La curcuma è conosciuta nella medicina tradizionale e popolare in tutto il mondo per le sue proprietà antinfiammatorie: infatti i componenti attivi quali alcaloidi, flavonoidi e terpenoidi sono in grado di frenare gli enzimi e le citochine pro-infiammatorie riducendo lo stress ossidativo.
L’infiammazione è un processo biologico che porta alla rottura dell’omeostasi (perdita equilibri interni) e può essere definita acuta o cronica a seconda della tipologia degli stimoli. La risposta che il nostro corpo mette in atto è quella di attivare il sistema immunitario per eliminare l’effetto dannoso indotto dall’infiammazione acuta;
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Tuttavia, il fallimento di questa risposta può sfociare nell’infiammazione cronica con una vera e propria cascata infiammatoria che predispone allo sviluppo di diverse malattie tra cui l’asma cronica, la malattia infiammatoria intestinale, la psoriasi, l’artrite reumatoide ecc. Diversi dati epidemiologici e studi sperimentali confermano che l’infiammazione e le infezioni croniche rappresentano fattori di rischio significativi per svariate patologie.
I composti bioattivi della Curcuma sono stati ben documentati sia in studi clinici che preclinici per le loro attività antinfiammatorie. I curcuminoidi sono stati ampiamente studiati per le loro attività biologiche su ulcera, fibrosi, batteri, virus, protozoi, fertilità, diabete, tumore, colesterolo e pressione arteriosa. Il costo limitato e la tolleranza nell’uomo ha fatto di questi composti una parte integrante nella ricerca sul cancro.
La curcumina (curcuminoide) è uno dei composti più rilevanti della curcuma ed il suo potenziale è ben noto in numerose patologie. Infatti ha proprietà:
Atoskar ha studiato l’impatto della curcumina dopo un’operazione per l’ernia inguinale o idrocele: per 6 giorni è stata somministrata una dose di 400mg di curcumina ed il punteggio di gravità sembrerebbe diminuito dell’84,2% con la riduzione di tutti i parametri dell’infiammazione.
Gli studi clinici hanno dimostrato che la curcumina è sicura nell’uomo, anche ad una dose di 12 g al giorno.
I primi ricercatori credevano fermamente che i curcuminoidi fossero componenti inimitalibi della curcuma per le attività antitumorali ma ad oggi sappiamo che esistono anche altre molecole bioattive nella curcuma avanti effetti sinergici equipotenti come i curcuminoidi, note come non curcuminiodi (privi di curcumina): lo studio di queste molecole ci ha permesso di scoprire le loro proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antitumorali (incluse neoplasie complesse e resistenti ai farmaci).
Diversi ricercatori hanno accumulato dati sulle attività biologiche dei non curcuminoidi e hanno rivelato il loro potenziale dinamico simile ai curcuminoidi mostrandosi efficienti e non tossici a livello del fegato. Sono stati riportati numerosi studi clinici sulla sicurezza e sull’efficacia terapeutica dei composti privi di curcumina tra cui possiamo citare:
Molte ricerche evidenziano che l’elemene potrebbe inibire la crescita tumorale di varie cellule a livello della laringe, polmone, ovaio, mammella e cervello: essendo lipofilo e molto piccolo, è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica promuovendo l’apoptosi (morte) delle cellule tumorali nel carcinoma al cervello.
- induce l’apoptosi (morte cellulare) nella leucemia mieloide cronica e nel linfoma istocitico
- sembra avere un potenziale promettente nelle cellule tumorali multiresistenti e nel cancro al colon-retto
- nel cancro al seno, le attività e la biodisponibilità della curcumina sono state potenziate dalla presenza tumeroni.
