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Una relazione tanto discussa che torna, ancora una volta, alla ribalta della cronaca nazionale grazie a una nuova ricerca italiana sull’importanza dell’ormone del sole nella lotta contro l’infezione da SARS-CoV2. Dall’indagine emerge che una carenza di vitamina D sembrerebbe peggiorare le condizioni, con evidenti criticità riscontrate nel quadro clinico delle persone positive al Covid. I ricercatori parlano appunto di "stadi clinici di Covid-19 più compromessi" per indicare una malattia più grave. Allo studio retrospettivo, pubblicato sulla rivista Respiratory Research e condotto su 52 pazienti, hanno collaborato l'Istituto superiore di sanità (Iss), l'Ospedale Sant'Andrea di Roma e altre istituzioni. Tra ipovitaminosi D e malattie polmonari, l’ennesima indagine prova a far chiarezza una volta per tutta: «[...] I nostri dati sottolineano una relazione tra i livelli plasmatici di vitamina D e diversi marcatori di malattia». Nelle persone con deficit di vitamina D, la sua integrazione è in grado di ridurre il rischio di sviluppare diverse infezioni virali. Inoltre, i soggetti con bassi livelli di vitamina D al momento del test Covid-19 erano a maggior rischio di essere positivi per Covid-19 rispetto a quei soggetti con stato di vitamina D sufficiente. Oltre all’esposizione solare e all’alimentazione, la supplementazione di vitamina D è una raccomandazione utile e sicura.

Insomma, molto di più di un micronutriente coinvolto nel metabolismo del calcio e nella salute delle ossa. La vitamina D, per l'appunto, svolge tra le altre funzioni anche un ruolo importante come ormone pluripotente in diversi meccanismi immunologici. Come noto, infatti, i suoi recettori sono ampiamente distribuiti in tutto l’organismo e in particolare nell’epitelio alveolare polmonare e nel sistema immunitario. Ad, oggi, l'infezione da Covid-19 è ancora una sfida aperta. Sebbene siano note le caratteristiche cliniche a seguito della penetrazione del virus nel nostro sistema respiratorio, la patobiologia ei meccanismi che regolano questo ingresso e le ragioni alla base dei molteplici quadri clinici osservati sono ancora sconosciuti. Sfortunatamente, circa il 20% dei pazienti contagiati ha sviluppato una grave malattia respiratoria caratterizzata da infiltrati polmonari diffusi e danno di pneumociti alveolari, che va incontro ad apoptosi e morte. Le unità alveolari coinvolte sembrano essere periferiche e subpleuriche. Inoltre, è stata segnalata un'iperinfiammazione virale. Una precoce sovrapproduzione di citochine pro-infiammatorie conosciuta come tempesta di citochine. Tra questi, i livelli plasmatici elevati sono stati inclusi come predittori di mortalità. L'insufficienza della vitamina D è stata correlata alle infezioni virali del tratto respiratorio inferiore e all'esacerbazione nelle malattie polmonari ostruttive croniche e nell'asma.

Dalla carenza alle complicanze

Coinvolti nella ricerca 52 pazienti (con età media di 68 anni) affetti da coronavirus con coinvolgimento polmonare (27 femmine e 25 maschi, nella fascia di età compresa tra i 29 ed i 94 anni). I livelli di vitamina D erano carenti (con livelli plasmatici di vitamina D molto bassi, sotto 10 ng/ml) nell'80% dei pazienti, insufficienti nel 6,5% e normali nel 13,5%. Circa l'8% della coorte di studio aveva livelli plasmatici di vitamina D normali. I pazienti alle prese con la forma più aggressiva di coronavirus avevano livelli plasmatici di vitamina D più bassi indipendentemente dall'età. Francesco Facchiano, ricercatore dell'Iss, coautore dello studio spiega il metodo di ricerca utilizzato:


Nella nostra indagine abbiamo correlato, per la prima volta, i livelli plasmatici di vitamina D a quelli di diversi marcatori (di infiammazione, di danno cellulare e coagulazione) e ai risultati radiologici tramite Tac durante il ricovero per Covid-19 e abbiamo osservato che i pazienti con bassi livelli plasmatici di vitamina D, indipendentemente dall'età, mostravano una significativa compromissione di tali valori, vale a dire risposte infiammatorie alterate e un maggiore coinvolgimento polmonare. Anche se gli effetti in vivo della Vitamina D non sono completamente compresi – si legge nello studio – una serie di osservazioni sottolineano il ruolo della vitamina D nello sviluppo delle malattie polmonari. La sua insufficienza è stata collegata alle infezioni virali del tratto respiratorio inferiore e all’esacerbazione delle malattie polmonari ostruttive croniche e dell’asma. Inoltre, i soggetti con bassi livelli di vitamina D al momento del test Covid-19 erano a un più alto rischio di essere positivi al Covid-19 rispetto ai soggetti con sufficiente stato di vitamina D.

Vitamina D

Da un punto di vista generale, l'attività della vitamina D sembra essenziale anche nella regolazione dello stress ossidativo e dei meccanismi di sopravvivenza. L'epitelio alveolare respiratorio rappresenta la prima linea di difesa in grado di contrastare e impedire l'ingresso di agenti patogeni. Rappresenta uno dei principali attori dell'immunità innata compresi i macrofagi alveolari e le cellule dendritiche. Se stimolate, queste cellule attivano una varietà di vie di segnalazione intracellulare per specifiche difese antimicrobiche, rilascio di mediatori infiammatori e risposte immunitarie adattative. La risposta immunitaria adattativa è strettamente correlata alla capacità dei linfociti T e B di secernere citochine e produrre rispettivamente immunoglobuline. La carenza di vitamina D è stata correlata all'aumento dei livelli di IL-6, mentre l'integrazione di vitamina D riduce i livelli di IL-6 in diversi studi. L'IL-6 è elevata nei pazienti Covid-19 con malattia grave ed è anche considerata un marcatore prognostico rilevante. È stato riportato altresì che la mortalità è maggiore nei pazienti con livelli elevati di IL-6. Una conta dei neutrofili elevata predice l'infiammazione in corso e la diminuzione della conta dei linfociti è considerata un indicatore di prognosi infausta. Nel caso di infezione acuta, lo stato più grave è spesso associato a un aumento della conta delle cellule dei neutrofili e a una riduzione dei linfociti.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Numerosi i lavori condotti sia retrospettivamente (Meltzer D et al.), che con metanalisi (Pereira M et al.), che hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid-19, soprattutto se in forma severa (Kohlmeier M et al.) e di una più elevata mortalità ad essa associata (De Smet D et al.): tutti questi dati forniscono interessanti elementi di riflessione e di ripensamento su un intervento potenzialmente utile a tutta la popolazione anziana che, soprattutto in Italia, è in larga misura carente di vitamina D (Isaia G et al.). In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici (Castillo ME et al.), la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. Uno studio retrospettivo su oltre 190.000 pazienti ha evidenziato la presenza di una significativa correlazione tra la bassa percentuale dei soggetti positivi alla malattia e più elevati livelli di questo nutriente (Kaufman HW et al.). In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid (Annweiler G. et al., GERIA-COVID Study), la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo, assunto nell’anno precedente oppure al momento della diagnosi. Nei pazienti positivi i livelli di vitamina D sono risultati significativamente inferiori rispetto a quelli dei pazienti negativi (D’Avolio et al.). E ancora in una sperimentazione clinica (Rastogi A. et al., SHADE Study) su 40 pazienti asintomatici o paucisintomatici è stata osservata la negativizzazione della malattia nel 62,5% dei pazienti trattati con alte dosi di colecalciferolo contro il 20,8% dei pazienti del gruppo di controllo.

Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici

Dati poi confermati da altri lavori condotti dall’inizio della pandemia hanno evidenziato l’importanza di questa sostanza come strategia di prevenzione e trattamento:

  • Una review pubblicata su Nutriens evidenziava la capacità dell’integrazione della vitamina D di incidere sul rischio di sviluppare infezioni da Covid-19.
  • Uno studio norvegese mostra laddove vi è un consumo abituale dell'olio di fegato di merluzzo, fonte di vitamina D, una percentuale inferiore di contagi o una forma più lieve della malattia.
  • L'indagine dell'Università della Cantabria a Santander sottolinea la correlazione tra le persone positive al coronavirus, ricoverate in ospedale, e la carenza di vitamina D.
  • Lo studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism sottolinea che nell’82,2% dei pazienti ricoverati in un ospedale spagnolo sono stati riscontrati scarsi livelli di vitamina D.
  • La ricerca dell'Università di Chicago, pubblicata sul Journal of American Medical Association Network Open, dimostra che le persone con scarsi livelli di vitamina D potrebbero avere fino al 60% di probabilità in più di contrarre il coronavirus e di conseguenza collegata a una minore probabilità di sviluppare un'infezione in forma grave.
  • Lo studio condotto al The Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust con l’Università dell’East Anglia mostra un’associazione tra tasso di decessi superiore per Covid-19 e popolazioni con vitamina D carente.
  • Lo studio di Barcellona sostiene il ruolo del calcifediolo contro il Covid, morti in calo del 60% con la vitamina D.
  • La ricerca condotta dall'Accademia di Medicina mostra la prevalenza di soggetti con scarsa vitamina D è risultata pari al 31,86% negli asintomatici e al 96,82% in quelli che sono stati poi ricoverati in terapia intensiva. 
  • L’indagine condotta all’Università di Torino sulla necessità di adeguati livelli di questa vitamina, soprattutto negli anziani.

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Per approfondimenti:

Respiratory Research "Circulating Vitamin D levels status and clinical prognostic indices in COVID-19 patients"

Agi "La carenza di vitamina D può aggravare la malattia"

Nurse Time "Coronavirus, carenza di vitamina D associata a stadi clinici più compromessi"

Comune di Torino "Vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del COVID-19: nuove evidenze"

Regione Piemonte "Covid, aggiornato il protocollo delle cure a casa"

Ansa "ANSA-IL-PUNTO/ COVID: PIEMONTE si attrezza contro varianti"

Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"

Jama Network "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"

Springer Link "Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review"

Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"

Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"

Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"

La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"

La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"

Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"

The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"

ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"

Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"

ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"

Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"

Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"

Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"

Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"

Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"

Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"

Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"

AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"

Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

LEGGI ANCHE: Il Piemonte rompe gli schemi: vitamina D introdotta nel protocollo contro il Covid

Calcifediolo contro il Covid. Lo studio di Barcellona: morti in calo del 60% con la vitamina D

Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza

Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D

Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili

Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione

Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone

Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti

Covid: aumenta il rischio del 60% con carenza di vitamina D

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Il sonno è l’allenamento più importante dell’atleta. Promemoria per gli sportivi: riposare bene per un risveglio in forma smagliante e per affrontare gli allenamenti con la giusta carica di energia. Il massimo delle prestazioni si ottiene solo con un buon riposo, ma quanto incide realmente il sonno sull’attività sportiva? Sonno e sport. Un doppio filo, un’influenza reciproca perché se è vero che una lunga dormita impatta positivamente sulle prestazioni è altrettanto vero che l’attività fisica facilita il riposo. Difatti, sono ormai acclarati gli effetti dello sport, o meglio, dei suoi postumi sulla durata e sulla qualità del sonno. In pratica l’attività motoria è il segreto per dormire con maggiore facilità. L'effetto "sonnifero" garantito dall'attività fisica emerge da un piccolo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. I ricercatori hanno monitorato con un accelerometro 417 adolescenti (di 15 anni), campionati in venti diverse città degli Stati Uniti. L'utilizzo di questi dispositivi, applicati al polso e sul fianco, ha permesso di ottenere misurazioni precise relativamente alle ore riservate al movimento e al riposo da parte di ognuno. Dall’indagine, gli scienziati hanno riscontrato un miglioramento del profilo del sonno rilevabile attraverso tre parametri: un addormentamento precoce, avvenuto almeno 18 minuti prima, una maggiore durata del riposo, in media 10 ore a notte e una ridotta frequenza dei risvegli. «La sedentarietà è con ogni probabilità nemica del buon riposo - sintetizza Orfeu Buxton, specialista del centro dei disturbi del sonno del Brigham and Women’s Hospital di Boston -. Incoraggiare […] nella pratica sportiva vuol dire migliorare la sua salute, anche attraverso un sonno più ristoratore».

