“Mettete via quei carboidrati”. È questo il suggerimento del dietologo Sukkar sullo stile alimentare da seguire per combattere il Covid. Un regime alimentare a basso contenuto di carboidrati e alto contenuto di lipidi in pazienti affetti da coronavirus contribuisce non solo alla riduzione delle complicanze, ma anche della letalità di questa infezione. La sorprendente scoperta di questo studio porta la firma del dottor Samir Giuseppe Sukkar e del professor Matteo Bassetti, rispettivamente direttori della Dietetica e nutrizione clinica e della Clinica di malattie infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino. L’indagine, pubblicata sulla prestigiosa rivista statunitense Nutrition evidenzia una risposta immunitaria esagerata messa in atto dall’organismo per difendersi dal virus. Il ruolo cruciale in questo quadro critico è svolto dalla cosiddetta “tempesta citochinica” nelle persone contagiate dal Covid. Questo meccanismo avviene ad opera dei macrofagi M1, cellule che consumano glucosio che sono poi tra i principali responsabili del rilascio di citochine, ovvero molecole implicate nel processo di infiammazione. La ricerca dimostra l’efficacia di una dieta che, prevedendo una drastica riduzione dell’apporto di carboidrati, ma anche di zuccheri, porterebbe ad una minore disponibilità di nutriente per i macrofagi M1, con conseguente controllo e limitazione della produzione di citochine, in grado di scatenare, se prodotte in quantità eccessive, una vera e propria tempesta di citochine.
Condotto tra febbraio e luglio dello scorso anno su 102 pazienti Covid ospedalizzati al Policlinico, lo studio ha messo a confronto 34 persone che avevano seguito una dieta normocalorica, normoproteica con altri 68 soggetti che, invece, avevano seguito, sempre nello stesso periodo, uno stile alimentare diverso. Con risultati estremamente rilevanti sulla sopravvivenza a 30 giorni e sulla necessità di trasferimento in terapia intensiva. Entrambi i parametri sono infatti risultati minori nei pazienti sottoposti a dieta chetogenica. Questo equilibrio, suggerito dal professor Sukkar, è motivato e legato ad alcuni nutrienti che si attivano e funzionano come una sorta di barriera contro l’infiammazione causata da questo virus, così come per altre malattie. Insomma, secondo l’esperto la parola d’ordine è: prevenzione! L’infiammazione legata al virus non può essere certo “curata” con una dieta miracolosa, ma «oltre ai farmaci può essere pilotata grazie all’alimentazione» sottolinea l’esperto. Il dietologo raccomanda, infatti, di puntare sugli alimenti che hanno un effetto protettivo in caso di malattie. Ovviamente sono banditi tutti gli altri! «Un suggerimento che mi sento di dare – spiega Sukkar – è quello di tenere sotto controllo i carboidrati, specialmente se avete febbre, gli zuccheri semplici possono scatenare una risposta infiammatoria maggiore quindi anche se ci fa piacere mettere in bocca qualcosa di dolce se qualcuno di noi si ammala deve rigorosamente eliminare queste sostanze che sono controproducente perché aiutano invece lo stress sedativo».
Una ricerca che getta le basi a tante teorie, secondo quanto sostiene Samir Giuseppe Sukkar, ma che permette di considerare la nutrizione in base ai suoi effetti terapeutici nel contrasto alla pandemia da coronavirus.
In questo studio, per la prima volta, consideriamo la nutrizione in una valenza non più di supporto ma anche terapeutica potendo contribuire fortemente a bloccare la grave complicanza del Covid-19 ovvero la tempesta citochinica, capace di contribuire al miglioramento della prognosi di pazienti affetti da Covid-19. Inoltre, anche se all’esperienza recentemente pubblicata farà seguito uno studio randomizzato controllato multicentrico per ulteriori conferme, ritengo che, allo stato attuale, sia fortemente necessario prendere in considerazione questa dieta [...] - basata sulla riduzione dell’attivazione delle cellule infiammatorie (macrofagi) - soprattutto in soggetti positivi in cura presso il proprio domicilio. In particolare, la dieta dovrebbe essere suggerita per i soggetti obesi, fortemente a rischio di complicanze da Covid-19. Ricordo – conclude – che la dieta non può e non deve essere un ‘fai da te’ e particolare attenzione deve essere posta nei soggetti diabetici, nefropatici e donne in gravidanza in quanto, pur trattandosi di una dieta normocalorica, la ridotta presenza di zuccheri potrebbe essere pericolosa per soggetti in terapia insulinica, ipoglicemizzante o nefropatici. Sempre chiedere al proprio medico se ci possono essere controindicazioni al suo utilizzo.
Nello specifico, l'iperattivazione dei macrofagi M1 con un fenotipo proinfiammatorio, che è legato alla glicolisi aerobica, porta al reclutamento di monociti, neutrofili e piastrine dal sangue circolante e svolge un ruolo cruciale nella tromboinfiammazione (come recentemente dimostrato nel Covid-19) attraverso la formazione di trappole extracellulari di neutrofili e aggregati piastrinici monociti, che potrebbero essere responsabili della CID (coagulazione intravascolare disseminata). La modulazione della disponibilità di glucosio per i macrofagi M1 […] potrebbe rappresentare un possibile strumento metabolico per ridurre la produzione di adenosina trifosfato dalla glicolisi aerobica nel fenotipo del macrofago M1 durante la fase essudativa. Questo approccio potrebbe ridurre la sovrapproduzione di citochine e, di conseguenza, l'accumulo di neutrofili, monociti e piastrine dal sangue.
In particolare, la dieta dovrebbe essere consigliata soprattutto a soggetti obesi o in sovrappeso, e quindi, fortemente a rischio di complicanze da SARS-CoV2. «La collaborazione con i colleghi dell’unità operativa nutrizione clinica e l’attenzione alla dieta dei pazienti Covid positi denota l’importanza della multidisciplinarietà nella gestione e cura dei pazienti affetti da questa infezione. La multidisciplinarietà è stata tra i capisaldi oltre ai punti di forza del lavoro medico, clinico e scientifico svolto sul Covid al Policlinico San Martino», aggiunge Matteo Bassetti.
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Per approfondimenti:
Nutrition "Induction of ketosis as a potential therapeutic option to limit hyperglycemia and prevent cytokine storm in COVID-19"
Quotidiano di Ragusa "Cosa mangiare contro il Covid: dieta con pochi carboidrati e molti grassi"
Immunity "Lipid-Droplet Formation Drives Pathogenic Group 2 Innate Lymphoid Cells in Airway Inflammation"
Quotidiano di Ragusa "Dieta chetogenira normocalorica contro iperinfiammazione Covid"
Genova24 "La dieta chetogenica efficace contro il Covid: lo studio del Policlinico San Martino"
Liguria Notizie "Bassetti e Sukkar: ridurre carboidrati, dieta chetogenica efficace contro il Covid"
Di Lei "Dieta chetogenica: a chi fa bene"
Journal of Translational Medicine "The dark side of the spoon - glucose, ketones and COVID-19: a possible role for ketogenic diet?"
AGI "La dieta chetogenica può ridurre i rischi di complicanze nel Covid-19"
Gazzetta Active "La dieta chetogenica è un’arma contro il Covid? Uno studio sostiene che può ridurre la mortalità"
San Raffaele "Obesità-COVID-19: la dieta chetogenica aiuta a ridurre i rischi da Sars-Covid2"
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Più del 30%. È questo il dato importante che emerge dall’ultimo report dell’ADI, l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica. L’incremento medio è stato registrato nel periodo compreso tra febbraio 2020 e febbraio 2021 dove, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è stato rilevato un abbassamento della fascia di età (13-16 anni) e un aumento delle diagnosi, soprattutto di soggetti affetti da anoressia nervosa. Nell’ultimo anno, complice la pandemia e le relative restrizioni dovute in un primo momento al lockdown e successivamente al coprifuoco, passando poi, tra il giallo, l'arancione e il rosso, dei vari colori regionali sono tutti i fattori che hanno ridefinito il nostro rapporto con il cibo. Dallo stato d’animo al malessere psicologico. «Durante la pandemia la situazione è stata complicata anche dal ridotto accesso alle cure, con centri chiusi, meno disponibilità e possibilità di seguire i pazienti in presenza» spiega in un’intervista all’Huffington Post il dottor Riccardo Dalle Grave, responsabile dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda di Garda. Anche l’autore dell’articolo “Coronavirus Disease 2019 and Eating Disorders - What do people with eating disorders have to address during the pandemic?” pubblicato su Psychology Today ha evidenziato che «il distanziamento sociale e l’isolamento hanno prodotto molti casi di disturbo dell’alimentazione o hanno causato ricadute in soggetti che erano in remissione anche da molto tempo. Ho visto pazienti che, durante il lockdown, sono tornati a combattere contro il disturbo dopo oltre un decennio di remissione».
Aumento di peso e perdita della forma fisica causate soprattutto dall’assenza di attività sportiva. Tra i fattori scatenati poi, oltre alla “clausura” tra le mura domestiche anche le notevoli scorte alimentari presenti in casa durante il confinamento domiciliare. Insomma, un anno all’insegna delle grandi abbuffate ha sicuramente favorito un aumento comportamentale di questo disturbo. Lo scorso febbraio il Lancet ha pubblicato una recensione di Samantha Brooks e colleghi del King's College di Londra su 24 studi sull'impatto psicologico della quarantena. La maggior parte degli studi ha riportato effetti psicologici negativi inclusi sintomi di stress post- traumatico, confusione e rabbia. I fattori di stress includevano una quarantena più lunga, paure di infezione, frustrazione, noia, forniture inadeguate, disinformazione, perdite finanziarie e stigma. Secondo la revisione, i bambini e gli adolescenti sembrano particolarmente a rischio di disturbo da stress post-traumatico. Inoltre, le persone con disturbi alimentari hanno un alto rischio di ricaduta o di peggioramento della gravità del loro disturbo, a causa delle paure di infezione e dell'effetto della quarantena, e per la carenza di cure psicologiche e psichiatriche adeguate a causa della pandemia. Le paure di infezione tendono ad aumentare la sensazione di non avere il controllo che, nelle persone con disturbi alimentari, è spesso gestita con un aumento delle restrizioni dietetiche o altri comportamenti estremi di controllo del peso o con episodi di abbuffate.