Uno studio recente ha dimostrato che l'utilizzo dell'intera spezia mostra un'efficacia superiore rispetto ai soli curcuminoidi, motivo per cui abbiamo volutamente inserito la curcuma all’interno del nostro Orac Spice (ogni dose contiene ben 3016 mg di curcuma!) il quale, oltre alla curcuma, contiene diverse spezie tra cui il pepe nero: quest’ultimo racchiude la piperina, un alcaloide che si oppone all’eliminazione della curcumina permettendole così di andare in circolo ad esplicare i suoi effetti (mediante il blocco della glucuronazione nel fegato e nell’intestino).
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Per approfondimenti:
Bibliografia
Salame, speck, mortadella, würstel, prosciutto cotto, pancetta, bacon, insaccati e carni a lunga scadenza. Ma anche pesce marinato e prodotti caseari. Obiettivo: preservarne integrità e colore. L’aggiunta per aumentare e migliorare la conservazione di affettati e insaccati. Composti chimici nemici della salute poiché potrebbero favorire l’insorgenza di tumori. Difatti, nitriti e nitrati contengono composti potenzialmente cancerogini e sono nocivi per il nostro organismo. Sotto il profilo igienico-sanitario, questi conservanti agiscono come antisettici e antimicrobici, difendendo le carni dalla pericolo del botulino. Inoltre, aiutano a preservare gli aromi di questi prodotti, contrastando l’azione dei microorganismi, e quindi, la relativa alterazione. Una pratica antica anche se il loro utilizzo nella realizzazione di questi prodotti si è ridotta intorno agli anni Sessanta e Settanta. Storicamente, i salumi venivano realizzati con il solo impiego di sale e spezie che fungeva anche da “conservanti naturali”. Particolare attenzione, infatti, era data al luogo in cui questi alimenti venivano poi conservati: sulle pareti di queste cantine si formavano muffe cariche di salnitro, in grado di stagionare e conservare perfettamente i questi cibi. Poi con la logica industriale di lavorazione e conservazione, l’impiego di nitriti e nitrati è diventato quasi necessario per garantirne la conservazione da contaminazioni batteriche e stabilizzando aspetto e aromi. Tuttavia, fortunatamente, ancora oggi si possono trovare in commercio salumi e insaccati di qualità realizzati artigianalmente come da antica tradizione ovvero, senza l’aggiunta di conservanti.
Ecco perché mangiare carne fa bene ed è fondamentale per la nostra salute
Inoltre, sulla nocività di questi composti chimici sono stati condotti numerosi studi scientifici. La stessa Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), che fa capo all’Organizzazione mondiale della Sanità, ha riconosciuto queste sostanze come probabilmente cancerogene. Presenti in natura, composte da azoto e ossigeno, utilizzate da tempo in forma sintetica. Le conseguenze negative sulla salute, tuttavia, è dovuto alle possibili trasformazioni chimiche che possono interessare soprattutto i nitriti, molto più pericolosi dei nitrati. I nitrati sono impiegati prevalentemente in agricoltura come fertilizzanti, ma vi si ricorre abbinandoli ai nitriti anche per conservare alcuni tipi di cibi a base di carne. Evidenze scientifiche dimostrano che, l’ingestione elevata o prolungata di nitriti e nitrati negli alimenti aumenta la probabilità di sviluppare tumori allo stomaco e all’esofago. Sconsigliate anche dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti che considera le nitrosammine come uno dei gruppi di sostanze cancerogene più potenti. La trasformazione in metaemoglobina, invece, è pericolosa in particolare per i più piccoli, poiché potrebbe provocare nei bambini scarsa ossigenazione e difficoltà respiratorie. Per contrastare l’azione nociva e le pericolose trasformazioni di nitriti e nitrati negli alimenti, fondamentalmente il contributo fornito dagli antiossidanti, tra cui, il più conosciuto e diffuso è sicuramente la vitamina C. Insomma, un inibitore delle nitrosammine per diminuirne la potenziale nocività. Oltre alla forte raccomandazione nella scelta di prodotti dove non sono presenti queste pericolose aggiunte.
