Il sonno è l’allenamento più importante dell’atleta. Promemoria per gli sportivi: riposare bene per un risveglio in forma smagliante e per affrontare gli allenamenti con la giusta carica di energia. Il massimo delle prestazioni si ottiene solo con un buon riposo, ma quanto incide realmente il sonno sull’attività sportiva? Sonno e sport. Un doppio filo, un’influenza reciproca perché se è vero che una lunga dormita impatta positivamente sulle prestazioni è altrettanto vero che l’attività fisica facilita il riposo. Difatti, sono ormai acclarati gli effetti dello sport, o meglio, dei suoi postumi sulla durata e sulla qualità del sonno. In pratica l’attività motoria è il segreto per dormire con maggiore facilità. L'effetto "sonnifero" garantito dall'attività fisica emerge da un piccolo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. I ricercatori hanno monitorato con un accelerometro 417 adolescenti (di 15 anni), campionati in venti diverse città degli Stati Uniti. L'utilizzo di questi dispositivi, applicati al polso e sul fianco, ha permesso di ottenere misurazioni precise relativamente alle ore riservate al movimento e al riposo da parte di ognuno. Dall’indagine, gli scienziati hanno riscontrato un miglioramento del profilo del sonno rilevabile attraverso tre parametri: un addormentamento precoce, avvenuto almeno 18 minuti prima, una maggiore durata del riposo, in media 10 ore a notte e una ridotta frequenza dei risvegli. «La sedentarietà è con ogni probabilità nemica del buon riposo - sintetizza Orfeu Buxton, specialista del centro dei disturbi del sonno del Brigham and Women’s Hospital di Boston -. Incoraggiare […] nella pratica sportiva vuol dire migliorare la sua salute, anche attraverso un sonno più ristoratore».
Insonnia, nemica degli sportivi. Lo sport fa bene al riposo, come sostiene anche la National Sleep Foundation e allenarsi regolarmente fa dormire meglio, non tutti sanno però che il rapporto può anche essere inverso. Ovvero, dormire è un po’ come allenarsi e dormendo bene si completa l’effetto degli allenamenti. La forma fisica è come una sorta di puzzle che si completa con 6 tasselli: fatica, costanza, regolarità, alimentazione, integrazione e sonno. Insomma, dormire aiuta anche l’organismo a costruire i muscoli soprattutto sotto il profilo della massa (la sintesi proteica aumenta e consente la crescita muscolare). Non dimentichiamo poi che il sonno, “quello buono”, stimola l’ormone della crescita (gh) che ha funzioni lipolitiche (brucia i grassi), contribuisce alla riduzione di glicemia e insulina, diminuisce aldosterone e cortisolo, favorendo così il dimagrimento e, secondo una serie di evidenze scientifiche, i muscoli più grandi si allenano meglio quando il sonno è soddisfacente. Non solo il non dormire, ma anche il dormire poco o meno del necessario e in modo frammentato influisce negativamente sul nostro organismo e, di conseguenza, anche sulle nostre attività. Una scarsa qualità ci manda in carenza di sonno e questa privazione può avere affetti negativi sulle performance sportive oltre per una lunga serie di patologie. Inoltre, la privazione di sonno è molto più importante della quantità di ore effettivamente riposate. Ovviamente, tra gli altri suggerimenti, sarebbe buona abitudine, per facilitare il corretto riposo, una cena sana e leggera ed evitare l’esposizione a fonti luminose come pc, tablet e smartphone.
Un sonno disturbato in maniera cronica può influenzare le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. «Sicuramente se una persona ha un cronotipo serotino (è quindi un cosiddetto gufo) la scelta migliore è soffrire un po’ all’inizio per combattere la sua predisposizione ma favorire l’allenamento mattutino, se questo è l’unico momento in cui può allenarsi. All’inizio farà molta fatica ad allenarsi in quella fascia oraria, ma poi vi sarà un adattamento che renderà quello un orario abituale di allenamento», spiega a Gazzetta Active Jacopo Vitale, dottore in Scienze dello Sport e responsabile del Laboratorio del Movimento e Scienze dello Sport dell’IRCCS Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.
Ma vediamo ora cosa significa esattamente cronotipo serutino o mattutino e quali differenze ci sono tra i due termini.
