Il peggior nemico del cancro è la vitamina D! Tra i più importanti ricercatori al mondo su questa vitamina, Carole Baggerly, direttrice e fondatrice del Grassroots Health. La sua passione per questo nutriente fondamentale è nata da un’esperienza personale: sopravvissuta al cancro al seno proprio grazie al supporto della vitamina D. Ripetutamente dimostrata poi la sua efficacia su tante patologie, tra cui malattie cardiache e diabete oltre alla riduzione del dolore cronico. Inoltre, le diverse teorie che collegano l’ipovitaminosi D al cancro sono state testate e confermate in più di 200 studi epidemiologici e da oltre 2.500 studi di laboratorio. Secondo gli esperti negli Stati Uniti si registra, tra la popolazione, un elevato livello di carenza vitaminica, perché presente naturalmente solo pochi alimenti. Quindi, secondo quanto riportato da un nuovo studio evidenziato alla riunione annuale virtuale dell’American Society of Clinical Oncology 2021, avere livelli sufficienti di vitamina D al momento della diagnosi è associato, di conseguenza, a migliori esiti nel percorso di guarigione dal cancro al seno. I ricercatori hanno misurato i livelli di vitamina D al momento della diagnosi, e quindi i risultati di sopravvivenza 10 anni dopo in quasi 4.000 persone; si è poi notato che l’assunzione di integratori di vitamina D, l’indice di massa corporea e la razza/etnia sono tutti fattori che influiscono sui livelli di vitamina D presenti nel sangue.
Tutte le proprietà benefiche della VITAMINA D per stare bene
Tra le categorie di persone che necessitano maggiormente di questo apporto sicuramente le donne in post-menopausa e durante l’allattamento, chi assume steroidi a lungo termine, gli anziani, le persone con malattia renale cronica, con malattia paratiroidea e chi soffre di patologie come obesità e sovrappeso. La maggior parte delle ricerche scientifiche sulla vitamina D si sono concentrate prevalentemente sui tumori del colon-retto e della mammella dimostrando che livelli ematici più elevati di vitamina D sono associati a un minor rischio di cancro del colon-retto e ha una maggiore possibilità di sopravvivere in caso di cancro al seno. Un’altra indagine particolarmente degna di nota è stata completata da Joan Lappe e Robert Heaney, nel 2007 dove ad un gruppo di donne in menopausa è stato somministrato un integratore di vitamina D per raggiungere i livelli ematici di 40 ng/ml. Per livelli ematici più elevati di vitamina D si intende qualsiasi livello che soddisfi o superi il cut-off clinico “sufficiente” (≥30 ng/ml). Secondo l’Office of Dietary Supplements del National Institutes of Health la carenza di vitamina D è inferiore a 20 ng/ml. I risultati hanno poi mostrato che queste donne hanno avuto una riduzione del 77% in termini di incidenza di tutti i tipi di tumori dopo soli quattro anni. Inoltre, 40 ng/ml di vitamina D è un livello relativamente medio, il livello ottimale di vitamina D è da 50 a 100 ng/ml. Ottenere tali risultati con soli 40 ng/ml sottolinea quanto sia potente e importante la vitamina D per il funzionamento ottimale del corpo.
La vitamina D (detta anche “calciferolo”) è una vitamina liposolubile naturalmente presente in alcuni alimenti, aggiunta ad altri e disponibile come integratore alimentare. Viene anche prodotto in modo endogeno quando i raggi ultravioletti (UV) della luce solare colpiscono la pelle e innescano la sintesi della vitamina D. La vitamina D favorisce l'assorbimento del calcio nell'intestino e mantiene adeguate concentrazioni sieriche di calcio e fosfato per consentire la normale mineralizzazione ossea e per prevenire la tetania ipocalcemica (contrazione involontaria dei muscoli, che porta a crampi e spasmi). È anche necessaria per la crescita ossea e il rimodellamento osseo da parte di osteoblasti e osteoclasti. Senza una quantità sufficiente di vitamina D, le ossa possono diventare sottili, fragili o deformate. La sufficienza di vitamina D previene poi il rachitismo nei bambini e l'osteomalacia negli adulti. Insieme al calcio, la vitamina D aiuta anche a proteggere gli anziani dall'osteoporosi. La vitamina D svolge altri ruoli importanti nel nostro corpo, inclusa la riduzione dell'infiammazione e la modulazione di processi come la crescita cellulare, la funzione neuromuscolare e immunitaria e il metabolismo del glucosio. Negli alimenti e negli integratori alimentari, la vitamina D ha due forme principali, D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo), che differiscono chimicamente solo nelle loro strutture a catena laterale. Entrambe le forme sono ben assorbite nell'intestino tenue. L'assorbimento avviene per semplice diffusione passiva e da un meccanismo che coinvolge le proteine di trasporto della membrana intestinale. La contemporanea presenza di grasso nell'intestino migliora l'assorbimento della vitamina D, ma parte della vitamina D viene assorbita anche senza grassi alimentari. Né l'invecchiamento né l'obesità alterano l'assorbimento della vitamina D dall'intestino. Pochi alimenti contengono naturalmente vitamina D tra cui la carne di pesce grasso (come trota, salmone, tonno e sgombro) anche se gli oli di fegato di pesce sono tra le migliori fonti. La dieta di un animale influisce sulla quantità di vitamina D nei suoi tessuti. Fegato di manzo, formaggio e tuorli contengono piccole quantità di vitamina D, principalmente sotto forma di vitamina D3.
Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici
Proprio in virtù dei suoi potenti effetti è stata descritta come una “sindrome da carenza da vitamina D”. Naturalmente, altri fattori nello stile di vita sono altrettanto importanti nella prevenzione del cancro: in primis l’alimentazione (come zuccheri e farine raffinate che aumentano il rischio di cancro al seno). Inoltre, dalle analisi di Carole Baggerly emerge che il 90% del cancro al seno ordinario è legato alla carenza di vitamina D, la quale è al 100% prevenibile! Il primo epidemiologo ad aver messo in relazione il binomio “carenza vitaminica-cancro al seno” è stato il dottor Cedric F. Garland della University of California di San Diego, secondo il quale in quasi tutte le forme di cancro al seno, la vitamina D influisce sulla struttura delle cellule epiteliali. Queste cellule sono tenute insieme da una sostanza simile a colla chiamata E-caderina, che fornisce la struttura alla cellula. L’E-caderina è costituita principalmente da vitamina D e calcio. Questo avviene perché in caso di deficit la struttura si sfascia e quelle cellule fanno ciò che sono programmate di fare per sopravvivere – vanno avanti e si moltiplicano. Quando questo processo di crescita (proliferazione cellulare) va fuori controllo, si trasforma in cancro. Tuttavia, anche se il cancro al seno è in corso, l’aggiunta di vitamina D può aiutare a far regredire le cellule tumorali agendo sull’E-caderina. Difatti, una volta rallentata la crescita del cancro, il sistema immunitario può cominciare a smaltire gli avanzi delle cellule tumorali.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Oltre a prevenire il cancro, l’ottimizzazione della vitamina D riduce il rischio di parto prematuro del 50%. Infatti, l’80% delle donne in gravidanza è alle prese con l’ipovitaminosi D. Carol Wagner e Bruce Hollis hanno studiato, con risultati inaspettati, anche gli effetti dei livelli di vitamina D sulle donne in gravidanza. Gli studiosi hanno dato 4.000 IU di vitamina D ad un gruppo di donne in stato di gravidanza, riducendo l’incidenza di parti prematuri del 50%. Inoltre, la vitamina D riduce anche una serie di rischi legati proprio alla gravidanza, tra cui la probabilità di avere un bambino sotto peso. Indubbiamente, il modo migliore per ottimizzare il livello di vitamina D è attraverso l’esposizione al sole. In linea di massima, è necessario esporre circa il 40% di tutto il corpo al sole per circa 20 minuti tra le ore 10 e le 14 del pomeriggio, quando il sole è allo zenit. Ovviamente, senza correre alcun pericolo con l'sposizione ai raggi ultravioletti. In assenza di tempo libero e di giornate soleggiate, una valida alternativa al sole e fonte di questo importante nutriente sono gli integratori alimentari. Una sana abitudine sostenuta e incoraggiata anche dall’Istituto di Medicina Conservativa poiché priva di particolari rischi. Numerose evidenze scientifiche dimostrano che la vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie e nel mantenimento di una salute ottimale. Ci sono circa 30.000 geni nel nostro corpo, e la vitamina D ne influenza 3.000, così come i suoi recettori si trovano in tutto il corpo. Difatti, come dimostra una ricerca su larga scala, i livelli ottimali di vitamina D possono ridurre drasticamente il rischio di cancro. Mantenere i livelli ottimali può aiutare quindi a prevenire almeno 16 diversi tipi di cancro, tra cui pancreas, polmone, ovaie, prostata e tumori della pelle.
RIPRODUZIONE RISERVATA LIFE 120 © Copyright A.R.
Per approfondimenti:
National Institutes of Health "Vitamin D"
The American Journal of Clinical Nutrition "Vitamin D and calcium supplementation reduces cancer risk: results of a randomized trial"
Asco Meeting Library "Clinically sufficient vitamin D levels at breast cancer diagnosis[...]"
Gazzetta Active "Carenza di vitamina D: ecco perché è facile averla. Come diagnosticarla ed evitarla?"