Gli additivi e i conservanti alimentari aumentano il rischio di tumori. Gli additivi sono sostanze che vengono aggiunte agli alimenti, specialmente industriali, per preservarli da contaminazioni microbiche, irrancidimento e per migliorarne l'aspetto e la consistenza. I nitrati e i nitriti, utilizzati soprattutto nella conservazione della carne e degli insaccati, possono subire delle modificazioni chimiche che li trasformano in nitrosammine, molecole potenzialmente cancerogene. Un consumo eccessivo e prolungato di nitriti è associato ad aumento del rischio dei tumori dello stomaco e dell'esofago.
Sono dei composti chimici che vengono aggiunti principalmente ai salumi, dal prosciutto alla bresaola, dal salame al cotechino fino alla mortadella, con la funzione di conservanti e coloranti. In particolare, sono proprio nitriti e nitrati a conferire alla carne del salume il colore rosso vivo. Inoltre impediscono la crescita del botulino, che può provocare botulismo, molto pericoloso», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Alice Cancellato, biologa nutrizionista del Centro scienze della natalità e ginecologia oncologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ma perché questi composti sono considerati pericolosi per la salute? «I nitrati e, soprattutto, i nitriti vengono in parte convertiti in nitrosammine, composti con un potere cancerogeno soprattutto per i tumori allo stomaco e all’esofago. Va detto che non tutti vengono convertiti in nitrosammine, ma una parte sì. - Tuttavia, nitriti e nitrati non sono presenti in tutti i salumi - […] il prosciutto crudo di Parma e il San Daniele Dop non li contengono. Però questi prosciutti hanno un’elevatissima presenza di sale». Ma come riconoscerli? L’esperta poi suggerisce di prestare attenzione alle etichette. «C’è una dicitura: la E249, E250 per i nitriti, E251, E252 per i nitrati. Talvolta viene indicata solo la sigla, è bene controllare, perché possono essere aggiunti anche ad alcuni tipi di formaggi per evitare che si gonfino durante la fermentazione».
Alimentazione Gazzetta "Nitriti e nitrati, il lato amaro dei salumi. “Contengono composti potenzialmente cancerogeni”
AIRC "Gli additivi e i conservanti alimentari aumentano il rischio di tumori?"
Nature "Impact of meat and Lower Palaeolithic food processing techniques on chewing in humans"
La Stampa "La cottura (e la carne) ci ha resi intelligenti"
Il Giornale "La scienza sbugiarda i vegani: "La carne ci ha resi intelligenti"
Huffington Post "Mangiare carne ci ha resi quello che siamo oggi": una ricerca su "Nature" rivela il ruolo centrale nell'evoluzione dell'uomo"
Blitz Quotidiano "Carne, scienza rivela ruolo centrale nell’evoluzione uomo"
Meteo Web "Ci dispiace vegani, la carne ci ha resi intelligenti”: così il Time spiega uno studio pubblicato su Nature"
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L'assunzione di carne è fondamentale per la salute, ma nessuno ne parla
Anche la carne rossa fa bene, basta abbinarla con verdure e olio di oliva
La vittoria dei carnivori e l'umiliazione dei vegani: la carne ci ha reso umani. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature sull'importanza della carne nello sviluppo dell'uomo. E anche se l’uomo è da sempre onnivoro, nel tempo sono cambiate un po’ di cose, in primi la modalità di approvvigionamento del cibo. Secondo questa ricerca, infatti, mangiare proteine animali avrebbe contribuito all’evoluzione della specie. Una trasformazione avvenuta, oltre all’evidente livello anatomico anche da un punto di vista intellettivo. L’indagine nasce dal fatto che tempo fa, i nostri avi si nutrivano soprattutto con frutta e verdura, tuttavia, l’alimentazione poco equilibrata ed insufficiente li ha spinti, poco dopo, verso la scoperta di un’alternativa a quello che avevano mangiato fino a quel momento: la carne. Oltre al notevole apporto calorico e proteico rispetto a quello che mangiavo prima, il cibo ottenuto con la allora nuova pratica della caccia, era anche più nutriente e facile da masticare.
