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Gli anziani che mangiano cibi ad alto contenuto di carboidrati e zuccheri (come cappuccino e brioches, marmellate, merendine) hanno un rischio quasi quattro volte maggiore di sviluppare demenza, in base ai risultati di un nuovo studio. I ricercatori della Mayo Clinic hanno scoperto che quelli di oltre 70 anni che consumano molte proteine e grassi rispetto ai carboidrati hanno meno probabilità di deterioramento cognitivo. "Pensiamo che sia importante assumere un sano equilibrio di proteine, carboidrati e grassi, perché ognuno di questi nutrienti ha un ruolo importante nel corpo", ha detto l'autore Rosebud Roberts. I ricercatori hanno monitorato 1.230 persone da 70 a 89 anni che hanno fornito informazioni su cosa hanno mangiato durante l'anno precedente. A quel tempo, la loro funzione cognitiva era stata valutata da un gruppo di esperti formato da medici, infermieri e neuropsicologi. Di questi partecipanti, solo ai circa 940 che non hanno evidenziato segni di deficit cognitivo è stato chiesto di tornare per le valutazioni successive della loro funzione cognitiva.

Dopo circa quattro anni dall'inizio dello studio, 200 di questi 940 cominciavano a mostrare decadimento cognitivo lieve e problemi di memoria, linguaggio, pensiero e giudizio maggiori rispetto ai normali cambiamenti legati all'età. Quelli che hanno riferito l'assunzione massima di carboidrati all'inizio dello studio avevano una probabilità 1,9 volte maggiore di sviluppare deterioramento cognitivo lieve rispetto a quelli con un apporto di carboidrati più basso. I partecipanti con l'apporto più elevato di zucchero avevano una probabilità 1,5 volte maggiore di sperimentare decadimento cognitivo lieve rispetto a quelli con livelli più bassi.

Tuttavia, coloro la cui dieta conteneva più grassi avevano il 42 per cento in meno di probabilità di fronteggiare un danno cognitivo, e coloro che hanno avuto la più alta assunzione di proteine avevano anche un rischio monore del 21 per cento. Prendendo in considerazione l'assunzione totale di grassi e proteine, le persone con l'assunzione più alta di carboidrati avevano 3,6 volte più probabilità di sviluppare decadimento cognitivo lieve.
"Un elevato consumo di carboidrati potrebbe essere un male, perché i carboidrati influiscono sul metabolismo del glucosio e dell'insulina", ha detto Roberts in un comunicato, ribadendo che "lo zucchero alimenta il cervello - quindi un consumo moderato è buono. Tuttavia alti livelli di zucchero possono effettivamente impedire al cervello di utilizzare lo zucchero. Simile a ciò che vediamo col diabete di tipo 2".

Per approfondimenti:

Associazione Alzheimer Onlus "Zucchero e carboidrati possono alzare il rischio di demenza"

Certo può piacere o non piacere. Chi lo apprezza e lo consuma sappia che il pepe è una spezia con caratteristiche molto interessanti.

1 – Digestivo
Il pepe è uno stimolante della secrezione di enzimi digestivi e della bile. Perciò è un digestivo a tutti gli effetti. Un cibo pepato viene digerito e assimilato prima e transita più velocemente nel nostro intestino. Gli indiani direbbero che il prevalere di Pitta nel pepe rafforza Agni, “il fuoco digestivo”. L’India è la “patria” del pepe, ma anche in Cina il pepe entra nelle ricette per la digestione difficile.

2 – Ottimo per l’intestino
L’olio essenziale di pepe, ma ovviamente anche i grani, contengono la piperina, una molecola attiva a livello intestinale con effetti benefici. Si è visto che aumenta la lunghezza dei villi intestinali, rendendo l’intestino più efficiente e favorendone la mobilità. Tradizionalmente, anche nella medicina occidentale, il pepe nero rientra nelle miscele di erbe usate per trattare i disturbi della motilità intestinale (intestino pigro, ecc.).

3 – Anti-ossidante
La piperina a basse dosi, come quelle che assumiamo con l’alimentazione, è anche un buon antiossidante. Si è visto che l’aumento delle difese antiossidanti dovuto alla piperina agisce sulle LDL (il colesterolo cattivo) rendendolo meno nocivo. Il pepe limita l’ossidazione dovuta a un eccessivo consumo di grassi.