Il Giornale "Come fare il pieno di vitamina D in estate"
Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"
La Repubblica "Un mare di bellezza"
Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"
Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"
Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"
Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"
Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"
Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"
Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
Vanity Fair "Mega-dosi di vitamina C contro il cancro: il nuovo studio"
La Stampa "Le “bombe” di vitamina C potenziano le difese e l’immunoterapia anti-cancro"
Giornale di Sicilia "Tumori, uno studio conferma: Mega dosi di vitamina C endovena aiutano a difendersi"
Di Lei "Uno studio dimostra che la Vitamina C è efficace contro il cancro. Ma solo ad alte dosi"
LEGGI ANCHE: Nuova ricerca: Omega 3, i “grassi buoni” che avvelenano le cellule tumorali
La via del sole: la vitamina-ormone di cui non possiamo fare a meno
Un nutriente raccomandato soprattutto alle donne in gravidanza, ma di notevole importanza in ogni fase della vita, soprattutto per gli sportivi, per i muscoli e la salute cardiovascolare. Una vitamina essenziale che interviene nella sintesi del DNA, delle proteine e nella formazione dell’emoglobina. I cosiddetti “folati”, rappresentano la forma in cui la vitamina B9 si trova naturalmente negli alimenti, mentre l’acido folico è la sua forma ossidata, presente negli integratori e negli alimenti fortificati. Un nutriente che svolge diverse funzioni importanti: insieme alla vitamina B12 lavora per creare nuove cellule, interviene nella formazione dell’emoglobina ed è essenziale per la fabbricazione del materiale genetico e delle proteine. «La vitamina B9 è fondamentale per la circolazione del sangue, per la formazione dei globuli rossi, e quindi per il trasporto di nutrimento e ossigeno ai muscoli», spiega in un’intervista a Gazzetta Active la dottoressa Alice Cancellato, biologa nutrizionista del Centro scienze della natalità e ginecologia oncologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Insomma, protegge il cuore e per questo è importante sono sottovalutare una sua carenza. Ecco come riconoscerne i sintomi: «Si ha un innalzamento dei livelli di omocisteina e dei problemi nella coagulazione del sangue. Ma è necessario fare un esame ad hoc per vederlo» prosegue la biologa. Deficit di questa vitamina derivano da condizioni di malnutrizione, malassorbimento, gravidanza, aumento della escrezione renale (come la dialisi), assunzione di farmaci che possono interferire con l’assorbimento di vitamina B9 (tra cui proprio la metformina).
Affaticamento eccessivo, irritabilità, confusione… e ancora, una sua carenza prolungata nel tempo può determinare una particolare forma di anemia, detta megaloblastica. Infatti, una dieta troppo povera di acido folico può provocare diversi disturbi. Essenziale quindi, come già detto, nei primi mesi di gravidanza dove svolge un ruolo fondamentale per prevenire le malformazioni nelle prime fasi di sviluppo dell’embrione. In particolare, aiuta ad evitare i difetti del tubo neurale, diminuendo il rischio che non si chiuda correttamente e che il piccolo sviluppi malformazioni anche gravi come la spina bifida. Inoltre, l’acido folico contrasta la menorrea come conseguenza delle prestazioni sportive. Un’attività fisica intensa può portare a un’alterazioni del ciclo mestruale, fino a sfociare anche in uno stato di amenorrea (assenza totale del mestruo), aumentando di conseguenza il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, è stato scientificamente dimostrato che una supplementazione di acido folico può evitare questa complicazione. L’acido folico, come dimostra uno studio pubblicato sul Clinical Journal of Sport Medicine e condotto dai ricercatori del Medical College of Wisconsin a Milwaukee, sembrerebbe in grado di normalizzare la funzione vascolare nelle atlete affette da amenorrea, migliorando la dilatazione dei vasi e favorendo il flusso sanguigno. Va inoltre sottolineato che una ridotta dilatazione vascolare, come quella che può indurre l’amenorrea, può influire negativamente anche sulle prestazioni sportive perché tende a ostacolare l’assorbimento dell’ossigeno.
Senza dimenticare poi che tutte le vitamine del gruppo B partecipano al metabolismo energetico, aiutando la trasformazione di carboidrati, grassi e proteine in energia. La carenza di questa vitamina può portare inoltre a vari gradi di danno al tessuto nervoso, poiché i folati intervengono anche nella sintesi di alcuni neurotrasmettitori, il che può causare intorpidimento e formicolio nei casi lievi, mentre nei casi più gravi, possono presentarsi disturbi mentali che possono arrivare fino alla demenza grave. La vitamina B9 poi, assume un rilievo notevole in particolare per gli sportivi. «La vitamina B9 è fondamentale per la circolazione del sangue, per la formazione dei globuli rossi, e quindi per il trasporto di ferro, nutrimento e ossigeno ai muscoli» aggiunge l’esperta.
Partiamo intanto da un distinguo: l’acido folico è la vitamina B9 in sintesi, che troviamo negli integratori o negli alimenti fortificati [...]. I folati sono la vitamina B9 che si trova negli alimenti: nelle verdure a foglia larga, nella frutta (in particolare fragole, avocado, mele e kiwi), [...] nell’uovo, nei broccoli. Il limite dell’acido folico è che è una vitamina termolabile, quindi con la cottura si può disperdere. Per questo è meglio assumerla attraverso frutta e verdura cruda come l’insalata, oppure con verdura non troppo cotta. La vitamina B9 è molto importante per il metabolismo dei globuli rossi, per la coagulazione del sangue, perché partecipa insieme alla vitamina B6 e B12 a mantenere bassi i livelli di omocisteina. E livelli troppo alti di omocisteina sono pericolosi a livello cardiovascolare, quindi per il rischio di infarti e ictus, perché portano alla formazione di coaguli a livello cardiocircolatorio. In caso di anemia questa può essere dovuta proprio a carenza di folati. In questo caso si chiama anemia megaloblastica, e non è dovuta ad una carenza di ferro. No, perché l’eccesso viene eliminato con le urine. Proprio per questo motivo soprattutto se si è in gravidanza è fondamentale assumere integrazioni di acido folico, in particolare nei primi tre mesi appena prima del concepimento e nei primi tre mesi della gravidanza, ed è consigliato proseguire fino al parto. Anche perché l’acido folico partecipa alla sintesi del Dna e alla replicazione cellulare. Per questo i difetti congeniti nei bambini come la spina bifida sono dovuti alla carenza di acido folico.
Gazzetta Active "Acido folico, la nutrizionista: “Fondamentale per la salute del cuore e dei muscoli”
Gazzetta Active "Acido folico: perché è così importante"
Nurse 24 "Acido folico"
Gazzetta Active "Vitamine del gruppo B: sono fondamentali per avere energia, ma non solo…"
LEGGI ANCHE: Dalla A alla D: l’alfabeto delle vitamine per affrontare in salute la primavera
Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali
Vitamine, minerali, spezie e altri nutrienti: gli ingredienti per vivere al massimo
Calcio, magnesio e vitamina D: i principali nemici dell'osteoporosi
Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare
L’estate sta arrivando e il Covid se ne va. Ci riscaldano, ci abbronzano e in poche decine di secondi uccidono persino il virus. Meno di un minuto per disattivare la carica virale emessa da una persona positiva. È quanto conferma una nuova ricerca sui raggi che arrivano sulla terra. «Abbiamo dimostrato che raggi Uva e Uvb del sole nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2» dimostra Mario Clerici, immunologo, docente di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore scientifico dell’Irccs di Milano Fondazione Don Gnocchi, autore, insieme al gruppo di ricerca dell’Istituto nazionale di astrofisica, di un nuovo studio tutto italiano. Numerose ricerche precedenti condotte nell’ultimo anno avevano già mostrato gli effetti benefici sia dei raggi solari che della vitamina D come scudo di difesa in questa pandemia. Secondo quando mostrato nell’ultima indagine, la luce ultravioletta a lunghezza d’onda corta o radiazione UV-C avrebbe un’ottima efficacia nel neutralizzare il coronavirus SARS-CoV-2. Confermata e ribadita più volte da recenti studi scientifici la relazione che associa la carenza di vitamina D alle forme più gravi di coronavirus. Insomma, che la carenza di vitamina D potrebbe diventare un fattore predisponente per ammalarsi di Covid e portare ad un esito severo o addirittura letale della malattia l’aveva già sostenuto a inizio pandemia, in una lettera al British Medical Journal, il professor Andrea Giustina primario di Endocrinologia all’Ospedale San Raffaele di Milano, ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele e presidente della European Society of Endocrinology. Nella lettera, il primario evidenziava come carenze di vitamina D aumentino la predisposizione ad infezioni sistemiche e abbassino la risposta immunitaria.
Insomma, la bella stagione il virus porta via. 10, 20 secondi al massimo e il sole inattiva il virus. Ormai noto da tempo il potere germicida della luce UV-C su batteri e virus, una proprietà dovuta alla sua capacità di rompere i legami molecolari di DNA e RNA che costituiscono questi microorganismi. Difatti, diversi sistemi vengono utilizzati per la disinfezione di ambienti e superfici come appunto ospedali e luoghi pubblici. In pratica, d’estate il virus è spacciato. Quindi, di conseguenza, la peggior letalità del SARS-CoV-2 scaturita dalla minore (o nulla) esposizione ai raggi solari, mezzo primario per sintetizzare la vitamina D. Per l’esperimento, i ricercatori hanno utilizzato cellule polmonari in piastra che sono state irrorate con le diverse quantità di SARS-CoV-2, dunque poste sotto lampade UV per calcolare i tempi di inattivazione delle diverse lunghezze d’onda sul patogeno umano. L’effetto germicida è stato verificato anche in risposta all’irraggiamento con gli UV-A e gli UV-B, indicando che la carica virale può essere completamente inattivata dalle lunghezze d’onda UV corrispondenti all’irradiazione solare UV-A e UV-B. «Abbiamo illuminato con luce UV soluzioni a diverse concentrazioni di virus e abbiamo trovato che è sufficiente una dose molto piccola, per inattivare e inibire la riproduzione del virus, indipendentemente dalla sua concentrazione» sottolinea Mara Biasin, docente di Biologia Applicata dell’Università Statale di Milano. «Con dosi così piccole è possibile attuare un’efficace strategia di disinfezione contro il coronavirus. Questo dato sarà utile [...] per sviluppare sistemi volti a contrastare lo sviluppo della pandemia», aggiunge Andrea Bianco, tecnologo INAF.
