L’inconfondibile profumo e il sapore aspro del frutto d’inverno: gli agrumi. Utili alla nostra salute. Dalla prevenzione alla cura di influenze, raffreddori e malanni stagionali passando per i tanti benefici per l’organismo. Arancia e limone, ma anche lime, cedro, mandarino e pompelmo. Tra le caratteristiche fondamentali degli agrumi quella di dare energia, regolare il metabolismo, svolgere un’azione diuretica e garantire la regolarità intestinale. Questi importanti frutti sono ricchi di elementi (sali minerali, magnesio, ferro oltre alle vitamine A, B, e C) necessari al buon funzionamento del nostro organismo. Arancia, mandarino o limone? Immancabile sui banchi dei reparti di ortofrutta, l’arancia è uno degli agrumi più consumati in Italia. Dalla nota azione benefica per il cuore, per la circolazione e per la difesa del corpo dagli agenti chimici, fisici e ambientali, soprattutto durante la stagione invernale, rafforzando le nostre difese immunitarie contro virus e batteri. Dona, inoltre, energia favorendo un effetto antistress, aiuta la digestione e depura l’organismo. Energetico e dal dolce sapore, per le sue caratteristiche energizzanti, il mandarino è fortemente consigliato ad adulti e bambini che svolgono attività fisica. Al suo interno, la presenza di fibre facilita la regolarità intestinale. Noto soprattutto per l’elevata quantità di vitamina C, questo frutto è ideale per rafforzare le nostre difese immunitarie e nel contrasto alle influenze stagionali. Ottimi alleati per combattere le infiammazioni alla gola, raffreddori e influenze grazie alle loro proprietà antibatteriche. Ultimi, ma non per importanza, i limoni. Questi agrumi donano un senso di sollievo ai piccoli fastidi quotidiani, inoltre, grazie alla presenza di presenza di antiossidanti, il limone è considerato l’anticolesterolo per eccellenza.
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
Regina indiscussa dell’inverno, la vitamina C con il suo prodigioso effetto antinfiammatorio. Preziosa ancor più nella stagione fredda e soprattutto alle prese con questa pandemia e nella lotta al Covid, come condermano diverse ricerche uscite negli ultimi mesi, dovrebbe diventare un vero e proprio must. Insomma, sarebbe buona abitudine mantenere uno stile di vita capace di rinforzare le difese contro virus, batteri e malanni stagionali. Difatti, è proprio nel periodo che va dall’autunno alla primavera che vede le nostre difese immunitarie sottoposte a un maggiore stress, sia a causa del calo delle temperature che della minore esposizione ai raggi solari e anche del tempo trascorso, in prevalenza in luoghi chiusi. L’ascorbato, assunto sotto forma di alimentazione o integrazione, rappresenta un ottimo aiuto per il sistema immunitario, rinforzandolo. Le innumerevoli proprietà della vitamina C l’hanno inclusa nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e quindi, tra i più sicuri ed efficaci necessari al sistema sanitario. Valido supporto nella prevenzione delle malattie da raffreddamento da oltre trent’anni. La teoria della vitamina C contro il raffreddore diventa popolare intorno al 1970 quando, il premio Nobel Linus Pauling, pubblica un libro su come prevenire le malattie da raffreddamento con mega dosi di vitamina C. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Una sua carenza, per contro, si traduce in una condizione nota come lo scorbuto. Inoltre, diverse evidenze scientifiche indicano che la vitamina C si concentri nelle cellule del sistema immunitario e venga consumata piuttosto rapidamente durante un’infezione ovvero sintomi più lievi e durata inferiore.