Altri due effetti della piperina, attualmente sotto indagine:

4 – Anti-infiammatorio
Contribuisce a spegnere l’infiammazione, anche se non esistono per ora applicazioni sui pazienti con malattie infiammatorie.

5 – Protettivo per il cervello
La piperina ha anche un effetto protettivo contro la neurodegenerazione. Negli esperimenti migliora la memoria.

E in Cina?
Anche l’antica Cina importava pepe dall’India. E infatti il pepe si è ritagliato un ruolo importante nella medicina tradizionale cinese. Lo chiamavano Hu jiao. Si usava per risolvere i problemi digestivi e la lentezza, la scarsa reattività, dovuta ad un eccesso di freddo. Veniva anche proposto per la diarrea cronica dei bambini o le nefriti. E rientrava tra gli ingredienti di complesse ricette a base d’erbe per il trattamento di alcuni tipi di tumori.

Ovviamente, se si esagera, il pepe può essere irritante per lo stomaco, da evitare in caso d’ulcera.

Fonte: L'Altra Medicina

Uno scarso apporto proteico lascia affamati anche se le calorie assunte sarebbero già abbastanza. Qual è il segreto di una dieta efficace? Secondo gli esperti a giocare un ruolo fondamentale è un'alimentazione non solo ipercalorica, ma anche bilanciata. A sostenerlo sono anche gli autori di un'analisi pubblicata su Obesity Reviews, che ha concentrato l'attenzione sul rapporto tra il livelli di proteine presenti nella dieta quotidiana e le calorie assunte nel corso della giornata. I risultati non lasciano spazio a dubbi. Come spiega Alison Gosby, primo autore dello studio, “se si tagliano le calorie, ma non si considera l'apporto di proteine, ci si sentirà affamati e la dieta non avrà successo”.

Gosby e colleghi hanno analizzato i risultati di 38 ricerche che hanno valutato l'apporto calorico di diversi regimi dietetici, scoprendo che la riduzione del consumo di proteine è associata ad un aumento delle calorie assunte e, quindi, a un maggior rischio di sovrappeso e obesità. “Indipendentemente dall'età o dall'indice di massa corporea, l'appetito nei confronti delle proteine è così forte che si continuerà a mangiare finché non se ne saranno assunte abbastanza - ha spiegato Gosby – il che significa che si mangerà molto più di quanto si dovrebbe”. La ricercatrice non raccomanda di aumentare il consumo di cibi proteici. Il problema principale, infatti, non è un ridotto consumo di proteine, ma il fatto che molte persone si garantiscono un'assunzione adeguata di questi nutrienti esagerando con la quantità di cibo consumato. Non solo, Gosby ha sottolineato che le diete ad elevato contenuto di proteine sono, in generale, “insostenibili”. Il consiglio dell'esperta è invece quello di seguire una dieta bilanciata e mangiare in modo salutare. “Prepararsi da sé i pasti, piuttosto che affidarsi a cibi processati ricchi di energie e poveri di proteine, potrebbe fare una differenza enorme nella quantità di cibo che si ha bisogno di consumare”

Fonte: Il Sole 24Ore

Quasi la metà dei tumori nel Regno Unito, circa il 40%, è causata da uno stile di vita malsano: a sostenerlo è uno studio pubblicato sul British Journal of Cancer dai ricercatori del Cancer Research britannico guidati da Max Parkin, secondo cui limitare al minimo fattori di rischio come fumare, essere sovrappeso, fare poca attività fisica, bere alcol, mangiare cibi con troppo sale e non avere figli potrebbe aiutare a dimezzare i casi di cancro. In particolare il fumo risulta essere il fattore di rischio più importante poiché provoca, da solo, quasi 1 tumore su 5. «Guardando i dati emerge che circa il 40% di tutti i tumori sono causati da fattori che hanno per lo più il potere di cambiare», spiega Parkin.