Una teoria confermata già nell’Ottocento quando, per contrastare la tubercolosi, le persone venivano esposte al sole, senza neanche sapere che assumevano in questo modo vitamina D e senza neanche conoscerne gli effetti sul piano immune. Il risultato fu che quelli che vivevano di più all’aria aperta e quindi erano maggiormente esposti ai raggi ultravioletti, si ammalavano di meno di tubercolosi o guarivano più velocemente. La vitamina D, per l'appunto, svolge tra le altre funzioni anche un ruolo importante come ormone pluripotente in diversi meccanismi immunologici. Nelle persone con deficit di vitamina D, la sua integrazione è in grado di ridurre il rischio di sviluppare diverse infezioni virali. Quindi, oltre all’esposizione solare, la supplementazione di questo nutriente è una raccomandazione utile e sicura.
Questo studio - spiega Clerici all’Adnkronos Salute - è essenzialmente il seguito di un precedente lavoro che avevamo fatto l’anno scorso quando avevamo visto che i raggi Uvc che sono una componente dei raggi solari che però non arriva sulla terra, uccidevano il Sars-Cov-2 dopo un’esposizione di pochi secondi. Però gli Uvc - ribadisce Clerici - non arrivano sulla terra, quindi quei dati erano importanti solo da un certo punto di vista. Adesso, abbiamo visto che anche gli Uva e Uvb che sono i raggi che arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2. Dunque abbiamo esattamente replicato i dati sugli Uvc però dimostrando questa volta che tutti i raggi solari distruggono il virus. E fra l’altro il tempo necessario, quando per esempio si è in spiaggia con il sole che viene amplificato dal riverbero sulla sabbia o sull’acqua, è ancora più breve. Quindi in spiaggia bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb per uccidere completamente il virus. La nostra idea è che questo, insieme alla percentuale sempre più alta di vaccinati, spieghi perché con la bella stagione stiamo superando la problematica. Innanzi tutto c’è da dire che il sole - sottolinea Clerici - non è il solo elemento che giustifichi tutto quello che osserviamo. In India hanno contribuito le feste religiose con i bagni nel Gange e poi c’erano i monsoni, quindi c’era tutta la velatura dei raggi solari dovuta alle nuvole. In Brasile sappiamo tutti quello che è successo purtroppo hanno pagato la gestione Bolsonaro, perché è vero che servono i raggi solari però servono anche le mascherine, i vaccini e tutto il resto.
Gli studiosi hanno confermato l’efficacia del sole contro il Covid-19 oltre a sterilizzare oggetti e ambienti dal virus.
Si vede proprio in una visualizzazione - spiega l’immunologo - l’effetto dei raggi solari sul virus: se non lo esponi ai raggi solari il virus infetta le cellule, se lo esponi ai raggi solari lo uccidi. I dati dell’anno scorso erano importanti perché hanno portato allo sviluppo di dispositivi che svolgevano proprio questa funzione ma i raggi Uvc - ricorda lo scienziato - sono pericolosi per la cute umana, quindi non si poteva stare nella stessa stanza dove venivano applicati. I raggi Uvb invece no, sono i raggi che ci toccano normalmente quando usciamo al sole, per cui questa scoperta ha un’importanza molto più alta. Gli astrofisici hanno collegato una macchinetta che produce i diversi raggi solari in maniera distinta, quindi solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc piuttosto che gli ultravioletti - spiega Clerici - poi abbiamo messo la macchinetta sotto una cappa, abbiamo preso le cellule polmonari e abbiamo buttato sopra il virus. E il virus che è stato esposto oppure no alle diverse componenti dei raggi solari. Dapprima - chiarisce l’immunologo - abbiamo usato una dose massimale di virus, quindi molto molto più alta di quella che si ha in un soggetto con Covid. E poi abbiamo usato la dose presente in un paziente con Covid severo, per vedere se poteva avere anche una potenziale importanza clinica. Ed effettivamente è così: si inattiva nel giro di pochi secondi la quantità di virus che è quella che nei pazienti provoca il Covid severo.
Numerosi i lavori condotti sia retrospettivamente (Meltzer D et al.), che con metanalisi (Pereira M et al.), che hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid-19, soprattutto se in forma severa (Kohlmeier M et al.) e di una più elevata mortalità ad essa associata (De Smet D et al.): tutti questi dati forniscono interessanti elementi di riflessione e di ripensamento su un intervento potenzialmente utile a tutta la popolazione anziana che, soprattutto in Italia, è in larga misura carente di vitamina D (Isaia G et al.). In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici (Castillo ME et al.), la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. Uno studio retrospettivo su oltre 190.000 pazienti ha evidenziato la presenza di una significativa correlazione tra la bassa percentuale dei soggetti positivi alla malattia e più elevati livelli di questo nutriente (Kaufman HW et al.). In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid (Annweiler G. et al., GERIA-COVID Study), la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo, assunto nell’anno precedente oppure al momento della diagnosi. Nei pazienti positivi i livelli di vitamina D sono risultati significativamente inferiori rispetto a quelli dei pazienti negativi (D’Avolio et al.). E ancora in una sperimentazione clinica (Rastogi A. et al., SHADE Study) su 40 pazienti asintomatici o paucisintomatici è stata osservata la negativizzazione della malattia nel 62,5% dei pazienti trattati con alte dosi di colecalciferolo contro il 20,8% dei pazienti del gruppo di controllo.
Dati poi confermati da altri lavori condotti dall’inizio della pandemia hanno evidenziato l’importanza di questa sostanza come strategia di prevenzione e trattamento:
MedRxiv "UV-A e UV-B possono neutralizzare l'infettività SARS-CoV-2"
Adnkronos "Covid, studio italiano: così il sole distrugge il virus in pochi secondi"
Fanpage "I raggi solari uccidono il coronavirus in meno di un minuto"
HuffPost "I raggi del sole distruggono il virus in pochi secondi: i risultati di uno studio italiano"
Secolo d'Italia "Covid, i raggi solari distruggono il virus in pochi secondi. Lo dimostra uno studio italiano"
YouMedia "I raggi solari uccidono il coronavirus in meno di un minuto"
Respiratory Research "Circulating Vitamin D levels status and clinical prognostic indices in COVID-19 patients"
Agi "La carenza di vitamina D può aggravare la malattia"
Nurse Time "Coronavirus, carenza di vitamina D associata a stadi clinici più compromessi"
Comune di Torino "Vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del COVID-19: nuove evidenze"
Regione Piemonte "Covid, aggiornato il protocollo delle cure a casa"
Ansa "ANSA-IL-PUNTO/ COVID: PIEMONTE si attrezza contro varianti"
Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"
Jama Network "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"
Springer Link "Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review"
Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"
Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"
Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"
La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"
La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"
Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"
The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"
ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"
Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"
ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"
Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"
Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"
Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"
Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"
Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"
Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"
Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"
AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"
Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"
LEGGI ANCHE: Il Piemonte rompe gli schemi: vitamina D introdotta nel protocollo contro il Covid
Calcifediolo contro il Covid. Lo studio di Barcellona: morti in calo del 60% con la vitamina D
Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza
Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D
Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili
Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione
Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone
Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti
Covid: aumenta il rischio del 60% con carenza di vitamina D
Dannoso per umore e forma fisica. Tutta colpa dello stress. E la situazione peggiora quando lo stress aumenta di pari passo ai livelli di cortisolo. Quando diventa cronico, lo stress può causare seri problemi alla salute e al benessere psico-fisico. Il nostro organismo è predisposto per far fronte a eventi stressori ed è proprio in questi momenti che siamo portati a mangiare di più. Un meccanismo che si innesca perché il cervello stimola la produzione di sostanze che condizionano la regolazione del senso di fame e di sazietà. Una concausa inevitabile che si innesca quando il nostro corpo reagisce agli stimoli a causa di una situazione di pericolo o di un evento imprevisto e di conseguenza, l’organismo rallenta il metabolismo. Lo stress porta, infatti, non solo a mangiare di più, ma anche a preferire cibi più grassi ovvero, quello che si accumulano a causa dello stress e si depositano prevalentemente intorno alla vita. Condizione meglio nota come obesità centrale, patologia che favorisce ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. Una correlazione che si innesca tra disagio emotivo e aumento di peso. La sfera emotiva resta comunque un punto cardine e alcuni studi hanno già dimostrato che addirittura uno stile di vita ansioso dei genitori potrebbe essere legato a un maggior rischio di sovrappeso dei figli. In Italia il 20,4% dei bambini sono in sovrappeso e il 9,4% sono obesi. Una condizione che sta portando anche alla comparsa di patologie finora poco frequenti nell'infanzia, come l'ipertensione e il diabete di tipo 2.