Ad oggi, diversi studi hanno dimostrato che gli integratori di vitamina C assunti in chiave preventiva possono ridurre la durata del raffreddore. Questa metanalisi ha raccolto i dati di 43 studi sulla vitamina C e ha raggiunto le seguenti conclusioni sull’integrazione preventiva: la vitamina C dimezza il rischio di raffreddore nelle persone esposte a un intenso stress fisico (ad esempio corridori di maratona, sciatori o soldati in condizioni subartiche) e riduce la durata del raffreddore dell’8% negli adulti e del 14-18% nei bambini. Diminuisce anche la gravità del raffreddore in tutte le popolazioni, soprattutto nei bambini. Essenziale per la risposta antivirale nella fase iniziale dell’infezione influenzale, inoltre, una sua carenza sembra peggiorare il danno polmonare. E ancora uno studio su oltre 1.500 donne ha associato un’elevata assunzione di vitamina C a una ridotta incidenza di infezioni del tratto respiratorio superiore. A queste, si aggiunge, un’importante meta-analisi che ha indagato gli effetti della supplementazione di vitamina C sulla prevenzione (2.335 pazienti) e sul trattamento (197 pazienti) della polmonite. Secondo questo studio, l’integrazione preventiva può ridurre l’incidenza della polmonite dell’80%. Quando si parla di trattamento poi, la vitamina C può ridurre la durata, la gravità e la mortalità per polmonite. Infatti, in uno studio clinico su 30 pazienti con polmonite grave, la supplementazione di vitamina C ha ridotto: lo stress ossidativo, il danno al DNA e l’infiammazione (TNF -a e IL-6).
Nella figura il meccanismo schematico in cui una IA di vitamina C potrebbe modulare funzioni specifiche dei neutrofili (ROS e TNFα, mediata da IL-1β), inibendo le vie coinvolte nella formazione della trappola extracellulare dei neutrofili (NETosis) e riducendo la produzione incontrollabile di citochine infiammatorie nell'alveolare spazio. Potenziali effetti sulla riduzione della produzione di citochine sono stati ipotizzati anche nei linfociti e nei macrofagi. ROS, specie reattive dell'ossigeno; NFkB, fattore di trascrizione nucleare kappa B; ┴, stimolo di inibizione; freccia tratteggiata, effetto o produzione ridotti.
Noto che una carenza di vitamina C dovuta a un basso apporto nutritivo porti a una maggiore suscettibilità alle infezioni. Inoltre, come tutti sanno, un apporto maggiore di vitamina C, per contro, potenzia il sistema immunitario e l'uso degli integratori è considerato un rimedio, soprattutto invernale, per prevenire le malattie infettive. Tuttavia, è anche vero che una dieta equilibrata capace di soddisfare l'assunzione giornaliera di vitamina C influisce positivamente sul sistema immunitario e contribuisce, di conseguenza, alla riduzione della suscettibilità alle infezioni. Il comune raffreddore è una delle infezioni virali delle alte vie respiratorie (URTI) più diffuse, caratterizzata da tosse, stanchezza, febbre, mal di gola e dolori muscolari, che persistono per un periodo che va da pochi giorni a non più di 3 settimane. Con "raffreddore comune" si fa generalmente riferimento a una sindrome aspecifica causata da diversi virus, sebbene il rinovirus sia il patogeno coinvolto più frequentemente, essendo presente nel 30-50% dei malati. Infatti, un'integrazione di vitamina C potrebbe modulare l'infiammazione, con potenziali effetti positivi sulla risposta immunitaria alle infezioni. Infatti, la letteratura mostra che alte dosi di vitamina C per infusione endovenosa possono ridurre la produzione di citochine infiammatorie.