Insonnia, nemica degli sportivi. Lo sport fa bene al riposo, come sostiene anche la National Sleep Foundation e allenarsi regolarmente fa dormire meglio, non tutti sanno però che il rapporto può anche essere inverso. Ovvero, dormire è un po’ come allenarsi e dormendo bene si completa l’effetto degli allenamenti. La forma fisica è come una sorta di puzzle che si completa con 6 tasselli: fatica, costanza, regolarità, alimentazione, integrazione e sonno. Insomma, dormire aiuta anche l’organismo a costruire i muscoli soprattutto sotto il profilo della massa (la sintesi proteica aumenta e consente la crescita muscolare). Non dimentichiamo poi che il sonno, “quello buono”, stimola l’ormone della crescita (gh) che ha funzioni lipolitiche (brucia i grassi), contribuisce alla riduzione di glicemia e insulina, diminuisce aldosterone e cortisolo, favorendo così il dimagrimento e, secondo una serie di evidenze scientifiche, i muscoli più grandi si allenano meglio quando il sonno è soddisfacente. Non solo il non dormire, ma anche il dormire poco o meno del necessario e in modo frammentato influisce negativamente sul nostro organismo e, di conseguenza, anche sulle nostre attività. Una scarsa qualità ci manda in carenza di sonno e questa privazione può avere affetti negativi sulle performance sportive oltre per una lunga serie di patologie. Inoltre, la privazione di sonno è molto più importante della quantità di ore effettivamente riposate. Ovviamente, tra gli altri suggerimenti, sarebbe buona abitudine, per facilitare il corretto riposo, una cena sana e leggera ed evitare l’esposizione a fonti luminose come pc, tablet e smartphone.

L’allenamento inizia dal riposo

Un sonno disturbato in maniera cronica può influenzare le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. «Sicuramente se una persona ha un cronotipo serotino (è quindi un cosiddetto gufo) la scelta migliore è soffrire un po’ all’inizio per combattere la sua predisposizione ma favorire l’allenamento mattutino, se questo è l’unico momento in cui può allenarsi. All’inizio farà molta fatica ad allenarsi in quella fascia oraria, ma poi vi sarà un adattamento che renderà quello un orario abituale di allenamento», spiega a Gazzetta Active Jacopo Vitale, dottore in Scienze dello Sport e responsabile del Laboratorio del Movimento e Scienze dello Sport dell’IRCCS Istituto ortopedico Galeazzi di Milano.

Ma vediamo ora cosa significa esattamente cronotipo serutino o mattutino e quali differenze ci sono tra i due termini.

I mattutini veri sono coloro che anche quando non hanno impegni si svegliano tra le 6 e le 7 di mattina e vanno a letto tra le 21:30 e le 22. Sono piuttosto rari, sono circa il 15% della popolazione generale. I serotini sono un po’ più numerosi, circa il 25-30% della popolazione generale, ma anche in questo caso i serotini estremi sono più rari, circa il 10%, spesso sono atleti molto giovani, senza vincoli e impegni lavorativi, e tendono a svegliarsi verso le 11-12 e a coricarsi alle 1-3 di notte. Un orario intermedio, svegliarsi tra le 7 e le 9 e andare a letto tra le 23 e le 24 è l’orario intermedio per definizione. - Tuttavia, i ritmi della nostra vita sociale e lavorativa non coincidono quasi mai con quelli biologici - E’ un tema molto discusso, tanto che c’è chi ha proposto che alcuni giovani studenti particolarmente serotini debbano posticipare l’orario di inizio delle lezioni. I ritmi sociali e lavorativi sicuramente possono disturbare i ritmi biologici delle persone. C’è chi si adatta bene, soprattutto i mattutini e i soggetti con cronotipo intermedio, mentre chi soffre di più di solito sono i serotini».

INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati

Ma quali sono i rischi delle notti insonni e quali sono le ripercussioni dello scarso riposo sull’attività sportiva, o meglio sulle nostre performance?

Il sonno incide moltissimo sulle nostre performance. Incide sia la quantità sia la qualità del sonno. In linea teorica bisognerebbe raggiungere un minimo di 6 ore di sonno, ma i livelli raccomandati sono tra le 7 e le 9 ore per notte. Anche la qualità del sonno è fondamentale. Tra 8 ore dormite male, con molti risvegli, e 6 ore e mezzo dormite bene, molto meglio queste ultime. A livello di performance, una restrizione del sonno può avere effetti negativi indiretti: dormire bene determina, per esempio, l’inibizione della produzione di cortisolo, ormone dello stress, e se questo processo fisiologico viene alterato, la conseguenza è che anche la performance fisiche ne risentono. Fortunatamente se abbiamo una gara e ci siamo preparati bene nei mesi precedenti, dormendo adeguatamente facendo il cosiddetto sleep banking, la performance non viene inficiata se anche la notte prima non si dorme bene. Non è una sola notte di disturbi del sonno ad inficiare la performance. È molto più probabile che un sonno disturbato in maniera cronica influenzi le performance, soprattutto di tipo tecnico o con una componente tecnica molto elevata. Ad esempio, si è visto che se un tennista dorme male solitamente a peggiorare non è la sua espressione di forza, ma la sua capacità di effettuare servizi o colpi precisi in campo. Nell’ambito della pallacanestro, a risentire della scarsità di sonno sono i tiri liberi o da tre. Per chi pratica discipline di endurance il rischio è che la capacità di effettuare un gesto tecnico efficiente venga influenzata negativamente, con conseguente aumento del costo energetico e fatica e calo complessivo della performance. Dipende da caso a caso, da disciplina a disciplina. Ma in linea generale inizia ad essere preoccupante anche solo avere tre notti di seguito di sonno disturbato.


Nello sport come nel sonno, l’importante è recuperare: «Sicuramente aiuta a recuperare il debito di sonno accumulato. L’importante è non spostare troppo gli orari di sveglia e addormentamento, in modo da non creare una condizione di jet lag sociale. Ma allungare il periodo di sonno, senza esagerare, può aiutare».

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Per approfondimenti:

Gazzetta Active "Sonno e sport: ecco i rischi sulla performance se si dorme poco

Fondazione Veronesi "Lo sport? Fa bene anche perché ci fa dormire di più"

Gazzetta Active "Il miglior integratore per lo sport è il sonno (con qualche proteina…)"

Slow Sleep "Sonno e sport"

Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"

Radio 24 "Il sonno amico del nostro cervello"

Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"

Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"

The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"

Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"

Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"

La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"

Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"

La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

LEGGI ANCHE: + 25%. Tra Covid, insonnia e stress: le ”ore piccole” dei nottambuli

Elimina i "rifiuti": il sonno rigenera il cervello e contrasta le malattie neurodegenerative

Insonnia e disturbi del sonno triplicano il rischio di sviluppo del Parkinson

L'insonnia fa male al cuore: dalle notti tormentate alle patologie cardiovascolari

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Sonno e apnee notturne: oltre al fastidio, aumenta il rischio di infarto e ictus

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Dal risveglio energetico a quello muscolare. Al via con le giuste vitamine per restare in forma anche dopo l’inverno. La scorta di tanti preziosi nutrienti per affrontare al meglio la primavera e gli sbalzi di temperatura. La ricarica di energia per un risveglio in salute. Con la stagione fredda quasi al capolinea è arrivato il momento di preparare anche il nostro organismo. Ma di cosa ha bisogno il nostro corpo? Quali sono le vitamine più indicate in questo periodo dell’anno? Consideri i principali alleati di adulti e bambini, importanti per il benessere psicofisico e fondamentali nei periodi di convalescenza. Questi micronutrienti, svolgono un ruolo chiave, in primis, come apporto nutrizionale e, in secundis, quale supporto al regolare svolgimento delle sue funzioni nei processi metabolici. L’apporto calorico ottimale, come suggerito nella piramide alimentare ancestrale, è fornito dal giusto apporto di proteine, grassi, vitamine e sali minerali, per gli adulti, così come anche per i bambini, è fondamentale e, laddove l’alimentazione non riesce a reperire l’energia necessaria per affrontare la giornata è importante colmare il vuoto, tra quest’ultima e l’energia consumata, con la supplementazione nutrizionale. Difatti, una dieta equilibrata e una corretta integrazione permettono ai bambini una crescita sana e offrono un’importante supporto nello sviluppo delle funzioni cognitive.

Tra le vitamine maggiormente coinvolte nel metabolismo energetico sicuramente la vitamina B6. Influenza l’assorbimento di proteine, acidi grassi e zuccheri regolandone le riserve nell’organismo. Contribuisce, inoltre, alla formazione di ormoni e di globuli rossi e bianchi e proprio per questo è fondamentale nel rafforzare le difese immunitarie contro infezioni virali e batteriche. Soprattutto in questo momento critico ed estremamente delicato, aiuta anche a stimolare le funzioni cerebrali, contribuendo al corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Al via la scorta con carni bianche, pesce e spinaci. Associandola a fonti alimentari ricche di zinco assicura miglioramenti significativi dei livelli di energia. Favorisce la sintesi e il metabolismo della cisteina, il quello energetico e delle proteine, la formazione di globuli rossi, la regolazione dell’attività ormonale, contribuisce al regolare funzionamento del sistema nervoso e alla riduzione di stanchezza e affaticamento. «Tante vitamine – spiega a Gazzetta Active Luca Colucci, biologo nutrizionista -. Sono contenute in molti alimenti. Di solito è sufficiente seguire una dieta equilibrata per non incorrere in avitaminosi, una condizione clinica di carenza. Tuttavia, se ci sono difficoltà a raggiungere i livelli minimi, è possibile ricorre ad integratori specifici. L’eventuale aggiunta è consigliabile al mattino per via dell’effetto tonico ed energizzante: meglio evitare l’assunzione serale per scongiurare insonnia e agitazione».

La giusta carica di energia

Fondamentale per rafforzare il sistema immunitario ed evitare sintomi di stanchezza o debolezza muscolare c’è la vitamina D. Aiuta a mantenere livelli ottimali di calcio nel sangue, fa bene ai reni e al sistema cardiovascolare. Il consiglio, soprattutto in questi ultimi mesi invernali, è quello di aumentare l’assunzione di alimenti che ne contengono grandi quantità come pesci grassi: salmone, acciughe e sgombro, ma anche uova, fegato e funghi.

La vitamina D, che sappiamo essere contenuta in pochi alimenti come latte, formaggi, tuorlo d’uovo, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (come sgombro, sardina, salmone) – spiega la nutrizionista nell’intervista alla Gazzetta Act!ve -, ma la abbiamo soprattutto esponendoci al sole, oppure attraverso integrazioni. Un livello di vitamina D basso porta anche ad una maggiore predisposizione ad alcune patologie come la dermatite atopica o il morbo di Crohn: alti livelli di vitamina D riducono le recidive e tengono sottotono la parte acuta di queste patologie. Questo nutriente è, infatti, indispensabile per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Inoltre favorisce la prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative oltre al metabolismo del calcio. La vitamina D è quasi sempre insufficiente e spesso va integrata separatamente. Proprio per questo può essere assunta come alimento solo in minima parte, il resto è prodotto grazie all’esposizione alla radiazione solare, in particolare ai raggi UVB. Quindi, non dimentichiamo di stare al sole il più possibile per fare il pieno di questa preziosa vitamina. È poi importante la vitamina E. E ancora: il betacarotene, precursore della vitamina A. É presente nell’olio di fegato di merluzzo, nelle carote, nella zucca, nelle albicocche secche, nel cavolo verde, nel broccolo, nel cavolfiore e nelle verdure a foglia larga.

INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico

Insomma, i benefici di questa vitamina sono tantissimi: supporta il sistema immunitario e contribuisce all'assorbimento e/o all'utilizzo del calcio e del fosforo, al mantenimento di ossa, muscoli e denti. Le più importanti molecole, invece, le troviamo nelle vitamine A, E e C. Dal potere antiossidante, supportano le funzioni metaboliche del fegato e lo aiutano nel suo lavoro di detossificazione. Questo organo è la centrale energetica dell’organismo: se mantenuto sano ed efficiente conferisce vitalità e benessere generale a tutto il corpo. L’assunzione quotidiana di frutta fresca, verdura scelta e pesce pescato permette di ricaricarlo di queste preziose sostanze. La vitamina A è preziosa per lo sviluppo e il mantenimento in salute di ossa e denti e concorre anch’essa a rinforzare la risposta immunitaria alle infezioni. Frutta fresca e verdure di colore rosso, giallo e arancione, carote, frutti di bosco, pomodori, ne sono ricchi. Contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo. La vitamina E, dalle notevoli proprietà antiossidanti, favorisce il rinnovamento cellulare. Conosciute anche le sue proprietà antitumorali e protettive nei confronti dei danni da inquinamento esterno. Presente nelle olive, noci e verdure a foglia verde.

Il contrasto ai “prodotti di scarto”

Con la primavera quasi alle porte l’organismo si deve ricaricare dopo aver sopportato i problemi dell’inverno quindi è molto importante assumere vitamine, minerali ed antiossidanti che ci aiutano a contrastare l’azione dannosa dei radicali liberi dell’ossigeno, i prodotti “di scarto” che si formano all’interno delle cellule ogni volta che l’ossigeno è utilizzato per produrre energia (ossidazione) - spiega Christian Orlando, biologo -. Importante l’assunzione del beta carotene che a seconda della necessita l’organismo trasforma in Vitamina A per aiutare la pelle durante l’abbronzatura. Le vitamine del gruppo B sono essenziali per l’organismo perché trasformano il cibo in energia. Collaborano al buon funzionamento dei sistemi nervoso e muscolare. E quando facciamo sport e ci muoviamo più del solito le vitamine del gruppo B diventano essenziali ed inoltre ci danno una mano a uscire dal letargo invernale, quando con la bella stagione ci sentiamo spossati e stanchi. La vitamina C, oltre a essere uno degli antiossidanti più potenti, è anche essenziale per il corretto funzionamento del sistema immunitario e per la sintesi di collagene, il costituente principale dei tessuti vascolari, della pelle, dei muscoli e delle ossa. Vitamina D per mantenere ossa e muscoli robusti. La vitamina E importante antiossidante previene l’invecchiamento della pelle mantenendola idratata ed elastica. La vitamina H importante in molti processi metabolici. In seguito all’elevata sudorazione fondamentali i sali minerali come Calcio, Magnesio, Selenio e Zinco.

Dulcis in fundo, la vitamina C, cruciale per molte reazioni metaboliche da cui si ottengono aminoacidi, ormoni e soprattutto collagene. Assumere ogni giorno alimenti come arance, fragole, kiwi, spinaci, broccoli e peperoni permette di mantenere in ottimo stato i tessuti cutanei prevenendo rughe e malattie della pelle. Con il cambio di stagione alle porte è importante riattivare e rigenerare l’organismo per affrontare al meglio stress e danni cellulari provenienti dall’ambiente circostante. Aumentare l’assunzione di vitamina C può essere una strategia vincente per contrastare malanni e piccoli disturbi causati dagli sbalzi di temperatura. Non dimentichiamo ancora la sua spiccata capacità battericida, migliora la risposta del nostro organismo alle infezioni dei patogeni esterni. Questo prezioso nutriente contribuisce al mantenimento della normale funzione del sistema immunitario e al metabolismo energetico, favorisce la formazione del collagene per la normale funzione dei vasi sanguigni, delle ossa, delle cartilagini, delle gengive, della pelle e dei denti, riduce stanchezza e affaticamento, facilita il funzionamento del sistema nervoso e della funzione psicologica e protegge le cellule dallo stress ossidativo.

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Per approfondimenti:

Gazzetta Active "Dalla B6 alla D: le vitamine da prendere adesso per essere in forma a primavera"

Vanity Fair "Gli integratori per rinforzare il sistema immunitario"

Vanity Fair "I migliori integratori per le difese immunitarie"

Gazzetta Active "Dieta anti stress: vitamine e minerali che aiutano a combatterlo"

PubMed "Effects of Oral Vitamin C Supplementation on Anxiety in Students: A Double-Blind, Randomized, Placebo-Controlled Trial"

Alimentazione sportiva "Vitamine contro lo stress e l’ansia"

LEGGI ANCHE: Vitamine, minerali, spezie e altri nutrienti: gli ingredienti per vivere al massimo

Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali

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Spezie e rimedi naturali, a tavola con i potenti alleati del benessere

 

 

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Colpo di scena della Regione Piemonte che introduce l’utilizzo della tanto discussa vitamina D nella lotta al coronavirus. Un trattamento alla portata di tutti. Nessun effetto collaterale, solo benefici per le persone positive al Covid. Una strategia anche in considerazione dell’attuale emergenza sanitaria con l’obiettivo di trattare la patologia fin dall’esordio ed evitare così eventuali complicanze. Una correlazione, quella tra Covid e vitamina D che torna ancora una volta alla ribalta, oggi a differenza di qualche mese fa, con 300 lavori all’attivo che ne dimostrano efficacia e benefici sia nella prevenzione sia nel trattamento.Hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid, soprattutto se in forma severa, e di una più elevata mortalità ad essa associata. Da qui il suggerimento di intervenire con la somministrazione della vitamina D, soprattutto nella popolazione anziana, che in Italia ne è in larga misura carente. Insomma, sullo stile di quanto fatto in precedenza dal premier inglese Boris Johnson. Una serie di evidenze scientifiche non trascurabili che portano a una raccomandazione da parte degli scienziati, soprattutto dove, in Paesi come in Italia, c'è un'alta prevalenza di ipovitaminosi D o carenza di vitamina D, i governi dovrebbero promuovere campagne di salute pubblica per aumentare il consumo di alimenti ricchi di vitamina D oltre a un'adeguata esposizione alla luce solare o, quando ciò non è possibile, la corretta integrazione. Lungo questa linea, la British Dietetic Association e il governo scozzese hanno pubblicato alcune raccomandazioni per garantire, soprattutto in un periodo critico come quello che tutti stiamo vivendo, livelli normali di vitamina D nella popolazione. Numerosi i lavori condotti sia retrospettivamente (Meltzer D et al.), che con metanalisi (Pereira M et al.), che hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da COVID-19, soprattutto se in forma severa (Kohlmeier M et al.) e di una più elevata mortalità ad essa associata (De Smet D et al.): tutti questi dati forniscono a nostro giudizio interessanti elementi di riflessione e di ripensamento su un intervento potenzialmente utile a tutta la popolazione anziana, che in Italia è in larga misura carente di vitamina D (Isaia G et al.).

Vitamina D

Un improvviso cambio di rotta da cui sta prendendo piede anche uno studio importante. Come spiega l’Accademia di Medicina nel suo documento, in un’indagine osservazionale (Jain A et al.) di 6 settimane su 154 pazienti, la prevalenza di soggetti con scarsa vitamina D è risultata pari al 31,86% negli asintomatici e al 96,82% in quelli che sono stati poi ricoverati in terapia intensiva. In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici (Castillo ME et al.), la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. Uno studio retrospettivo su oltre 190.000 pazienti ha evidenziato la presenza di una significativa correlazione fra la bassa percentuale dei soggetti positivi alla malattia e più elevati livelli di questo nutriente (Kaufman HW et al.). In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid (Annweiler G. et al., GERIA-COVID Study), la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo, assunto nell’anno precedente alla dose di 50mila UI al mese, oppure di 80mila-100mila UI per 2-3 mesi, oppure ancora di 80mila UI al momento della diagnosi. Nei pazienti positivi i livelli di vitamina D sono risultati significativamente minori (p=0.004) rispetto a quelli dei pazienti negativi (D’Avolio et al.). Dato poi confermato da altri lavori in termini di maggiore velocità di clearance virale e guarigione per coloro che hanno livelli ematici più elevati di vitamina D. E ancora in una sperimentazione clinica (Rastogi A. et al., SHADE Studysu 40 pazienti asintomatici o paucisintomatici è stata osservata la negativizzazione della malattia nel 62,5% dei pazienti trattati con alte dosi di colecalciferolo contro il 20,8% dei pazienti del gruppo di controllo. Così l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, annuncia l’aggiornamento appena effettuato del protocollo per la presa in carico dei pazienti Covid a domicilio da parte delle Unità speciali di continuità assistenziale, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta:

Diamo nuovi strumenti ai medici di famiglia e alle Unità speciali di continuità assistenziali (USCA) per combattere il Covid19 direttamente a casa dei pazienti. Con l’aggiornamento del protocollo delle cure domiciliari, introduciamo l’utilizzo dell’idrossiclorochina nella fase precoce della malattia, insieme a farmaci antinfiammatori non steroidei e vitamina D. In più, prevediamo la possibilità di attivare 'ambulatori USCA' per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando le risorse professionali e materiali disponibili. Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata - osserva Icardi - che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa. Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in vigile attesa, ma prendere in carico i pazienti Covid a domicilio da parte delle unità speciali di continuità assistenziale, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Siamo stati tra i primi, l’anno scorso, a siglare un protocollo condiviso con ASL, prefetture e organizzazioni di categoria dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. L’obiettivo è evitare che i ricoveri, così come le degenze prolungate oltre l’effettiva necessità clinica, delle persone che possono essere curate a domicilio, determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi versa in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità.

La ricetta della salute contro le infezioni respiratorie

Con l’intento di fornire contributo e supporto alle istituzioni per contrastare la pandemia, un altro lavoro scientifico, sull’utilizzo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del Covid-19 si era fatto strada nel mare magnum di indagini che sono state condotte negli ultimi mesi. Il gruppo di lavoro, istituito dall’Accademia di Medicina di Torino coordinato dal suo Presidente, Giancarlo Isaia, professore di Geriatria e da Antonio D’Avolio, professore di Farmacologia all’Università di Torino, e composto da 61 Medici di molte città italiane. Un documento che mostra le più recenti e convincenti evidenze scientifiche sugli effetti positivi della vitamina D nel contrasto all’infezione da SARS-CoV2. Nella ricerca di fattori che influenzano l'incidenza e la letalità dell'attuale pandemia, recenti studi di associazione hanno esplorato il possibile ruolo della carenza di vitamina D. Nel complesso, questi studi, nella maggior parte dei casi basati su analisi trasversali, non potevano ancora fornire una dimostrazione convincente di una relazione causa-effetto. In questo editoriale, gli autori descrivono le prove scientifiche alla base di un possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione e nello sviluppo della pandemia, considerando il suo ruolo immunomodulatore e gli effetti antivirali.

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

In un precedente numero di Aging Clinical and Experimental Research, Ilie e colleghi riportano una correlazione in 20 paesi europei tra i livelli di vitamina D e l'incidenza di Covid-19 e i tassi di mortalità. Questo lavoro si aggiunge a un crescente corpo di prove circostanziali che collegano Covid-19 e lo stato della vitamina D, come ben riassunto da Fiona Mitchell in un recente editoriale. Gli studi di associazione rientrano in due categorie principali: confronto della variazione dei livelli di vitamina D stimati o storici e dell'incidenza o dei tassi di mortalità del Covid-19 tra i paesi. L'analisi, inoltre, può essere mondiale o all'interno di continenti o anche tra emisferi, considerando la latitudine e lo stato stagionale associato come indicatori indiretti dello stato della vitamina D; studi caso-controllo retrospettivi che confrontano i livelli individuali di vitamina D (effettivi o stimati) con l'incidenza di Covid-19, sia per la popolazione generale che per minoranze specifiche. In questo lavoro, D'Avolio e colleghi hanno trovato un livello di 25 (OH) D notevolmente inferiore nei pazienti Covid-19 rispetto ad altri pazienti ospedalizzati a Bellinzona, in Svizzera. Altro lavoro interessante, quello condotto da Meltzer e colleghi che hanno stimato la probabilità di carenza di vitamina D sulla base di misurazioni 25 (OH) D precedenti (fino a 1 anno) per 499 pazienti testati per Covid-19 e hanno scoperto che coloro che erano positivi aveva una probabilità significativamente maggiore di carenza vitaminica. L’indagine mirava a valutare, in questo caso, se una maggiore incidenza di Covid-19 nelle minoranze non bianche nel Regno Unito potesse essere associata a carenza di vitamina D. Inoltre, una metanalisi che ha coinvolto 25 studi interventistici randomizzati e più di 11.000 pazienti hanno dimostrato che l'integrazione di vitamina D riduce di 2/3 l'incidenza di infezioni respiratorie acute.

Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici

Il sole ci rende meno vulnerabili

«La vitamina D è fondamentale per il nostro sistema immunitario perché coordina l’attività di tutte le sue cellule: sia quelle coinvolte nell’immunità innata che quelle dell’immunità adattativa» spiega Christian Orlando, biologo.

Il recettore per la Vitamina D – continua l’esperto - è particolarmente sviluppato nelle cellule del sistema immunitario. L’azione della Vitamina D è quella di modulare la risposta del nostro sistema immunitario ad esempio riduce il rischio di allergie, aumenta la protezione verso le infezioni ed ha anche un ruolo importante nella prevenzione delle patologie autoimmuni. - Inoltre, evidenzia Orlando - La letteratura scientifica, infatti, ha confermato la capacità della vitamina D di agire sulle cellule immuno-competenti, attivandole e studi recenti dimostrano come i livelli ematici di vitamina D influenzino la funzionalità dei macrofagi, cellule dell’immunità innata. A livello polmonare, in particolare, la presenza di un virus o batterio attiva i macrofagi, che inviano stimoli per promuovere l’attivazione della vitamina D e l’espressione dei suoi recettori VDR: in questo modo induce la produzione di citochine e varie molecole coinvolte nell’infiammazione, con lo scopo di eliminare il microrganismo invasore. Per quanto riguarda l’immunità adattativa, invece la vitamina D, accumulata nelle cellule del tessuto adiposo (gli adipociti), passa nel circolo linfatico e raggiunge i linfonodi. Qui lega i propri recettori VDR all’interno dei linfociti B, stimolando la produzione di anticorpi.

Tuttavia, esistono anche prove precliniche di un effetto protettivo della vitamina D sul danno polmonare. Esistono, quindi, prove consolidate sul ruolo immunomodulatore della vitamina D, sulle sue proprietà antivirali e su un possibile ruolo nella mitigazione della polmonite e dell'iperinfiammazione. Varie recensioni ha esaminato la relazione tra vitamina D e sistema immunitario, evidenziando un ruolo protettivo per molte malattie infettive, alla base dell'associazione tra ipovitaminosi D e molte infezioni del tratto respiratorio, enterico e urinario, vaginosi, sepsi, sindrome influenzale, dengue ed epatite. Queste proprietà della vitamina D sono state attribuite alla sua capacità di modulare l'espressione genica attivando il recettore della vitamina D in molte cellule bersaglio, comprese le cellule immunitarie, e promuovendo l'espressione di peptidi antimicrobici come catelicidine e beta-defensine, anch'esse dotate di antivirali e attività immunomodulatorie. Inoltre, la vitamina D supporta l'immunità innata, mantiene l'integrità delle giunzioni strette e della barriera polmonare, fornisce attività immunoregolatrice e modula il sistema renina-angiotensina, tutti fattori di potenziale rilevanza per la polmonite acuta e l'iperinfiammazione osservati in pazienti con Covid-19.

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Per approfondimenti:

Comune di Torino "Vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del COVID-19: nuove evidenze"

Regione Piemonte "Covid, aggiornato il protocollo delle cure a casa"

Ansa "ANSA-IL-PUNTO/ COVID: PIEMONTE si attrezza contro varianti"

Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"

Jama Network "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"

Springer Link "Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review"

Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"

Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"

Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"

La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"

La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"

Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"

The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"

ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"

Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"

ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"

Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"

Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"

Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"

Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"

Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"

Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"

Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"

AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"

Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

LEGGI ANCHE: Calcifediolo contro il Covid. Lo studio di Barcellona: morti in calo del 60% con la vitamina D

Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza

Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D

Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili

Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione

Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone

Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti

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Stress, stanchezza, sbalzi d’umore e scarsa concentrazione. Lista della spesa alla mano, facciamo il pieno di energia con vitamine e sali minerali. Non solo vitamina C e D, ma anche magnesio, potassio e altri micronutrienti fondamentali per affrontare al meglio la nostra battaglia quotidiana. Tra le cause principali dell’esaurimento delle nostre riserve. Difatti, lo stress, e di conseguenza anche l’affaticamento, può portare alla perdita di preziosi nutrienti. Oltre all’equilibrio psicologico poi, potrebbero avere ripercussioni anche sul lato fisico. Tra i disturbi più ricorrenti causati da queste carenze sicuramente l’emicrania, i problemi gastrointestinali e le malattie della pelle. Da non dimenticare nel carrello le vitamine del gruppo B, particolarmente utili per contrastare l'affaticamento fisico e facilitare le prestazioni mentali, la vitamina C per ridurre la sensazione di stanchezza e la mancanza di energie. Questi, tra i principali segnali dell’organismo della necessità di reintrodurli per ricostituire queste scorte e sopperire alle rischiose carenze. In momenti di eccessivo stress, l’organismo necessità ancor più il consumo di questa sostanze che potrebbero sfociare in una carenza vitaminica. Da qui, la necessità di un’alimentazione sana e bilanciata per avere a disposizione queste sostanze e affrontare così questi momenti in perfetta salute. «I micronutrienti importanti da questo punto di vista sono molti: dalle vitamine del gruppo B al magnesio, dal sodio alla vitamina D, passando per gli antiossidanti e la vitamina C, ma anche il potassio. Sono molti gli alleati contro lo stress nella dieta quotidiana», spiega in un’intervista a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista INCO (Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità) dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano.

2 milioni e mezzo di italiani soffrono di disturbi d’ansia. L’ansia spesso è una risposta a una situazione che appare minacciosa o a cui non siamo abituati. L’assunzione di vitamine contro lo stress può aiutare ad alleviare alcuni dei sintomi ad essa associati. Insomma, stress e carenza vitamina, un binomio da non sottovalutare. Insonnia, ansia, stanchezza, mal di testa, gastrite, mal di stomaco, tachicardia, irritabilità e sbalzi d’umore. In questi momenti critici, il cibo diventa il nostro principale alleato. Al via, quindi, con gli alimenti ricchi di preziose sostanze benefiche per prevenire l’insorgenza di questi fastidi. Questo perché uno stato prolungato di stress induce un aumento del metabolismo che può tradursi in una carenza di micronutrienti che, a loro volta, inducono una ridotta tolleranza allo stress. Insomma, un circolo vizioso che mette a rischio la nostra salute e il regolare svolgimento delle attività quotidiane. Fiori all’occhiello, sicuramente le vitamine del gruppo B, importanti per il sistema nervoso e considerate “antistress” per eccellenza poiché forniscono all’organismo tutte le energie necessarie per combattere il sovraffaticamento, psichico o fisico che sia. Indispensabili poi, anche per la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore del “benessere” che migliora il tono dell’umore alleviando la sensazione di disturbo. La B5 (acido pantotenico) crea una sostanza chimica naturale che può portare alla produzione di neurotrasmettitori. La B6 (piridossina) è nota nella riduzione dell’ansia. Alla protezione della funzione cognitiva, invece, pensa l’acido folico (vitamina B9) che aiuta a bilanciare i neurotrasmettitori. Una carenza di vitamina B12 può portare a stati di ansia e stress. Inoltre, queste vitamine, con il supporto del magnesio riequilibrano il buon funzionamento del sistema nervoso, facilitando la trasmissione degli impulsi. Fondamentale anche il connubio zinco e vitamina C, ricche di proprietà antiossidanti, immunomodulanti e di rinforzo del sistema immunitario. Permette il corretto funzionamento delle ghiandole surrenali e delle reazioni chimiche nel cervello. Secondo alcuni studi, a dosi maggiori, la vitamina C avrebbe un effetto tranquillizzante capace di ridurre l’ansia. Inoltre, la vitamina C fa parte degli antiossidanti che mantengono il nostro sistema nervoso centrale perfettamente funzionante. E ancora, calcio (considerato un tranquillante naturale) e magnesio (aiuta ad alleviare l’ansia, la tensione e il nervosismo) che facilitano la prevenzione delle tensioni nervose.

Più rilassati a tavola

Da quello fisico a quello psichico. Innanzitutto, è opportuno saper riconoscere le diverse tipologie di stress. «Solitamente quando si parla di stress si pensa soprattutto ad uno stress a livello psichico. In realtà, però, spesso lo stress è anche fisico. E questo soprattutto tra le persone che praticano sport. L’organismo umano, in caso di intensi sforzi fisici, ha un accelerato turnover cellulare. Le cellule hanno quindi bisogno di essere ricambiate con maggiore frequenza, nutrite e sostenute in maniera adeguata. Inoltre, sempre se si pratica sport a certi livelli si produce un maggiore stress ossidativo e si perdono micronutrienti importanti anche attraverso il sudore», ricorda nell’intervista l’esperta.Tra umore e benessere fisico, un valido sostegno al contrasto allo stress ossidativo arriva proprio da quello che mangiamo. Grande alleata proprio l’alimentazione e, nello specifico, una dieta antistress.


Per ridurre lo stress ossidativo, soprattutto quando parliamo di sportivi, dobbiamo andare ad implementare l’assunzione, attraverso la dieta, di tutte quelle vitamine e quei sali minerali che hanno una sorta di funzione di reintegro. Mi riferisco a minerali come il potassio, il sodio e il magnesio, per esempio, ma anche ad alcune vitamine coma la C, potente antiossidante, a quelledel gruppo B, in grado di ridurre il senso di stanchezza e migliorare la condizione stressogena generale a livello fisico e mentale. E poi la vitamina D, grande alleata del sistema immunitario di cui ormai abbiamo imparato a conoscere l’importanza. Spesso il tono dell’umore è basso e ci si sente sotto pressione anche per carenze di queste vitamine e di magnesio, che stimola la contrazione e il rilassamento muscolare, agendo proprio come miorilassante, in grado anche di migliorare la qualità del sonno.

INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico

Quali sono gli alimenti che non dovrebbero mai mancare nel carrello della spesa?


[...] Non vanno dimenticate, poi, le verdure, a loro volta ricche di sali minerali, anche in questo caso meglio se piccole e molto colorate: i pomodori, soprattutto piccoli come ciliegini o datterini, sono ricchi di antiossidanti come il licopene, oltre che di potassio. E poi non dobbiamo dimenticare la frutta secca e i semi olaginosi, che sono ricchi di vitamine del gruppo B e di sali minerali, in particolare magnesio. Le vitamine del gruppo B, in particolare, contrastano il senso di stanchezza. In molti casi il tono dell’umore è basso e si sente stressati anche per carenze di vitamine del gruppo B, magnesio e vitamina D. Nelle donne, poi un senso di stanchezza generale può essere associato ad una anemia: bassi livelli di ferro, ma anche acido folico e vitamina B12 possono farci sentire stanche e non in grado di rendere a sufficienza. - Tuttavia, non solo gli alimenti sono fondamentali, contro lo stress è importante anche l’idratazione: - Se abbiamo un apporto di micronutrienti adeguato e stabile gestiamo meglio anche i fattori di stress. Ma in certe situazioni questo può essere dovuto ad una carenza di elettroliti. In questi casi, molto semplicemente, bisogna bere di più.