Dallo studio emerge che l'alcol è responsabile del 6,4% dei tumori al seno e di quasi 1 tumore al fegato su 10. Tre casi di cancro allo stomaco su 4 potrebbero essere evitati non fumando, mangiando meno salato e consumando quantità maggiori di frutta e verdura. L'obesità, poi, risulta legata a più del 5% dei casi di cancro, di cui un terzo tumori dell'utero, mentre la mancanza dell'allattamento al seno è connessa al 3% dei tumori al seno e al 17% dei tumori ovarici. «Non ci aspettavamo di scoprire che mangiare frutta e verdura si sarebbe rivelato così importante nella protezione degli uomini contro il cancro - spiega Parkin -. E tra le donne non ci aspettavamo che l'essere in sovrappeso avesse un'influenza maggiore del consumo di alcol». Eliminare i fattori che predispongono all'insorgenza dei tumori potrebbe anche aiutare, spiega Harpal Kumar, direttore generale del Cancer Research britannico, a ridurre il rischio di sviluppare altre patologie mortali come malattie cardiache, problemi respiratori e patologie renali. In particolare per quanto riguarda i tumori, spiega Kumar, la maggior parte delle persone ignora che con uno stile di vita sano possono essere evitati un quarto dei casi di cancro al seno e la metà dei tumori colorettali.

Fonte: Il Sole 24Ore

Alti livelli della molecola che controlla il sonno allontanano lo spettro di un tumore avanzato alla prostata. La scoperta
Fra cancro alla prostata e disturbi del sonno corre un legame insospettabile. A stabilirlo è la melatonina, sostanza naturalmente prodotta dall'organismo umano nota per il suo coinvolgimento nel controllo dei ritmi i sonno-veglia.

Gli esperti ne hanno parlato in occasione dell'AACR-Prostate Cancer Foundation Conference on Advances in Prostate Cancer Research, conferenza che si conclude proprio oggi a San Diego durante la quale Sarah Markt, dottoranda del Dipartimento di Epidemiologia dell'Harvard School of Public Health di Boston, ha presentato i risultati di uno studio secondo cui alti livelli di melatonina riducono ben del 75% il rischio di avere a che fare con un cancro alla prostata in fase avanzata.

La carenza di sonno ed altri fattori possono influenzare la quantità di melatonina secreta o bloccarla del tutto
ha spiegato Markt e i problemi di salute associati a bassi livelli di melatonina, sonno interrotto, e/o interruzioni del ritmo circadiano sono molti, incluso un potenziale rischio di tumori.
Insieme ai suoi colleghi, la ricercatrice ha studiato questo fenomeno in un gruppo di 928 uomini islandesi che tra il 2002 e il 2009 sono stati coinvolti in uno studio che ha previsto un'iniziale raccolta di campioni di urina e la compilazione di questionari su eventuali problemi di sonno. Un uomo su 7 ha dichiarato di avere problemi ad addormentarsi, uno su 5 a rimanere addormentato e quasi uno su 3 di assumere medicinali per dormire.
Quando l'attenzione dei ricercatori si è spostata sui livelli di melatonina e di 6-sulfatossimelatonina (il principale prodotto della degradazione della melatonina) nelle urine è emerso sia il legame con i disturbi del sonno, sia quello con il rischio di cancro alla prostata. Se, infatti, da un lato i livelli di 6-sulfatossimelatonina sono risultati ridotti negli uomini che hanno riportato problemi ad addormentarsi o a rimanere addormentati e in quelli che assumevano farmaci per dormire, dall'altro livelli di questo derivato della melatonina superiori rispetto alla media (pari a 17,14 nanogrammi per millilitro di urina) sono risultati associati a una riduzione del 75% del rischio di cancro alla prostata avanzato.

Come ha sottolineato Markt, la scoperta dovrà essere confermata da altri studi, ma fornisce nuove prove che evidenziano ulteriormente l'importanza di mantenere un ritmo sonno-veglia corretto.
Dato che i livelli di melatonina sono potenzialmente modificabili ha spiegato Markt, sono giustificati ulteriori studi sulla melatonina e il rischio di cancro alla prostata e del suo sviluppo.
In particolare, la ricercatrice ha sottolineato l'importanza di concentrare l'attenzione futura sul legame tra la durata del sonno, i problemi del sonno e livelli della melatonina e il rischio di questo tumore.