Senza trascurare poi, i suoi punti forti:
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Per approfondimenti:
Il Giornale "Agrumi: proprietà e benefici del frutto dell'inverno"
Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”
PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"
MDPI "Vitamin C and Immune Function"
Il Messaggero "Covid, influenza stagionale e coronavirus: come distinguere i sintomi in caso di febbre"
Centro meteo italiano "Coronavirus, influenza stagionale e raffreddore, come distinguerli: i sintomi e le caratteristiche"
Corriere della Sera "Coronavirus, come incide la dieta sulla forza del sistema immunitario"
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Dall’aumento degli ormoni dello stress al risveglio delle cellule tumorali “dormienti”. Questi i risultati su Science Translational Medicine. L’équipe di ricercatori dell’Università della Pennsylvania (Usa), guidato dall’italiana Michela Perego, hanno individuato, nei topi, un meccanismo biologico legato allo stress e all’infiammazione che può portare alla riattivazione delle cellule “dormienti” del cancro, favorendo di conseguenza le recidive. Gli studiosi sono partiti da uno dei grandi quesiti ad oggi ancora insoluti della ricerca sul cancro, ovvero la ricomparsa dei tumori. «Oggi sappiamo che il tumore può tornare perché alcune cellule si diffondono e rimangono quiescenti - spiega Perego - ma poco si sa su come, quando e perché si risveglino, e tornino a crescere». La domanda, quindi, è: cosa causa la loro riattivazione? Gli scienziati hanno condotto dei test in vitro e studiato alcuni topi con cellule dormienti di tumore del polmone, sottoposti a situazioni di stress. Hanno osservato che gli ormoni prodotti in risposta allo stress, come il cortisolo e la noradrenalina, agiscono su un particolare tipo di globuli bianchi, chiamati neutrofili, inducendoli a rilasciare delle proteine, S100 A8/A9. A loro volta queste proteine, negli animali studiati, hanno portato le cellule tumorali dormienti a riattivarsi e a diffondersi.
Per avere un’ulteriore conferma, i ricercatori hanno ripetuto l’esperimento somministrando a un gruppo di topi un beta-bloccante in grado di inibire gli effetti degli ormoni dello stress sui neutrofili, impedendo così la produzione delle proteine S100 A8/A9. Risultato: gli animali trattati con il farmaco hanno avuto un tasso di sopravvivenza migliore degli altri. Così hanno analizzato campioni di sangue di un piccolo gruppo di 80 pazienti (26 uomini e 54 donne tra 50 e 84 anni) con un tumore del polmone in fase iniziale (stadio I o II), in cura presso il New York University Medical Center. I campioni erano stati prelevati a tre mesi dall’intervento chirurgico, per evitare gli effetti diretti dello stress associato all'operazione e alla riabilitazione. Ebbene, i pazienti con livelli più alti delle proteine S100 A8/A9 hanno avuto maggiore probabilità di ammalarsi nuovamente nei 33 mesi successivi. «Pensiamo, però, che monitorare i livelli degli ormoni dello stress possa essere molto importante», sottolinea l’esperta. Le proteine individuate potrebbero quindi essere utilizzate come biomarcatori. Anche altre indagini hanno suggerito che i beta-bloccanti potrebbero aumentare la sopravvivenza di pazienti con tumore del polmone e ridurre il rischio di recidiva in pazienti con tumore al seno.
Insomma, una notizia positiva nella lotta al cancro. Anche gli scienziati del Cold Spring Harbor Laboratory avevano capito in che modo i tumori 'addormentati', ovvero in remissione, possono risvegliarsi. Una scoperta quella descritta su Science, progettata proprio per prevenire recidive e metastasi del cancro. Anche dopo il successo delle terapie anti-cancro, le cellule tumorali dormienti, che in precedenza si erano staccate dal tumore originale, possono ancora essere presenti nell'organismo. Quindi, se risvegliate, queste cellule possono proliferare e crescere, provocando tumori metastatici. Il team di scienziati, guidato da Mikala Egeblad, che studia le metastasi ai polmoni, ha identificato i segnali che accompagnano l'infiammazione in grado di risvegliare le cellule tumorali dormienti.