I mattutini veri sono coloro che anche quando non hanno impegni si svegliano tra le 6 e le 7 di mattina e vanno a letto tra le 21:30 e le 22. Sono piuttosto rari, sono circa il 15% della popolazione generale. I serotini sono un po’ più numerosi, circa il 25-30% della popolazione generale, ma anche in questo caso i serotini estremi sono più rari, circa il 10%, spesso sono atleti molto giovani, senza vincoli e impegni lavorativi, e tendono a svegliarsi verso le 11-12 e a coricarsi alle 1-3 di notte. Un orario intermedio, svegliarsi tra le 7 e le 9 e andare a letto tra le 23 e le 24 è l’orario intermedio per definizione. - Tuttavia, i ritmi della nostra vita sociale e lavorativa non coincidono quasi mai con quelli biologici - E’ un tema molto discusso, tanto che c’è chi ha proposto che alcuni giovani studenti particolarmente serotini debbano posticipare l’orario di inizio delle lezioni. I ritmi sociali e lavorativi sicuramente possono disturbare i ritmi biologici delle persone. C’è chi si adatta bene, soprattutto i mattutini e i soggetti con cronotipo intermedio, mentre chi soffre di più di solito sono i serotini».
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
Ma quali sono i rischi delle notti insonni e quali sono le ripercussioni dello scarso riposo sull’attività sportiva, o meglio sulle nostre performance?
Il sonno incide moltissimo sulle nostre performance. Incide sia la quantità sia la qualità del sonno. In linea teorica bisognerebbe raggiungere un minimo di 6 ore di sonno, ma i livelli raccomandati sono tra le 7 e le 9 ore per notte. Anche la qualità del sonno è fondamentale. Tra 8 ore dormite male, con molti risvegli, e 6 ore e mezzo dormite bene, molto meglio queste ultime. A livello di performance, una restrizione del sonno può avere effetti negativi indiretti: dormire bene determina, per esempio, l’inibizione della produzione di cortisolo, ormone dello stress, e se questo processo fisiologico viene alterato, la conseguenza è che anche la performance fisiche ne risentono. Fortunatamente se abbiamo una gara e ci siamo preparati bene nei mesi precedenti, dormendo adeguatamente facendo il cosiddetto sleep banking, la performance non viene inficiata se anche la notte prima non si dorme bene. Non è una sola notte di disturbi del sonno ad inficiare la performance. È molto più probabile che un sonno disturbato in maniera cronica influenzi le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. Ad esempio, si è visto che se un tennista dorme male solitamente a peggiorare non è la sua espressione di forza, ma la sua capacità di effettuare servizi o colpi precisi in campo. Nell’ambito della pallacanestro, a risentire della scarsità di sonno sono i tiri liberi o da tre. Per chi pratica discipline di endurance il rischio è che la capacità di effettuare un gesto tecnico efficiente venga influenzata negativamente, con conseguente aumento del costo energetico e fatica e calo complessivo della performance. Dipende da caso a caso, da disciplina a disciplina. Ma in linea generale inizia ad essere preoccupante anche solo avere tre notti di seguito di sonno disturbato.
Nello sport come nel sonno, l’importante è recuperare: «Sicuramente aiuta a recuperare il debito di sonno accumulato. L’importante è non spostare troppo gli orari di sveglia e addormentamento, in modo da non creare una condizione di jet lag sociale. Ma allungare il periodo di sonno, senza esagerare, può aiutare».
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Ebbene si! Esiste un’alimentazione in grado di prevenire una lunga serie di condizioni infiammatorie. «Una dieta ‘preventiva’ di tutte le condizioni patologiche figlie del benessere, come il diabete, l’obesità, le patologie cardiovascolari, ma anche il cancro: per questo più che di dieta antinfiammatoria si dovrebbe parlare di stile di vita antinfiammatorio» spiega a Gazzetta Act!ve Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. «Lo stesso Covid-19 – prosegue l’esperta - ha alla base un processo infiammatorio. Un processo che può essere bloccato attraverso una dieta che sia però uno stile alimentare continuo, non un regime che si segue per un breve periodo e poi si abbandona» sottolinea. «Alla base ci sono quegli alimenti che vanno a contrastare i processi infiammatori innescati dallo squilibrio tra citochine pro-infiammatorie e citochine anti-infiammatorie. Ritrovando l’equilibrio si spegne l’infiammazione a livello cellulare». «In realtà ci sono stati infiammatori silenti, asintomatici. Ma se soffriamo di stipsi o di gastrite, per esempio, oppure abbiamo difficoltà a digerire o a dormire, potremmo avere in atto un processo infiammatorio, che può anche diventare cronico. E’ quindi bene bloccarla prima che cronicizzi, ascoltando questi segnali di allarme».