Benessere Blog

“Potreste fare un piccolo, ma positivo cambiamento nello stile di vita per aiutare a ridurre il rischio di ictus aggiungendo ogni giorno tè verde all’alimentazione”. E’ questo il suggerimento di Kokubo Yoshihiro, autore principale di uno studio che ha dimostrato che sia il tè verde, sia il caffè riducono la probabilità di avere a che fare con questo problema, soprattutto se entrambi sono consumati regolarmente. La ricerca, pubblicata su Stroke: Journal of the American Heart Association, ha esaminato il consumo di queste bevande da parte di più di 80 mila giapponesi, ma considerando il fatto che tè e caffè sono le due bevande più diffuse al mondo dopo l’acqua lascia ipotizzare che i risultati ottenuti siano universalmente validi. E dato che basta berne poche tazze al giorno per ridurre significativamente il rischio di ictus, forse vale la pena di seguire il consiglio di Yioshihiro.

Come se non bastasse, tanto più se ne beve, tanto maggiore è l’effetto protettivo. Infatti monitorando lo stato di salute dei partecipanti per un tempo medio di 13 anni Kokubo e colleghi hanno scoperto che: bere almeno una tazza di caffè al giorno riduce il rischio di ictus del 20%; berne 2 o 3 di tè verde lo riduce del 14%, mentre berne almeno 4 lo riduce del 20%; bere almeno 1 tazza di caffè o 2 di tè verde al giorno riduce del 32% il rischio di emorragie cerebrali, associate al 13% degli ictus. Questi risultati aggiungono nuovi benefici ai già noti vantaggi del consumo di tè verde e si uniscono agli indizi raccolti in passato sul ruolo protettivo del caffè. L’abitudine regolare di bere tè, caffè fa molto bene alla salute cardiovascolare perché contribuisce in parte ad impedire ai coaguli di sangue di formarsi ha spiegato il ricercatore.

Il meccanismo esatto messo in moto da queste bevande non è, però, stato ancora identificato. Nel caso del tè l’ipotesi formulata chiama in gioco le catechine, molecole antiossidanti e antinfiammatorie che aumentano le capacità antiossidanti del plasma e contrastano la formazione dei coaguli. Nel caso del caffè, invece, potrebbe essere l’acido clorogenico a ridurre il rischio di ictus agendo su quello di sviluppare il diabete.

Fonte: Benessereblog.it

Negli ambienti medici, si crede che ciò che va bene per il cuore vada bene anche per il cervello. Così, da cardiologo, mi piacerebbe parlarvi di 4 regali incredibili della natura che aiutano sia il cuore, sia a scongiurare l'Alzheimer. Non è poco! Sono economici, hanno un sapore fantastico quando sono aggiunti al cibo che si mangia tutti i giorni, e i ricercatori di Alzheimer hanno dimostrato che danno un reale beneficio nella lotta contro l'Alzheimer. Ecco cosa si deve sapere ...

Le spezie che aiutano a combattere l'Alzheimer

Anche se io non tratto l'Alzheimer, vedo spesso pazienti cardiaci che hanno anche questa condizione neurologica debilitante. Ecco perché sono correlate. In effetti, cardiologi e neurologi (medici del cervello) si riferiscono alle malattie cardiache e all'Alzheimer come "patologie gemelle". Ad esempio, l'ipertensione porta all'ictus che danneggia il cervello e l'infiammazione provoca l'accumulo di placche nei sistemi vascolari con conseguente diminuzione del flusso di sangue (e ossigeno) sia al cuore che al cervello. Queste condizioni contribuiscono allo sviluppo dell'Alzheimer. Avere una malattia del cuore, poi, aumenta significativamente il rischio di sviluppare l'Alzheimer. Negli Stati Uniti 5,4 milioni di persone sono affette dal morbo, mentre circa 60 milioni di persone hanno un certo grado di malattia di cuore. Quindi si vede che ci sono molte più opportunità per gli americani con malattie cardiache di sviluppare anche l'Alzheimer. Mentre la malattia di cuore di solito viene trattata con successo, e anche curata, purtroppo non ci sono cure per l'Alzheimer, al momento. Quindi, come cardiologo, mi piace assicurarmi che i miei pazienti di cuore stiano facendo tutto il possibile, sia per aiutare il loro cuore, sia per prevenire l'Alzheimer. Ecco perché descrivo l'importanza di aggiungere queste 4 spezie sorprendenti alla dieta regolare.