Come abbiamo visto le cause di insorgenza di un tumore possono essere legate a fattori ambientali e genetici. Quello che è certo è che molti dei fattori che compongono il nostro sangue ed il nostro organismo, possono essere modificati dal cibo e dal nostro stile di vita, dunque è ragionevole pensare che possiamo intervenire attivamente in prima persona per ridurre il rischio di ammalarci. Alcuni dei fattori interni che possono danneggiare il DNA e creare cellule tumorali, sono sicuramente i radicali liberi. Questi ultimi sono molecole molto nocive, prodotte normalmente dalle reazioni che avvengono nell’organismo umano: possono essere considerate come veri e propri rifiuti in grado di danneggiare le nostre cellule. Ciò si verifica perché i radicali liberi, essendo molto reattivi e instabili, nel tentativo di ritrovare il loro equilibrio, aggrediscono (ossidano) altre molecole presenti nel nostro organismo dando origine a sua volta a nuove molecole instabili, innescando così una reazione a catena che porta a danneggiare le strutture cellulari e ad accelerare l’invecchiamento. Se i radicali liberi non vengono prontamente neutralizzati possono creare o aggravare molti processi patologici, come quelli relativi all’apparato circolatorio, alle malattie degenerative (come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer) e persino quelli relativi all’insorgenza di alcuni tumori. L’azione dei radicali liberi si si verifica normalmente ogni giorno nel corpo umano, ma possono essere prodotti anche da agenti esterni come stress, inquinamento, fumo, raggi ultravioletti, etc… si legge in un articolo pubblicato su Fondazione Cesare Serono.
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Inoltre, il ruolo dello stress ossidativo (attribuito all’azione dei radicali liberi), e quindi, non solo nell’invecchiamento in sé, ma anche come fattore scatenante e corresponsabile di altre patologie. Tra i radicali liberi, i più pericolosi sono quelli chiamati ROS, o “specie reattive dell’ossigeno”, che si formano nell’organismo e che, se non vengono adeguatamente contrastati, scatenano reazioni che possono dare origine a danni cellulari, compromettere l’efficacia del sistema immunitario e perfino arrivare a ledere il DNA, accelerando l’invecchiamento dell’organismo e aumentando il rischio sia di una maggiore sensibilità alle malattie infettive, che sono ancora più pericolose in età avanzata perché predispongono a maggiori complicanze in caso di contagio, come ha dimostrato la pandemia di Covid-19, sia di sviluppare patologie gravi come tumori e malattie neurodegenerative, legate a loro volta al processo di invecchiamento. Sebbene l’elisir di lunga vita, inteso come "pozione" dell’immortalità, sia ancora un miraggio, grazie alle scoperte degli ultimi decenni, la scienza punta sempre più a contrastare gli effetti dell’invecchiamento soprattutto limitando l’azione dei ROS, non solo per combattere i segni che il tempo imprime sui volti di uomini e donne, come le rughe, ma anche per consentire di arrivare in salute a quella che in Giappone (primo Paese al mondo per longevità della popolazione) viene definita “seconda giovinezza” e che parte dal sessantesimo compleanno. Difatti, tra i segreti della lunga vita degli orientali, un ruolo di primo piano viene svolto senza dubbi dall’alimentazione grazie al consumo quotidiano di cibi fermentati: la ricerca medica ha infatti scoperto che il processo di fermentazione di alcuni alimenti ne modifica la composizione, aumentando il contenuto vitaminico e modificando il profilo enzimatico, con la formazione di molecole che nell’alimento fresco non si riscontrano. Queste molecole possono essere sfruttate come potenti antiossidanti per contrastare l’azione dei radicali liberi e perfino, in alcuni casi, per “riparare” i danni provocati dallo stress ossidativo.
La Repubblica "Cellule tumorali “dormienti”, uno studio indaga il ruolo dello stress"
Science Traslational Medicine "Reactivation of dormant tumor cells by modified lipids derived from stress-activated neutrophils"
Adnkronos "Tumori, ecco come il cancro 'addormentato' si risveglia"
SkyTg24 "Cortisolo, cos'è l'ormone dello stress e come abbassarlo"
Fondazione Cesare Serono "I radicali liberi"
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Ebbene si! Esiste un’alimentazione in grado di prevenire una lunga serie di condizioni infiammatorie. «Una dieta ‘preventiva’ di tutte le condizioni patologiche figlie del benessere, come il diabete, l’obesità, le patologie cardiovascolari, ma anche il cancro: per questo più che di dieta antinfiammatoria si dovrebbe parlare di stile di vita antinfiammatorio» spiega a Gazzetta Act!ve Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. «Lo stesso Covid-19 – prosegue l’esperta - ha alla base un processo infiammatorio. Un processo che può essere bloccato attraverso una dieta che sia però uno stile alimentare continuo, non un regime che si segue per un breve periodo e poi si abbandona» sottolinea. «Alla base ci sono quegli alimenti che vanno a contrastare i processi infiammatori innescati dallo squilibrio tra citochine pro-infiammatorie e citochine anti-infiammatorie. Ritrovando l’equilibrio si spegne l’infiammazione a livello cellulare». «In realtà ci sono stati infiammatori silenti, asintomatici. Ma se soffriamo di stipsi o di gastrite, per esempio, oppure abbiamo difficoltà a digerire o a dormire, potremmo avere in atto un processo infiammatorio, che può anche diventare cronico. E’ quindi bene bloccarla prima che cronicizzi, ascoltando questi segnali di allarme».