Il legame tra l'OBESITÀ infantile e il consumo di AMIDI e ZUCCHERI
Un filo rosso che vede lo stress legato anche all’ansia e all’insonnia: lo stress porta a stati d’ansia che provocano disturbi del sonno e le conseguenze negative si ripercuotono su tutto il corpo. Questo avviene perché le persone ansiose faticano a prendere sonno quando, invece, sarebbe buona abitudine riposare almeno 7-9 ore a notte. Ma i guai non finiscono qui. Ebbene sì perché dormire poco indebolisce anche il sistema immunitario e ci rende più vulnerabili al rischio di infezioni. Diminuiscono poi anche le nostre capacità cognitive: cala la memoria, le prestazioni e la concentrazione. Riposare bene è fondamentale per accumulare tutte le energie per far fronte a impegni e imprevisti che ci riserva il quotidiano, ma anche perché insonnia e disturbi del sonno incidono pesantemente sulla salute dell’apparato cardiovascolare, aumentando il rischio di ictus e infarti oltre ad alterare, come già detto, il funzionamento del metabolismo favorendo l’insorgenza, insieme all’obesità, anche di diabete, gastrite e stipsi. Da qui l’importanza di ridurre i fattori di stress con la riduzione dell’esposizione alle cause stesse di stress. Di grande aiuto l’attività fisica, un’alimentazione sana, uno stile di vita equilibrato. L’esposizione a stress cronico provoca, invece, una condizione di iperfagia, con una maggior predilezione per alimenti ricchi di grassi e zuccheri. Molte aree cerebrali, tra cui l’ipotalamo e l’ippocampo, sono coinvolte sia nell’assunzione di cibo, sia nella funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), principale meccanismo di reazione allo stress. La percezione di un pericolo innesca una intricata catena di eventi, che favorisce la secrezione di uno specifico ormone, il cortisolo.
E’ un ormone secreto dalle ghiandole surrenali – spiega Pierluigi Pianese, chimico-farmaceutico, in forza alla Ultimate Italia -. La sua produzione è regolata dall’ipotalamo e dall’ipofisi: quando la concentrazione di cortisolo diminuisce, l’ipotalamo rilascia un ormone Il CRH, che stimola l’ipofisi a produrre ACTH il quale a sua volta stimola il surrene a produrre e rilasciare cortisolo detto anche ormone dello stress.
Insomma, tra i tanti fattori di sovrappeso indubbiamente lo stress, ma anche dell’insonnia, dei disturbi di sonno e di altre problematiche correlate al metabolismo. L’esperto spiega gli effetti del cortisolo sul nostro corpo.
Le azioni principali consistono nell’indurre un aumento della glicemia nel sangue, controllare il metabolismo delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati, regolare i sistemi endocrino, cardiovascolare, nervoso-centrale, immunitario, e la coagulazione del sangue. Lo stress non è sempre un male: quello “buono”, ci permette di affrontare piccole e grandi emergenze, ci dà forza e resistenza inaspettate. Se però la situazione si protrae, i livelli di cortisolo non tornano nella normalità, si ha una condizione di stress che può avere conseguenze sulla salute fisica e mentale.
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
L'esposizione cronica allo stress ambientale può giocare un ruolo nello sviluppo dell'obesità, attraverso l'iperattivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrenale (HPA). L'adattamento allo stress richiede una serie coordinata di risposte adattive, tra cui un aumento dell'asse HPA e l'attivazione del sistema nervoso simpatico per mantenere l'omeostasi e proteggere dalle malattie croniche. Un ipotetico fattore di iperattivazione cronica dell'asse HPA nell'obesità, in particolare il fenotipo addominale, è stato correlato all'incapacità individuale di far fronte a eventi stressanti avversi ambientali a lungo termine per tutta la durata della vita. Studi epidemiologici e clinici condotti sull'uomo hanno a loro volta documentato che l'obesità addominale e le sue comorbidità metaboliche sono significativamente correlate con condizioni legate allo stress come eventi di vita avversi, disturbi psicologici e problemi psicosociali. Ma perché dormire poco contribuisce all’aumento di peso?
Colpa dei nostri ormoni: non basta riposare dalle 7 alle 8 ore a notte: diventa fondamentale come si riposa. Fattori importanti: quantità e qualità del sonno. Come valutarli? Se al risveglio si avverte la sensazione di non essere ancora pronti a cominciare la giornata, vuol dire che non si è ben recuperato nelle ore notturne. Necessario mantenere metodo, ritmo, costanza delle ore di sonno: dormire 5-6 ore durante la settimana, poi fare il pieno di recuperare nel weekend non è scelta produttiva.
L’esperto mette in guardia sulle zone critiche, dai punti più sensibili all’accumulo di grasso e suggerisce come intervenire e modificare tutte le cattive abitudini.
Sull’addome: è la zona in cui si concentra il meccanismo cortisolo-insulina. La scarsa quantità e qualità del sonno, fa aumentare il rischio di insulino-resistenza, di obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo 2, quello alimentare. Il cortisolo, è però basilare per l’organismo: senza ci saremmo estinti. Ha un ritmo circadiano, alto nelle prime ore del mattino, decrescente durante il giorno, poi raggiunge il picco minimo in tarda serata. Stare svegli fino al tardi, compromette i ritmi biologici di questo ormone. Il corpo, come meccanismo di difesa e protezione a questa “forzatura oraria”, libera zucchero nel sangue. Il risultato? La produzione eccessiva di insulina da parte del pancreas e la crescita del grasso viscerale. Regolarizzare i ritmi del sonno, andare a letto sempre alla stessa ora, senza dispositivi elettronici, evitare pasti pesanti alla sera, puntare sulla qualità del cibo, eliminare quelli che infiammano l’organismo: farine bianche o raffinate, grassi, fritti. Non sovraccaricare la digestione, ma non saltare mai i pasti. E mangiare piano evitando di accumulare gonfiore.
Alleato tra tanti nemici. Ecco come ci viene in soccorso l’integrazione alimentare:
Uno stress intenso, duraturo e non gestito può avere conseguenze sulla salute. In questi casi può essere utile l’assunzione di integratori tonico-adattogeni in grado di sostenere il corpo fisicamente e favorire una buona risposta emozionale e comportamentale. Le proprietà di questi integratori aumentano l’energia e la resistenza, le capacità cognitive e le difese dell’organismo e stimolano a reagire in modo positivo, sia a livello mentale sia fisico allo stress. Su cosa puntare per contrastare gli sbalzi d’umore, i pensieri fissi, favorire un senso di benessere per mente e corpo? Consigliati gli integratori che presentano estratti vegetali di fosfatidilserina, melissa, griffonia, che favoriscono calma e serenità e la rhodiola rossa, un tonico che agisce sulla stanchezza fisica e mentale e contribuisce a normalizzare il tono dell’umore.
La Repubblica "Lo stress dei genitori aumenta il rischio di obesità infantile"
The New York Academy of Sciences "Stress, Obesity, and the Metabolic Syndrome"
Gazzetta Active "Non dimagrisci? Spesso è colpa dello stress: ecco come rimediare"
The New York Academy of Sciences "Obesity-Related Sleepiness and Fatigue"
Gazzetta Active "Lo stress abbassa le difese immunitarie. Il virologo: “Dormire è fondamentale"
Agi "Dormire male indebolisce le difese immunitarie"
Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"
PubMed "Magnesium intake and depression in adults"
Radio 24 "Il sonno amico del nostro cervello"
Corrriere della Sera "Gli effetti sul sonno della pandemia"
Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"
Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"
The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"
Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"
Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"
La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"
Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"
Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"
La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"
Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"
La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"
Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"
LEGGI ANCHE: Cortisolo, vittime le "casalinghe disperate": donne più stressate del 73%
Dall’insonnia al raffreddore, quando dormire poco indebolisce il sistema immunitario
+ 25%. Tra Covid, insonnia e stress: le ”ore piccole” dei nottambuli
Insonnia e disturbi del sonno triplicano il rischio di sviluppo del Parkinson
Melatonina e vitamina D: il connubio vincente contro il Covid
L'insonnia fa male al cuore: dalle notti tormentate alle patologie cardiovascolari
Dormire bene ai tempi del Covid: post lockdown, + 71% con disturbi del sonno
Dormire poco danneggia cuore e cervello: ecco tutti i possibili rischi dell'insonnia
Sonno e apnee notturne: oltre al fastidio, aumenta il rischio di infarto e ictus
Sarcopenia per gli esperti del settore, ma per tutti gli altri questa condizione è meglio nota come riduzione della massa muscolare. Un altro nome che si aggiunge alla lista di malattie, oltre a obesità e patologie cardiovascolari che ci rendono maggiormente vulnerabili al rischio Covid e alle sue capacità di generare gravi complicazioni nei pazienti ospedalizzati. Ennesima evidenza scientifica, anche questa, dimostrata da uno studio italiano coordinato dall’Istituto Galeazzi e dal Policlinico San Donato, in collaborazione con l'Università di Milano. Insomma, dati alla mano, anche una massa muscolare ridotta si è rivelata quindi un fattore prognostico negativo nei pazienti affetti da questa grave infezione, esattamente, come dimostrato, accade in altre patologie e principalmente in ambito oncologico. La ricerca ha coinvolto 552 pazienti, di cui 364 uomini (con età media di 65 anni), ricoverati durante la prima ondata della pandemia nel periodo febbraio-aprile 2020. L’analisi dei parametri si è basata su un modello statistico che ha incrociato le informazioni relative allo stato della muscolatura, ottenute grazie alla Tac toracica eseguita per verificare la presenza di polmonite, con alcuni dati fisici e clinici di ciascun paziente. Lo studio ha messo in luce un’associazione significativa tra la ridotta massa muscolare e l’insorgenza di complicanze da Covid. Teoria che si lega a quella di uno studio inglese che ha valutato l'impatto dell'inattività sulla gravità della malattia. La ricerca pubblicata sul British Journal of Sports Medicine dimostra che chi non pratica attività sportiva ha il 73% di probabilità di finire in terapia intensiva.