Cannella. Il Journal of Alzheimer's Disease ha recentemente riferito che i ricercatori della University of California di Santa Barbara hanno dimostrato che i composti chimici attivi nella cannella - cinnamaldeide e epicatechina - impediscono la formazione dei grovigli di proteine "tau" che caratterizzano l'Alzheimer. Questi composti, dicono i ricercatori, sono antiossidanti ad alta potenza che combattono i danni dell'ossidazione dei radicali liberi che si traduce in infiammazione e sviluppo delle proteine tau, le killer della memoria. La cannella combatte anche il diabete, un fattore che aumenta il rischio di Alzheimer. La cannella usata nel loro studio era cannella di tipo Ceylon, non la Cassia il tipo usato nelle spezie comuni del negozio di alimentari. Il loro studio non indica se la cannella del supermercato (Cassia) abbia gli stessi benefici di combattere la proteina tau che ha la Ceylon. Ma ci sono, tuttavia, differenze nella soglia di sicurezza per il fegato della cannella Cassia (nota anche come vietnamita, cinese, asiatica), che contiene livelli molto più elevati di cumarina rispetto alla cannella di Ceylon. Si può trovare la Ceylon (nota anche come Sri Lanka, India, Madagascar) online (per esempio la «Frontier Herb Organic Ceylon» di Wal Mart) e nei negozi di alimenti naturali. Lo studio dell'UC mette in guardia dall'uso di più cannella di quella che viene in genere cosparsa sul cibo, quindi consiglio di non usarne più di circa 1/8-1/4 di cucchiaino al giorno. Cospargerla su cereali, pane tostato, mele, cacao, o berla con il tè.
Rhodiola Rosea. La rhodiola è una erba/spezia ed è da lungo tempo presente nelle diete europee. Si ritiene che stimoli il sistema nervoso, migliori la resistenza e combatta la stanchezza.

Recentemente, ricercatori cinesi hanno dimostrato che la rhodiola può migliorare significativamente (88%) la memoria e la concentrazione negli animali da laboratorio. Il suo principio attivo - la salidroside - ha dimostrato di stimolare l'acetilcolina, un neurotrasmettitore del cervello che aiuta a migliorare e conservare la memoria. La rhodiola è un neuro-stimolante, e quindi non dovrebbe essere assunto da persone con il disturbo bipolare. Può anche causare insonnia e irritabilità se assunto in dose troppo alte (1500mg o più). Consiglio di non andare oltre il dosaggio standard, partendo con 100-150mg al giorno per una settimana e poi aumentandolo a due volte al giorno, in totale 300mg al giorno. È anche possibile bere la rhodiola nel tè. Rosmarino. Una ricerca recente della Saint Louis University ha dimostrato che la spezia rosmarino migliora la memoria e la concentrazione e può ostacolare l'insorgenza dell'Alzheimer. L'alto valore antiossidante del rosmarino riduce lo stress ossidativo nelle aree del cervello che governano l'apprendimento e la memoria. Il rosmarino è usato frequentemente nei piatti mediterranei, e in quelli di stufato di manzo, agnello, pollo e tacchino, e molto altro. È possibile utilizzarlo come spezia in cucina, circa 1 cucchiaino per ricetta totale, o come olio da cucina aromatizzato. È anche possibile prendere le capsule di rosmarino (non più di 4-6 grammi al giorno). Non prendere olio di rosmarino essenziale e distillato internamente perchè può essere velenoso.

Curcuma. Questa spezia tipicamente indiana (curry, la curcumina) è usata da secoli, fatto che potrebbe spiegare perché le culture indiane hanno una bassa incidenza di Alzheimer. Un recente studio indiano pubblicato sulla rivista Ayu, ha rivelato che i pazienti di Alzheimer che hanno assunto circa 1 grammo (764mg per l'esattezza) di curcuma al giorno per 12 settimane hanno mostrato un miglioramento notevole in molti dei loro sintomi. Dopo 1 anno di trattamento con curcuma, questi pazienti sono tornati a ri-riconoscere i loro familiari. I ricercatori ritengono che i composti attivi della curcumina impediscono l'accumulo di proteine amiloide-beta o tau. La curcuma può essere facilmente incorporata nella dieta quotidiana, mangiando semplicemente un paio di cucchiai di senape al giorno. È anche possibile prendere capsule di curcuma, 400-600mg x2-3 volte al giorno, o bere il tè di curcuma, o mangiare più cibi indiani che utilizzano la curcuma quasi dappertutto. I ricercatori sanitari stanno scoprendo sempre di più le proprietà preventive sorprendenti delle spezie e delle erbe aromatiche per la salute e le malattie. Aggiungere queste 4 - e altre - alla dieta quotidiana può davvero contribuire a rafforzare i livelli di antiossidanti e tenere a bada le malattie dell'invecchiamento come l'Alzheimer, le malattie cardiache e il diabete.