Alimentazione e salute: le virtù curative delle spezie
Lista della spesa alla mano, la nutrizionista ci suggerisce tutti i cibi da mettere nel carrello: «Sono molti gli alimenti che hanno proprietà antinfiammatorie e tra questi, non poteva di certo mancare lo zenzero. Conosciuto per le sue notevoli proprietà antinfiammatorie ed antibatteriche. Non dimentichiamo che le spezie, come dimostra lo studio condotto da un team di ricercatori della Pennsylvania State University, grazie alla capacità di frenare l’infiammazione che è alla base di alcune patologie molto serie, proteggono l’organismo da tumori, diabete e malattie cardiovascolari. La ricerca di questi scienziati, con l’utilizzato di un composto di spezie, nasce con l’obiettivo di studiare l'effetto postprandiale di una miscela di spezie sulle risposte infiammatorie delle citochine. L'infiammazione postprandiale che si verifica in concomitanza con iperglicemia e iperlipidemia dopo l'ingestione di un pasto ad alto contenuto di carboidrati (HFCM) è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD). Gli studiosi hanno dimostrato che l’aggiunta spezie riduceva sensibilmente questo rischio. L’indagine pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition, ha mostrato la capacità di questi ingredienti di apportare benefici per la salute, riducendo l’infiammazione dell'organismo. Precedenti ricerche avevano già collegato le spezie alle notevoli proprietà antinfiammatorie. Infatti, in passato, l'infiammazione cronica era stata associata anche a patologie non trascurabili come il cancro, le malattie cardiovascolari, il sovrappeso e l'obesità.
«Ma anche le verdure in generale sono ricche di polifenoli e carotenoidi, sostanze antinfiammatorie» sottolinea la biologa. Poi ci sono la vitamina C, la vitamina D e la vitamina E che hanno un’azione antinfiammatoria. Alcuni frutti di stagione, come kiwi e melograno, sono ricchi proprio di vitamina C e utili in questo senso. Come prevedibile, in cima alla lista degli ingredienti la regina delle vitamine: la vitamina C. Importante contributo in merito ai benefici di questo nutriente si legge nel libro di adriano panzironi, Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
Essa è fondamentale grazie alla sua interazione con gli elementi (enzimi, vitamine, minerali, etc...). Preziosa per la formazione del collagene, permette di migliorare la fase anabolica del nostro corpo, mantenendo il giusto equilibrio con la fase catabolica. La sua presenza è ancora più evidente nei processi di rimarginazione delle ferite, nella cura delle ustioni, nella riparazione delle pareti arteriose (anche dei capillari) e per il buono stato del muscolo cardiaco. È utilizzata dall’industria cosmetica per le creme anti rughe, visto l’effetto protettivo e rigenerativo che ha sulla pelle. Tale vitamina ha ottenuto molti riconoscimenti per la sua funzione antisclerotizzante, agendo su più fronti di questa patologia. Innanzitutto brucia le concentrazioni di grassi che si depositano sulle pareti delle vene e nel contempo partecipa alla riparazione dell’epitelio interno delle arterie, impedendo la riformazione aterosclerotica. Inoltre l’acido ascorbico, riduce del 15-20% il tasso di colesterolo nel sangue. Questa vitamina ha un effetto antitossico. Ma forse l’effetto più conosciuto della vitamina C è quello di contrastare le infezioni batteriche.
Nella figura il meccanismo schematico in cui una IA di vitamina C potrebbe modulare funzioni specifiche dei neutrofili (ROS e TNFα, mediata da IL-1β), inibendo le vie coinvolte nella formazione della trappola extracellulare dei neutrofili (NETosis) e riducendo la produzione incontrollabile di citochine infiammatorie nell'alveolare spazio. Potenziali effetti sulla riduzione della produzione di citochine sono stati ipotizzati anche nei linfociti e nei macrofagi. ROS, specie reattive dell'ossigeno; NFkB, fattore di trascrizione nucleare kappa B; ┴, stimolo di inibizione; freccia tratteggiata, effetto o produzione ridotti.