Parliamo di "SARCOPENIA" nella puntata n°30 de "Il Cerca Salute"
Non sottovalutare le conseguenze dell’invecchiamento. Oltre alla perdita della massa muscolare anche la conseguente diminuzione della forza. L'avanzamento dell'età adulta è associato a profondi cambiamenti nella composizione corporea, la cui componente principale è una diminuzione della massa muscolare scheletrica. Questa perdita legata all'età nel muscolo scheletrico è stata definita sarcopenia. Questa malattia si origina prevalentemente in tre step: il muscolo viene lentamente sostituito da tessuto adiposo (grasso), le giunzioni tra fibre muscolari e nervose (giunzione neuromuscolare) tendono a degenerare e di conseguenza, aumenta lo stress ossidativo a carico delle fibre muscolari. Si tratta di un processo fisiologico che inizia sostanzialmente dopo i 30 anni di età per poi procedere più rapidamente una volta superata la soglia dei 70. A questo si aggiunge una conseguente perdita di forza pari al 20% entro i 60 anni e al 50% intorno agli 80 anni. Da qui l’importanza di rallentare l’avanzamento di questa patologia invalidante attraverso la costante attività fisica ed una corretta alimentazione in modo tale da evitare che tale condizione degeneri rapidamente in una sindrome da fragilità dell’anziano con conseguente disabilità. Tra le cause principali la scarsa attività motoria e tutte quelle patologie che causano un malassorbimento intestinale come ad esempio diverticolite, malattie infiammatorie croniche dell’intestino (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa) e disturbi intestinali. Tra i primi sintomi, invece, debolezza, stanchezza, atrofia muscolare e graduale perdita della forza.
Oltre alla funzione che svolge nei confronti del metabolismo energetico, il muscolo scheletrico e il suo declino correlato all'età possono contribuire a importanti cambiamenti associati all'avanzare degli anni come la riduzione della densità ossea, della sensibilità all'insulina e della capacità aerobica. Un processo che è possibile, come già aticipato, rallentare grazie a un approccio combinato: corretta alimentazione, attività fisica e integrazione. Alcuni studi hanno indagato l’eventuale utilità dell’integrazione alimentare (principalmente proteica e/o amminoacidica), spesso in combinazione con un’adeguata attività fisica. Altre indagini hanno invece evidenziato come per tutelare l’anziano dal rischio di sarcopenia siano necessari almeno 1,2 g di proteine per chilogrammo di peso corporeo al giorno (mentre nel soggetto giovane sedentario sono sufficienti meno di 1.0 g per chilogrammo di peso al giorno). Alle proteine (anche e soprattutto di origine vegetale) bisogna poi affiancare altri macro e micronutrienti come fibre, acidi grassi, sali minerali, vitamine, ferro ed acido folico. «Una dieta nutriente over 65 – spiega il professor Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - dovrebbe sempre prevedere l’apporto di [...] polifenoli, aminoacidi, acidi grassi essenziali, antiossidanti, omega-3, sali minerali e vitamine, coenzima Q10, steroli, selenio, acido folico e ferro insieme a supplementi proteici e a integratori specifici suggeriti dal medico di riferimento o dallo specialista».
Le tac toraciche eseguite sui pazienti affetti da Covid-19 ci hanno dato la possibilità di avere accesso a una fonte preziosa di informazioni relative allo stato dei muscoli paravertebrali - conferma Luca Maria Sconfienza, responsabile dell’Unità di Radiologia diagnostica e interventistica all’Istituto Galeazzi e docente all’Università Statale di Milano -Questo ci ha permesso di validare la nostra ipotesi, ovvero che la ridotta massa muscolare sia un fattore rilevante da considerare nei pazienti Covid, come già accade per altre comorbidità. Questi risultati potrebbero essere utili ai colleghi clinici impegnati nei reparti Covid. - Lo studio ha convolto quattro ospedali, il Niguarda a Milano, l'Istituto ospedaliero di Brescia, l'azienda ospedaliero-universitaria di Novara e l'Istituto ortopedico Galeazzi nel capoluogo lombardo. - La grande sfida della pandemia ci ha mostrato nuovamente quanto sia preziosa la collaborazione tra diversi ospedali - sottolinea Simone Schiaffino, del Policlinico San Donato e primo autore della ricerca - E' il modello dello studio multicentrico che integra molteplici esperienze per uno scopo comune: ricavare dalle indagini eseguite dati utili alla prognosi, mediante un dato normalmente non considerato, lo stato muscolare, che esprime in modo efficace una possibile 'fragilità' dei pazienti, concetto quanto mai attuale in questo momento di emergenza.
Il Giorno "Covid e complicanze, occhio a chi ha pochi muscoli"
La Repubblica "Covid: chi non fa attività fisica ha il 73% di probabilità di finire in terapia intensiva"
PubMed "What is sarcopenia?"
Fondazione Umberto Veronesi "Dieta proteica e attività fisica contro la sarcopenia"
Corriere Nazionale "Covid e sedentarietà: più rischi per la salute"
Gazzetta dello Sport "Aminoacidi ramificati: la corretta integrazione per gli sportivi"
Food Spring "L’effetto degli aminoacidi nello sport"
Gazzetta dello Sport "Antiossidanti, perché sono fondamentali per gli sportivi? Ecco dove trovarli"
Vanity Fair "Quattro modi facili per aggiungere antiossidanti alla tua dieta"
Sapere e Salute "Antiossidanti"
LEGGI ANCHE: Cibo e capelli: aminoacidi e antiossidanti per contrastare la caduta
Antiossidanti: alleati degli sportivi, contrastano i radicali liberi
Salute e benessere: quando l’attività fisica migliora la qualità della vita
Esposti e vulnerabili. Sul banco degli imputati finiscono insonnia e stress. Condannati da nuovi studi, queste patologie influiscono negativamente non solo sul nostro stile di vita, ma anche sulla nostra azione difensiva da attacchi esterni. Un accumulo di ansia e stress per adattarsi a questa nuova quotidianità con cui conviviamo da più di un anno. Le alterazioni del sonno sono un fattore di rischio per l'obesità, l'ipertensione, il diabete oltre ad alcune forme di cancro, tra cui al seno e alla prostata. Anche lo stress abbassa le nostre difese, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di contagio. Legato a una situazione temporanea, contingente, facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Quindi, tra le soluzioni tra adottare nell’immediato sicuramente quella di intervenire sullo stile di vita abbassando i livelli di cortisolo e aumentando così la capacità immunitaria del nostro organismo. Un prezioso aiuto arriva poi anche dall'assunzione di integratori alimentari che limitano la produzione stessa del cortisolo.
Il sonno ci protegge dalle infezioni. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, sul nostro benessere psicofisico. Insomma, due importanti condizioni da non sottovalutare. L'insonnia è un grave problema di salute associato a un grande carico psicologico. Mentre lo stress (dall’inglese “sforzo o spinta”) indica una “trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi, particolarmente nelle ghiandole endocrine che stanno sotto il controllo dell'ipofisi anteriore” (Selye, 1936). Tra i notevoli danni provocati, il cortisolo non indebolisce solo il sistema immunitario, ma agisce sul cuore, aumentando la pressione e la frequenza cardiaca, agisce sul sistema respiratorio, stimolando la funzione respiratoria, aumenta la funzione metabolica, e quindi i livelli di glicemia nel sangue, rallenta il sistema digestivo e inibisce il sonno. In altre parole, di fronte ad uno stress non fa altro che peggiore una condizione critica. Un sondaggio dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico) ha evidenziato che a incidere sullo stress è stato anche lo smart working. Le prime vittime di questo stress da pandemia sono proprio le donne che hanno registrato un incremento dell’ansia di ben il 73%.
Tirando le somme, questa condizione decisamente critica porta a un aumento del 45% dei problemi di salute. Infatti, secondo gli esperti della World Sleep Society (Wss), i responsabili sarebbero proprio insonnia, disturbi del sonno e cattivo riposo notturno. In media, in quasi tutti i Paesi, il 10-15% della popolazione nazionale è affetta da patologie del sonno mentre un altro 30% circa riferisce una sensazione di riposo non riparatore e di stanchezza al risveglio. Un quadro critico che è indubbiamente peggiorato a causa della pandemia da Covid-19 e con le relative restrizioni che hanno modificato inevitabilmente i nostri ritmi di vita. Eppure un sonno regolare favorisce il miglioramento del sistema immunitario che ci rende vulnerabili a virus e a tante altre malattie. Infatti, come spiegano gli studiosi della Wss, le alterazioni del sonno hanno conseguenze psicologiche e psichiatriche molto negative, quali l'aumento dell'ansia e dello stato depressivo. Sulla salute del corpo umano poi, sono un ulteriore fattore di rischio aumentato di sovrappeso, obesità, ipertensione, diabete ed alcune forme di cancro, soprattutto del seno e della prostata.
Ma quali sono gli accorgimenti per riposare correttamente e arginare questa condizione rischiosa?