Fonte: Associazione Alzheimer Onlus

I crampi arrivano all'improvviso e provocano un dolore acuto e molto fastidioso. Come prevenire e alleviare questo disturbo? I crampi possono essere dovuti ad una carenza di potassio e magnesio. La comparsa di crampi può risultare frequente nei soggetti predisposti soprattutto in estate, a cause delle temperature elevate (crampi di calore) e in gravidanza. Ne possono soffrire gli sportivi, ma anche coloro che non praticano sport e attività fisica. I crampi compaiono sia di giorno che di notte. Come intervenire e cosa fare per prevenirli? Ecco alcuni consigli utili.

 Tutti i cibi utili

Nella dieta non dovrebbe mai mancare un apporto equilibrato di magnesio, potassio e calcio. Tra gli alimenti consigliati per prevenire i crampi troviamo banane, verdure a foglia verde, uova e yogurt. Altri alimenti utili sono i legumi e il germe di grano. Tra le verdure preferite broccoli, rucola, spinaci e verze. Bassi livelli di magnesio, potassio e calcio possono essere tra le cause dei crampi notturni. Un corretto apporto di calcio e magnesio è utile a risolvere i crampi anche in gravidanza. Tra le cause dei crampi troviamo la disidratazione. Ecco perché è importante mantenere il nostro corpo idratato, soprattutto bevendo acqua e bevande salutari, come le tisane, Il consiglio vale sia per gli sportivi che per chi soffre di crampi pur non praticando sport. Per combattere la sete, meglio evitare le bibite gassate e zuccherate, scegliendo succhi appena spremuti, semplice acqua o acqua e limone. Tra le bevande da evitare troviamo il caffè, mentre risulta utile il succo d'arancia, per via del suo apporto naturale di potassio.

La passiflora è considerata un rimedio naturale benefico per calmare i crampi e gli spasmi muscolari. Ha infatti un'azione rilassante sui nostri muscoli. Se i crampi sono notturni, la passiflora aiuta a dormire meglio. Inoltre, contribuisce ad abbassare la pressione sanguigna. In erboristeria potrete acquistare la passiflora essiccata, adatta per la preparazione di tisane benefiche. Tra le erbe aromatiche e officinali che molti di noi hanno sempre a portata di mano in cucina troviamo il rosmarino. Il rosmarino è considerato un rimedio naturale utile per prevenire i crampi muscolari, otre che per alleviare i dolori articolari e per migliorare la digestione. Provate ad utilizzarlo più spesso come condimento in cucina. Tra gli oli essenziali utili per alleviare i dolori causati dai crampi troviamo l'olio essenziale di lavanda e l'olio essenziale di rosmarino. Potrete utilizzarne due o tre gocce per massaggiare la parte dolorante, dopo averli diluiti in piccole quantità di un olio vegetale di base, ad esempio olio extravergine d'oliva o olio di mandorle dolci.

Per curare i crampi improvvisi di origine muscolare può essere utile ricorrere ad un infuso di malva. Potrete preparare un normale infuso a partire dalla malva acquistata in erboristeria, oppure un decotto, facendo sobbollire per qualche minuto una manciata di foglie di malva fresca. Lasciate raffreddare e applicate l'impacco sulla zona dolorante aiutandovi con delle garze. Dai fiori di camomilla si ottiene la bevanda rilassante per eccellenza. La camomilla è utile per alleviare e prevenire i crampi muscolari sia sotto forma di normale tisana da bere che come infuso da utilizzare tiepido o freddo sulle zone doloranti. Potrete inoltre preparare un olio alla camomilla, lasciando in infusione una manciata di fiori freschi in una bottiglietta di olio extravergine per una settimana. Poi potrete filtrare l'olio e utilizzarlo per i massaggi in caso di crampi. Per quanto riguarda i massaggi, potrete intervenire subito sulla parte interessata dal dolore, in modo da provare ad alleviarlo. L'omeopatia suggerisce proprio il massaggio come primo rimedio da utilizzare contro i crampi. Dovrete massaggiare il muscolo colpito dal crampo con i pollici, partendo dall'interno e dirigendovi verso l'esterno. Questo massaggio aiuta a rilassare i muscoli doloranti.