E poi c’è un altro alleato prezioso che influenza e rinforza il nostro sistema immunitario. Si legge ancora nel libro:
Le cellule dendritiche, come abbiamo spiegato, hanno il compito d’inglobare l’anti-gene, giungere fino ai linfonodi (dove si trovano i linfociti T vergini), maturare e trasmettere le informazioni del gene da combattere. La vitamina D si lega al recettore (Dvr) e permette la maturazione delle cellule dendritiche, che possono così attivare la duplicazione dei linfociti specifici contro l’anti-gene identificato. La carenza di vitamina D diminuisce il numero di cellule dendritiche mature, allungando il tempo di reazione immunitaria del corpo. E’ per questo motivo che d’inverno esistono le epidemie da influenza. Se ci pensate bene, i virus vivono meglio al caldo e d’estate è molto più facile entrare in contatto con i fluidi corporei (sudiamo di più e siamo più scoperti). Ma nonostante ciò non ci sono epidemie influenzali. Il motivo è che siamo più forti (prendiamo il sole, attivando la vitamina D) ed i virus non riescono a sopraffarci. La vitamina E è assorbita in presenza degli acidi biliari nell’intestino e trasportata nel fegato dove viene depositata. La proprietà più importante di tale vitamina è la capacità antiossidante nella guerra ai radicali liberi. Difatti una molecola è in grado di proteggere dall’ossidazione 1.000 molecole di acidi grassi (polinsaturi e saturi), aumentando del 100% la resistenza all’ossidazione delle lipoproteine. La sua azione antiossidante protegge le cellule dalle mutazioni cancerose. Per ultimo, ma non meno importante, la vitamina E sopprime l’azione di diverse citochine pro-infiammatorie: l’interleuchina 1 (IL1) e 6 (IL6), entrambe responsabili di una serie di patologie croniche. Utilizzata per trattare diverse malattie quali il morbo di Parkinson, le malattie reumatiche, le malattie gastrointestinali, la distrofia muscolare, la sclerosi multipla, l’Alzheimer, le vene varicose, il diabete, la malattia di Crohn, le cefalee, la sindrome mestruale e per il rafforzamento delle difese immunitarie.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
«E poi semi oleaginosi e frutta secca sono un vero e proprio concentrato di sostanze benefiche: contengono omega 3 e vitamina E» evidenzia la biologa. Tra gli effetti protettivi degli omega 3, tra i più rilevanti, ricordiamo sicuramente l’azione antiaggregante piastrinica o effetto antitrombotico, il controllo del livello plasmatico dei lipidi, soprattutto dei trigliceridi, la riduzione del rischio di problemi cardiovascolare, il controllo della pressione arteriosa mantenendo fluide le membrane delle cellule, e dando elasticità alle pareti arteriose. Per supportare e favorire l’introduzione degli omega 3 sarebbe opportuno consumare dalle 2 alle 3 porzioni settimanali di pesce, in particolare sgombro, merluzzo, pesce spada, tonno, trota, sardina e aringa. Oppure in alternativa di avvalersi del supporto di integratori alimentari. Altra importante fonte di omega 3 sono i semi di lino, valido supporto per sopperire alla carenza di questi preziosi acidi. Tuttavia, ce ne sono altri che sarebbe meglio evitare. «Sicuramente alcolici e bevande zuccherate». Inoltre, un'ultima raccomandazione a tutti gli sportivi. «Chi fa sport ha un livello di infiammazione un po’ più alto a causa dello stress ossidativo prodotto dall’attività sportiva, che produce più citochine infiammatorie. La vitamina C è fondamentale proprio per bloccare l’infiammazione a livello cellulare. Ma in generale gli sportivi dovrebbero seguire un'alimentazione particolarmente ricca di antiossidanti».
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The Journal of Nutrition "Spices in a High-Saturated-Fat, High-Carbohydrate Meal Reduce Postprandial Proinflammatory Cytokine Secretion in Men with Overweight or Obesity"
Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”
PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"
MDPI "Vitamin C and Immune Function"
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Protagonista indiscussa dell’estate: la muscolatura! Da sempre fonte di benessere e di equilibrio psicofisico per antonomasia. Tra le più importanti integrazioni sportive e seconda solo alle proteine del siero di latte, ci sono gli aminoacidi. I nove, degli otto essenziali (chiamati così perché non possono essere autoprodotti dall’organismo), fondamentali per l’alimentazione umana riducono il senso di fatica, aiutano ad aumentare la capacità di recupero tra gli allenamenti, consentendo la costruzione di nuove proteine. Fenilanina, isoleucina, istidina, leucina, lisina, mietonina, trentina, tripoftano e valina. Non solo per l’attività sportiva. Infatti arginina, cisterna e tirosina sono fondamentali durante l'infanzia e lo sviluppo. Questi nutrienti devono necessariamente essere assunti con l’alimentazione o con l’integrazione. Ne sono ricche tutte le fonti animali tra cui uova e carne. Diventa necessario integrare la dieta quando lo sportivo deve far fronte a determinate esigenze, come un aumento di massa muscolare o della resistenza. L’integrazione di aminoacidi (essenziali e ramificati BCAA) è consigliata anche agli anziani con una scarsa massa muscolare o agli atleti con l’esigenza di perdere peso. Con il loro effetto anabolico impediscono al muscolo di degradarsi massivamente, specialmente nel caso di diete particolarmente restrittive.