Lo stress è sicuramente legato ad una situazione temporanea, contingente, che facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. E questo vale anche per noi, che stiamo subendo una pressione cronica legata a questa situazione. Ma lo stress non migliora la risposta immunitaria, anzi. Quindi è importante cerca di arginarlo. Dormire, sicuramente, perché il riposo abbassa i livelli di cortisolo e aumenta la capacità immunitaria del nostro organismo. E’ la cosa più importante. A livello di alimentazione una dieta mediterranea vera, equilibrata, è sicuramente ottima in termini di acquisizione di tutti i nutrienti. Di certo un apporto di vitamina C e di vitamine del gruppo B è utile. Ma è bene soprattutto dormire.
Senza trascurare quanto dimostrato da una ricerca della Clinica universitaria di Navarra, in Spagna, ha anche evidenziato l'incidenza del cattivo sonno sull'insorgere del morbo di Parkinson: il 33% dei pazienti con disturbi del riposo notturno lo sviluppano entro 5 anni e più del 75% entro 10 anni. Tra i principali suggerimenti per migliorare la qualità del sonno c'è sicuramente quello di rispettare orari fissi sia per andare a letto che per alzarsi, riposare in media tra le 7 e le 8 ore a notte, non pensare di compensare nei weekend il sonno perso durante la settimana. Contribuiscono, inoltre, a una buona dormita anche l’alimentazione sana ed equilibrata per fare il pieno di sostanze nutritive senza appesantirsi troppo, una regolare attività fisica, la programmazione della propria giornata, l'esposizione ai raggi del sole per fare la scorta di vitamina D, l'esposizione ai dispositivi elettronici nelle ore serali e prima di andare al letto, e l'attività fisica troppo pesante, la moderazione nei consumi di fumo e alcool, evitare infine cibi pesanti, zuccheri, bevande gassate e caffeina, nemici per antonomasia del corretto riposo. Allontana le estenuanti notti insonni anche il magnesio, un prezioso minerale dall’effetto miorilassante, fondamentale per la nostra salute soprattutto in vista dell’estate. «Sicuramente si tratta di un sale minerale molto utile in caso di stress fisico e psichico», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e la RAF First Clinic di Milano. Un vero e proprio toccasana per il benessere, la sua presenza nella dieta, come evidenziato nell studio statunitense "Magnesium intake and depression in adults", riduce il rischio di depressione.
Stimola il rilassamento muscolare, contrastando i crampi e ripristinando la contrazione muscolare, come il calcio, ma agisce anche a livello del sistema nervoso, favorendo la distensione e avendo come effetto anche un miglioramento della qualità del sonno. Questa sua azione miorilassante è data dal fatto che questo minerale riduce la produzione di adrenalina. Carenze di magnesio si possono osservare in condizioni di forte stress, intensa attività fisica e sportiva o sudorazione importante. Anche l’insonnia e i disturbi gastrointestinali possono indicare una carenza di magnesio.
La risposta giusta contro stress, notti insonni, sbalzi d’umore, ansia e stati d’irritabilità si trova a tavola. In sostanza, è importante ridurre lo stress ossidativo attraverso l’assunzione, nella dieta, di tutte quelle vitamine e quei sali minerali che hanno una sorta di funzione di reintegro. Minerali come il potassio, il sodio e il magnesio, ma anche vitamine coma la C, potente antiossidante, oltre a quelle del gruppo B, in grado di ridurre il senso di stanchezza e migliorare la condizione stressogena generale a livello fisico e mentale. E ancora la vitamina D, grande alleata del sistema immunitario. Queste sostanze stimolano la contrazione e il rilassamento muscolare, agendo proprio come miorilassante, migliora la qualità del sonno.
Acclarata già da tempo la relazione che associa la carenza di vitamina D alle forme più gravi di coronavirus, viene confermata ancora volta da un altro studio che dimostra i tanti benefici di questo ‘ormone del sole’ e gli eventuali rischi di un eventuale deficit. Questa volta lo sostiene una ricerca condotta all’Ospedale Sant’Andrea di Roma e pubblicata sulla rivista scientifica Respiratory Research. «Abbiamo osservato in particolare 52 pazienti ricoverati da noi con polmoniti da Covid durante la prima ondata, pazienti anziani con un’età media di 68 anni e mezzo, accomunati da livelli estremamente bassi di vitamina D, inferiori a 10 ng/ml. Tutti avevano quadri respiratori e immunologici particolarmente gravi», spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Alberto Ricci, direttore dell’U.O.C. di Pneumologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. Insomma, che la carenza di vitamina D potrebbe diventare un fattore predisponente per ammalarsi di Covid e portare ad un esito severo o addirittura letale della malattia l’aveva già sostenuto a inizio pandemia, in una lettera al British Medical Journal, il professor Andrea Giustina primario di Endocrinologia all’Ospedale San Raffaele di Milano, ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele e presidente della European Society of Endocrinology. Nella lettera, il primario evidenziava come carenze di vitamina D aumentino la predisposizione ad infezioni sistemiche e abbassino la risposta immunitaria, favorendo anche il rischio di malattie autoimmuni.
Uno scenario critico soprattutto in un momento storico in cui il Covid stava compiendo la sua prima strage, soprattutto di anziani, nel Nord Italia. Caratteristica che è rimasta poi invariata anche nella seconda ondata dove tra le regioni più colpite risultano sicuramente quelle settentrionali. Dal Veneto al Piemonte, dalle Valle D’Aosta alla Lombardia. E non dimentichiamo che sono stati proprio i dati di quella parte di Italia a far schizzare il bilancio dei contagi e delle vittime nel Paese, portandoci in vetta alle tristi classifiche mondiali sullo stato dell’infezione da Sars-CoV-2. Quindi, la peggior letalità del Sars-CoV-2 scaturita dalla minore (o nulla) esposizione ai raggi solari, mezzo primario per sintetizzare la vitamina D. Stando a quanto riportato in diversi studi, nella popolazione italiana si registrano, soprattutto negli ultimi anni, bassi livelli di vitamina D. Questo perché noi non addizioniamo il cibo come fanno, per esempio, i Paesi scandinavi. Inoltre, emerge da un’altra importante metanalisi pubblicata nel 2017 sul British Medical Journal che i pazienti particolarmente carenti di vitamina D, ai quali venivano somministrate integrazioni della stessa, avevano meno infezioni respiratorie. Altro importante collegamento è quello che emerge tra predisposizione alle fratture, bassi livelli di calcio e di vitamina D e vulnerabilità all’infezione da coronavirus e outcome peggiore dei malati. Tuttavia, questo ormone che è un composto naturale fisiologicamente già presente nell’organismo non può essere addizionato completamente mediante alimentazione poiché il cibo fornisce solo il 20% del fabbisogno giornaliero di questo prezioso nutriente.
L’indagine ha inoltre evidenziato i tanti effetti benefici della vitamina “del sole” oltre che sul sistema immunitario anche per il metabolismo delle ossa ed, in particolare, contro le infezioni.
Lungi dal considerare la vitamina D come un trattamento – sottolinea il professor Ricci – va però detto che rappresenta probabilmente, e non soltanto per il Covid-19, un elemento da valutare per le implicazioni legate ad una sua carenza. Non è solo di una vitamina necessaria per il metabolismo dell’osso, ma probabilmente svolge funzioni molto più complesse anche per quanto riguarda la parte immunologica, sia durante lo sviluppo del sistema immunitario sia nelle fasi successive di mantenimento e attività del sistema immunitario stesso - chiarisce Ricci. - Si tratta di un’osservazione interessante che potrebbe essere considerata anche in altri tipi di patologie infettive, non solo nel Covid.
Un nuovo studio che riporta sotto i riflettori un fenomeno di tutti quei Paesi del Nord Europa, quelli meno esposti al sole, il cosiddetto “paradosso scandinavo”: «C’è una campagna di implementazione di vitamina D importante che noi non facciamo, forse perché ci riteniamo naturalmente più protetti perché più esposti al sole. Ma certe popolazioni fragili come gli anziani stanno prevalentemente chiusi in casa o nelle Rsa e il sole non lo vedono. Proprio in questi casi, ma non solo, studiare i livelli plasmatici di vitamina D può essere molto importante per decidere eventuali integrazioni». Inoltre, a differenza degli italiani, gli scandinavi hanno sopperito a questa carenza, noi invece no, spiega l'autore dello studio.
I suoi importanti effetti a livello immunitario era confermati già nell’Ottocento quando, per contrastare la tubercolosi, le persone venivano esposte al sole, senza neanche sapere che assumevano in questo modo vitamina D e senza neanche conoscerne gli effetti sul piano immune. Il risultato fu che quelli che vivevano di più all’aria aperta e quindi erano maggiormente esposti ai raggi ultravioletti, si ammalavano di meno di tubercolosi o guarivano più velocemente. Un paradosso, quello scandinavo, che permette di formulare un’ipotesi per l’Italia, colpita così duramente dalla pandemia, a causa degli scarsi, e quindi insufficienti, livelli di vitamina D registrati tra la popolazione. A questo scenario critico si lega l’importanza dell’integrazione che non prevede nessuna controindicazione. «La vitamina D non è un farmaco tossico, somministrarla a chi ha una carenza ne potenzia le risposte immunitarie. Dal lato opposto, chi ha livelli di vitamina D molto bassi è probabilmente molto più esposto alle infezioni in generale, respiratorie e non solo», conclude il professor Ricci.