Tra i più colpiti dall’emergenza, anzitutto i più giovani.
I dati relativi all’aumento di casi di disturbi alimentari post lockdown – spiega Bracalenti all’agenzia Dire -, da febbraio a maggio 2020, del 30% in bambini e preadolescenti è certamente allarmante. Tuttavia bisogna fare attenzione a evidenziare solo la scarsità dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza Covid-19, come se il trattamento di questi disturbi potesse essere esclusivamente di tipo clinico. Come è noto, invece, la risposta deve essere integrata, complessa, volta a promuovere in senso olistico uno stile di vita sano. Le occasioni di socializzazione, lo sport e tutte le altre attività analoghe sono venute meno durante la pandemia, anche più dei servizi di salute mentale. C’è il rischio concreto che la crisi del Covid-19 porti a cercare in una medicalizzazione diffusa la soluzione a tutti i problemi che emergono: pur necessari, i trattamenti clinici da soli non sono sufficienti.
3 milioni di persone, nel nostro Paese, soffrono di disturbi alimentari (DCA). 2,3 milioni sono adolescenti, principalmente donne. «Le patologie di questo tipo emergono in prevalenza tra i 12 e i 25 anni, ma ultimamente l’età di insorgenza dell’anoressia nervosa si sta abbassando: circa il 20% delle nuove diagnosi riguarda la fascia 8-14 anni. Se è vero che oltre il 95% di chi soffre di questi disturbi è di sesso femminile, il fenomeno dell’anoressia nervosa non esclude di certo i ragazzi. Soprattutto nell’ultimo periodo», evidenzia in un’intervista all’Huffington Post la dottoressa Elena Bozzola, Segretaria Nazionale della Società Italiana di Pediatria. D'altra parte, la quarantena, creando la separazione dalla sfera sociale e la limitazione dei movimenti, può contribuire al mantenimento della psicopatologia del disturbo alimentare attraverso diversi meccanismi. Come ad esempio:
Anoressia, bulimia e il drammatico e, a volte, mortale rapporto con il cibo. Già a inizio pandemia, l’Iss e l’EpiCentro in un articolo, avevano approfondito il tema dei disturbi alimentari durante la pandemia ponendo l’attenzione su alcuni fattori cruciali. Gli esperti spiegano nella nota che coloro che soffrono di disturbi alimentari tendono ad essere più fragili, andando incontro a problemi come quelli respiratori e a una maggiore vulnerabilità al rischio di infezione. Nelle persone con disturbi alimentari e altre condizioni concomitanti, come depressione, ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico e disturbo da uso di sostanze, la ruminazione, la preoccupazione e l'ansia innescate dalla pandemia Covid-19 possono accentuare il gravità della condizione di comorbilità che spesso interagisce negativamente con la psicopatologia del disturbo alimentare. Senza trascurare poi che, le persone sottopeso con un disturbo alimentare sono a più alto rischio di complicazioni mediche associate alla malnutrizione e, sebbene non abbiamo dati, potrebbero essere a maggior rischio fisico nel caso di un'infezione da Coronavirus.
Il Messaggero "Coronavirus, anoressia e bulimia tra gli effetti dell'ansia causata dal virus"
Huffington Post "Un’epidemia nella pandemia: +30% casi disturbi alimentari nell'anno del Covid"
Psychology Today "Coronavirus Disease 2019 and Eating Disorders"
Harvard University "Evaluating COVID-19 Public Health Messaging in Italy: Self-Reported Compliance and Growing Mental Health Concerns"
Ministero della Salute "Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione"
Huffington Post "Perché per chi soffre di disturbi alimentari l'isolamento è un mostro (e un pericolo)"
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Utile nella prevenzione, nel trattamento e nel rinforzo delle nostre difese immunitarie. Ancora sotto i riflettori dopo centinaia di anni è sempre la vitamina C. Conosciuta anche con il nome di acido ascorbico, è nota e apprezzata da tutti grazie alle sue notevoli proprietà antiossidanti che stimolano la risposta del sistema immunitario e fortificano il nostro organismo rendendolo meno esposto agli attacchi esterni e al rischio di tante patologie. Inoltre, se inserita all’interno di una dieta sana e bilanciata, questo prezioso nutriente, si dimostra un valido alleato anche nella lotta dei tumori, in combinazione con le terapie anticancro. «Si tratta di una vitamina idrosolubile, che quindi non può essere accumulata nel nostro organismo e deve essere assunta regolarmente attraverso l’alimentazione», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. Fondamentale per il nostro organismo, la vitamina C è un prezioso antiossidante, importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene, il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli, ossa, articolazioni e legamento parodontale che fornisce le proprietà elastiche e di resistenza a organi e tessuti e compone il 75% della nostra pelle e il 30% del nostro corpo. Inoltre, è una proteina essenziale per la riparazione e la guarigione di quasi tutti i tessuti del nostro corpo.
La vitamina C - emerge da un recente studio - oltre ad essere fondamentale per numerosi processi, supporta tante preziose funzioni per la nostra salute, prima tra tutte quella immunitaria. Stimola la produzione di interferoni (che proteggono le cellule dagli attacchi virali) e la proliferazione dei neutrofili, protegge le proteine dall'inattivazione da parte dei radicali liberi prodotti durante i processi ossidativi, facilita la biosintesi del collagene (interviene nella conversione della prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina, mantenendo il ferro in forma ridotta) e quella degli acidi biliari, favorisce la sintesi della noradrenalina (neurotrasmettitore) a partire dalla dopamina e del triptofano in serotonina, contribuisce all’assorbimento intestinale del ferro, alla sintesi della carnitina (essenziale per il trasferimento di acili nei mitocondri), al catabolismo della tirosina ad acidi fumarico e acetacetico attraverso la formazione dell'acido omogentisinico, riduce la tossicità di alcuni minerali, collabora alla stimolazione della reduttasi del citocromo (responsabile dell'idrossilazione del colesterolo, necessaria per la sintesi dell'acido colico), favorisce l'uso del selenio a dosi fisiologiche e l’attivazione dell'acido folico in acido tetraidrofolico, regola i livelli endogeni di istamina, inibendone il rilascio e favorendone la degradazione (a scopo terapeutico per prevenire lo shock anafilattico, la pre-eclampsia e la prematurità nelle complicanze della gravidanza), fiosintesi degli ormoni steroidei della corteccia surrenale, favorisce la riduzione degli ioni superossidi, dei radicali idrossilici, dell'acido ipocloroso e altri potenti ossidanti, proteggendo la struttura del DNA, delle proteine, delle membrane da eventuali danni oltre alla riduzione dell'efficienza dell'assorbimento intestinale del rame, esercita un’azione preventiva nella cancerogenesi da nitrosamine, inibendo la loro sintesi e, insieme alla vitamina E, protegge dal danno ossidativo provocato dai radicali liberi.
Le innumerevoli proprietà della vitamina C l’hanno inclusa nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e quindi, tra i più sicuri ed efficaci necessari al sistema sanitario. Valido supporto nella prevenzione delle malattie da raffreddamento da oltre trent’anni. La teoria della vitamina C contro il raffreddore diventa popolare intorno al 1970 quando, il premio Nobel Linus Pauling, pubblica un libro su come prevenire le malattie da raffreddamento con mega dosi di vitamina C. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Una sua carenza, per contro, si traduce in una condizione nota come lo scorbuto. tra i principali sintomi di una sua carenza, nota anche come scorbuto. Attenzione quindi ai segnali! Debolezza, confusione, esaurimento fisico, scarso appetito (che può trasformarsi anche in anoressia), letargia, irritabilità, dolori alle gambe, anemia, gengivite, ematomi, carie, dolori articolari, dolori muscolari, caduta dei capelli, pelle secca, sensibilità alla luce, sbalzi d’umore, depressione, sanguinamento gastrointestinale e mal di testa. Tra le sue numerose peculiarità riportate in numerose ricerche, ecco le principali:
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
Tra le tante virtù, la sua capacità antiossidante permette un utilizzo della vitamina C anche nell’industria alimentare:
L’acido ascorbico viene spesso usato come additivo in alcune preparazioni alimentari per la sua azione conservante che deriva proprio dalle caratteristiche chimiche tipiche dell’antiossidante. - spiega la dottoressa Falcone - Questa caratteristica rende la vitamina C utile nel contrastare i radicali liberi in condizioni di stress ossidativo, combattendo l’infiammazione. Non si pensi, però, che un integratore di vitamina C possa avere poteri antitumorali: l’effetto antinfiammatorio è dato da una dieta ricca di fonti di questa vitamina. - precisa la nutrizionista - L’acido ascorbico partecipa a moltissime reazioni metaboliche, come la sintesi di aminoacidi, degli ormoni e del collagene, ed è utile anche al benessere della pelle. Grazie al suo potere antiossidante è di aiuto anche nella fase post allenamento, perché migliora il recupero a livello muscolare e cellulare, e può utile in periodi in cui ci sentiamo particolarmente affaticati. Ma, a differenza di quanto si pensa, non cura il raffreddore, anche se aumenta le barriere del sistema immunitario.
Una vitamina miracolosa e dove trovarla.
La troviamo prevalentemente in frutta e verdura, in particolare negli agrumi (limone, arance, mandarini…), nei kiwi, nelle fragole, nelle crucifere (cavolfiori, broccoli, broccoletti), peperoni, pomodori. - chiarisce la dottoressa Falcone - Attenzione però alla preparazione di questi alimenti: la vitamina C è termolabile, sensibile alle temperature, e se l’alimento viene cotto troppo si può disperdere. Lo stesso rischio si ritrova nel caso di cottura in eccessiva acqua. D’altro canto l’acido ascorbico è un facilitatore dell’assorbimento del ferro non eme, il ferro di origine vegetale contenuto nelle verdure. Se a questi abbiniamo una fonte di acido ascorbico il ferro non eme cambia struttura molecolare e viene assorbito più facilmente. Trattandosi di una vitamina idrosolubile ne abbiamo bisogno quotidianamente, quindi è bene che fonti di acido ascorbico siano presenti ogni giorno nell’alimentazione. Ma se seguiamo una dieta varia ed equilibrata, ricca di verdura e frutta di stagione, soddisfiamo il fabbisogno.