Gli aminoacidi sono i costituenti delle proteine, il punto di partenza della sintesi proteica, quel processo attraverso il quale il muscolo si autoripara, si ricostruisce e si rinforza, in particolare a seguito dello stress indotto dall’allenamento. Assunti sia prima che dopo l’allenamento a seconda delle esigenze. Prima del workout, riescono ad incidere sul senso di fatica. Da sempre antagonisti del triptofano, un aminoacido fondamentale per la produzione di serotonina, l’ormone responsabile dell’affaticamento durante le sessioni allenanti. Quindi, se assunti prima dell’allenamento, impediscono al cervello di captare il triptofano e di conseguenza riescono a inibire il senso di fatica. Per contro, se presi nel post-workout hanno un effetto ripartivo sulle fibre muscolari permettendo al muscolo di avere una sintesi proteica ottimale. Per questo è preferibile un’assunzione bilanciata e dilazionata prima e dopo l’allenamento in modo da avere un risultato combinato tra i due effetti e migliorare così le prestazioni nel complesso.
Dalla scarsa tonicità causata da una dieta drastica a quando ci si ritrova senza energia, appesantiti o anche in sovrappeso. E ancora con l’avanzare dell’età. Il rischio in cui spesso si incorre è quello di assumere quotidianamente una quantità insufficiente di proteine e dunque di aminoacidi essenziali, gli unici che il corpo non produce da sé e che vanno obbligatoriamente introdotti dall’esterno, con i cibi giusti o con il supporto di integratori alimentari. Gli aminoacidi sono dei veri e propri pilastri, necessari per la crescita, il mantenimento e la riparazione delle cellule, per la produzione di enzimi e ormoni. Una carenza porta alla riduzione della massa muscolare e dell’efficienza fisica, a un insufficienza delle secrezioni digestive, a un abbassamento della resistenza alle infezioni e anche a ritardi dei processi che intervengono nella crescita. E ancora, i processi di invecchiamento diventano più rapidi. A subire questo deficit anche l’alterazione della regolazione del ritmo sonno-veglia con conseguenti peggioramenti nelle prestazioni intellettuali. Quindi, una loro introduzione è quasi vitale al benessere e una loro carenza potrebbe innescare minare il regolare funzionamento del nostro organismo.
Parola d’ordine: movimento! L’importante è tenersi in forma! Validi alleati per mantenere i tessuti sodi ed elastici nel tempo e sotto sforzo. Ma anche per muscoli, pelle e ossa. Muoversi è fondamentale per la salute del nostro corpo, non a caso i muscoli sono l’organo che si forma all’inizio della gestazione. Per lo stile di vita Life 120, l’attività fisica è uno dei pilastri fondamentali e il beneficio maggiore si ottiene seguendo uno specifico allenamento descritto nel libro di Adriano Panzironi Vivere 120 Anni: le verità che nessuno vuole raccontarti e nel DVD Life120 Sport. Gli effetti benefici dello sport influiscono in modo positivo non solo sull’organismo ma anche sull’aspetto psicologico delle persone, migliorando le capacità cognitive oltre all’umore. Inoltre, il movimento è indispensabile per far funzionare al meglio cuore, articolazioni, muscoli, metabolismo, apparato circolatorio e respiratorio e cervello. Al via a passeggiate e corse all’aria aperta, nuotate al mare o in piscina e attività sportive per mantenersi in forma, soprattutto in estate. Dallo sport amatoriale a quello agonistico. Il livello di sforzo varia a seconda dell’obiettivo prefissato. Ovviamente in base a tempi e intensità di esercizio differenti. Tuttavia, nonostante i benefici dell’attività sia molteplici, è bene ricordare che durante l’allenamento, il nostro corpo è sottoposto a uno stress che va gestito correttamente al fine di ottenere il massimo beneficio e la fatica, ripagata.