Alimentazione Gazzetta "Vitamina D e Covid, un altro studio evidenzia carenze nei malati ospedalizzati"
LEGGI ANCHE: Covid, l’Iss conferma: con carenza di vitamina D il virus è più aggressivo
Il Piemonte rompe gli schemi: vitamina D introdotta nel protocollo contro il Covid
Contro infezioni virali, tumori e malattie autoimmuni la riscossa delle proteine. Il nome, una garanzia. Deriva dalla loro nota “capacità di interferire” con la crescita del virus, gli interferoni fanno parte della grande famiglia delle citochine, nome composto dalla radice cito-cellula e chinetico/cinetico (dal greco κινέω «muovere, mettere in movimento»). In sostanza, un gruppo di proteine prodotte dalle cellule per difendersi dall'invasione di un virus e chiamate così perché si formano per l'interferenza reciproca tra il virus e la cellula. Acclarata da tempo poi anche la funzione del sistema immunitario nella cura e nella prevenzione. E di conseguenza, di quella svolta dai micronutrienti che ne costituiscono la principale linea di difesa e di attacco nella lotta contro le infezioni. Da sempre, unica e principale difesa naturale, è proprio questo sofisticato circuito di allarme che, per buona parte (circa il 70%) si trova nel nostro intestino. Un sistema che reagisce e ci difende anche se messo a dura prova e sotto continuo attacco da parte di inquinamento, alimentazione scorretta, stress e abuso dei farmaci. E laddove si trova indebolito si arrende a un crollo delle difese che apre le porte a microrganismi patogeni e virus, spianando la strada all’attuale pandemia da Covid. «Gli interferoni sono delle citochine, ovvero delle proteine con funzione di segnalazione e comunicazione tra le cellule», spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Lorenzo Dagna, primario dell’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore associato di Medicina Interna all’Università Vita-Salute San Raffaele.
Foto: Corriere della Sera
Gli interferoni, secondo quanto riportato in una nota dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono “proteine (molecole, sostanze) prodotte naturalmente dalle cellule in risposta ad una grande varietà di stimoli”. Scoperti nel 1957 dagli scienziati Isaacs e Lindenman, nel corso dei loro studi sull'infezione, causati dal virus dell'influenza. All'epoca, i due ricercatori isolarono un fattore capace di interferire con la crescita del virus. Oltre alla capacità di conferire resistenza a molti virus, è stato poi scoperto che gli interferoni hanno anche quella di inibire la crescita di cellule normali e maligne (tumorali) e di modulare le funzioni di diverse cellule del sistema di difesa dell'organismo (sistema immunitario). Da queste molteplici funzioni derivano le diverse applicazioni terapeutiche degli interferoni, che spaziano dalle infezioni virali (epatite B e C) ai tumori e alle malattie autoimmuni. Queste molecole si diffondono nei tessuti e negli organi in cui vengono prodotte o in cui sono trasportate dal circolo sanguigno, permettono la comunicazione a distanza tra le rispettive cellule. Questi esercitano la loro azione sulle cellule legandosi a molecole presenti sulla superficie cellulare, i cosiddetti recettori, che innescano una serie di reazioni. Esse culminano con la produzione di numerose proteine, chiamate proteine responsive all'interferone che, a loro volta, svolgono diversi ruoli nella difesa della cellula da agenti infettivi o, comunque, pericolosi.
Ma in che modo gli interferoni si attivano all’interno del nostro sistema immunitario e come esercitano la loro azione contro le infezioni virali?
Gli interferoni attivano le cellule del sistema immunitario e anche alcune cellule esterne al sistema immunitario in modalità di difesa da virus e agenti pericolosi per l’organismo. Il loro nome deriva proprio dal fatto che, quando gli interferoni vennero scoperti, si notò che interferivano con la replicazione dei virus. Il virus è più subdolo del batterio: mentre quest’ultimo resta al di fuori delle cellule, e quindi può essere attaccato in vari modi, dagli anticorpi, ad esempio, o dai macrofagi, il virus penetra all’interno della cellula. Per questo motivo il sistema immunitario deve attivare dei programmi intracellulari che vadano ad interferire con la replicazione virale e ad uccidere la cellula infetta. L’interferone mette in atto questi programmi intracellulari e rende le cellule del sistema immunitario più aggressive nei confronti delle cellule infette.
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
Ciononostante, non tutti sanno che queste proteine, all’occorrenza, si trasformano in una sorta di “farmaco” preziosi nel trattamento di tantissime terapie.
Esistono diverse classi di interferoni, con funzioni leggermente diverse tra loro. Alcune di queste classi, per esempio, rendono il sistema immunitario in grado di controllare infezioni virali come l’epatite B e l’epatite C, mentre altri interferoni sono in grado di contrastare una patologia neurodegenerativa autoimmune come la sclerosi multipla. Gli stessi interferoni alfa capaci di combattere l’epatite B e C sono anche utili nell’acuire la risposta del sistema immunitario nei confronti di alcuni tipi di tumore.
Inoltre, tra le tante infezioni virali che riescono a ostacolare, anche il Covid:
Gli interferoni sono una delle citochine chiave nelle risposte antivirali. Da qui il presunto legame con il Covid. Quello che ad oggi si ipotizza è che nelle fasi iniziali dell’infezione virale da coronavirus Sars-CoV-2 il sistema immunitario normalmente funzionante produca le citochine e, in particolare, anche una buona quantità di interferoni. Quel che sembra, anche se al momento non vi sono certezze a riguardo, è che in alcune persone con Covid grave la produzione di interferoni sia molto ridotta e di conseguenza non si abbia un ottimale controllo del virus nella fase iniziale di malattia. Questa condizione ha portato ad ipotizzare di somministrare l’interferone per fermare la replicazione del Covid. Va altresì ricordato che non sempre una abbondanza di interferoni, anche attraverso somministrazione di farmaci, è cosa buona: alcune malattie autoimmuni come il lupus, ad esempio, sono caratterizzate da un eccesso di interferoni, e aumentarli non sarebbe sicuramente indicato.
Gazzetta Active "Interferoni, cosa sono e come agiscono. Forse anche contro il Covid…"
Istituto Superiore di Sanità "Interferoni"
Focus "Che cos'è l'interferone?"
Enciclopedia Treccani "Interferone"
Corriere della Sera "Coronavirus, come incide la dieta sulla forza del sistema immunitario"
Salute Prevenzione "Nella guerra contro i Virus la scienza si dimentica sempre del Sistema Immunitario"
Philippe Lagarde "Libro d'oro della prevenzione: difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine"
Sapere "I sistemi di difesa dell'organismo"
Corriere del Mezzogiorno "Coronavirus, come difendersi a tavola"
Il fatto alimentare "Coronavirus: dieta e trattamenti terapeutici naturali proposti da docenti di medicina"
LEGGI ANCHE: L'importanza del sistema immunitario, potente alleato nella guerra contro il virus
Covid-19, dalle vitamine ai minerali: la miglior difesa comincia a tavola
Vitamine e sali minerali: i principali alleati di adulti e bambini
Utile nella prevenzione, nel trattamento e nel rinforzo delle nostre difese immunitarie. Ancora sotto i riflettori dopo centinaia di anni è sempre la vitamina C. Conosciuta anche con il nome di acido ascorbico, è nota e apprezzata da tutti grazie alle sue notevoli proprietà antiossidanti che stimolano la risposta del sistema immunitario e fortificano il nostro organismo rendendolo meno esposto agli attacchi esterni e al rischio di tante patologie. Inoltre, se inserita all’interno di una dieta sana e bilanciata, questo prezioso nutriente, si dimostra un valido alleato anche nella lotta dei tumori, in combinazione con le terapie anticancro. «Si tratta di una vitamina idrosolubile, che quindi non può essere accumulata nel nostro organismo e deve essere assunta regolarmente attraverso l’alimentazione», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e RAF First Clinic di Milano. Fondamentale per il nostro organismo, la vitamina C è un prezioso antiossidante, importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario e la sintesi di collagene, il costituente primario di vasi sanguigni, pelle, muscoli, ossa, articolazioni e legamento parodontale che fornisce le proprietà elastiche e di resistenza a organi e tessuti e compone il 75% della nostra pelle e il 30% del nostro corpo. Inoltre, è una proteina essenziale per la riparazione e la guarigione di quasi tutti i tessuti del nostro corpo.
La vitamina C - emerge da un recente studio - oltre ad essere fondamentale per numerosi processi, supporta tante preziose funzioni per la nostra salute, prima tra tutte quella immunitaria. Stimola la produzione di interferoni (che proteggono le cellule dagli attacchi virali) e la proliferazione dei neutrofili, protegge le proteine dall'inattivazione da parte dei radicali liberi prodotti durante i processi ossidativi, facilita la biosintesi del collagene (interviene nella conversione della prolina in idrossiprolina e della lisina in idrossilisina, mantenendo il ferro in forma ridotta) e quella degli acidi biliari, favorisce la sintesi della noradrenalina (neurotrasmettitore) a partire dalla dopamina e del triptofano in serotonina, contribuisce all’assorbimento intestinale del ferro, alla sintesi della carnitina (essenziale per il trasferimento di acili nei mitocondri), al catabolismo della tirosina ad acidi fumarico e acetacetico attraverso la formazione dell'acido omogentisinico, riduce la tossicità di alcuni minerali, collabora alla stimolazione della reduttasi del citocromo (responsabile dell'idrossilazione del colesterolo, necessaria per la sintesi dell'acido colico), favorisce l'uso del selenio a dosi fisiologiche e l’attivazione dell'acido folico in acido tetraidrofolico, regola i livelli endogeni di istamina, inibendone il rilascio e favorendone la degradazione (a scopo terapeutico per prevenire lo shock anafilattico, la pre-eclampsia e la prematurità nelle complicanze della gravidanza), fiosintesi degli ormoni steroidei della corteccia surrenale, favorisce la riduzione degli ioni superossidi, dei radicali idrossilici, dell'acido ipocloroso e altri potenti ossidanti, proteggendo la struttura del DNA, delle proteine, delle membrane da eventuali danni oltre alla riduzione dell'efficienza dell'assorbimento intestinale del rame, esercita un’azione preventiva nella cancerogenesi da nitrosamine, inibendo la loro sintesi e, insieme alla vitamina E, protegge dal danno ossidativo provocato dai radicali liberi.