Alimentazione e salute: le virtù curative delle spezie
Lista della spesa alla mano, la nutrizionista ci suggerisce tutti i cibi da mettere nel carrello: «Sono molti gli alimenti che hanno proprietà antinfiammatorie e tra questi, non poteva di certo mancare lo zenzero. Conosciuto per le sue notevoli proprietà antinfiammatorie ed antibatteriche. Non dimentichiamo che le spezie, come dimostra lo studio condotto da un team di ricercatori della Pennsylvania State University, grazie alla capacità di frenare l’infiammazione che è alla base di alcune patologie molto serie, proteggono l’organismo da tumori, diabete e malattie cardiovascolari. La ricerca di questi scienziati, con l’utilizzato di un composto di spezie, nasce con l’obiettivo di studiare l'effetto postprandiale di una miscela di spezie sulle risposte infiammatorie delle citochine. L'infiammazione postprandiale che si verifica in concomitanza con iperglicemia e iperlipidemia dopo l'ingestione di un pasto ad alto contenuto di carboidrati (HFCM) è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD). Gli studiosi hanno dimostrato che l’aggiunta spezie riduceva sensibilmente questo rischio. L’indagine pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition, ha mostrato la capacità di questi ingredienti di apportare benefici per la salute, riducendo l’infiammazione dell'organismo. Precedenti ricerche avevano già collegato le spezie alle notevoli proprietà antinfiammatorie. Infatti, in passato, l'infiammazione cronica era stata associata anche a patologie non trascurabili come il cancro, le malattie cardiovascolari, il sovrappeso e l'obesità.
«Ma anche le verdure in generale sono ricche di polifenoli e carotenoidi, sostanze antinfiammatorie» sottolinea la biologa. Poi ci sono la vitamina C, la vitamina D e la vitamina E che hanno un’azione antinfiammatoria. Alcuni frutti di stagione, come kiwi e melograno, sono ricchi proprio di vitamina C e utili in questo senso. Come prevedibile, in cima alla lista degli ingredienti la regina delle vitamine: la vitamina C. Importante contributo in merito ai benefici di questo nutriente si legge nel libro di adriano panzironi, Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
Essa è fondamentale grazie alla sua interazione con gli elementi (enzimi, vitamine, minerali, etc...). Preziosa per la formazione del collagene, permette di migliorare la fase anabolica del nostro corpo, mantenendo il giusto equilibrio con la fase catabolica. La sua presenza è ancora più evidente nei processi di rimarginazione delle ferite, nella cura delle ustioni, nella riparazione delle pareti arteriose (anche dei capillari) e per il buono stato del muscolo cardiaco. È utilizzata dall’industria cosmetica per le creme anti rughe, visto l’effetto protettivo e rigenerativo che ha sulla pelle. Tale vitamina ha ottenuto molti riconoscimenti per la sua funzione antisclerotizzante, agendo su più fronti di questa patologia. Innanzitutto brucia le concentrazioni di grassi che si depositano sulle pareti delle vene e nel contempo partecipa alla riparazione dell’epitelio interno delle arterie, impedendo la riformazione aterosclerotica. Inoltre l’acido ascorbico, riduce del 15-20% il tasso di colesterolo nel sangue. Questa vitamina ha un effetto antitossico. Ma forse l’effetto più conosciuto della vitamina C è quello di contrastare le infezioni batteriche.