Gazzetta Active "Vitamina C, sistema immunitario e non solo: ecco a cosa serve e dove si trova"
Il Giornale "Agrumi: proprietà e benefici del frutto dell'inverno"
Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”
PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"
MDPI "Vitamin C and Immune Function"
Il Messaggero "Covid, influenza stagionale e coronavirus: come distinguere i sintomi in caso di febbre"
Centro meteo italiano "Coronavirus, influenza stagionale e raffreddore, come distinguerli: i sintomi e le caratteristiche"
Corriere della Sera "Coronavirus, come incide la dieta sulla forza del sistema immunitario"
Salute Prevenzione "Nella guerra contro i Virus la scienza si dimentica sempre del Sistema Immunitario"
Philippe Lagarde "Libro d'oro della prevenzione: difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine"
Sapere "I sistemi di difesa dell'organismo"
Corriere del Mezzogiorno "Coronavirus, come difendersi a tavola"
Il fatto alimentare "Coronavirus: dieta e trattamenti terapeutici naturali proposti da docenti di medicina"
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Uno studio siciliano riaccende i riflettori sui benefici degli integratori alimentari soprattutto nella prevenzione dell’infezione da coronavirus. Insomma, oltre ai tanti e già noti benefici per il nostro organismo, queste sostanze riducono il rischio di malattia grave e di sviluppare, in caso di contagio, pericolose complicanze. L’indagine, realizzata da un équipe di ricerca coordinato dal professore Salvatore Corrao, componente del comitato tecnico scientifico della Regione Siciliana e direttore del reparto Covid dell'Ospedale Civico di Palermo, ha indagato e dimostrato l'efficacia antinfiammatoria di integratori a base di vitamina C, D, melatonina e zinco nel trattamento del Covid-19. La ricerca è stata poi pubblicata sulla rivista internazionale Nutrients. Un complesso di sostanze capaci di favorire il benessere contrastando i processi degenerativi. «L’integrazione può essere un valido aiuto per migliorare il nostro sistema immunitario su diversi fronti anche per contrastare le malattie infettive» suggerisce Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. Premesso, questo è indiscutibile, che uno stato nutrizionale ottimale riduca efficacemente l'infiammazione e lo stress ossidativo, migliorando la regolazione del sistema immunitario. Inoltre, un'integrazione consapevole potrebbe essere efficace per migliorare lo stato di salute, non solo in generale, ma soprattutto quella dei pazienti considerati ad alto rischio di infezioni virali, ovvero di tutte quelle persone affette da patologie, e quindi, maggiormente esposte e suscettibili a una maggiore aggressività della malattia.
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
La risposta immunitaria è la nostra prima linea di difesa contro gli attacchi di agenti esterni. Questa, interviene in due modalità: tramite l’immunità innata e quella adattiva. Mentre la prima è presente sin dalla nascita e lavora per impedire agli agenti esterni di entrare nel nostro corpo, la seconda è acquisita a partire dal primo anno di vita e viene potenziata ed “educata” in risposta alle infezioni e agli agenti estranei in cui il corpo si imbatte ogni giorno. Infatti, il nostro corpo memorizza virus e batteri già incontrati così essere in grado di attuare le difese necessarie nel caso si ripresentassero. Quindi, è vero sì che le nostre difese immunitarie sono pronte a intervenire in caso di necessità, ma è necessario aiutarle e rafforzarle con uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata grazie all’apporto di vitamine, minerali e sostanze nutritive. Gli integratori che non dobbiamo intendere come sostitutivi di una dieta varia, sana ed bilanciata, non sono scorciatoie a uno stile di vita equilibrato, ma hanno la funzione di “integrare” appunto eventuali carenze permettendo al nostro organismo di essere più forte in grado di difenderci dagli attacchi esterni, tra cui virus e influenze stagionali. senza contare poi che il valore ottimale di alcuni nutrienti, è fondamentale per la nostra salute.
Il gruppo di ricerca dell'Ospedale Civico di Palermo è coordinato dal professore Salvatore Corrao, Raffaella Mallaci Bocchio, nutrizionista, Marika Lo Monaco, infermiera, Giuseppe Natoli, biostatistico, Christiano Argano, internista e con la collaborazione di altri due medici: Attilio Cavezzi ed Emidio Troiani, rispettivamente dell'Eurocenter Venalinfa di San Benedetto del Tronto, e Cardiology Unit, State Hospital, Social Security Institute, Cailungo, di San Marino. Ecco cosa suggerisce lo studio palermitano per ridurre l’aggressività del Covid:
Ad oggi - spiega il ricercatore - è passato più di un anno da quando la malattia da Covid-19, dovuta alla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) -CoV-2, è stata descritta per la prima volta a Wuhan (Cina), evolvendosi rapidamente in una pandemia. Questa malattia infettiva è diventata la principale sfida per la salute pubblica nel mondo. Purtroppo ad oggi non esistono antivirali specifici di provata efficacia per il Covid-19 e nonostante siano disponibili i vaccini, il tasso di mortalità non sta scendendo. Una delle strategie terapeutiche è stata focalizzata sulla prevenzione delle infezioni e sulle misure di controllo. A questo proposito, l'uso di supporti nutraceutici può giocare un ruolo per quanto riguarda alcuni aspetti dell'infezione, in particolare lo stato infiammatorio e la funzione del sistema immunitario dei pazienti, rappresentando così una strategia per controllare gli esiti peggiori di questa pandemia. Per questo motivo, abbiamo eseguito una ‘overview’ che include meta-analisi e revisioni sistematiche per valutare l’associazione tra melatonina, vitamina C, vitamina D, integrazione di zinco e marcatori infiammatori utilizzando 3 database come MEDLINE, PubMed Central e Cochrane Library of Systematic Reviews. Servono dosaggi terapeutici di melatonina, vitamina C, vitamina D, integrazione di zinco per ridurre non tanto l'impatto dell'infezione, ma di una malattia che potrebbe avere aspetti severi che sappiamo può portare alla morte. Possono essere presi singolarmente o alcuni combinati. I fatti ci dicono che prendendo singolarmente uno o due grammi di vitamina C al giorno, che 50 mila unità di vitamina D una volta al mese, che la melatonina intorno tra 6 e 25 milligrammi la sera, che 50 milligrammi di zinco base ogni giorno, si abbassa la proteina C reattiva che come tutti sanno è un indicatore di infiammazione. Tali sostanze possono ridurre anche le citochine infiammatorie tipiche del Covid. Non comprendiamo perché non sia stata fatta una campagna di popolazione dall'Oms e dagli enti governativi che potrebbe abbattere il Covid grave in soggetti come ad esempio i diabetici.
Quindi, stando al risultato dell'indagine, la “chimica” potrebbe non essere l’unica strada per combattere l’infezione da SARS-CoV2. Sulla base dei dati riportati dallo studio, il ricercatore suggerisce di considerare una possibile integrazione delle attuali misure preventive con il supporto di questi nutrienti su larga scala.
Dalle prove disponibili sulla vitamina D, l’assunzione di 50.000 UI (si parla di 50.000 UI in un’unica assunzione ogni 1-2 mesi o una volta la settimana per 2-3 mesi in caso di carenza), ha mostrato la riduzione in modo particolarmente efficace della produzione della Proteina C Reattiva (PCR) in diverse popolazioni di pazienti. – mentre - Uno o due grammi al giorno di vitamina C hanno dimostrato di essere efficaci sia sulla PCR che, stavolta, sulla funzione endoteliale. Un dosaggio di melatonina, invece, compreso tra 5 mg e 25 mg al giorno ha rilevato una buona evidenza di efficacia su PCR, TNF-alfa (fattore di necrosi tumorale) e IL-6 (un’interleuchina che agisce come citochina multifunzionale, sia pro-infiammatoria, sia anti-infiammatoria). Una dose invece di 50 mg al giorno di integrazione di zinco elementare ha mostrato risultati positivi sulla PCR.
Confermato e poi contestato il ruolo dell’acido ascorbico nella cura del coronavirus. Il trattamento della vitamina C è riconosciuto per il suo effetto benefico nel prevenire/neutralizzare la risposta infiammatoria, ridurre lo stress ossidativo e stimolare gli interferoni e altre citochine antivirali, peculiarità che rendono la vitamina C importante nella terapia di contrasto al virus. Inoltre, il ruolo benefico della vitamina C come antiossidante e antinfiammatorio ha portato l’intera comunità scientifica a indagare sull’efficacia e sugli effetti di alte dosi di vitamina C nel trattamento e nella riduzione delle complicanze relative a una serie di infezioni virali. Conosciuto anche come acido ascorbico, questo nutriente è noto per il suo effetto antiossidante e immunomodulante. Un concentrato di proprietà nutritive benefiche per il nostro organismo, non solo d’estate. Infatti, questo indispensabile nutriente rinforza le difese immunitarie, contrasta i radicali liberi e protegge dalle infezioni. Diversi ricercatori e medici hanno ipotizzato che l'uso di acido ascorbico potrebbe ridurre l'infezione da SARS-CoV-2 attraverso la capacità degli integratori di aumentare la risposta immunitaria insieme alla diminuzione della gravità della risposta infiammatoria mediata dal virus.