Gli squilibri metabolici momentanei che derivano da un’intensa attività fisica possono essere gestiti grazie alla giusta integrazione e alla corretta alimentazione che prevede il consumo di tutti quei nutrieti necessari al mantenimento di una buona forma fisica. E in questo processo, gli aminoacidi contribuiscono al ripristino della corretta omeostasi dell’organismo. Favoriscono, inoltre, l’aumento della forza e della prestazione con miglioramento della funzione muscolare, l’incremento della resistenza nella fase aerobica e anaerobica, un abbassamento della produzione di acido lattico e infiammazione delle fibrocellule, l’inertizzazione dei radicali liberi prodotti con l'allenamento, la riduzione dei tempi di recupero durante e dopo l'allenamento, la diminuzione oltre alla riduzione delle lesioni muscolari. Ancora più efficaci poi, se associati a una buona dose di antiossidanti e minerali, preziosi per contrastare la formazione di radicali liberi dannosi, prodotti durante lo sforzo fisico. Con un mix di nutrienti, il recupero è garantito!
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La prima linea di difesa contro lo stress ossidativo. Contrastano gli effetti dei radicali liberi, veri e propri nemici della nostra salute. Uno scudo prezioso per tante patologie come diabete, malattie cardiovascolari, cancro e obesità. Quindi non solo alleati per il benessere quotidiano, ma fondamentali nel contrasto di malattie non trascurabili. Importanti per il nostro organismo e ancor più, per chi pratica attività sportiva. Per stabilire il potere antiossidante dei vari alimenti sono stati condotti una serie di studi dalla Boston University in collaborazione con il dipartimento dell'agricoltura americano. La loro azione antiossidante è stata misurata in base a una scala, l'ORAC, secondo la quale a valori più alti corrispondono maggiori poteri antiossidanti. Tra gli alimenti che ne sono maggiormente ricchi cetrioli, pomodori, albicocche, spinaci, melone, pera, banana, pesca, mela, melanzana, uva, cipolla, kiwi, peperone, avocado, susina, arancia, fragole, pompelmo, cavoli, prugne, more, barbabietola e mirtilli.
Al processo di ossidazione, seguono serie di danni e alterazioni che possono compromettere il corretto funzionamento dell’organismo e aumentare il rischio di sviluppo di gravi patologie. È stato ampiamente dimostrato che lo stress ossidativo è associato allo sviluppo o, nei casi di malattie preesistenti, al peggioramento di arteriosclerosi, infarto, sindromi coronariche (malattie cardiovascolari), diabete, sindrome metabolica e obesità (malattie metaboliche), declino cognitivo, demenza, perdita dell’udito (malattie degenerative neurologiche), tumori, psicosi e diverse condizioni infiammatorie. Altra fonte importante di radicali liberi è rappresentata dai processi che il sistema immunitario sfrutta per difendere l’organismo dalle aggressioni esterne, come virus e batteri o come risposta a ferite, traumi e allergie. Inoltre, anche lo stress psicofisico aumenta la produzione di composti ossidanti, mettendo a dura prova i sistemi cellulari di neutralizzazione. Partendo da questi assunti, nasce l’esigenza di potenziare e rinforzare le capacità del nostro organismo nella lotta ai radicali liberi con il supporto di alimenti e integrazione così da prevenire disturbi e malattie.
Un antiossidante è una qualunque sostanza capace di interferire con le reazioni chimiche di ossidazione che danno origine ai radicali liberi o che hanno la capacità di neutralizzare quelli già prodotti. A questa categoria appartengono quelli presenti nell’organismo (endogeni) o assunti con l’alimentazione. Tra gli antiossidanti endogeni, i più noti sono il coenzima Q10 e il glutatione. Invece, quelli assunti dall’esterno con la funzione di rinforzo dei sistemi cellulari di detossificazione dai radicali liberi comprendono vitamine, polifenoli e altri microelementi. Tra questi: la vitamina C (o acido ascorbico), la vitamina A ed i carotenoidi, la vitamina E, i polifenoli (flavonoidi e resveratrolo), l’acido lipoico e altri oligoelementi essenziali quali selenio, rame, manganese e zinco. La maggior parte di questi antiossidanti di provenienza alimentare si trova nei cibi come verdura, frutta, cacao, tè, caffè e vino rosso.