La vera evoluzione, quindi, è iniziata proprio dalla scoperta della carne. Come è avvenuto di conseguenza anche per la lavorazione e il taglio a differenza della cucina, invece, che è arrivata solo 500mila anni fa. «Cucinare è un fattore importante, ma non è l'unico da prendere in considerazione e anche il cibo lavorato, tagliato o fatto a pezzi, ha avuto effetti profondi su di noi» spiega il coautore dello studio Daniel Lieberman dell'Harvard University. La prova di questo cambiamento inizia in primis dal bisogno di mangiare carne e di strapparla dalle carcasse degli animali che ha portato allo sviluppo della dentatura umana. Come è avvenuto anche per il cranio e le ossa del collo. «Questi cambiamenti - evidenzia il ricercatore - non sarebbero forse stati possibili senza il consumo di carne insieme all'acquisizione di tecniche per lavorarla e cucinarla». In pratica, cominciare a mangiare carne 3 milioni di anni fa, potrebbe aver innescato una serie di conseguenze che hanno velocizzato la nostra evoluzione anche se forse in modo indiretto.
Nello studio “Effetto della carne e delle tecniche di elaborazione dei cibi del Paleolitico Inferiore sulla masticazione degli umani” (Impact of meat and Lower Palaeolithic food processing techniques on chewing in humans), gli scienziati hanno testato su alcuni volontari il numero di masticazioni e la forza impiegata per masticare diversi cibi presenti nel Paleolitico. I ricercatori sono giunti alla conclusione che un’alimentazione composta prevalentemente da carne, in considerazione dell’uso degli utensili in pietra utilizzati all’epoca per il cibo, avrebbe permesso all’uomo di risparmiare risorse fisiche e di tempo per mangiare. Quindi, essendo necessario un numero di pasti inferiore e potendo, in questi casi, masticare meno, l’articolazione della mandibola sarebbe diventata più forte, ma al tempo stesso, più agile e con denti più piccoli. L’indagine dimostra che la forza della mandibola necessaria era inferiore del 27% e il numero di masticazioni necessarie era minore del 18%. Mangiare carne, insomma, ci avrebbe permesso di dedicare meno tempo a masticare per concentrarci su altre pratiche, fornendo così ulteriori stimoli allo sviluppo delle nostre capacità cognitive. E tutto con il supporto di una dieta più completa, e quindi, di una quantità maggiore di calorie extra per alimentare un cervello più grande.
«L’uomo è ciò che mangia» sosteneva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach. E non dimentichiamo che l’uomo è onnivoro da sempre. Lo dimostra la storia: oltre 10mila anni fa eravamo cacciatori, dopo siamo diventati più stanziali, passando all’agricoltura e poi all’allevamento. La nostra grande vittoria si evidenzia col fatto di essere in grado di mangiare tutto. Altra teoria che si collega alla ricerca, quella dell’antropologo inglese Richard Wrangham che nel libro “L’intelligenza del fuoco”, sostiene che l’avvento della cottura non abbia reso l’uomo solo più espansivo, ma anche più arguto. In pratica, l'evoluzione dell'uomo non sarebbe stata possibile senza il consumo di carne insieme all'acquisizione delle tecniche necessarie a lavorarla e cucinarla. Quello che gli studiosi hanno voluto dimostrare è che, il consumo di carne, legato a tutta una serie di pratiche, in passato è stato fondamentale per il nostro sviluppo. Ciononostante questi fondamentali processi evolutivi, il nostro apparato digerente continua a essere quasi uguale a quello di un gorilla e molto simile a quello di altri animali erbivori. Nonostante questo, gli elementi indispensabili per vivere in salute sono presenti nei vegetali: vitamine, minerali, antiossidanti e fibre.
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