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Per approfondimenti:

Gazzetta Active "Dieta anti stress: vitamine e minerali che aiutano a combatterlo"

PubMed "Effects of Oral Vitamin C Supplementation on Anxiety in Students: A Double-Blind, Randomized, Placebo-Controlled Trial"

Alimentazione sportiva "Vitamine contro lo stress e l’ansia"

Vanity Fair "Gli integratori per rinforzare il sistema immunitario"

Vanity Fair "I migliori integratori per le difese immunitarie"

LEGGI ANCHE: L'alimentazione, la grande alleata dei nostri occhi

Vitamine, minerali, spezie e altri nutrienti: gli ingredienti per vivere al massimo

Autunno in salute. Tra alimentazione e integrazione, la scorta di vitamine e minerali

Vitamine e sali minerali: i principali alleati di adulti e bambini

Antiossidanti: alleati degli sportivi, contrastano i radicali liberi

Spezie e rimedi naturali, a tavola con i potenti alleati del benessere

 

 

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Assolto! Sul banco degli imputati un alimento da sempre bistrattato: l’uovo. Contro ogni pronostico al via la ricerca che mette in luce i notevoli benefici del consumo di uova. Nessun rischio per la salute, quindi, zero conseguenze su colesterolo e infarti,  quindi, nessun effetto negativo sul benessere del cuore. Ulteriore conferma all'assenza di correlazione, dunque, con patologie cardiovascolari ed eventuali conseguenze negative. Non solo per onorare la tradizione pasquale, ma buona abitudine quotidiana per iniziare la giornata con un alimento ricco di proprietà benefiche. Tra gli elementi classificabili come eccellenti poiché fonte per antonomasia di tutti gli ingredienti necessari al fabbisogno giornaliero. Una vera e propria miniera naturale di sostante nutritive. Ogni uovo contiene vitamine A, B, D, E e K oltre a omega 3, folato, fosforo, selenio, calcio e zinco oltre a tanti altri nutrienti importanti per la nostra salute. Per quanto riguarda il calcio, l’uovo è tra gli elementi più ricchi. Salutare e poco calorico. Un complesso nutritivo adatto e prezioso a ogni età. Minerali e vitamine presenti nelle uova proteggono anche l’organismo dai danni provocati dai radicali liberi. Sostenute da molti esperti in alimentazione e da numerose evidenze scientifiche che ne esaltano le notevoli proprietà benefiche. L’uovo è quindi una ricca fonte proteica, motivo per cui viene consigliato soprattutto agli sportivi. E nonostante questo, è tra i cibi più digeribili. I suoi tanti benefici erano sconosciuti tra le antiche civiltà di egiziani, persiani, greci e romani. Venivano consumate anche nel Medioevo per ottenere maggior vigore fisico. Contengono, inoltre, tutti gli aminoacidi essenziali, quelli cioè che l’organismo non è in grado di sintetizzare e deve, necessariamente, assumere con il cibo. E ancora, sono particolarmente indicate per stimolare la crescita muscolare in risposta alla sollecitazione indotta dall’esercizio. Insostituibili per l’elevata concentrazione di colina, componente essenziale nella nostra alimentazione e utile per il corretto metabolismo dei grassi. Dulcis in fundo, oltre a incidere positivamente sulla struttura muscolare, sono fondamentali per il corretto funzionamento della risposta immunitaria che difende il corpo dalle infezioni. E sono ideali anche per sostenere la crescita e lo sviluppo.

2 UOVA al giorno per fare il pieno di salute con vitamine e minerali

Nutriente, sano e di antica origine. Tra i simboli della nostra tradizione e alleato di salute e benessere. Portiamo a tavola a cuor leggero un alimento ricco di virtù. Fonte preziosa di nutrienti, contribuisce a prolungare il senso di sazietà. Un cibo dall’elevato valore nutritivo che fornisce proteine e aminoacidi essenziali (contenute prevalentemente nell’albume). Il tuorlo contiene circa 7 g di grassi di cui solo il 30% saturi, con circa 5% di colesterolo, e il 70% di insaturi, lipidi indispensabili. Inoltre, stimola il sistema immunitario. Le uova sono ricche di selenio, tra i principali fattori che regolano i meccanismi del sistema immunitario e stimolano il corretto funzionamento della tiroide. Rinforza denti e ossa, grazie alla presenza di vitamina D3, fondamentale per l’assorbimento del calcio, indispensabile per il nostro scheletro, ma anche per il regolare funzionamento del cuore. Contribuisce all’aumento dell’energia mentale e alla riduzione dello stress. Insomma, il regolare consumo di uova garantisce la scorta di vitamine del gruppo B, soprattutto B2 (riboflavina) che contrasta stanchezza e affaticamento e vitamina B12, fondamentale per la salute cognitiva. Forniscono anche un nutriente essenziale, la colina, indispensabile per la salute delle membrane cellulari. Al contrario di tante convinzioni prive di fondamento, non aumenta il colesterolo. Difatti, la presenza delle lecitine riduce l’assorbimento del colesterolo contenuto nel tuorlo e potenziano l’attività delle HDL (colesterolo buono). Per approfondire il rapporto tra uova e colesterolo. E poi, si dimostra come un prezioso aiuto nel contrasto all’anemia. Il tuorlo, in particolare, è ricco di ferro eme (la forma più assorbibile dal nostro organismo), rame e vitamina B12: i 3 fattori fondamentali per prevenire e combattere i sintomi dell’anemia. Infine, il suo contribuito per il miglioramento, sia in fase di prevenzione sia di trattamento, della salute dei nostri occhi. L’alto contenuto di carotenoidi, soprattutto luteina e zeaxantina, aiuta a prevenire la degenerazione maculare e riduce il rischio di sviluppo di cataratta.

Tanti validi motivi per mangiare uova

  • Ricco di vitamine, minerali e antiossidanti
  • Necessario allo sviluppo e al mantenimento in salute delle ossa
  • Protegge da perdita di efficienza di memoria, conseguenza all’età
  • Prezioso aiuto nel contrasto all’anemia
  • Favorisce l’incremento dei livelli di colesterolo HDL (quello cosiddetto “buono”)
  • Protegge l’organismo dai danni provocati dai radicali liberi
  • Contribuisce al regolare funzionamento del sistema immunitario
  • Stimolare la crescita muscolare
  • Ideali nelle fasi di crescita e sviluppo
  • Contrasta l’ipertensione
  • Protegge il fegato e ne impedisce l’accumulo di grasso
  • Garantisce il corretto funzionamento delle cellule cerebrali
  • Contribuisce alla riduzione di stress
  • Contrasta l'affaticamento
  • Previene la formazione di calcoli biliari
  • Amico della vista
  • Stimola il corretto funzionamento della tiroide
  • Contiene solo l’11% di grassi ed è costituito per lo più da monoinsaturi e polinsaturi
  • Non è un nemico della linea
  • Prolunga il senso di sazietà

 

«Sono un’ottima fonte proteica, correlata a un abbassamento della pressione sanguigna» sottolinea Alexander Dominik, autore dello studio dell'EpidStat Institute di Ann Arbor in Michigan, pubblicato ora sulla rivista Journal of the American College of Nutrition. Un uovo al giorno toglie il medico di torno e questa volta lo dice anche la scienza. Lo studio condotto dai ricercatori di Population Health research institute della McMaster University e di Hamilton health sciences - mette in luce come mangiare un uovo al giorno, al contrario di quanto si possa pensare, non ha nessun effetto negativo per la salute. Nemmeno per chi ha mattie cardiovascolari o metaboliche. Gli scienziati - come riporta Il Fatto Alimentare - hanno esaminato i dati di 177mila persone, raccolti nell'ambito di tre studi precedenti condotti in 50 paesi di sei continenti. In tutto, le ricerche avevano coinvolto 146mila soggetti sani e 31.500 persone con patologie cardiovascolari. In tutti e tre gli studi erano presenti dati sulle abitudini alimentari dei soggetti, dunque, è stato possibile dividere i soggetti tra chi mangiava un uovo al giorno o meno, rilevando come anche chi lo mangiava non aveva alcuna conseguenza negativa sui livelli di colesterolo ematico o sull'incidenza di gravi eventi cardiovascolari, quali infarti.

Mangiare uova tutti i giorni può aiutare la salute cardiaca

Nessuna conseguenza neppure sul tasso di mortalità. Un duplice lavoro quello condotto dagli epidemiologi che in primis, hanno tenuto sotto osservazione 215mila individui di entrambi i sessi monitorandone lo stato di salute per ben 34 anni. Raggruppandoli a seconda del consumo di uova, gli esperti hanno dimostrato che mangiarne fino a uno al giorno è sicuro dal punto di vista cardiovascolare. In un secondo momento gli esperti hanno condotto una meta-analisi, ovvero hanno rianalizzato i dati di tantissimi studi pubblicati nel mondo sulle uova, coinvolgendo un totale di un milione e 700mila individui, confermando che il consumo di uova [...], non ha effetti negativi sulla salute del cuore. I ricercatori hanno riscontrato anche che per ogni uovo sostituito da una porzione di un altro alimento (industriale o non), il rischio cardiovascolare aumentava del 10-15%, così pure se l'uovo veniva sostituito, ad esempio, da latte intero si registrava un incremento dell’11%. Gli esperti notano che, anche se si tratta di uno studio di osservazione, i risultati sono validi sia per la vasta mole di dati analizzati, sia perché mediamente il consumo di uova di un individuo è certamente più basso di quello qui considerato sano per la salute del cuore.

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Per approfondimenti: 

Il Messaggero "Uova, il cuore è salvo anche consumandone uno al giorno"

Libero Quotidiano "Uovo, mangiarne uno al giorno? Lo studio dal Canada: ecco le conseguenze per il tuo corpo"

Quotidiano di Ragusa "Uova, mangiarne uno al giorno fa bene al cuore? Ecco lo studio"

Salute e Benessere "I 10 benefici delle uova"

Dieta Paleo "I benefici delle uova"

Il Giornale "Mangiare uova riduce il rischio di ictus"

Donna Glamour "Quali sono i benefici delle uova e perché fanno bene all'organismo"

Salute Lab "10 motivi per cui mangiare le uova fa bene alla salute"

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Ribattezzata “coronasomnia”. Dal cambiamento delle abitudini allo spostamento dei rituali quotidiani. Complice sicuramente anche l’aumento dell’utilizzo dei dispositivi elettronici e della drastica riduzione delle occasioni sociali, i problemi del sonno sono diventati praticamente uguali a quelli di adeguamento da jet lag ovvero, dei tipici disagi riscontrati a seguito di un brusco cambiamento, come avviene in un volo intercontinentale, cambiando fuso orario e stagione. Energia, umore, lucidità mentale e performance. Il sonno è indispensabile! Tra i suoi grandi nemici in questo delicato periodo storico, la luce blu dei dispositivi elettronici, prima tra tutte, quella della televisione. Un recente studio indio-asiatico pubblicato su Psychiatry Research ha indagato la crescita del cosiddetto “binge watching” (abbuffate televisive), un comportamento patologico che nel sud-est asiatico durante il lockdown è aumentato fino al 73,7%. Insomma, intere giornate passate davanti allo schermo, in oltre la metà dei casi per noia (il 52,6%), in un quarto per ridurre lo stress e nel 15,7% per vincere la solitudine, guardando per almeno 5 ore consecutive soprattutto notiziari (il 69,2%) o programmi di YouTube (il 52,7%). Una cyber-psicopatologia che sfocia in affaticabilità cronica, irritabilità, disturbi dell’umore, ridotta efficienza lavorativa e una significativa interferenza col sonno. Un disturbo che coinvolge il 70% della popolazione, soprattutto donne (il 49%), nella fascia tra i 18 ed i 44 anni. Di questi binge-wiever, il 90% soffre di insonnia o disturbi del sonno.