Tra i rimedi naturali utili per combattere i crampi troviamo l'olio di cocco e il pepe di Cayenna. Sciogliete l'olio di cocco a bagnomaria, nel caso in cui si sia solidificato per via delle basse temperature, e aggiungete un pizzico di pepe di Cayenna. Lasciate raffreddare, conservate in un barattolo di vetro e utilizzate questo rimedio per massaggiare i muscoli nei momenti in cui il crampo compare oppure come prevenzione, anche una volta al giorno, nei periodi in cui i crampi si manifestano spesso. La medicina ayurvedica suggerisce di utilizzare dei semi di senape chiari o scuro come rimedio naturale in caso di crampi. Dovrete versare un manciata di semi di senape (la stessa quantità che potrebbe essere contenuta in una bustina da tè) in un catino in cui immergere le parti del corpo affette da crampi (ad esempio gambe e polpacci). Proseguite il pediluvio alla senape per almeno 20 minuti o fino alla scomparsa dei crampi.

Fonte: GreenMe.it 

La ricerca dello zucchero è connaturale all'uomo. In ogni essere umano ci sono perfino alcuni ormoni (come NPY) che stimolano specificamente la ricerca delle sostanze dolci, in memoria di quando l'uomo viveva nel paleolitico (all'incirca un milione di anni fa) e aveva a disposizione solo rarissime occasioni per assumere sostanze zuccherine (qualche frutto e i favi di miele). Oggi però i tempi sono cambiati; la disponibilità di zucchero è aumentata e la sua utilizzazione è addirittura ricercata dalle aziende che riempiono di zucchero e sale i loro prodotti per aumentarne la palatabilità e la spinta all'acquisto. Infatti le sostanze dolci hanno ormai tristemente documentato di indurre "dipendenza" né più né meno come una droga o uno stupefacente. Dal periodo in cui si propagandava lo zucchero come il rimedio migliore per fare studiare i bambini è fortunatamente passato del tempo e qualcosa è cambiato, ma la spinta alla dolcificazione e all'uso delle sostanze dolcificate con zucchero, fruttosio o con dolcificanti artificiali, porta comunque ad obesità, diabete, malattie cardiovascolari.

Inoltre basta sedersi davanti alla televisione per mezz'ora per rendersi conto che la maggior parte delle pubblicità propone i cibi dolci come valori positivi. Non più direttamente lo zucchero come un tempo, ma il suo travestimento da "fetta al latte", "tortina" o "merendina" più in voga. Un gruppo di ricercatori statunitensi, appartenenti al Center for Disease Control and Prevention di Atlanta e alla Harvard School of Public Health di Boston ha però finalmente preso in considerazione non solo il fatto che una persona che mangi zucchero più di altri si possa ammalare, ma ha invece definito il rischio di mortalità che una persona amante del dolce (fino al 25% ed oltre della quantità calorica complessiva introdotta derivante dallo zucchero) si trova ad affrontare in confronto a persone che usino una quota ragionevole di zucchero (fino al 10% delle calorie introdotte). I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati su JAMA Internal Medicine ed hanno confermato che oltre il 70% della popolazione statunitense introduce quotidianamente sotto forma di zucchero una quantità di calorie che va dal 10% in su delle calorie totali introdotte. In modo incredibile, più del 10% della popolazione introduce come zucchero una quota di calorie che parte dal 25% di quelle totali arrivando talvolta ad una quota ancora maggiore (Yang Q et al, JAMA Intern Med. 2014 Feb 3. doi: 10.1001/jamainternmed.2013.13563. [Epub ahead of print]). Chi consuma tra il 10% e il 25% di calorie giornaliere sotto forma di zucchero ha un Rischio Relativo (Hazard Ratio) di 1,30 mentre chi mangia una quota del 25% (o maggiore) ha un Rischio Relativo di 2,75. Tradotto in termini comprensibili significa che il gruppo che ha assunto più del 25% delle calorie quotidiane sotto forma di zucchero ha avuto, in ogni momento dei 22 anni di durata dello studio, una probabilità quasi tripla di morire di malattie cardiovascolari (infarto, ictus) rispetto a chi ne ha mangiato solo il 10%.