Numerosi studi supportano la teoria che una dose elevata di vitamina aiuta a rafforzare il sistema immunitario. La vitamina C, preziosa per il sistema immunitario, interviene nella formazione di ossa, pelle e denti, sostiene l’attività muscolare, partecipando alla produzione di energia a livello cellulare. Numerose ricerche indicano che la vitamina C si concentra nelle cellule del sistema immunitario e viene consumata velocemente durante un’infezione portando, infine, a sintomi più lievi e a una durata inferiore. La vitamina C è fondamentale per il mantenimento dell’integrità delle barriere mucosali, ad esempio nel tratto gastrointestinale e respiratorio supporta infatti la sintesi del collagene e protegge le membrane cellulari allo stress ossidativo. È coinvolta nella regolazione delle cellule immunitarie, potenzia l’azione dei linfociti natural killer e l’attività dei macrofagi, e promuove la sintesi di anticorpi. Le evidenze scientifiche secondo cui un apporto elevato di vitamina C potrebbe portare a una minore suscettibilità alle infezioni delle vie respiratorie ha origine dalle teorie di Linus Pauling pubblicate negli anni Settanta.
Tra le diverse patologie associate a una maggiore esposizione al Covid, viene allocata sin dall’esordio di questa pandemia, anche l’ipovitaminosi D. Inoltre, recenti evidenze scientifiche hanno confermato che il trattamento con vitamina D riduce l'incidenza di infezioni virali delle vie respiratorie, specialmente nei pazienti con carenza di vitamina D. Dalla capacità di modulare e influenzare meccanismi fisiologici dell’organismo al mantenimento di ossa e denti in salute, dal buon funzionamento dei muscoli al rinforzo del sistema immunitario. L’azione della vitamina D è ormai da anni oggetto di ricerca. Studi precedenti avevano già evidenziato un legame tra livelli più bassi di vitamina D e tassi più elevati di malattie respiratorie, come asma, tubercolosi o infezioni virali capaci di compromettere la regolare attività polmonare.
Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici
Secondo un recente studio statunitense, la melatonina potrebbe aiutare ad abbassare il rischio di contrarre l’infezione. Dopo le numerose indagini e delle evidenze scientifiche circa il rapporto tra vitamina D e SARS-CoV2, la scoperta dei ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) che identificando nell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, solitamente utilizzato come integratore alimentare per risolvere i problemi di insonnia una possibile opzione di trattamento per il Covid. Secondo gli studiosi, l’uso regolare di questo ormone che regola il ritmo circadiano, comunemente utilizzato come integratore contro l’insonnia, è associato a una probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2. Insomma, considerate le alte prestazioni della melatonina, la sua prescrizione nella profilassi del COVID-19 è fortemente raccomandata.
Dalla MELATONINA alle teorie del dottor PIERPAOLI: tutte le verità
«Presente nel fegato, nella carne in generale e nei molluschi (soprattutto ostriche), riduce la replicazione dei coronavirus. Altro importante modulatore della risposta immunitaria è proprio lo zinco a cui si attribuisce la capacità di rimarginare rapidamente le ferite (comprese le ulcere e i danni alle arterie), di aiutare a prevenire i raffreddori (migliora la risposta immunitaria), di migliorare la vista, di migliorare l’odore corporeo, di combattere l’acne e l’ingrossamento prostatico» si legge nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti di Adriano Panzironi.
Ansa "Covid: studio, integratori riducono rischio malattia grave"
La Repubblica "Dalla vitamina D alla melatonina: ecco i nostri alleati contro Covid-19"
Gazzetta del Sud "Covid, studio siciliano: integratori riducono rischio malattia grave"
Sanità in Sicilia "Infiammazione e nutraceutica: una strategia per controllare il virus"
Blog Sicilia "Integratori per combattere il Covid, da Palermo uno studio pubblicato su Nutrients"
Vanity Fair "Gli integratori per rinforzare il sistema immunitario"
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Storia della vitamina C: dalla prevenzione del raffreddore al trattamento del Covid
Melatonina e vitamina D: il connubio vincente contro il Covid
Covid: aumenta il rischio del 60% con carenza di vitamina D
3 milioni in Italia e 200 milioni nel mondo occidentale. Considerata una vera e propria malattia sociale, l’endometriosi colpisce una donna su dieci. Una patologia che intacca l’apparato riproduttivo delle donne in età fertile e le accompagna dall’adolescenza fino alla menopausa, causando dolori e altri disturbi. Questa patologia invalidante impatta notevolmente sulla qualità della vita e potrebbe essere causa di sub-fertilità o infertilità (come avviene nel 30-40% dei casi). Definita dal Ministero della Salute come la presenza di endometrio, mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero e può interessare la donna già alla prima mestruazione (menarca) e accompagnarla fino alla menopausa. In Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva, questa patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o con difficoltà a concepire. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d'età più basse. Sintomo principale, il dolore cronico e persistente, con aggravamento durante il periodo mestruale passando poi per astenia o lieve ipertermia. «L’endometriosi è una patologia ginecologica che si presenta quando le cellule endometriali che normalmente si trovano nel rivestimento uterino proliferano in altre zone, che possono essere zone pelviche, come le ovaie, o zone non pelviche, per esempio a livello intestinale o renale», spiega in un’intervista a Gazzetta Active la dottoressa Alice Cancellato, biologa nutrizionista del Centro scienze della natalità e ginecologia oncologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – Gruppo San Donato.
L'INFIAMMAZIONE CRONICA, le vere cause del killer silenzioso
Ad un'alimentazione sana, composta principalmente da alimenti antinfiammatori in grado di contrastare questa patologia, contribuiscono i dati raccolti dal Progetto Nutrizionale della Fondazione italiana endometriosi. Insomma, uno stile alimentare sano e corretto per ridurre i sintomi di questa malattia e limitare così il consumo di farmaci, ormonali, antidolorifici o antinfiammatori. L’alimentazione come mezzo per ridurre i sintomi di questa malattia. Il segreto è presto detto: ridurre i cibi che favoriscono l’infiammazione e puntare su quelli antinfiammatori, in grado di diminuire i livelli di estrogeni. Aumentare, quindi, il consumo di verdura, frutta secca, pesce azzurro e avocado, ricchi di omega 3 dall’azione antinfiammatoria. Eliminare, invece, gli zuccheri perché favoriscono i processi infiammatori e tutti i carboidrati insulinici. Altro sostegno importante in questa estenuante battaglia è quello fornito dagli integratori alimentari che, riducendo l’infiammazione e i dolori, incidono sulla percentuale di sviluppo della malattia stessa. Correre ai ripari con gli amici del benessere e non sottovalutare i sintomi predittivi di questa patologia come dismenorrea (dolore pelvico durante il ciclo mestruale), dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali), dolore pelvico cronico, mestruazioni abbondanti, perdite di sangue tra un flusso e l'altro, costipazione, diarrea, difficoltà a rimanere incinta. Ma anche stanchezza fisica cronica e disturbi dell'attenzione.
Originata dallo stimolo degli estrogeni, l’endometriosi è tra le patologie femminili più comuni.
Lo stimolo degli estrogeni stimola la proliferazione delle cellule endometriali. Proprio per questo colpisce le donne in età fertile, e nel momento in cui la produzione di estrogeni si abbassa, come in menopausa, i sintomi si riducono. Quando parlo di sintomi intendo sintomi importanti, che spesso incidono sulla qualità della vita della paziente. Si tratta di dolori molto forti in prossimità e durante la mestruazione, dolori che rendono difficili anche normali attività quotidiane e che possono colpire anche durante i rapporti sessuali. Questa patologia può anche provocare difficoltà di concepimento, tanto che talvolta alle giovani pazienti viene suggerita la crioconservazione. E ci possono essere ripercussioni anche a livello intestinale, con sindrome del colon irritabile.
OMEGA 3, ecco perché è importante integrarli per la nostra salute
Ecco come incide l’alimentazione e quali sono i cibi da preferire in una dieta per contrastare questa sintomatologia:
L’alimentazione incide molto, perché è in grado di ridurre (o di aumentare) i livelli di infiammazione. La dieta anti endometriosi, quindi, deve essere antinfiammatoria e particolarmente ricca di vitamine A, C ed E. Inoltre è bene evitare il sovrappeso perché gli estrogeni vengono prodotti anche dal tessuto adiposo, e in caso di eccesso ponderale si rischia un peggioramento dei sintomi dell’endometriosi. – Tra gli alimenti raccomandati, poi - sicuramente sono fondamentali tutti gli alimenti ricchi di acidi grassi omega 3, grassi buoni che stimolano la produzione di prostaglandine antinfiammatorie, mediatori chimici dell’infiammazione che possono avere funzione proinfiammatoria o antinfiammatoria. Le prostaglandine proinfiammatorie vengono prodotte a partire dagli acidi grassi omega 6 e sono utili nel caso di infiammazione acuta, perché modulano la risposta immunitaria. Quando invece siamo di fronte ad una infiammazione cronica come la endometriosi abbiamo bisogno di prostaglandine antinfiammatorie e, di conseguenza, di omega 3. Questi si trovano nel pesce azzurro e nel pesce grasso pescato. Quindi attenzione al salmone allevato, che contiene più omega 6 che omega 3. Meglio evitare anche tonno e pesce spada, che contengono anche metalli pesanti. L’ideale è il pesce azzurro, come sgombro, sardine, alici. Gli omega 3 sono poi presenti anche nei semi di lino, che andrebbero consumati macinati o sotto forma di olio, nelle noci, nei semi di canapa. Anche gli acidi grassi monoinsaturi hanno proprietà antinfiammatorie e sono importanti per la fertilità, perché aiutano la attività ovarica. Gli acidi grassi monoinsaturi si trovano nell’olio extravergine di oliva, nell’avocado e nelle noci macadamia.
Per contro, invece, ci sono alimenti che favoriscono questa patologia e quindi, sarebbe meglio evitare.
Sicuramente è bene limitare gli zuccheri [...] e i latticini, che promuovono l'infiammazione. Gli alcolici andrebbero evitati, perché hanno un metabolismo epatico, abbassano la funzionalità epatica, e chi soffre di endometriosi ha bisogno di un fegato che funzioni bene per rimuovere l’eccesso di estrogeni implicati nella patologia. Attenzione anche a tutte le sostanze nervine presenti in caffè, tè e cioccolato, perché peggiorano la sintomatologia dolorosa legata all’endometriosi [...].