«I radicali liberi infatti accelerano l’invecchiamento, attivano dei processi infiammatori e indeboliscono il sistema immunitario. L’azione degli antiossidanti è quella di rendere stabili le cellule e contrastare la formazione di più radicali liberi» spiega a Gazzetta Active Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. L’esperta mostra cosa accade nel nostro organismo nei casi di squilibrio tra antiossidanti e radicali liberi oppure in caso di una produzione elevata di citochine infiammatorie: «Una cellula sana vede un equilibrio tra la produzione di citochine pro-infiammatorie e citochine anti-infiammatorie. Anche quelle pro-infiammatorie hanno un’azione positiva per l’organismo, perché possono bloccare un’infezione, un patogeno. Sono un sistema di difesa della cellula. Quando questo equilibrio viene meno, magari perché si segue una dieta sbilanciata, si ha un’eccessiva produzione di citochine pro-infiammatorie. A questo punto si crea questa condizione di stress ossidativa che, se non trattato, può diventare cronico. Si tratta di un’infiammazione silente, priva di sintomi, ma se diventa cronica può dare luogo a tutte quelle patologie infiammatorie come obesità, diabete, malattie cardiovascolari, cancro».
Nell’intervista alla Gazzetta dello Sport, Jessica Falcone evidenzia l’importanza degli antiossidanti. «Un potentissimo antiossidante è la vitamina E – continua l’esperta -, che protegge la membrana cellulare, prevenendo la perossidazione lipidica. Poi c’è il betacarotene che protegge la pelle. Quindi tutta la classe di flavonoidi: i polifenoli. Anche gli acidi grassi omega 3 hanno un’azione antiossidante e antinfiammatoria, perché danno forza alla barriera lipidica, agendo a livello anche genico. Ottimi anche per gli sportivi, perché vanno a nutrire il muscolo. La vitamina C è un altro antiossidante importante, che permette la sintesi del collagene e il recupero muscolare». La biologa sottolinea, infine, l’importanza degli antiossidanti per gli sportivi. «L’attività fisica – aggiunge - sottopone l’organismo ad uno stress ossidativo. Quindi integrare con degli omega 3 o degli antiossidanti in generale può essere particolarmente utile». «Lo sportivo brucia moltissimo ossigeno, per questo è fondamentale un’alimentazione ben bilanciata con una buona quota di frutta e verdura, ma anche con spezie e aromi» conclude Falcone.
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Preziosa per ossa, muscoli e per l’attività sportiva. Dei numerosi benefici della vitamina D e dei rischi dell’ipovitaminosi parliamo da tempo, ma quello che, forse, ignoravamo è la sua capacità di migliorare le prestazioni sportive proprio in virtù della capacità di questo importante nutriente di rinforzare l’apparato scheletrico e il sistema muscolare. Nonostante sia una vitamina, il calcitriolo, cioè la forma attiva della vitamina D, agisce come un ormone regolatore delle diverse azioni metaboliche e come alleato nella prevenzione di una lunga serie di patologie. La vitamina D, infatti, favorisce l’assorbimento e il fissaggio di fosforo e calcio nelle ossa, preservando così, la salute di ossa e muscoli anche in età adulta e riducendo, di conseguenza, il rischio di fragilità e osteoporosi. Tra le categorie di soggetti più a rischio, oltre agli anziani, gli sportivi che, in caso di carenza vitaminica, si espongono a un rischio maggiore di fratture. Questo perché uno scheletro fragile, avrà sicuramente meno possibilità di sopportare l’impatto durante un infortunio, come avviene di solito nella maggior parte degli sport.
Non sono solo le ossa a beneficiare della vitamina D. A trarre vantaggio anche i muscoli che diventano più forti nelle attività sportive e garantiscono prestazioni atletiche migliori. Nelle attività aerobiche contribuisce a ridurre la frequenza del battito cardiaco e migliorare così l’ossigenazione dei tessuti. Spesso asintomatica, l’ipovitaminosi D tra gli sportivi è piuttosto diffusa e può avere gravi conseguenze per la salute. Tra quelli più frequenti affaticamento, debolezza ossea, dolori articolari, diminuzione forza muscolare, maggiore rischio di fratture, aumento di infezioni e infiammazioni. D’aiuto l’attività fisica all’aperto, soprattutto con le belle giornate. Così, oltre a mantenersi in forma e al passo con gli allenamenti, l’esposizione alla luce solare, se ripetuta, contribuisce ad apportare sufficienti livelli di vitamina D. Anche uno studio americano dimostra che le nostre performance sportive risentono della carenza di vitamina D. Lo rivela una ricerca della University of Tulsa, pubblicata su International Journal of sport nutrition and exercise metabolism.