INSONNIA? Farmaci per dormire e possibili rischi per la salute

Oltre alle abbuffate di serie televisive, anche quelle di cibo. Insomma, isolati, affamati e insonni. La risposta alle notti tormentate è una terapia capace di ripristinare in maniera naturale i cicli perduti di sonno, garantendo così il regolare funzionamento del ritmo circadiano e delle fasi sonno-veglia. Un effetto con la capacità di riequilibrare la bilancia ipotalamica. Grande alleata in questa battaglia quotidiana, proprio la melatonina che, seguendo la stessa curva di diffusione sera-mattino di quella naturale dell’epifisi, ripristina un sonno fisiologico, riducendo il fenomeno della cosiddetta “inerzia morfeica da sonniferi (cioè il risveglio frastornato che segue a una dormita indotta farmacologicamente) e migliora, di conseguenza, del 55% la qualità del risveglio, peraltro pessima in oltre la metà degli adulti che fanno uso di sonniferi. Quindi, la salute fisica e mentale è strettamente correlata ad un buon riposo, condizione sempre più rara in tempi di Covid. Tra i diversi disturbi del sonno, quella che accomuna gran parte degli italiani è senza dubbio l’insonnia, ovvero la difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno costante, che si traduce nella percezione di un sonno non ristoratore, con stanchezza e sonnolenza durante il giorno. In sostanza, si dorme poco e male e l’indomani ci si sveglia scarichi e non riposati. Nel lungo termine, questi disturbi, possono impattare sulla salute con la comparsa di serie patologie come obesità, ansia, depressione, malattie cardiovascolari e diabete. Senza trascurare poi la difficoltà di concentrazione. Tirando le somme, dalla prima alla seconda ondata, complice anche il peggioramento delle condizioni psicologiche, si registra non solo un inasprimento della qualità del sonno, bensì un aumento dei “nottambuli” del 25%.

Le “ore piccole” indeboliscono la risposta immunitaria

Una correlazione poi, quella tra il sistema immunitario e le ore di riposo che viene confermata da una lunga serie di studi. Evidenze scientifiche dimostrano che chi dorme meno di sei ore è più vulnerabile rispetto a chi dorme almeno sette ore a notte. Insomma, uno scudo naturale che ci protegge da virus, raffreddori e influenze stagionali. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, anche sul nostro organismo. Insomma, dal sonno a intermittenza all'insonnia, questi disturbi non vanno mai sottovalutati. Dormine fa bene perché il riposo porta con se tanti aspetti e azione importanti contribuendo sia al benessere psicofisico sia al contrasto di tante patologie.

INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati


Con l’arrivo della pandemia è un po’ come se tutti fossimo saliti a bordo di un aereo che non atterra mai, alterando così i nostri ritmi sonno-veglia - spiega al Corriere della Sera l’ex-presidente della SINPF, Giovanni Biggio dell’Università di Cagliari che ha illustrato questa sistuazione al convegno "Quando tutto cambia" - Questo volo senza scalo assomiglia alla costrizione in casa impostaci dal lock-down in cui si perde il ritmo delle abituali attività di vita e di lavoro e i rapporti sociali. Il naturale alternarsi del ciclo luce-buio che favorisce sonno e ritmi di vita è il principale fattore perduto: non ci si alza più alla solita ora per andare in ufficio o a scuola e la sera ci si attarda alla TV o al computer. La continua esposizione alla luce artificiale di casa o a quella blu degli schermi TV o dei PC usati in smart-working, mette in crisi l’epifisi, la ghiandola posta dietro la fronte che, in risposta agli stimoli luminosi naturali, produce l’ormone dei ritmi del sonno chiamato melatonina che sale la sera e scende il mattino.

grafico melationina

Una persona su quattro trascorre notti in bianco. Secondo i risultati della British Sleep Society pubblicati sul Journal of Thoracic Disease, bel il 70% dei britannici di età compresa tra i 40 e i 63 anni ha riferito di cambiamenti nei propri schemi di sonno dal primo lockdown. Il catalogo dei problemi di sonno riportati includevano disturbi del sonno, addormentarsi involontariamente, difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati e andare a dormire più tardi. Tra le altre considerazioni rilevanti, il sonno influenza direttamente la nostra risposta immunitaria. La privazione del sonno riduce la produzione di citochine protettive e viceversa, così come quella degli anticorpi e delle altre cellule che combattono le infezioni. «Durante il sonno, il nostro sistema immunitario rilascia proteine chiamate citochine», evidenzia la dottoressa Ivana Rosenzweig, medico del sonno. Tuttavia, dormire di più non è sufficiente, occorre riposare bene! Il dottor Steven Altchuler, psichiatra e neurologo specializzato in medicina del sonno presso la Mayo Clinic (USA), sottolinea che sono in gioco molteplici fattori. Primo, la nostra routine quotidiana e l’ambiente sono stati interrotti, rendendo difficile mantenere intatto il nostro ritmo circadiano. Normalmente le nostre giornate si susseguono secondo un programma di risvegli, pendolari, pause e ore di sonno, ma il COVID-19 ha cambiato, da un giorno all'altro, tutte le nostre abitudini. «Abbiamo perso molti dei segnali esterni che sono presenti nelle riunioni dell’ufficio, nelle pause pranzo programmate. Quello che stai facendo, durante il lavoro a distanza, è interrompere il tuo orologio biologico», ha sottolineato il neurologo.

Una spiegazione esaustiva del disagio che siamo vivendo ce la fornisce anche Christian Orlando, biologo e nutrizionista:

Il lockdown, tra le varie problematiche che ha portato una di queste riguarda l’aumento di disturbi del sonno (insonnie reattive legate agli stati ansioso-depressivi, allo stress, all’ansia; insonnie legate all’alterazione del ritmo biologico e delle attività giornaliere del singolo). Un recente approfondimento pubblicato dalla rivista americana The Atlantic afferma che “il buon funzionamento del ritmo sonno-veglia aiuta a impedire che le nostre risposte immunitarie vadano in tilt” quindi intervenire sulla regolarizzazione del sonno è certamente desiderabile per quanto concerne l’esposizione all’infezione: disturbi del ritmo circadiano, infatti, si associano a vari aspetti di depressione immunitaria I benefici della melatonina riguardano principalmente il ripristino del ritmo sonno-veglia e subordinatamente la facilitazione dell’addormentamento. Un sonno migliore e stabilizzato, a cascata e in maniera indiretta, può migliorare il quadro immunitario. La melatonina è un ingrediente naturalmente presente nel nostro organismo, in grado di incidere positivamente sulla qualità del sonno senza compromettere le nostre attività diurne. Infatti con il risveglio, l’organismo riesce a smaltire naturalmente la melatonina residua, concedendo al corpo l’energia necessaria per affrontare le attività giornaliere. Secondo uno studio, realizzato dagli scienziati della Cleveland Clinic, centro di ricerca con sede in Ohio, la melatonina sarebbe associato a una “probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2”. Trattandosi di risultati prodotti sulla base di simulazioni e analisi di dati statistici, occorre specificare che per ora non vi è alcuna evidenzia del nesso causa-effetto del beneficio e del fatto che gli integratori a base di melatonina abbiano azione protettiva rispetto al virus. L’ormone, sottolinea la ricerca, potrebbe giovare in particolare ai soggetti anziani, visto che la sua produzione naturale si riduce con l’avanzare dell’età.

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Per approfondimenti:

Corriere della Sera "Con la pandemia gli stessi problemi di sonno e adeguamento del jet lag"

Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"

Corrriere della Sera "Gli effetti sul sonno della pandemia"

Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"

Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"

The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"

Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"

Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"

La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"

Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"

Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"

La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"

Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"

La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"

Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"

LEGGI ANCHE: Dall’insonnia al raffreddore, quando dormire poco indebolisce il sistema immunitario

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Tutto merito della vitamina D. Riduce il rischio di decessi del 60%. È l'interessante scoperta di un team di ricercatori spagnoli. La ricerca ha indagato sull'efficacia del calcifediolo (la vitamina D3) su oltre 550 pazienti ricoverati nei reparti Covid dell'Hospital del Mar, a Barcellona, in Spagna. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale o come destinatari del trattamento con calcifediolo o come controlli ripetuti durante il periodo di ospedalizzazione. Quindi, dal momento del ricovero, prima di ricevere cinque dosi di vitamina a intervalli crescenti di due, quattro, otto e 15 giorni. Insomma, ulteriore conferma gli effetti positivi del trattamento con la vitamina D in pazienti con comorbilità incidendo notevolmente sulla riduzione dei decessi e le eventuali complicanze con i relativi trasferimenti in terapia intensiva. Lo studio, che evidenzia scientificamente l'effettivo ruolo della vitamina D sui malati di coronavirus, è stato coordinato dall'Università di Padova con il supporto delle Università di Parma, di Verona e gli Istituti di Ricerca CNR di Reggio Calabria e Pisa e pubblicato sulla rivista Nutrients. Tuttavia, questo non è certo un caso isolato. Altri lavori scientifici, infatti, avevano associato l'ipovitaminosi a un rischio maggiore di infezione e alle sue manifestazioni cliniche più aggressive. Tra questi, una recente indagine francese aveva suggerito che la terapia con colecalciferolo, assunta nei mesi precedenti il contagio, potesse favorire un decorso meno critico in pazienti anziani fragili affetti da Covid-19.

Vitamina D

Lo studio mostra i potenziali effetti positivi della somministrazione di vitamina D sul decorso della malattia in persone con comorbilità affette da SARS-CoV2. «I pazienti della nostra indagine, di età media 74 anni - spiega il prof. Sandro Giannini dell'Università di Padova - erano stati trattati con le associazioni terapeutiche allora causate in questo contesto e, in 36 soggetti su 91 (39.6%), con una dose alta di vitamina D per 2 giorni consecutivi. I rimanenti 55 soggetti (60.4%) non erano stati trattati con vitamina D». L’indagine nasce con l'obiettivo di valutare se la proporzione di pazienti che andavano incontro al trasferimento in terapia intensiva e/o al decesso potesse essere condizionata dall'assunzione di vitamina D. Durante un periodo di follow-up di 14 giorni circa, 27 (29,7%) pazienti venivano trasferiti in terapia intensiva e 22 (24,2%) andavano inevitabilmente incontro al decesso. Nel complesso, 43 pazienti (47,3%) andavano incontro a decesso o trasferimento in terapia intensiva. L'analisi statistica rivelava che il peso delle comorbidità (rappresentate dalla storia di malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva, insufficienza renale cronica, malattia neoplastica non in remissione, diabete mellito, malattie ematologiche e malattie endocrine) modificava in modo ampiamente significativo l'effetto protettivo della vitamina D sull'obiettivo dello studio, in modo tale che maggiore era il numero delle comorbidità presenti, più evidente era il beneficio indotto dalla vitamina D. «In particolare – evidenzia il ricercatore -, in coloro che avevano assunto il colecalciferolo, il rischio di andare incontro a "decesso/trasferimento in ICU" era ridotto dell'80% rispetto ai soggetti che non l'avevano assunto».