Gazzetta Active "Endometriosi, la dieta che la contrasta: i cibi sì e quelli che è meglio evitare"
Io Donna "Endometriosi: un aiuto dai cibi antinfiammatori"
Il Giorno "Marzo è il mese dell'endometriosi: cos'è, quali sono i sintomi, come si "cura""
Ministero della Salute "Endometriosi"
Io Donna "Giornata dell’endometriosi: che cos’è, i sintomi, le cure. Per non rassegnarsi al dolore"
Gazzetta dello Sport "Ecco la dieta antinfiammatoria, uno stile alimentare per prevenire le patologie dell’era moderna"
Sky Tg24 "I benefici delle spezie, possono aiutare a ridurre l'infiammazione"
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Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali
L'alimentazione, la grande alleata dei nostri occhi
Una rondine non fa primavera, ma due minerali si! Nella transizione dalla stagione invernale a quella primaverile ci accompagnano due alleati per contrastare i nemici del benessere: stanchezza e affaticamento, scarsa concentrazione e irritabilità. Arrivano ferro (Fe) e magnesio (Mg) per aiutarci a superare i tipici fastidi del passaggio di stagione. Uova, noci e banane. Quello che mangiamo ci aiuta a stare meglio. Fondamentali per la maggior parte delle attività metaboliche del nostro organismo, diventano cruciali in questo particolare periodo dell’anno. Tuttavia, i sali minerali non vengono prodotti autonomamente dal nostro corpo per cui dobbiamo necessariamente assumerli tramite l’alimentazione e l’integrazione. Primizie ricche di sali minerali e vitamine sbocciano anche nell'orto di Heinz Beck che per la gioia dei gourmant più esigenti propone nuovi piatti, pensati per un pasto buono, equilibrato e soprattutto salutare. Causa delle carenze nutrizionali e di un più diffuso senso di malessere, sicuramente un’alimentazione poco equilibrata. Infatti, per combattere la stanchezza non basta solo il riposo, ma è bene selezionare con attenzione quello che si decide di portare a tavola. Insomma, la combinazione giusta di micro e macro elementi per il supporto delle regolari attività quotidiane.
Sul banco degli imputati, anche alcuni farmaci, il cui consumo prolungato contribuisce alle carenze di minerali (e vitamine) diminuendo l'assorbimento o aumentando la perdita di micronutrienti essenziali. Ecco spiegata la motivazione per cui, quasi sempre, a sostegno della terapia farmacologica vengono associati specifici integratori alimentari, al fine di evitare, in questo modo, quadri di importanti deficit. Nel caso specifico, per fare qualche esempio i diuretici, gli antiacidi e la pillola anticoncezionale incidono negativamente sulla carenza di ferro e magnesio. Difatti, gli integratori non sono sostitutivi di una dieta varia, non sono scorciatoie a uno stile di vita equilibrato, ma hanno la funzione di “integrare”, appunto, eventuali carenze permettendo al nostro organismo di essere più forte capace di difenderci dagli agenti esterni, tra cui virus e influenze stagionali. «L’integrazione può essere un valido aiuto per migliorare il nostro sistema immunitario su diversi fronti anche per contrastare le malattie infettive» suggerisce Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. E poiché un’alimentazione corretta potrebbe non essere sufficiente, sarebbe meglio giocare d’anticipo, bilanciando la propria dieta tra cibo sano ed integratori alimentari così da fornire al nostro corpo la "benzina" necessaria. «Gli integratori sono degli alimenti pensati per colmare eventuali carenze nutrizionali», sostiene Alessandra Bordoni in un'intervista a Vanity Fair, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. Ecco i due super minerali per affrontare la nuova stagione in salute e difendersi al meglio da malanni, virus e batteri.
Tra i principali sintomi di una carenza, nota come anemia (una delle più comuni condizioni patologiche del sangue), stanchezza, astenia e abbassamento del tono dell’umore, spiega in un’intervista a Fanpage il dottor Luca Di Russo, biologo e nutrizionista:
Il ferro è fondamentale perché si trova nell'emoglobina, la molecola che trasporta l'ossigeno nel sangue.- La principale fonte di ferro è di origine animale: - Dobbiamo distinguere il ferro in due categorie, quello non eme, che si trova in alimenti di origine vegetale, e quello eme di origine animale. Ma il ferro presente nell'emoglobina è soltanto quello di tipo eme. Per questo chi segue un'alimentazione vegetariana o vegana deve fare molta attenzione a eventuali carenze e valutare con il proprio medico la necessità di un'eventuale integrazione. Chi deve fronteggiare questo tipo di carenza con l'aiuto di un'integrazione dovrà quasi sempre assumere anche della vitamina C, un'alleata fondamentale nell'assimilazione del ferro.
Nella categoria dei microelementi, il ferro (insieme a iodio, rame, etc…), ovvero i minerali presenti in quantità minore rispetto ad altri (come magnesio, potassio, calcio e fosforo). Aiuta a ritrovare la concentrazione. Entra poi a far parte della molecola di emoglobina che costituisce i globuli rossi. Trasporta ossigeno e anidride carbonica nel sangue. Tra le sue principali funzioni, il ferro favorisce la/il:
Presente in circa trecento enzimi, è indispensabile per l'attivazione della vitamina D e per l'assorbimento del calcio. Tutto merito del magnesio, il minerale del buonumore. Al via con la scorta di un macroelemento importantissimo soprattutto dal punto di vista del livello energetico psicofisico. Inoltre, svolge anche un ruolo importante nella regolazione del tono dell'umore, stimolando la produzione di serotonina. «Lo troviamo principalmente nella frutta secca – spiega il dottor Di Russo nell’intervista – in particolare nelle mandorle, ma anche […] nel cacao». La carenze di magnesio, frequente, anche se asintomatica di lieve entità, si chiama ipomagnesemia e si manifesta spesso con sintomi comuni come debolezza muscolare, crampi, stanchezza cronica, depressione, mal di testa e insonnia. E un deficit di questo minerale potrebbe essere associato a copiosa sudorazione, a seguito di un’intensa attività fisica o peggio, ad altre importanti patologie. Ne sono ricchi diversi alimenti tra cui cioccolato (fondente e al latte), cacao, mandorle, pistacchi e noci. Presente, seppur in minore quantità nel parmigiano, nelle banane, nelle carni rosse e nei carciofi. Nella sua inesauribile miniera di peculiarità, il magnesio contribuisce al/alla:
La Repubblica "Arriva la primavera: contro la stanchezza ferro e magnesio diventano alleati a tavola"
Fanpage "Ferro, calcio, magnesio e potassio: l’importanza dei sali minerali che regolano il nostro organismo"
Gazzetta Active "Magnesio: a cosa serve, quali sono le fonti e i sintomi di una carenza"
Huffington Post "7 motivi per cui magnesio e potassio salveranno la tua estate"
National Library of Medicine "Scientific Opinion on Dietary Reference Values for magnesium"
PubMed "Magnesium intake and depression in adults"
MSN Lifestyle "Dieta del magnesio: la migliore per l’estate"
Grazia "La dieta del magnesio fa dimagrire e rinforza le ossa: ecco come seguirla"
Lecce Prima "Magnesio: proprietà e benefici per il benessere fisico e l'umore"
Ragusa News "I benefici del magnesio nella nostra dieta"
Vivere più sani "Benefici del magnesio: tutto quello che dovete sapere"
LEGGI ANCHE: Vitamine, minerali, spezie e altri nutrienti: gli ingredienti per vivere al massimo
Magnesio, rinforza ossa e muscoli: tanti benefici e zero controindicazioni
Magnesio e potassio: per affrontare estate e caldo con energia e vitalità
Calcio, magnesio e vitamina D: i principali nemici dell'osteoporosi
Una relazione tanto discussa che torna, ancora una volta, alla ribalta della cronaca nazionale grazie a una nuova ricerca italiana sull’importanza dell’ormone del sole nella lotta contro l’infezione da SARS-CoV2. Dall’indagine emerge che una carenza di vitamina D sembrerebbe peggiorare le condizioni, con evidenti criticità riscontrate nel quadro clinico delle persone positive al Covid. I ricercatori parlano appunto di "stadi clinici di Covid-19 più compromessi" per indicare una malattia più grave. Allo studio retrospettivo, pubblicato sulla rivista Respiratory Research e condotto su 52 pazienti, hanno collaborato l'Istituto superiore di sanità (Iss), l'Ospedale Sant'Andrea di Roma e altre istituzioni. Tra ipovitaminosi D e malattie polmonari, l’ennesima indagine prova a far chiarezza una volta per tutta: «[...] I nostri dati sottolineano una relazione tra i livelli plasmatici di vitamina D e diversi marcatori di malattia». Nelle persone con deficit di vitamina D, la sua integrazione è in grado di ridurre il rischio di sviluppare diverse infezioni virali. Inoltre, i soggetti con bassi livelli di vitamina D al momento del test Covid-19 erano a maggior rischio di essere positivi per Covid-19 rispetto a quei soggetti con stato di vitamina D sufficiente. Oltre all’esposizione solare e all’alimentazione, la supplementazione di vitamina D è una raccomandazione utile e sicura.
Insomma, molto di più di un micronutriente coinvolto nel metabolismo del calcio e nella salute delle ossa. La vitamina D, per l'appunto, svolge tra le altre funzioni anche un ruolo importante come ormone pluripotente in diversi meccanismi immunologici. Come noto, infatti, i suoi recettori sono ampiamente distribuiti in tutto l’organismo e in particolare nell’epitelio alveolare polmonare e nel sistema immunitario. Ad, oggi, l'infezione da Covid-19 è ancora una sfida aperta. Sebbene siano note le caratteristiche cliniche a seguito della penetrazione del virus nel nostro sistema respiratorio, la patobiologia ei meccanismi che regolano questo ingresso e le ragioni alla base dei molteplici quadri clinici osservati sono ancora sconosciuti. Sfortunatamente, circa il 20% dei pazienti contagiati ha sviluppato una grave malattia respiratoria caratterizzata da infiltrati polmonari diffusi e danno di pneumociti alveolari, che va incontro ad apoptosi e morte. Le unità alveolari coinvolte sembrano essere periferiche e subpleuriche. Inoltre, è stata segnalata un'iperinfiammazione virale. Una precoce sovrapproduzione di citochine pro-infiammatorie conosciuta come tempesta di citochine. Tra questi, i livelli plasmatici elevati sono stati inclusi come predittori di mortalità. L'insufficienza della vitamina D è stata correlata alle infezioni virali del tratto respiratorio inferiore e all'esacerbazione nelle malattie polmonari ostruttive croniche e nell'asma.