E poi c’è un altro alleato prezioso che influenza e rinforza il nostro sistema immunitario. Si legge ancora nel libro:
Le cellule dendritiche, come abbiamo spiegato, hanno il compito d’inglobare l’anti-gene, giungere fino ai linfonodi (dove si trovano i linfociti T vergini), maturare e trasmettere le informazioni del gene da combattere. La vitamina D si lega al recettore (Dvr) e permette la maturazione delle cellule dendritiche, che possono così attivare la duplicazione dei linfociti specifici contro l’anti-gene identificato. La carenza di vitamina D diminuisce il numero di cellule dendritiche mature, allungando il tempo di reazione immunitaria del corpo. E’ per questo motivo che d’inverno esistono le epidemie da influenza. Se ci pensate bene, i virus vivono meglio al caldo e d’estate è molto più facile entrare in contatto con i fluidi corporei (sudiamo di più e siamo più scoperti). Ma nonostante ciò non ci sono epidemie influenzali. Il motivo è che siamo più forti (prendiamo il sole, attivando la vitamina D) ed i virus non riescono a sopraffarci. La vitamina E è assorbita in presenza degli acidi biliari nell’intestino e trasportata nel fegato dove viene depositata. La proprietà più importante di tale vitamina è la capacità antiossidante nella guerra ai radicali liberi. Difatti una molecola è in grado di proteggere dall’ossidazione 1.000 molecole di acidi grassi (polinsaturi e saturi), aumentando del 100% la resistenza all’ossidazione delle lipoproteine. La sua azione antiossidante protegge le cellule dalle mutazioni cancerose. Per ultimo, ma non meno importante, la vitamina E sopprime l’azione di diverse citochine pro-infiammatorie: l’interleuchina 1 (IL1) e 6 (IL6), entrambe responsabili di una serie di patologie croniche. Utilizzata per trattare diverse malattie quali il morbo di Parkinson, le malattie reumatiche, le malattie gastrointestinali, la distrofia muscolare, la sclerosi multipla, l’Alzheimer, le vene varicose, il diabete, la malattia di Crohn, le cefalee, la sindrome mestruale e per il rafforzamento delle difese immunitarie.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
«E poi semi oleaginosi e frutta secca sono un vero e proprio concentrato di sostanze benefiche: contengono omega 3 e vitamina E» evidenzia la biologa. Tra gli effetti protettivi degli omega 3, tra i più rilevanti, ricordiamo sicuramente l’azione antiaggregante piastrinica o effetto antitrombotico, il controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi, la riduzione del rischio di problemi cardiovascolare, il controllo della pressione arteriosa mantenendo fluide le membrane delle cellule, e dando elasticità alle pareti arteriose. Per supportare e favorire l’introduzione degli omega 3 sarebbe opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali di pesce, in particolare sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardina e aringa. Oppure in alternativa di avvalersi del supporto di integratori alimentari. Altra importante fonte di omega 3 sono i semi di lino, valido supporto per sopperire alla carenza di questi preziosi acidi. Tuttavia, ce ne sono altri che sarebbe meglio evitare. «Sicuramente alcolici e bevande zuccherate». Inoltre, un'ultima raccomandazione a tutti gli sportivi. «Chi fa sport ha un livello di infiammazione un po’ più alto a causa dello stress ossidativo prodotto dall’attività sportiva, che produce più citochine infiammatorie. La vitamina C è fondamentale proprio per bloccare l’infiammazione a livello cellulare. Ma in generale gli sportivi dovrebbero seguire un'alimentazione particolarmente ricca di antiossidanti».