Questi ricercatori americani hanno analizzato i livelli di vitamina D presenti nel sangue di 100 atleti universitari, misurando le loro prestazioni nello sprint, nel salto in alto, in quello in lungo e nel sollevamento pesi. L’indagine ha dimostrato che circa un atleta su 3 aveva livelli inadeguati di vitamina D (meno di 72 nanomoli per litro di sangue) e, di conseguenza, le loro performance nel sollevamento pesi sono risultate peggiori del 77% rispetto agli altri soggetto con livelli di vitamina D più alti, mentre nello sprint hanno registrato tempi inferiori del 18%, nel salto in alto misure più basse del 15% e nel lungo dell'80%. Questo accade perché gli alti livelli di vitamina D aiutano a rilasciare il calcio con più efficienza durante le contrazioni muscolari. E il risultano è facilmente prevedibile: contrazioni più veloci e prestazioni migliori.
Cibo, sole e corretta integrazione. Giancarlo Isaia (docente di Geriatria e Presidente dell'Accademia di Medicina di Torino) e Enzo Medico (ordinario di Istologia) spiegano le due modalità di assunzione di questa importante vitamina che può essere sintetizzata dalla cute, per effetto delle radiazioni ultraviolette emanate dalla luce solare oppure tramite gli alimenti. Nell’indagine dell’Università degli Studi di Torino, viene proposta anche una “top ten” degli alimenti ricchi di vitamina D (vedi figura). Quindi, mangiare molto pesce e prendere tanto sole. L’esposizione alla luce solare e un sano stile alimentare, ricco soprattutto di cibi che contengono vitamina D, diventano i nostri principali alleati nella vita e nell'attività sportiva.
Le sollecitazioni esercitate dall’attività fisica sullo scheletro aumentano la densità minerale ossea, anche la perdita di sali minerali con il sudore può essere notevole e se abbinata a una carenza di vitamina D corriamo il rischio di aumentare le probabilità di fratture da stress, a prescindere dallo sport e dall’età. Inoltre, altra importante scoperta, le fibre muscolari presentano il recettore della vitamina D. Per questo motivo, nei soggetti con deficienza di vitamina D, una sua integrazione sembrerebbe ottimizzare la resistenza muscolare. Altro segnale importante di questa carenza, quindi, sono proprie le fratture da stress.
Alla luce degli studi scientifici presenti in letteratura e quanto detto finora, possiamo concludere dicendo che per raggiungere un adeguato e salutare livello di Vitamina D, è non solo importante, ma fondamentale tenere questi livelli sotto controllo con una combinazione equilibrata di tre fattori: alimentazione, esposizione solare e integrazione. Non dimentichiamo, inoltre, che l'Italia, è uno dei Paesi europei, insieme a Spagna e Grecia, con maggiore prevalenza di ipovitaminosi D. Vediamo ora i principali sintomi di questa deficienza vitaminica. E anche se, come detto prima, una sua carenza può essere asintomatica, quando questa diventa più grave compaiono i primi segnali da non sottovalutare. Primi tra tutti, dolore a ossa e articolazioni accompagnati da debolezza e dolori muscolari, stanchezza cronica e confusione mentale con una maggiore difficoltà di concentrazione, fragilità, deformazione e indebolimento (osteoporosi) delle ossa e in ultimo, anche se più raro, il rachitismo (conseguenza di un difetto della mineralizzazione associato alla mancanza di vitamina D).
PubMed "Compromised Vitamin D Status Negatively Affects Muscular Strength and Power of Collegiate Athletes"
MDPI "Special Issue "Vitamin D and Sport Performance"
PubMed "The Effect of Vitamin D Supplementation in Elite Adolescent Dancers on Muscle Function and Injury Incidence: A Randomised Double-Blind Study"
MDPI "Vitamin D and Sport Performance"
Gazzetta dello Sport "Vitamina D: preziosa per ossa, muscoli e prestazioni sportive"
Quotidiano "Vitamina D, il segreto delle prestazioni sportive"
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