Coinvolti nella ricerca 52 pazienti (con età media di 68 anni) affetti da coronavirus con coinvolgimento polmonare (27 femmine e 25 maschi, nella fascia di età compresa tra i 29 ed i 94 anni). I livelli di vitamina D erano carenti (con livelli plasmatici di vitamina D molto bassi, sotto 10 ng/ml) nell'80% dei pazienti, insufficienti nel 6,5% e normali nel 13,5%. Circa l'8% della coorte di studio aveva livelli plasmatici di vitamina D normali. I pazienti alle prese con la forma più aggressiva di coronavirus avevano livelli plasmatici di vitamina D più bassi indipendentemente dall'età. Francesco Facchiano, ricercatore dell'Iss, coautore dello studio spiega il metodo di ricerca utilizzato:
Nella nostra indagine abbiamo correlato, per la prima volta, i livelli plasmatici di vitamina D a quelli di diversi marcatori (di infiammazione, di danno cellulare e coagulazione) e ai risultati radiologici tramite Tac durante il ricovero per Covid-19 e abbiamo osservato che i pazienti con bassi livelli plasmatici di vitamina D, indipendentemente dall'età, mostravano una significativa compromissione di tali valori, vale a dire risposte infiammatorie alterate e un maggiore coinvolgimento polmonare. Anche se gli effetti in vivo della Vitamina D non sono completamente compresi – si legge nello studio – una serie di osservazioni sottolineano il ruolo della vitamina D nello sviluppo delle malattie polmonari. La sua insufficienza è stata collegata alle infezioni virali del tratto respiratorio inferiore e all’esacerbazione delle malattie polmonari ostruttive croniche e dell’asma. Inoltre, i soggetti con bassi livelli di vitamina D al momento del test Covid-19 erano a un più alto rischio di essere positivi al Covid-19 rispetto ai soggetti con sufficiente stato di vitamina D.
Da un punto di vista generale, l'attività della vitamina D sembra essenziale anche nella regolazione dello stress ossidativo e dei meccanismi di sopravvivenza. L'epitelio alveolare respiratorio rappresenta la prima linea di difesa in grado di contrastare e impedire l'ingresso di agenti patogeni. Rappresenta uno dei principali attori dell'immunità innata compresi i macrofagi alveolari e le cellule dendritiche. Se stimolate, queste cellule attivano una varietà di vie di segnalazione intracellulare per specifiche difese antimicrobiche, rilascio di mediatori infiammatori e risposte immunitarie adattative. La risposta immunitaria adattativa è strettamente correlata alla capacità dei linfociti T e B di secernere citochine e produrre rispettivamente immunoglobuline. La carenza di vitamina D è stata correlata all'aumento dei livelli di IL-6, mentre l'integrazione di vitamina D riduce i livelli di IL-6 in diversi studi. L'IL-6 è elevata nei pazienti Covid-19 con malattia grave ed è anche considerata un marcatore prognostico rilevante. È stato riportato altresì che la mortalità è maggiore nei pazienti con livelli elevati di IL-6. Una conta dei neutrofili elevata predice l'infiammazione in corso e la diminuzione della conta dei linfociti è considerata un indicatore di prognosi infausta. Nel caso di infezione acuta, lo stato più grave è spesso associato a un aumento della conta delle cellule dei neutrofili e a una riduzione dei linfociti.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Numerosi i lavori condotti sia retrospettivamente (Meltzer D et al.), che con metanalisi (Pereira M et al.), che hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid-19, soprattutto se in forma severa (Kohlmeier M et al.) e di una più elevata mortalità ad essa associata (De Smet D et al.): tutti questi dati forniscono interessanti elementi di riflessione e di ripensamento su un intervento potenzialmente utile a tutta la popolazione anziana che, soprattutto in Italia, è in larga misura carente di vitamina D (Isaia G et al.). In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici (Castillo ME et al.), la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. Uno studio retrospettivo su oltre 190.000 pazienti ha evidenziato la presenza di una significativa correlazione tra la bassa percentuale dei soggetti positivi alla malattia e più elevati livelli di questo nutriente (Kaufman HW et al.). In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid (Annweiler G. et al., GERIA-COVID Study), la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo, assunto nell’anno precedente oppure al momento della diagnosi. Nei pazienti positivi i livelli di vitamina D sono risultati significativamente inferiori rispetto a quelli dei pazienti negativi (D’Avolio et al.). E ancora in una sperimentazione clinica (Rastogi A. et al., SHADE Study) su 40 pazienti asintomatici o paucisintomatici è stata osservata la negativizzazione della malattia nel 62,5% dei pazienti trattati con alte dosi di colecalciferolo contro il 20,8% dei pazienti del gruppo di controllo.
Dati poi confermati da altri lavori condotti dall’inizio della pandemia hanno evidenziato l’importanza di questa sostanza come strategia di prevenzione e trattamento:
Respiratory Research "Circulating Vitamin D levels status and clinical prognostic indices in COVID-19 patients"
Agi "La carenza di vitamina D può aggravare la malattia"
Nurse Time "Coronavirus, carenza di vitamina D associata a stadi clinici più compromessi"
Comune di Torino "Vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del COVID-19: nuove evidenze"
Regione Piemonte "Covid, aggiornato il protocollo delle cure a casa"
Ansa "ANSA-IL-PUNTO/ COVID: PIEMONTE si attrezza contro varianti"
Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"
Jama Network "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"
Springer Link "Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review"
Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"
Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"
Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"
La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"
La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"
Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"
The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"
ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"
Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"
ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"
Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"
Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"
Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"
Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"
Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"
Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"
Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"
AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"
Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
LEGGI ANCHE: Il Piemonte rompe gli schemi: vitamina D introdotta nel protocollo contro il Covid
Calcifediolo contro il Covid. Lo studio di Barcellona: morti in calo del 60% con la vitamina D
Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza
Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D
Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili
Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione
Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone
Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti
Rinchiuse e stressate. Mantenere i “nervi saldi” sembra ormai un lontano ricordo. Un anno difficile per gli italiani, il lockdown e la pandemia hanno messo a dura prova il nostro sistema nervoso. Per non parlare poi di tutte le attività connesse alla vita sociale che siamo costretti a svolgere tra le mura domestiche. Scuola, lavoro e attività sportiva. Tutto rigorosamente “fatto in casa”. Un sondaggio dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico) ha evidenziato che a incidere sullo stress è stato anche lo smart working e la didattica a distanza dei figli. Le prime vittime di questo stress da pandemia sono proprio le donne che hanno registrato un incremento dell’ansia di ben il 73%. Un dato notevole che, tra smart working e DAD (didattica a distanza), ha stravolto gli equilibri familiari, infliggendo un duro colpo soprattutto alle donne. Una percentuale importante della popolazione femminile quella che emerge da un sondaggio promosso dall’EURODAP a cui hanno risposto 532 donne. Insomma, intere giornate trascorse al chiuso tra impegni e stress ci hanno trasformato in vere e proprie “casalinghe disperate” alle prese con una moltitudine di faccende da sbrigare. I figli, il lavoro, lo studio, gli esami e la casa. Senza contare poi la mancata interazione con i colleghi. «La pandemia ha creato inevitabilmente squilibri, disagi e pressioni che hanno modificato il nostro modo di vivere e, in questo scenario, il ruolo che si è trovata a rivestire la donna non è da sottovalutare», spiega Eleonora Iacobelli, psicoterapeuta e presidente EURODAP.
La necessità di gestire le nuove dinamiche relazionali e familiari che si sono presentate, dal lavoro alla cura dei figli e della casa, ha portato le donne - prosegue - ad accumulare stati di stress e ansia e ad adattarsi a una nuova quotidianità, dove mitigare sentimenti come tristezza, depressione e paura rischia di passare pericolosamente in secondo piano. Inoltre, lo smart working e, in alcuni casi, la perdita del lavoro hanno contribuito ad aumentare il tempo che le donne passano in casa. Se già in passato gestire tutti i differenti aspetti della vita costituiva una delle problematiche principali della donna, ora è diventato ancor più complicato.
Salute a rischio con STRESS e CORTISOLO, come influisce lo stile di vita
Un circolo vizioso che ci lascia alla mercè del virus. Difatti, poiché lo stress abbassa le nostre difese immunitarie, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di contagio. Ora, più che mai, è importante non abbassare la guardia e tenere alla larga stress e brutti pensieri cercando, perlomeno, di non peggiorare la situazione. Lo stress, legato a una situazione temporanea, contingente, facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Tra le soluzioni tra adottare nell’immediato sicuramente quelle accomunate dallo stesso fine, ovvero abbassare i livelli di cortisolo e aumentare la capacità immunitaria del nostro organismo. Tra i primi alleati in questo impegno quotidiano sicuramente l’alimentazione, una dieta sana ed equilibrata è fondamentale per immagazzinare tutti i nutrienti necessari a rafforzare le nostre difese. Prezioso un apporto di vitamina C e D oltre a sali minerali. Poi, a fare la differenza sono anche il corretto riposo e la qualità della vita. Ecco perché diventa importante agire anche sullo stile di vita. Quindi, tra le azioni positive per il nostro benessere: mantenere uno stile di vita sano, svolgere regolarmente attività fisica e dormire bene! Un valido aiuto arriva poi anche dall'assunzione di integratori alimentari che influenzano la produzione di cortisolo.