OMEGA 3, ecco perché è importante integrarli per la nostra salute
Gazzetta dello Sport "Ecco la dieta antinfiammatoria, uno stile alimentare per prevenire le patologie dell’era moderna"
Sky Tg24 "I benefici delle spezie, possono aiutare a ridurre l'infiammazione"
The Journal of Nutrition "Spices in a High-Saturated-Fat, High-Carbohydrate Meal Reduce Postprandial Proinflammatory Cytokine Secretion in Men with Overweight or Obesity"
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La dieta con le spezie, un sapore in più e tante proprietà salutari
Al via con la ricetta del benessere. Una miscela di spezie per vivere in salute. Dai tanti benefici alla riduzione dell’infiammazione per l’organismo. Quindi, non solo per rendere più gustosa una pietanza. Non dimentichiamo che le spezie, come dimostra lo studio condotto da un team di ricercatori della Pennsylvania State University, grazie alla capacità di frenare l’infiammazione che è alla base di alcune patologie molto serie, proteggono l’organismo da tumori, diabete e malattie cardiovascolari. La ricerca di questi scienziati, con l’utilizzato di un composto di spezie, nasce con l’obiettivo di studiare l'effetto postprandiale di una miscela di spezie sulle risposte infiammatorie delle citochine. L'infiammazione postprandiale che si verifica in concomitanza con iperglicemia e iperlipidemia dopo l'ingestione di un pasto ad alto contenuto di grassi saturi e alto contenuto di carboidrati (HFCM) è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD). Gli studiosi hanno dimostrato che l’aggiunta spezie riduceva sensibilmente questo rischio.
L’indagine pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition, ha mostrato la capacità di questi ingredienti di apportare benefici per la salute, riducendo l’infiammazione dell'organismo. Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che quando i partecipanti allo studio consumavano un pasto con l’aggiunta di sei grammi di una mescolanza di spezie, questi manifestavano marcatori di infiammazione più bassi rispetto a un pasto privo di queste sostanze. Gli studiosi hanno utilizzato un miscuglio a base di basilico, alloro, pepe nero, cannella, coriandolo, cumino, zenzero, origano, prezzemolo, peperoncino, rosmarino, timo e curcuma. Ognuna con notevoli proprietà e combinate per ottenere il massimo dei benefici. E laddove non è possibile sfruttare queste proprietà con una sana ed equilibrata alimentazione, c'è sempre la corretta integrazione.
La ricerca è stato condotta su 12 uomini di età compresa tra i 40 e i 65 anni, in sovrappeso o obesi e con almeno un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. A tutti i partecipante sono stati somministrate tre versioni di un pasto ricco di grassi saturi e carboidrati in tre giorni separati: uno senza spezie, uno con due grammi di miscela di spezie e uno con sei grammi di miscela di spezie. I ricercatori hanno poi prelevato campioni di sangue prima e dopo ogni pasto, per rilevare i parametri infiammatori. Dopo aver analizzato questi valori, gli esperti hanno scoperto che le molecole infiammatorie chiamate “citochine” sono state ridotte dopo il pasto contenente sei grammi di spezie rispetto al pasto che ne conteneva una quantità inferiore o nessuna. Sei grammi, hanno spiegato i ricercatori, sono approssimativamente l’equivalente di un cucchiaino o di un cucchiaio, a seconda delle modalità di disidratazione.
Spezie utili per la salute: curcuma, zenzero, cannella e peperoncino
Precedenti ricerche avevano già collegano le spezie alle notevoli proprietà antinfiammatorie. Infatti, in passato, l'infiammazione cronica era stata associata anche a patologie non trascurabili come il cancro, le malattie cardiovascolari, il sovrappeso e l'obesità, che colpiscono circa il 72% della popolazione americana. Inoltre, in studi più recenti, gli scienziati hanno scoperto che l'infiammazione dell’organismo potrebbe aumentare, dopo un pasto, a seguito del consumo di una quantità eccessiva di grassi o zucchero. Le spezie, stando a quanto dimostrato in queste ricerche, hanno la capacità di inibire la crescita dei tumori, prevenire danni al DNA e mutazione cellulare.
Una pratica ben consolidata che affonda le sue radice nella notte dei tempi. Dagli egizi agli antichi romani. Infatti, non tutti sanno che quando non esistevano ancora le medicine, i dottori che curavano le persone con rimedi naturali, venivano chiamati “speziali”. Ma non solo. Fonti di vitamine, minerali e antiossidanti, oltre a depurare e proteggere l’organismo, sono in grado di lavorare con il metabolismo nella combustione dei grassi e garantendo il senso di sazietà per un periodo di tempo maggiore. Questo processo si innesca attraverso la funzione termogenica, ovvero con un aumento della temperatura corporea.