Una terapia usata per la tubercolosi

La vitamina-ormone preziosa non solo per rafforzare il nostro sistema immunitario e per il benessere di denti e ossa, ma fondamentale alleata in questa pandemia nella lotta contro un nemico comune. Tanto discussa e altrettanto fondamentale per la nostra salute. Riduce il rischio di cancro, protegge dal diabete, dalle malattie cardiovascolari e quelle autoimmuni. Il nostro organismo produce vitamina D tramite i raggi solari che irradiano la cute (circa l’80%). Una piccola parte poi, seppur insufficiente, può essere assunta con gli alimenti. Tuttavia, l’unica fonte quindi è il sole che una volta entrato tramite la pelle, viene accumulata nel nostro tessuto adiposo e poi viene immagazzinata e rilasciata lentamente durante l’anno, soprattutto in inverno. I suoi importanti effetti a livello immunitario era confermati già nell’Ottocento quando, per contrastare la tubercolosi, le persone venivano esposte al sole, senza neanche sapere che assumevano in questo modo vitamina D e senza neanche conoscerne gli effetti sul piano immune. Il risultato fu che quelli che vivevano di più all’aria aperta e quindi erano maggiormente esposti ai raggi ultravioletti, si ammalavano di meno di tubercolosi o guarivano più velocemente. In un’intervista a Napoli Today il dottor Giuseppe Russo, medico di base presso l’ASL Napoli 1 spiega l’importanza della vitamina del “sole”:

L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi

Quella che comunemente chiamiamo "vitamina D", in realtà appartiene ben poco al gruppo delle vitamine, bensì, per struttura chimica (steroidea) e per funzione, è un pro-ormone. I pro-ormoni non sono altro che dei precursori della sintesi degli ormoni. 1/3 del nostro fabbisogno giornaliero di vitamina D – continua l’esperto nell’intervista - proviene dagli alimenti (pesce azzurro, tuorlo d’uovo, latte e formaggio), la restante parte si forma nella pelle attraverso l’esposizione ai raggi solari, e viene immagazzinata nel fegato e nel tessuto adiposo. Gli effetti sono molteplici e svariati. Quelli più noti riguardano la crescita ossea, l’allattamento e la gravidanza. Tuttavia molti studi hanno evidenziato che una sua carenza è spesso associata a diversi tipi di malattie, quali diabete, infarto, morbo di Alzheimer, allergie, sclerosi multipla, obesità e riduzione del tono dell’umore. - Poi, evidenzia ancora Russo, la sua possibile correlazione tra Covid.19 e ipovitaminosi D: - L’integrazione della vitamina D, anche in dosi generose, nel contagio da COVID 19, è giustificata dalla sua azione di modulazione del processo infiammatorio e di regolazione del sistema immunitario. Un suo uso preventivo, però, per essere efficace, non può prescindere da un corretto e puntuale dosaggio della sua concentrazione nel sangue.

L'efficacia dei raggi ultravioletti contro il virus

«La vitamina D è fondamentale per il nostro sistema immunitario perché coordina l’attività di tutte le sue cellule: sia quelle coinvolte nell’immunità innata che quelle dell’immunità adattativa» spiega Christian Orlando, biologo.

Il recettore per la Vitamina D – continua l’esperto - è particolarmente sviluppato nelle cellule del sistema immunitario. L’azione della Vitamina D è quella di modulare la risposta del nostro sistema immunitario ad esempio riduce il rischio di allergie, aumenta la protezione verso le infezioni ed ha anche un ruolo importante nella prevenzione delle patologie autoimmuni. - Inoltre, evidenzia Orlando - La letteratura scientifica, infatti, ha confermato la capacità della vitamina D di agire sulle cellule immuno-competenti, attivandole e studi recenti dimostrano come i livelli ematici di vitamina D influenzino la funzionalità dei macrofagi, cellule dell’immunità innata. A livello polmonare, in particolare, la presenza di un virus o batterio attiva i macrofagi, che inviano stimoli per promuovere l’attivazione della vitamina D e l’espressione dei suoi recettori VDR: in questo modo induce la produzione di citochine e varie molecole coinvolte nell’infiammazione, con lo scopo di eliminare il microrganismo invasore. Per quanto riguarda l’immunità adattativa, invece la vitamina D, accumulata nelle cellule del tessuto adiposo (gli adipociti), passa nel circolo linfatico e raggiunge i linfonodi. Qui lega i propri recettori VDR all’interno dei linfociti B, stimolando la produzione di anticorpi.

Tutte le conferme della scienza

Negli ultimi mesi, diverse evidenze scientifiche oltre alla sperimentazione nel Regno Unito, hanno confermato la correlazione tra l’ipovitaminosi D e il maggior rischio di esposizione al Covid e di successive complicanze. Prima tra tutte, l’indagine condotta da due ricercatori dell’Università di Torino sulla necessità di adeguati livelli di questa vitamina, soprattutto negli anziani. Questo perché, nell’indagine condotta dagli esperti, ma non solo, la carenza di questa vitamina viene associata a un aumento delle infezioni, da qui le complicanze riscontrate nei soggetti positivi al coronavirus con un deficit di questo nutriente. Già nel maggio scorso, Giancarlo Isaia, autore di una recente indagine sugli effetti della vitamina D e su una sua correlazione con il Covid, insieme al collega Enzo Medico, docente dell’Università di Torino, avevano parlato dei notevoli benefici della vitamina D come alleata nel contrasto alla pandemia. Lo studio dei ricercatori mostrava come molti pazienti ricoverati per Covid presentavano gravi carenze di vitamina D. Anche la review pubblicata qualche mese fa su Nutriens, evidenziava la capacità dell’integrazione della vitamina D di incidere sul rischio di sviluppare infezioni da COVID-19. Seguita poi dallo studio norvegese condotto a marzo su 15 mila persone, ha mostrato laddove vi era un consumo abituale dell'olio di fegato di merluzzo, fonte di vitamina D, c’erano anche i meno esposti al virus e coloro che l'avevano contratto avevano sviluppato una forma più lieve della malattia. Sulla stessa linea anche una recente indagine condotta dall’Università della Cantabria a Santander in Spagna ha sottolineato un’interessante correlazione tra le persone positive al coronavirus, ricoverate in ospedale, con una carenza di vitamina D.

Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici

E ancora un altro studio spagnolo, prima di questo, ha evidenziato la carenza di vitamina D come fattore di rischio del Covid, mostrando come oltre l’80% dei pazienti ricoverati per il virus presentasse una carenza di vitamina D. La ricerca condotta dall'équipe di scienziati guidati da José Hernàndez e pubblicata recentemente sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, ha sottolineato che nell’82,2% dei pazienti ricoverati in un ospedale spagnolo sono stati riscontrati scarsi livelli di vitamina D. Altra indagine degna di nota che era arrivata a conclusioni simili è quella condotta dall’Università di Chicago e pubblicata sul Journal of American Medical Association Network Open dove le persone con scarsi livelli di vitamina D potrebbero avere fino al 60% di probabilità in più di contrarre il coronavirus. Ultima tra le più rilevanti, ma non per importanza, una teoria comune proposta anche in studi meno recenti. Un team di ricerca britannico composto da scienziati del The Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust e dell’Università dell’East Anglia avevano trovato un’associazione tra tasso di decessi superiore per COVID-19 e popolazioni con vitamina D carente. Tirando le somme, una dieta ricca di vitamina D è risultata in grado di attenuare i sintomi della polmonite interstiziale in modelli murini e una sua carenza è stata correlata con la severità della polmonite interstiziale sperimentalmente indotta. Non dimentichiamo poi che l’Italia – soprattutto le donne con il 76% - è tra i Paesi europei (insieme a Spagna e Grecia) con maggiore prevalenza di ipovitaminosi D.

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Per approfondimenti:

Gazzetta del Sud "Studio sul Covid: la vitamina D riduce le morti del 60%. Ricerca analoga al Cnr di Reggio"

Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"

Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"

Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"

Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"

La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"

La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"

Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"

The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"

ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"

Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"

ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"

Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"

Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"

Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"

Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"

Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"

Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"

JAMA Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"

Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"

AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"

Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"

Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"

LEGGI ANCHE: Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza

Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D

Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili

Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione

Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone

Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti

Covid: aumenta il rischio del 60% con carenza di vitamina D

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Antibatterico, antibiotico e disinfettante. Prezioso per la cura della pelle da infezioni, funghi e inestetismi, delicato per lo skincare quotidiano nella lotta ai segni dell’età. Contrasta rughe e segni d’espressione, ma all’occorrenza si trasforma in un alleato perfetto contro dermatiti, acne e altre lesioni dell’epidermide. Inoltre, la sua peculiarità di riattivare i tessuti lo rende un perfetto antirughe. Dalla bellezza alla cura delle malattie della pelle. Sin dall’antichità veniva usato come ingrediente principale nel sapone e veniva applicato sulla pelle con acne, eczemi o funghi, ma anche per la detersione quotidiana. Conosciuto anche per le sue miracolose proprietà antisettiche e battericide. L’argento, infatti, veniva utilizzato per disinfettare le ferite, mediante impacchi sulle stesse, e per neutralizzare virus e infezioni, attraverso la somministrazione per bocca dei sali d’argento, ma il suo uso come farmaco è progressivamente scomparso in tutti i paesi a partire dagli anni ‘40, quando si sono rese disponibili altre sostanze, tra cui gli antibiotici, ma anche i comuni disinfettanti. Nel 1970 poi, le potenzialità di questo metallo vengono portate di nuovo alla ribalta da un medico statunitense che inizia a utilizzarlo nel trattamento delle ustioni gravi. Una soluzione composta da micro particelle di ioni d’argento, immersi nell’acqua distillata: nasce così l’argento colloidale. Dall’inizio degli anni ‘90, l’argento colloidale è ricomparso in molti supplementi che vengono pubblicizzati un po’ dappertutto, non solo per combattere le piccole infezioni, ma anche per le malattie e i malesseri più svariati. Bisogna precisare, innanzitutto, che con il regolamento CE 1170/2010 l’assunzione per bocca dell’argento colloidale non è più ammessa in Europa, perché considerata non innocua.

L’argento colloidale è una dispersione speciale di argento dall’effetto igienizzante particolarmente veloce, completa e duratura. Una preziosa sostanza naturale atossica per l’uomo e letale per gran parte dei batteri patogeni. È efficace anche contro i segni lasciati dall'acne giovanile grazie alla sua capacità di stimolare la ristrutturazione dei tessuti. Utilizzato anche per sconfiggere e prevenire le micosi (dalla presenza di funghi batterici che aggrediscono la pelle). Fondamentale per alleviare i fastidi di eritemi e scottature: le proprietà rigeneranti e rinfrescanti dell’argento colloidale donano sollievo alla pelle bruciata dal sole. Inoltre, accelera la rigenerazione cutanea e disinfetta in profondità, proprio per questo può essere usato per curare le piaghe e irritazioni. Insomma, questo metallo è particolarmente indicato per tutti i disturbi della pelle, soprattutto quelli di origine infiammatoria. E ancora, per una pelle morbida al tatto, la sua azione rinfrescante lo rende perfetto per essere usato dopo la depilazione. Tra i moltissimi usi dell’argento colloidale ultimo, ma non per importanza, la sua azione sebo regolatrice che aiuta a eliminare la forfora.

I 7 benefici dell’argento colloidale

  • Potentissimo disinfettante, può essere applicato su ferite aperte senza bruciare, questo lo rende estremamente delicato adatto anche ai bambini. Totalmente naturale e atossico
  • Neutralizza in pochi minuti qualsiasi tipo di virus, batteri o funghi. Valida alternativa agli antibiotici e agli antinfiammatori, ha la capacità di neutralizzare in pochi giorni anche l’influenza. Dal potere decongestionante, aiuta a migliorare la respirazione in caso di raffreddore
  • Utilizzato come antibiotico naturale aiuta a guarire in pochissimo tempo da patologie come tosse, tonsillite o mal di gola
  • Ha un effetto quasi miracoloso sull’herpes
  • Potentissimo fungicida utile per combattere cistite, candida, infezioni della prostata, dermatiti, eczemi e verruche
  • Elimina i batteri responsabili della gastrite
  • Facilita la cicatrizzazione della pelle in caso di ustione

«L’argento è un metallo nobile che si trova nella tabella periodica degli elementi, cioè quei composti presenti in natura» spiega in un'intervista a Life 120 la dottoressa Gloria Mosconi:

Cos’è l’argento colloidale e in cosa si differenzia dall’argento?

L’argento colloidale si ottiene attraverso un processo chiamato elettrolisi che avviene in acqua bidistillata, in cui si scindono le particelle d’argento finissime (chiaramente non solubili in acqua), e ioni di argento (carichi positivamente Ag+) che al contrario si scioglieranno in acqua, dando origine a questa soluzione che prende il nome di Argento Colloidale. Le particelle positive di argento, (dette anche ioni di argento), lo rendono attivo verso virus e batteri.

Perché è considerato prezioso per la cura della pelle? Come interviene nel contrasto alle rughe e ai segni del tempo?