Lo stress (dall’inglese “sforzo o spinta”) è un termine mutuato dalla fisica. A partire dalle ricerche del medico austriaco Hans Selye nel 1936 si inizia a fare riferimento allo stress in quanto sindrome prodotta da diversi agenti nocivi per l'organismo, fino a identificare questa condizione come uno stato di tensione in grado di manifestarsi con “trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi, particolarmente nelle ghiandole endocrine che stanno sotto il controllo dell'ipofisi anteriore”. In base a recenti statistiche è possibile osservare un aumento dei disturbi legati a stress e ansia, con un’impennata nell’ultimo anno a seguito della pandemia e le previsioni per il futuro sembrano tutt’altro che incoraggianti. «È un ormone prodotto dalle due ghiandole surrenali che, come dice il nome, si trovano alle estremità dei due reni», spiega a Gazzetta Active il dottor Carmine Gazzaruso, endocrinologo e diabetologo, responsabile delle Unità Operative di Diabetologia, Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Vascolari, nonché del Pronto Soccorso dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Pavia) e responsabile dell’Unità di crisi Covid dell’Istituto. Viene definito un ormone perché: «La funzione principale di questo ormone - prosegue il diabetologo - è proprio quella di rispondere alle situazioni di stress, intendendo con questo termine qualsiasi situazione che l’organismo non riconosce come normale, fisiologica, ma di pericolo, sia esso fisico o psichico». Altro fattore importante è la sua capacità dello stress di abbassare le nostre difese immunitarie. «Infatti il cortisolo, tra le sue molte funzioni, riduce anche l’immunità, come si può osservare con il cortisone, che è la formulazione farmaceutica del cortisolo, ed è un antinfiammatorio e immunosoppressore».
Le reazioni di stress: le tre fasi della Sindrome Generale di Adattamento
Tra le altre funzioni del cortisolo oltre ad indebolire il sistema immunitario:
Modifica tutte le funzioni dell’organismo. Di fronte ad una situazione di pericolo l’organismo si prepara a combattere o a scappare. Questo può avvenire di fronte ad una situazione di pericolo acuto, come una infezione o un trauma, o davanti ad una situazione di pericolo cronico, come uno stress prolungato nel tempo. In tutte queste situazioni il cortisolo agisce sul cuore, aumentando la pressione e la frequenza cardiaca, agisce sul sistema respiratorio, stimolando la funzione respiratoria, aumenta la funzione metabolica, e quindi i livelli di glicemia nel sangue, dal momento che ha bisogno di energia immediata in quel momento. In altre parole, di fronte ad uno stress il cortisolo fa aumentare tutte quelle funzioni che servono per scappare o difendersi, mentre fa diminuire tutte le funzioni che in quel momento non servono. Così, per esempio, il sistema digestivo rallenta e il sistema immunitario si abbassa, perché in quel momento le forze vanno dislocate altrove. Il sonno viene inibito, perché in quel momento è importante essere svegli, e così aumenta il livello di attenzione. Anche la funzione riproduttiva ha delle ripercussioni, perché in una situazione di pericolo non serve fare figli. Il cortisolo fa tutto questo.
Lo STRESS e i tanti rischi per la nostra salute
Senza dimenticare poi che elevati livelli di cortisolo potrebbero aumentare il rischio di una serie di patologie come ipertensione, diabete e altre malattie metaboliche. «Sì, si va incontro alla sindrome metabolica, quindi al rischio di obesità, diabete, ipertensione e patologie cardiovascolari». Ma cos’è l’ipercortisolismo noto anche come sindrome di Cushing? Una prerogativa solo delle persone obese o in sovrappeso? Sono una aumentata produzione di ACTH (per una iperplasia o un adenoma dell’ipofisi o per la produzione da parte di un tumore) che stimola il surrene a produrre cortisolo, oppure la presenza a livello del surrene di una iperplasia o di un adenoma che produce cortisolo in maniera autonoma. Inoltre, nelle condizioni di obesità l’asse ipofisi-surrene che regola il sistema ACTH-cortisolo è più attivo, per cui nei soggetto obesi, sebbene in forma più sfumata, si possono avere alcuni disturbi da ipercortisolismo. Insieme all'obesità, la presenza di una vita stressante e problemi di ipertensione, soprattutto se insorta in giovane età, sono elementi che devono far pensare a un rischio di ipercortisolismo.
No, l’obesità in sé probabilmente non crea ipercortisolismo, ovvero cortisolo in valori superiori alla norma. Ad incidere sono prima di tutto la predisposizione genetica e lo stress. Anche i magri possono avere livelli elevati di cortisolo. In uno studio condotto su persone obese si è osservate che avevano livelli minori di cortisolo coloro che facevano yoga, senza aver perso peso, rispetto a coloro che si sottoponevano a chirurgia bariatrica, e quindi perdevano peso. La componente nervosa, legata al cervello è fondamentale. Sicuramente l’ordine di produrre cortisolo parte dal cervello, per l’esattezza da due aree cerebrali presenti nella zona dell’ipotalamo. C’è un asse nervoso-endocrino ma soprattutto un asse puramente nervoso nella produzione del cortisolo. E purtroppo una volta che il cervello si abitua a stimolare la produzione di cortisolo in eccesso è difficile bloccare questo processo. Per questo motivo è fondamentale iniziale a fare una vita sana da giovani, con attività fisica, dieta equilibrata e sonno a sufficienza. Ma soprattutto a tenere a bada lo stress.
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Stare all’aria aperta riduce il rischio di malattie e contrasta insonnia e stress
Prezioso per il benessere di muscoli, contrasta lo stress ossidativo e allontana le lunghe notti insonni. Non solo d’estate! Il magnesio è un minerale fondamentale per la nostra salute in ogni stagione dell’anno. Dall’effetto miorilassante, che aiuta a distendere i muscoli in caso di sforzo fisico (come ad esempio dopo l’attività sportiva oppure in caso di particolare stress o tensione) alla sua capacità di alleviare i sintomi premestruali come i crampi e i dolori addominali o il mal di testa di tipo tensivo. Inoltre, si dimostra anche un ottimo aiuto nel contrasto all’insonnia. Insomma, tra i minerali fondamentali per il nostro organismo si annovera proprio il magnesio. Importante soprattutto per le funzioni biochimiche che controllano le contrazioni muscolari e la conduzione degli impulsi nervosi. Il magnesio, inoltre, è necessario per il controllo della glicemia, della regolazione della pressione sanguigna e per il buon mantenimento delle ossa. Un minerale che aiuta, inoltre, a mantenere l’equilibrio elettrolitico e a ridurre la sensazione di spossatezza. Presente nelle noci, nelle banane e nelle verdure a foglia larga, si trova anche, seppur in minore quantità, nel pesce e nella carne. Il magnesio è un macroelemento cruciale in numerose reazioni che vedono coinvolte le cellule dell’organismo, tra cui la sintesi delle proteine, così come il controllo della glicemia e della pressione arteriosa, i processi di produzione dell’energia, così come la sintesi del glutatione, tripeptide naturale con efficacia antiossidante.
La miglior risposta è sempre la prevenzione soprattutto quando il dispendio energetico si fa sentire, rischiando di mandare in riserva anche le vitamine coinvolte proprio nella produzione di energia. Indispensabile poi per chi pratica sport. Il rischio è proprio quello di andare incontro a una demineralizzazione che indebolisce le strutture dell’organismo. Importante perché favorisce il rilassamento delle tensioni nervose e mentali, contribuisce a distendere l’umore e facilita il riposo anche in caso di disturbi legati al sonno, il potassio, riduce gli stati di irritabilità, evitando sbalzi d’umore improvvisi. Fonte per antonomasia di energia, migliora anche l’umore e l’efficienza mentale. Infatti, questo prezioso nutriente, favorisce il miglioramento delle funzionalità del sistema nervoso e contribuisce al bilanciamento del metabolismo energetico. Utile per combattere la stanchezza e l’affaticamento sia fisico che mentale. Contribuisce poi anche al normale funzionamento del sistema nervoso e alla funzione psicologica, inoltre regola anche l’attività ormonale evitando l’insorgenza di eventuali problemi. Consigliato anche per chi dorme male o soffre d’insonnia poiché agisce sulla produzione di melatonina. Un vero e proprio toccasana per la salute, la sua presenza nella dieta, come ricordato da uno studio statunitense del 2015, riduce il rischio di depressione. Essenziale, nel nostro corpo è il quarto micronutriente più abbondante. Immagazzinato per la quasi totalità (99%) nelle ossa, nei muscoli e nei tessuti (il restante 1% si trova nel sangue). Secondo a nessuno, neanche al calcio, diventa fondamentale per lo sviluppo e la crescita delle ossa in età pediatrica. Secondo quanto mostra uno studio condotta da Steven A. Abrams, docente di Pediatria del Baylor College of Medicine di Houston, l’assunzione e l’assorbimento del magnesio sono fattori determinati per rilevare e promuovere il giusto contenuto minerale osseo non solo degli adulti, ma anche dei bambini.
«Sicuramente si tratta di un sale minerale molto utile in caso di stress fisico e psichico», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e la RAF First Clinic di Milano. Ecco quali sono le proprietà e i benefici del magnesio:
Il magnesio è un minerale essenziale per il nostro organismo, necessario in dosi di 5-6 mg per chilo di peso corporeo, dosi che possono anche aumentare in casi particolari come la gravidanza. Le sue proprietà sono molte: stimola il rilassamento muscolare, contrastando i crampi e ripristinando la contrazione muscolare, come il calcio, ma agisce anche a livello del sistema nervoso, favorendo la distensione e avendo come effetto anche un miglioramento della qualità del sonno. Questa sua azione miorilassante è data dal fatto che questo minerale riduce la produzione di adrenalina.
Tra i fattori che ne aumentano la carenza, lo stress e una dieta non equilibrata. Un nutriente prezioso per gli sportivi.
Carenze di magnesio si possono osservare in condizioni di forte stress, intensa attività fisica e sportiva o sudorazione importante. Anche l’insonnia e i disturbi gastrointestinali possono indicare una carenza di magnesio. Il magnesio contrasta la stanchezza e la spossatezza, ma anche l’ansia. Per gli sportivi, in particolare per chi pratica sport di resistenza, sono disponibili anche bustine orosolubili ad assimilazione rapida. Ma certo il magnesio è presente anche negli alimenti...
