte. In base ai dati emersi fino ad ora, sembra evidente che la somministrazione di agenti antiossidanti insieme a terapie di supporto convenzionali collaudate svolga un ruolo importante nel controllo di un quadro clinico complesso come quello da SARS-CoV2. In ultimo, viene ribadita l’assenza di vaccini e farmaci antivirali inadeguati per la pandemia e la conseguente importanza della vitamina C e altri antiossidanti, agenti estremamente utili nel trattamento clinico dell’ARDS. Lo studio conferma, infine, la sicurezza e l’efficacia di un sovradosaggio di vitamina C.
«È importante sottolineare che la dose elevata di Vit-C IV è sicura ed efficace». Le proprietà antivirali della vitamina C aiutano a ridurre i sintomi e la mortalità. L'azione antivirale dell'acido ascorbico è nota dalle prime ricerche sulla poliomielite. «I vaccini clinicamente efficaci appropriati – spiegano i ricercatori - e gli antivirali specifici possono servire se sono disponibili». «Considerando la situazione attuale – viene ribadito -, dovrebbe essere considerato anche l'uso della Vit-C come agente antivirale, in particolare, la Vit-C può essere utilizzata da sola o in combinazione con altri medicinali disponibili per esercitare effetti sinergici positivi». «Qui esaminiamo – spiegano nel report - il principale meccanismo d'azione della Vit-C IV che aiuta a rafforzare il sistema immunitario, riduce la tempesta di citochine e inibisce i processi ossidativi, quindi, le proprietà antivirali saranno riviste, con particolare attenzione alla riduzione delle vie ossidative tipiche delle Covid19 ARDS».
«La vitamina C non fa male alle persone ed è uno dei pochi, se non l'unico, agente che ha la capacità di pevenire e trattare l'infezione COVID-19» è il messaggio che mandava al resto del mondo, qualche settimana fa, Richard Z. Cheng, MD, PhD, leader internazionale del team di supporto medico epidemico della vitamina C in Cina. Ricordiamo che il dottor Cheng è stato tra i primi a incoraggiare gli ospedali cinesi a implementare la terapia con alti dosaggi di vitamina C per IV. I medici coreani dell’ospedale di Onvit confermavano la capacità di un uso estensivo di alte dosi di vitamina C di rallentare notevolmente e immediatamente il virus o fermarne la crescita. Gli specialisti sottolineavano il ruolo importante svolto nella prevenzione della crescita dei virus, stimolando le difese immunitarie dell’organismo oltre che per il suo fondamentale effetto antivirale diretto sul virus. D’accordo anche il collega Andrew W. Saul, direttore del servizio di notizie di medicina ortomolecolare: «Il COVID-19 dovrebbe essere trattato con elevate quantità di vitamina C per via endovenosa».
Dopo Shanghai è la volta di New York. Gli ospedali curano i malati di Covid-19 con alti dosaggi di vitamina C. La notizia arriva dal New York Post «nel più grande sistema ospedaliero dello stato di New York, i pazienti gravemente malati di coronavirus, ricevono dosi massicce di vitamina C». Andrew G. Weber, pneumologo e specialista in terapia intensiva del Northwell Health a Long Island, racconta nell’intervista al NYP la somministrazione di 1.500 milligrammi di vitamina C tre o quattro volte al giorno ai pazienti affetti da Covid-19 e in terapia intensiva. Il dottor Richard Cheng evidenzia l’importanza di un intervento tempestivo: «È fondamentale una dose tempestiva e sufficientemente elevata di vitamina C per via endovenosa». «La vitamina C - spiega l'esperto - non è solo un noto antiossidante, ma è anche parte attiva nel contrasto dei virus e nella prevenzione della replicazione degli stessi. L'importanza della vitamina C per via endovenosa ad alte dosi non è solo a livello antivirale». E in ultimo Palermo. Anche qui è partita la sperimentazione di alte dosi di vitamina C somministrate per endovena ai soggetti positivi al coronavirus.
COVID-19 e Vitamina C: Anche Palermo si muove
Non dimentichiamo, tuttavia che l’uso dell’acido ascorbico contro le polmoniti e le infezioni polmonari è una pratica diffusa già dagli anni '30. Nel 1936 Gander e Niederberger, due medici tedeschi scoprirono che la vitamina C aveva la capacità di abbassare la febbre e riduceva il dolore nei pazienti affetti da polmonite (Gander and Niederberger "Vitamin C in the handling of pneumonia" Munch. Med. Wchnschr., 31: 2074, 1936). Mentre, un altro esperto tedesco otteneva risultati positivi con la somministrazione di 500 milligrammi di vitamina C, ogni novanta minuti, ai pazienti affetti da polmonite (Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936). Due medici americani, Slotkin & Fletcher, curarono con l’acido ascorbico un paziente che aveva sviluppato una grave infezione polmonare a seguito di un intervento (Slotkin & Fletcher, "Acido ascorbico in complicanze polmonari a seguito di chirurgia prostatica” Jour. Urol. , 52: 6 novembre 1944). Era il 1944 e due anni più tardi, la vitamina C veniva usata abitualmente dai chirurghi del Millard Fillmore Hospital, a Buffalo, come profilassi contro la polmonite. All’epoca, i medici militari curavano le polmoniti dei soldati con l’acido ascorbico iniettato per endovena.
Hochwald A. Beobachtungen "Ascorbinsaurewirkung bei der krupposen Pneumonie" Wien. Arch. F. Inn. Med. , 353, 1936
Journal of Rawalpindi Medical College "Efficacy of Vitamin C in Reducing Duration of Severe Pneumonia in Children" Khan IM et al 18 (1): 55-57
National Center for Biotechnology Information "The clinical effects of vitamin C supplementation in elderly hospitalised patients with acute respiratory infections" Int J Vitam Nutr Res 1994; 64: 212-19