Fa particolarmente pensare il fatto che il lavoro non abbia messo a confronto chi ne mangiava pochissimo o non ne mangiasse affatto. In quel caso probabilmente il raffronto sarebbe stato estremamente gravoso.
Questi dati sollevano una notevole preoccupazione perché considerano come "normale" una popolazione che mangia comunque il 10% delle proprie calorie sotto forma di zucchero ogni giorno, che segue quindi le pubblicità e mangia biscotti e brioche, zucchera i caffè e le proprie bevande, beve soft drinks, usa la marmellata e mangia gelati. Ha cioè un comportamento che viene considerato "normale" anche se prevede comunque una quantità notevole di sostanze zuccherine nella dieta individuale. Si deve ricordare che il lavoro fa riferimento solo alla mortalità dovuta alle malattie cardiovascolari, senza tenere in considerazione altri tipi di patologie, dal cancro all'osteoporosi, su cui pure ci sarebbero considerazioni da fare. Siamo quindi di fronte a evidenze epidemiologiche drammatiche e assistiamo impotenti a pubblicità che imperversano sempre nello stesso modo, proponendo come valori positivi, anche a soggetti di giovane età, esempi alimentari che non sarebbero assolutamente da seguire.  Da sempre noi segnaliamo i danni della dolcificazione inutile, dando valore al dolce come momento di socializzazione e di festa, che sia occasionale nel corso della settimana. Nel nostro centro questo è uno dei primi obiettivi che ci poniamo, suggerendo particolari modalità alimentari che riducono la ricerca di zucchero, all'interno di programmi terapeutici specifici.

Non cerchiamo di fare una crociata contro lo zucchero, ma contro il suo uso inapparente e inconsapevole (basta leggere le etichette dei più diffusi cereali da prima colazione...) e contro la dolcificazione assolutamente inutile. Il tema rilevante è che non c'è quasi nessuno (tra politici, amministratori e sanitari) che muova un dito nei confronti della produzione e del sostegno alla vendita di questo tipo di prodotti. Noi riteniamo che ognuno abbia il diritto di "farsi del male da solo", se lo vuole, ma lo stesso impegno sociale messo contro il fumo dovrebbe quantomeno trasferirsi sullo zucchero, favorendo l'inibizione delle pubblicità che interferiscono soprattutto con i comportamenti dei bambini. Purtroppo questo non avviene e la sua previsione appare lontanissima. Riconosciamo quindi il potere ingrassante e patogeno dello zucchero, se usato a sproposito, ma oggi possiamo anche contare con precisione gli "omicidi" perpetrati dalla dolce polverina bianca, e fare una riflessione, questa volta amara, sui suoi effetti e sui bisogni di consapevolezza che potrebbero essere più diffusi.

Fonte: Eurosalus

Martedì, 03 Agosto 2021 08:00

Semifreddo al caffè

Soffice, gustoso e al caffè. Il dolce ideale per le calde giornate estive. L'alternativa irresistibile al classico gelato che diventa ancora più buona e leggera grazie agli ingredienti genuini. Il fino pasto da realizzare per chiudere in bellezza una buona cena.

Ingredienti 

INGREDIENTI PER 4 PERSONE
  300 ml di panna montata   3 cucchiai di Sugar Life
  2 tazzine di caffè amaro   3 tuorli d'uovo
  2 cucchiai di caffè in polvere   
 TEMPO  ESECUZIONE
30 MINUTI FACILE

 
Preparazione

Mettete il caffè in polvere in una tazza e fatelo sciogliere con le 2 tazzine di caffè. A questo punto potete mettere anche un cucchiaino di Sugar Life a seconda dei vostri gusti. Fate raffreddare il caffè mettendolo in frigo. Prendete una ciotola, e montate i tuorli con lo Sugar Life anche con l'aiuto di una frusta elettrica. Una volta montato bene il tutto aggiungete il caffè freddo e mescolate bene. Aggiungete la panna montata. Assaggiate il composto ottenuto e verificate se come zucchero incontra i vostri gusti, altrimenti aggiungetene. Mettete il tutto in una formina e riponete in freezer per 2/3 ore. Tiratelo fuori una ventina di minuti prima di servire.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Life 120

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