A cosa serve, dove trovarlo e quando è importante il contributo fornito dagli integratori:
Le fonti principali sono la frutta secca, in particolare le mandorle, ma tracce di magnesio sono presenti anche in alcune verdure, dal momento che si tratta di un sale minerale, presente quindi nel terreno. Si possono valutare integrazioni in periodi di forte stress psichico e fisico, anche sportivo, e di insonnia. Attenzione però a non eccedere con il dosaggio.
Le peculiarità e le principali funzioni di questo minerale sul nostro organismo vengono spiegate anche da Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
È coinvolto in oltre 300 diversi processi metabolici risultando fondamentale per l’assimilazione del fosforo, del calcio e del potassio. Facilita l’utilizzo di alcune vitamine, come quelle del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E. Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio.
Il magnesio vigila sulla nostra salute contribuendo a una serie di processi importanti: favorisce la riduzione della stanchezza e dell’affaticamento, contribuisce all’equilibrio elettrolitico, vigila sul metabolismo energetico, favorisce il funzionamento del sistema nervoso, incentiva la funzione muscolare, facilita la sintesi proteica, contribuisce alla funzione psicologica, rinforza ossa e denti. «Il magnesio - evidenzia Christian Orlando, biologo - supporta diverse reazioni biochimiche coinvolte nella trasformazione delle sostanze nutrienti assunte con il cibo in energia e, insieme al potassio, interviene nei processi di contrazione muscolare e di trasmissione degli impulsi nervosi». «Utilizzare integratori di magnesio e potassio che danno una nuova carica di energia per affrontare le giornate» suggerisce l'esperto.
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Dal risveglio energetico a quello muscolare. Al via con le giuste vitamine per restare in forma anche dopo l’inverno. La scorta di tanti preziosi nutrienti per affrontare al meglio la primavera e gli sbalzi di temperatura. La ricarica di energia per un risveglio in salute. Con la stagione fredda quasi al capolinea è arrivato il momento di preparare anche il nostro organismo. Ma di cosa ha bisogno il nostro corpo? Quali sono le vitamine più indicate in questo periodo dell’anno? Consideri i principali alleati di adulti e bambini, importanti per il benessere psicofisico e fondamentali nei periodi di convalescenza. Questi micronutrienti, svolgono un ruolo chiave, in primis, come apporto nutrizionale e, in secundis, quale supporto al regolare svolgimento delle sue funzioni nei processi metabolici. L’apporto calorico ottimale, come suggerito nella piramide alimentare ancestrale, è fornito dal giusto apporto di proteine, grassi, vitamine e sali minerali, per gli adulti, così come anche per i bambini, è fondamentale e, laddove l’alimentazione non riesce a reperire l’energia necessaria per affrontare la giornata è importante colmare il vuoto, tra quest’ultima e l’energia consumata, con la supplementazione nutrizionale. Difatti, una dieta equilibrata e una corretta integrazione permettono ai bambini una crescita sana e offrono un’importante supporto nello sviluppo delle funzioni cognitive.
Tra le vitamine maggiormente coinvolte nel metabolismo energetico sicuramente la vitamina B6. Influenza l’assorbimento di proteine, acidi grassi e zuccheri regolandone le riserve nell’organismo. Contribuisce, inoltre, alla formazione di ormoni e di globuli rossi e bianchi e proprio per questo è fondamentale nel rafforzare le difese immunitarie contro infezioni virali e batteriche. Soprattutto in questo momento critico ed estremamente delicato, aiuta anche a stimolare le funzioni cerebrali, contribuendo al corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Al via la scorta con carni bianche, pesce e spinaci. Associandola a fonti alimentari ricche di zinco assicura miglioramenti significativi dei livelli di energia. Favorisce la sintesi e il metabolismo della cisteina, il quello energetico e delle proteine, la formazione di globuli rossi, la regolazione dell’attività ormonale, contribuisce al regolare funzionamento del sistema nervoso e alla riduzione di stanchezza e affaticamento. «Tante vitamine – spiega a Gazzetta Active Luca Colucci, biologo nutrizionista -. Sono contenute in molti alimenti. Di solito è sufficiente seguire una dieta equilibrata per non incorrere in avitaminosi, una condizione clinica di carenza. Tuttavia, se ci sono difficoltà a raggiungere i livelli minimi, è possibile ricorre ad integratori specifici. L’eventuale aggiunta è consigliabile al mattino per via dell’effetto tonico ed energizzante: meglio evitare l’assunzione serale per scongiurare insonnia e agitazione».
Fondamentale per rafforzare il sistema immunitario ed evitare sintomi di stanchezza o debolezza muscolare c’è la vitamina D. Aiuta a mantenere livelli ottimali di calcio nel sangue, fa bene ai reni e al sistema cardiovascolare. Il consiglio, soprattutto in questi ultimi mesi invernali, è quello di aumentare l’assunzione di alimenti che ne contengono grandi quantità come pesci grassi: salmone, acciughe e sgombro, ma anche uova, fegato e funghi.
La vitamina D, che sappiamo essere contenuta in pochi alimenti come latte, formaggi, tuorlo d’uovo, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (come sgombro, sardina, salmone) – spiega la nutrizionista nell’intervista alla Gazzetta Act!ve -, ma la abbiamo soprattutto esponendoci al sole, oppure attraverso integrazioni. Un livello di vitamina D basso porta anche ad una maggiore predisposizione ad alcune patologie come la dermatite atopica o il morbo di Crohn: alti livelli di vitamina D riducono le recidive e tengono sottotono la parte acuta di queste patologie. Questo nutriente è, infatti, indispensabile per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Inoltre favorisce la prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative oltre al metabolismo del calcio. La vitamina D è quasi sempre insufficiente e spesso va integrata separatamente. Proprio per questo può essere assunta come alimento solo in minima parte, il resto è prodotto grazie all’esposizione alla radiazione solare, in particolare ai raggi UVB. Quindi, non dimentichiamo di stare al sole il più possibile per fare il pieno di questa preziosa vitamina. È poi importante la vitamina E. E ancora: il betacarotene, precursore della vitamina A. É presente nell’olio di fegato di merluzzo, nelle carote, nella zucca, nelle albicocche secche, nel cavolo verde, nel broccolo, nel cavolfiore e nelle verdure a foglia larga.
Insomma, i benefici di questa vitamina sono tantissimi: supporta il sistema immunitario e contribuisce all'assorbimento e/o all'utilizzo del calcio e del fosforo, al mantenimento di ossa, muscoli e denti. Le più importanti molecole, invece, le troviamo nelle vitamine A, E e C. Dal potere antiossidante, supportano le funzioni metaboliche del fegato e lo aiutano nel suo lavoro di detossificazione. Questo organo è la centrale energetica dell’organismo: se mantenuto sano ed efficiente conferisce vitalità e benessere generale a tutto il corpo. L’assunzione quotidiana di frutta fresca, verdura scelta e pesce pescato permette di ricaricarlo di queste preziose sostanze. La vitamina A è preziosa per lo sviluppo e il mantenimento in salute di ossa e denti e concorre anch’essa a rinforzare la risposta immunitaria alle infezioni. Frutta fresca e verdure di colore rosso, giallo e arancione, carote, frutti di bosco, pomodori, ne sono ricchi. Contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo. La vitamina E, dalle notevoli proprietà antiossidanti, favorisce il rinnovamento cellulare. Conosciute anche le sue proprietà antitumorali e protettive nei confronti dei danni da inquinamento esterno. Presente nelle olive, noci e verdure a foglia verde.
Con la primavera quasi alle porte l’organismo si deve ricaricare dopo aver sopportato i problemi dell’inverno quindi è molto importante assumere vitamine, minerali ed antiossidanti che ci aiutano a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi dell’ossigeno, i prodotti “di scarto” che si formano all’interno delle cellule ogni volta che l’ossigeno è utilizzato per produrre energia (ossidazione) - spiega Christian Orlando, biologo -. Importante l’assunzione del beta carotene che a seconda della necessita l’organismo trasforma in Vitamina A per aiutare la pelle durante l’abbronzatura. Le vitamine del gruppo B sono essenziali per l’organismo perché trasformano il cibo in energia. Collaborano al buon funzionamento dei sistemi nervoso e muscolare. E quando facciamo sport e ci muoviamo più del solito le vitamine del gruppo B diventano essenziali ed inoltre ci danno una mano a uscire dal letargo invernale, quando con la bella stagione ci sentiamo spossati e stanchi. La vitamina C, oltre a essere uno degli antiossidanti più potenti, è anche essenziale per il corretto funzionamento del sistema immunitario e per la sintesi di collagene, il costituente principale dei tessuti vascolari, della pelle, dei muscoli e delle ossa. Vitamina D per mantenere ossa e muscoli robusti. La vitamina E importante antiossidante previene l’invecchiamento della pelle mantenendola idratata ed elastica. La vitamina H importante in molti processi metabolici. In seguito all’elevata sudorazione fondamentali i sali minerali come Calcio, Magnesio, Selenio e Zinco.
Dulcis in fundo, la vitamina C, cruciale per molte reazioni metaboliche da cui si ottengono aminoacidi, ormoni e soprattutto collagene. Assumere ogni giorno alimenti come arance, fragole, kiwi, spinaci, broccoli e peperoni permette di mantenere in ottimo stato i tessuti cutanei prevenendo rughe e malattie della pelle. Con il cambio di stagione alle porte è importante riattivare e rigenerare l’organismo per affrontare al meglio stress e danni cellulari provenienti dall’ambiente circostante. Aumentare l’assunzione di vitamina C può essere una strategia vincente per contrastare malanni e piccoli disturbi causati dagli sbalzi di temperatura. Non dimentichiamo ancora la sua spiccata capacità battericida, migliora la risposta del nostro organismo alle infezioni dei patogeni esterni. Questo prezioso nutriente contribuisce al mantenimento della normale funzione del sistema immunitario e al metabolismo energetico, favorisce la formazione del collagene per la normale funzione dei vasi sanguigni, delle ossa, delle cartilagini, delle gengive, della pelle e dei denti, riduce stanchezza e affaticamento, facilita il funzionamento del sistema nervoso e della funzione psicologica e protegge le cellule dallo stress ossidativo.
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