Utilizzato dai fenici sia tavola che come rimedio para medico, il cumino, oltre alla sua notevole peculiarità di insaporire la carne alla brace è anche efficace per alleviare le coliche addominali. Ottimo digestivo e prezioso per curare l’intestino e rafforzarne le difese immunitarie, grazie alle sue proprietà antibatteriche e virali.
Non solo come ingrediente principale del curry, la curcuma, è infatti rinomata da sempre, grazie al suo costituente attivo, la curcumina, noto antiossidante e antinfiammatorio per antonomasia. Apprezzata per contrastare crampi, dolori muscolari e reumatici, artrite, problemi digestivi e stress e riconosciuto come rimedio naturale contro il colesterolo alto. Da non trascurare poi, la sua capacità di rallentare processi e malattie dell’invecchiamento correlati all’infiammazione.
Dolci, salati e bevande. Estremamente versatile in cucina veniva consumato già nell’antichità per combattere nausea e vertigini. Oggi è diffuso soprattutto come tisana brucia grassi, nonché ottimo rimedio naturale contro influenza, raffreddore e mal di gola. Lo zenzero, comunemente noto come potente rimedio per il mal di pancia e forte antinfiammatorio capace di contrastare infiammazioni come la proteina C reattiva. Valida difesa contro l’ulcera e ottimo supporto per alleviare dolori mestruali e diarrea. Ricco vitamina B6 e vitamina C e di minerali come potassio, rame, manganese, magnesio, niacina, fosforo e ferro.
L’ingrediente fondamentale di una delle bevande estive più conosciute: la sangria. I chiodi di garofano sono tra i più antichi rimedi per il mal di denti. Potenti antiossidanti e difensori del sistema cardio circolatorio sono ricchi di vitamina A e vitamina C.
Ricca di capacità antiossidante e ottima per corpo e mente. È il turno della cannella che aiuta a rallentare il processo di invecchiamento, ridurre lo stress ossidativo e liberare il corpo dalle tossine. Alcuni studi hanno dimostrato che questa spezia potrebbe contrastare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson proteggendo i neuroni nel nostro cervello e inibendo le proteine collegate a queste malattie. Preziosa anche per la gestione dei livelli di zucchero nel sangue e di insulina. Oltre a garantire tanti benefici per una pelle più sana e bella.
Da non dimenticare, poi, il peperoncino, oltre all’interessante binomio con il cioccolato fondente è anche un potente alleato per alleviare i sintomi del mal di gola e dell’influenza, riduce il gonfiore dovuto alla presenza di aria nell’intestino.
La salvia, la spezia della mente, ricca di vitamina K, è raccomandata per normalizzare i livelli del colesterolo e per aumentare la capacità cognitiva e fornire, quindi, una maggiore spinta celebrale. Ottima alleata per aumentare il ricordo e la conservazione della memoria. Importante migliorare la glicemia nei soggetti i diabetici e per trattare i sintomi della menopausa.
Concentrato di nutrizione, antiossidanti e ricco di vitamina A, B, C, K e ferro. È la volta del prezzemolo. Fondamentale per ridurre i danni dei radicali liberi e i marcatori di stress ossidativo. Fonte di un minerale prezioso come il calcio, è considerata una pianta chemioprotettiva grazie alle sue proprietà in grado di combattere i danni al DNA. Alleato dei reni, agisce come diuretico naturale, fondamentale anche come antibatterico e antimicotico.
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MSN "I benefici delle spezie nell'alimentazione sana"
Letto Quotidiano "Spezie ed erbe aromatiche in cucina che hanno benefici sulla tua salute"
Proiezioni di Borsa "Lasciare nel cassetto le medicine e curarsi con le spezie"
Ricerche confermato impiego della curcuma nel trattamento del cancro
Ricerca: ecco erbe aromatiche e spezie per prevenire il cancro
Ricercatori: la cannella riduce la reazione delle allergie