L’argento in forma colloidale è un potente dermopurificante, antisettico e detossinante, aiutando così la pelle a combattere i radicali liberi. Agisce in modo diretto e profondo sull’epidermide favorendo un efficace trattamento emolliente, rigenerante, rivitalizzante e ristrutturante, ideale per tutti i tipi di pelle, anche le più problematiche come ad esempio le pelli particolarmente grasse, impure, devitalizzate, acneiche, screpolate, psoriasiche, herpetiche, eczematose, restituendo un viso più curato, fresco, e luminoso.

In che modo l’argento colloidale agisce sulla riparazione dei tessuti?

L’argento colloidale è un composto a cui sono attribuite numerose proprietà, tali da poterlo considerare un antibiotico naturale; infatti prima dell’avvento degli antibiotici, veniva utilizzato per il trattamento delle più svariate forme di infezione. Questo è il motivo per cui il suo utilizzato trovava, e trova tutt’oggi, spazio anche nella riparazione dei tessuti. Ad esso venivano attribuite proprietà antibatteriche, ma anche antivirali ed antifungine. Il suo ampio impiego nella medicina cinese, egizia, romana e persiana, hanno reso l’argento colloidale, un rimedio universale, così come oggi lo conosciamo.

L’utilizzo quotidiano di questo metallo come componente di creme per il viso potrebbe essere dannoso per la salute?

Per uso cosmetico, la normativa non pone espressamente il divieto. Non vi sono controindicazioni o effetti collaterali tali da recare danni alla salute. Tutt’altro, i prodotti sono totalmente atossici, come dimostrato scientificamente da uno studio condotto dall’Università Federico II nel 2016. E’ chiaro che si lavora con dosaggi adeguati.

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Per approfondimenti:

Il Sole 24Ore "Una pelle nuova con la vitamina C

Donna Moderna "Vitamina C, l’antiossidante naturale che fa bene alla pelle"

Fanpage "Vitamina C per la pelle: perché fa bene e come usarla"

GQ Italia "La vitamina C è l'ingrediente che rende più bella la pelle questa estate"

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La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa

Dalle proprietà lenitive a quelle cicatrizzanti: il benessere dall’aloe vera 

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Dal sanguinamento gengivale alla vitamina C, scoperto il legame tra carenza e aumento del rischio di questa patologia. Non solo una malattia paradontale, ma anche un indicatore di un’assunzione insufficiente. Secondo quanto rilevato dallo studio condotto all’Università di Washington e pubblicata su Nutrition Reviews, i ricercatori hanno mostrato che il sanguinamento delle gengive e quello negli occhi, o emorragia retinica, legati anche a problemi generali nel sistema microvascolare, erano associati a bassi livelli di acido ascorbico nel sangue. Per contro, l’équipe di ricercatori ha scoperto che l'aumento dell'assunzione giornaliera in persone con bassi livelli plasmatici di vitamina C ha contribuito alla riduzione dei problemi di sanguinamento delle gengive. La ricerca ha analizzato 15 studi clinici in sei paesi diversi, che hanno coinvolto 1.140 partecipanti prevalentemente sani e i dati di 8.210 residenti negli Stati Uniti intervistati per il Centers for Disease Control and Prevention's Health and Nutrition Examination Survey. Insomma, uno studio che lancia un messaggio forte e chiaro, un’alimentazione corretta migliora la salute in generale e, di conseguenza, anche quella orale. Tra cause e rimendi, al via con il trattamento naturale alla grave infezione gengivale che danneggia i tessuti molli e le ossa che sostengono il dente. Difatti, carenze alimentari o forme di alimentazione non equilibrata possono compromettere il corretto turn over cellulare e debilitare le difese immunitarie. Tra le vitamine una che ha sicuramente un ruolo fondamentale è la vitamina C (acido ascorbico), nota anche vitamina antiscorbuto.

PARADONTITE, ecco come guarire ed evitare la caduta dei denti

Laggot et al., tra gli altri, indagarono la relazione tra la variazione di apporto di vitamina C, lo stato parodontale e la microflora subgengivale, notando che il sanguinamento gengivale aumentava in corrispondenza di una dieta povera di vitamina C e che ritornava alla normalità con una dieta equilibrata (Leggott PJ, Robertson PB, Rothman DL, Murray PA, Jacob RA. "The effect of Controlled ascorbic acid depletion and supplementation on periodontal health" J Periodontol, 1986). Esiste comunque un elevato bisogno di vitamina C durante i processi di cicatrizzazione e di guarigione nei 15 giorni successivi a qualsiasi intervento orale (Pierce HB, Newhall CA, Merrow SB et al. "Ascorbic acid supplementation Response of burn tissue" Am J Clim Nutr, 1990). I pazienti che hanno avuto una supplementazione di vitamina C in associazione al trattamento parodontale hanno mostrato una guarigione più veloce dei tessuti parodontali con una riduzione maggiore dell’indice di sanguinamento al sondaggio rispetto ai pazienti che si sono sottoposti al solo trattamento. I pazienti con una alimentazione carente di vitamina C mostrano maggiore tendenza al sanguinamento gengivale e maggiore predisposizione alla malattia parodontale. Si potrebbe concludere che una somministrazione di elevati livelli di vitamina C favorisce la guarigione dei tessuti gengivali con riduzione della tendenza al sanguinamento. A tal fine, la vitamina C è disponibile anche sotto forma di integratori naturali. Se assunta in questo modo la vitamina C di origine naturale è da preferire, perché possiede un importante fattore di utilizzo da parte dell’organismo, infatti è costituita da 2 tipi: C1 e C2, che si completano e migliorano l’utilizzo e l’assorbimento. In quella di sintesi è presente solo la C1.

 La salute inzia dalla bocca

Commenta i risultati dell'indagine la dottoressa Silvia Anna Masiero della Società italiana di parodontologia e Implantologia (SIdP):

La Gengivite e ancora di più la parodontite, sono processi infiammatori che sono influenzati da una serie di fattori sistemici legati anche alla dieta e allo stile di vita. Mentre non è sorprendente che una dieta corretta, insieme alle manovre di igiene orale, possa avere un ruolo nel migliorare la salute di denti e gengive [...]. La carenza cronica di vitamina C porta ad una condizione specifica: lo Scorbuto. Una malattia nota già dal 1500 che affliggeva gli esploratori europei nei loro viaggi attorno al globo poiché durante la navigazione non era possibile approvvigionarsi di frutta e verdura fresca ricca di vitamina C. Uno dei segni classici dello scorbuto era il sanguinamento gengivale. Inoltre, anche l’OMS raccomanda una dieta che preveda l’assunzione di corrette quantità di vitamina C.

Definito da Ippocrate come “ileo ematite”, lo scorbuto è conosciuto anche come il "morbo dei marinai" o la "malattia dei pirati”. Premesso che le riserve di vitamina C del corpo umano sono limitate e si esauriscono entro 1–3 mesi, lo scorbuto era comune tra gli equipaggi impegnati nelle lunghe traversate oceaniche, e quindi, non avevano scorte alimentari fresche e sufficienti. Insomma, lo scorbuto è una malattia dovuta a carenza alimentare o a insufficiente assorbimento intestinale di vitamina C, caratterizzata da un estremo deperimento dell'organismo, oltre che da manifestazioni emorragico-ulcerose della cute, delle mucose e degli organi interni. E anche se in passato colpiva i marinai o comunque le categorie più disagiate, oggi torna nei Paesi ricchi a causa della cattiva alimentazione. Da qui, l'importanza di questo nutriente. Fondamentale per il nostro organismo, la vitamina C è un potente antiossidante, importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene, il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli, ossa, articolazioni e legamento parodontale che fornisce le proprietà elastiche e di resistenza a organi e tessuti e compone il 75% della nostra pelle e il 30% del nostro corpo. Inoltre, è una proteina essenziale per la riparazione e la guarigione di quasi tutti i tessuti del nostro corpo. La vitamina C, quindi, ha un ruolo rilevante nella rimarginazione delle ferite e delle ustioni perché facilita la formazione del tessuto connettivo della cicatrice, aumenta la resistenza dell’organismo, aumenta la produzione di anticorpi, stimola la biosintesi della carnitina, distrugge i radicali liberi, partecipa ai processi di respirazione cellulare, interviene nella sintesi del collagene, favorisce l’assorbimento del ferro incrementando il tasso di emoglobina. Inoltre, contrasta gli effetti tossici della nicotina, delle radiazioni ionizzanti, inattiva le tossine batteriche, interviene nel trasporto dell’ossigeno, indispensabile per le attività vitali di tutte le cellule e per la produzione di energia soprattutto muscolare; previene l’accumulo di istamina (responsabile di allergie), modula le prostaglandine (mediatori dei processi infiammatori), previene la degenerazione cellulare (fra cui il processo di invecchiamento). E poiché il nostro corpo non è in grado di sintetizzarla è necessario un rifornimento continuo.

VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici

Fondamentale per numerosi processi, la vitamina C supporta tantissime funzioni importanti per la nostra salute:

  • Preziosa per la funzione immunitaria:
  1. stimola la produzione di interferoni, che proteggono le cellule dagli attacchi virali;
  2. stimola la proliferazione dei neutrofili;
  3. protegge le proteine dall'inattivazione da parte dei radicali liberi prodotti durante i processi ossidativi.
  • Biosintesi del collagene: interviene nella conversione della prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina (mantiene il ferro in forma ridotta);
  • Biosintesi degli acidi biliari;
  • Sintesi della noradrenalina (neurotrasmettitore) a partire dalla dopamina e del triptofano in serotonina;
  • Assorbimento intestinale del ferro
  • Sintesi della carnitina, essenziale per il trasferimento di acili nei mitocondri;
  • Catabolismo della tirosina ad acidi fumarico e acetacetico attraverso la formazione dell'acido omogentisinico;
  • Capacità di ridurre la tossicità di alcuni minerali;
  • Stimolazione della reduttasi del citocromo, responsabile dell'idrossilazione del colesterolo, necessaria per la sintesi dell'acido colico;
  • Favorisce l'uso del selenio a dosi fisiologiche;
  • Attivazione dell'acido folico in acido tetraidrofolico;
  • Regolazione dei livelli endogeni di istamina, inibendone il rilascio e favorendone la degradazione (a scopo terapeutico per prevenire lo shock anafilattico, la pre-eclampsia e la prematurità nelle complicanze della gravidanza);
  • Biosintesi degli ormoni steroidei della corteccia surrenale;
  • Riduzione degli ioni superossidi, dei radicali idrossilici, dell'acido ipocloroso e altri potenti ossidanti, proteggendo la struttura del DNA, delle proteine e delle membrane da eventuali danni;
  • Riduzione dell'efficienza dell'assorbimento intestinale del rame;
  • Azione preventiva nella cancerogenesi da nitrosamine, inibendo la loro sintesi;
  • Insieme alla vitamina E, protegge dal danno ossidativo provocato dai radicali liberi;

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Per approfondimenti:

Ansa "Gengive che sanguinano, può dipendere da poca vitamina C?"

Leggott PJ, Robertson PB, Rothman DL, Murray PA, Jacob RA. "The effect of Controlled ascorbic acid depletion and supplementation on periodontal health" J Periodontol, 1986

Pollack RL, Kravitz E. "Nutrition in oral health and disease" Philadelphia: Lea & Febiger, 1985

Pierce HB, Newhall CA, Merrow SB et al. "Ascorbic acid supplementation Response of burn tissueAm J Clim Nutr, 1990

La gazzetta del Mezzogiorno "Lo scorbuto, malattia del passato, nota come morbo dei marinai"

Affari Italiani "Scorbuto, allarme. Poca vitamina C e ci si ammala di scorbuto. Rischio morte"

La Stampa "Così lo “scorbuto” dei marinai del ’500 venne sconfitto con gli agrumi"

Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19

PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"

MDPI "Vitamin C and Immune Function"

LEGGI ANCHE: Tra vitamina C e scorbuto: come prevenire il "morbo del marinaio"

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