Le innumerevoli proprietà della vitamina C l’hanno inclusa nell’elenco dei medicinali essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e quindi, tra i più sicuri ed efficaci necessari al sistema sanitario. Valido supporto nella prevenzione delle malattie da raffreddamento da oltre trent’anni. La teoria della vitamina C contro il raffreddore diventa popolare intorno al 1970 quando, il premio Nobel Linus Pauling, pubblica un libro su come prevenire le malattie da raffreddamento con mega dosi di vitamina C. Secondo Pauling, un'assunzione giornaliera di vitamina C di 1.000 mg può ridurre l'incidenza del raffreddore di circa il 45% e l'assunzione giornaliera ottimale di vitamina C per vivere in modo sano e prevenire le malattie dovrebbe essere di almeno 2,3 g. Una sua carenza, per contro, si traduce in una condizione nota come lo scorbuto. tra i principali sintomi di una sua carenza, nota anche come scorbuto. Attenzione quindi ai segnali! Debolezza, confusione, esaurimento fisico, scarso appetito (che può trasformarsi anche in anoressia), letargia, irritabilità, dolori alle gambe, anemia, gengivite, ematomi, carie, dolori articolari, dolori muscolari, caduta dei capelli, pelle secca, sensibilità alla luce, sbalzi d’umore, depressione, sanguinamento gastrointestinale e mal di testa. Tra le sue numerose peculiarità riportate in numerose ricerche, ecco le principali:
VITAMINA C, un concentrato di proprietà e benefici
Tra le tante virtù, la sua capacità antiossidante permette un utilizzo della vitamina C anche nell’industria alimentare:
L’acido ascorbico viene spesso usato come additivo in alcune preparazioni alimentari per la sua azione conservante che deriva proprio dalle caratteristiche chimiche tipiche dell’antiossidante. - spiega la dottoressa Falcone - Questa caratteristica rende la vitamina C utile nel contrastare i radicali liberi in condizioni di stress ossidativo, combattendo l’infiammazione. Non si pensi, però, che un integratore di vitamina C possa avere poteri antitumorali: l’effetto antinfiammatorio è dato da una dieta ricca di fonti di questa vitamina. - precisa la nutrizionista - L’acido ascorbico partecipa a moltissime reazioni metaboliche, come la sintesi di aminoacidi, degli ormoni e del collagene, ed è utile anche al benessere della pelle. Grazie al suo potere antiossidante è di aiuto anche nella fase post allenamento, perché migliora il recupero a livello muscolare e cellulare, e può utile in periodi in cui ci sentiamo particolarmente affaticati. Ma, a differenza di quanto si pensa, non cura il raffreddore, anche se aumenta le barriere del sistema immunitario.
Una vitamina miracolosa e dove trovarla.
La troviamo prevalentemente in frutta e verdura, in particolare negli agrumi (limone, arance, mandarini…), nei kiwi, nelle fragole, nelle crucifere (cavolfiori, broccoli, broccoletti), peperoni, pomodori. - chiarisce la dottoressa Falcone - Attenzione però alla preparazione di questi alimenti: la vitamina C è termolabile, sensibile alle temperature, e se l’alimento viene cotto troppo si può disperdere. Lo stesso rischio si ritrova nel caso di cottura in eccessiva acqua. D’altro canto l’acido ascorbico è un facilitatore dell’assorbimento del ferro non eme, il ferro di origine vegetale contenuto nelle verdure. Se a questi abbiniamo una fonte di acido ascorbico il ferro non eme cambia struttura molecolare e viene assorbito più facilmente. Trattandosi di una vitamina idrosolubile ne abbiamo bisogno quotidianamente, quindi è bene che fonti di acido ascorbico siano presenti ogni giorno nell’alimentazione. Ma se seguiamo una dieta varia ed equilibrata, ricca di verdura e frutta di stagione, soddisfiamo il fabbisogno.
Gazzetta Active "Vitamina C, sistema immunitario e non solo: ecco a cosa serve e dove si trova"
Il Giornale "Agrumi: proprietà e benefici del frutto dell'inverno"
Frontiers in Immunology “The Long History of Vitamin C: From Prevention of the Common Cold to Potential Aid in the Treatment of COVID-19”
PubMed "Evolution and the need for ascorbic acid"
MDPI "Vitamin C and Immune Function"
Il Messaggero "Covid, influenza stagionale e coronavirus: come distinguere i sintomi in caso di febbre"
Centro meteo italiano "Coronavirus, influenza stagionale e raffreddore, come distinguerli: i sintomi e le caratteristiche"
LEGGI ANCHE: Storia della vitamina C: dalla prevenzione del raffreddore al trattamento del Covid
Nuova ricerca sulla vitamina C: un potenziale aiuto contro il Covid
Tra vitamina C e scorbuto: come prevenire il "morbo del marinaio"
Vitamina C: rafforza il sistema immunitario e combatte virus e malanni di stagione
L'importanza del sistema immunitario, potente alleato nella guerra contro il virus
La prima linea di difesa è il sistema immunitario, tutti i segreti per rinforzarlo
Uno studio siciliano riaccende i riflettori sui benefici degli integratori alimentari soprattutto nella prevenzione dell’infezione da coronavirus. Insomma, oltre ai tanti e già noti benefici per il nostro organismo, queste sostanze riducono il rischio di malattia grave e di sviluppare, in caso di contagio, pericolose complicanze. L’indagine, realizzata da un équipe di ricerca coordinato dal professore Salvatore Corrao, componente del comitato tecnico scientifico della Regione Siciliana e direttore del reparto Covid dell'Ospedale Civico di Palermo, ha indagato e dimostrato l'efficacia antinfiammatoria di integratori a base di vitamina C, D, melatonina e zinco nel trattamento del Covid-19. La ricerca è stata poi pubblicata sulla rivista internazionale Nutrients. Un complesso di sostanze capaci di favorire il benessere contrastando i processi degenerativi. «L’integrazione può essere un valido aiuto per migliorare il nostro sistema immunitario su diversi fronti anche per contrastare le malattie infettive» suggerisce Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti. Premesso, questo è indiscutibile, che uno stato nutrizionale ottimale riduca efficacemente l'infiammazione e lo stress ossidativo, migliorando la regolazione del sistema immunitario. Inoltre, un'integrazione consapevole potrebbe essere efficace per migliorare lo stato di salute, non solo in generale, ma soprattutto quella dei pazienti considerati ad alto rischio di infezioni virali, ovvero di tutte quelle persone affette da patologie, e quindi, maggiormente esposte e suscettibili a una maggiore aggressività della malattia.
La risposta immunitaria è la nostra prima linea di difesa contro gli attacchi di agenti esterni. Questa, interviene in due modalità: tramite l’immunità innata e quella adattiva. Mentre la prima è presente sin dalla nascita e lavora per impedire agli agenti esterni di entrare nel nostro corpo, la seconda è acquisita a partire dal primo anno di vita e viene potenziata ed “educata” in risposta alle infezioni e agli agenti estranei in cui il corpo si imbatte ogni giorno. Infatti, il nostro corpo memorizza virus e batteri già incontrati così essere in grado di attuare le difese necessarie nel caso si ripresentassero. Quindi, è vero sì che le nostre difese immunitarie sono pronte a intervenire in caso di necessità, ma è necessario aiutarle e rafforzarle con uno stile di vita sano e un’alimentazione equilibrata grazie all’apporto di vitamine, minerali e sostanze nutritive. Gli integratori che non dobbiamo intendere come sostitutivi di una dieta varia, sana ed bilanciata, non sono scorciatoie a uno stile di vita equilibrato, ma hanno la funzione di “integrare” appunto eventuali carenze permettendo al nostro organismo di essere più forte in grado di difenderci dagli attacchi esterni, tra cui virus e influenze stagionali. senza contare poi che il valore ottimale di alcuni nutrienti, è fondamentale per la nostra salute.
Il gruppo di ricerca dell'Ospedale Civico di Palermo è coordinato dal professore Salvatore Corrao, Raffaella Mallaci Bocchio, nutrizionista, Marika Lo Monaco, infermiera, Giuseppe Natoli, biostatistico, Christiano Argano, internista e con la collaborazione di altri due medici: Attilio Cavezzi ed Emidio Troiani, rispettivamente dell'Eurocenter Venalinfa di San Benedetto del Tronto, e Cardiology Unit, State Hospital, Social Security Institute, Cailungo, di San Marino. Ecco cosa suggerisce lo studio palermitano per ridurre l’aggressività del Covid:
Ad oggi - spiega il ricercatore - è passato più di un anno da quando la malattia da Covid-19, dovuta alla sindrome respiratoria acuta grave (SARS) -CoV-2, è stata descritta per la prima volta a Wuhan (Cina), evolvendosi rapidamente in una pandemia. Questa malattia infettiva è diventata la principale sfida per la salute pubblica nel mondo. Purtroppo ad oggi non esistono antivirali specifici di provata efficacia per il Covid-19 e nonostante siano disponibili i vaccini, il tasso di mortalità non sta scendendo. Una delle strategie terapeutiche è stata focalizzata sulla prevenzione delle infezioni e sulle misure di controllo. A questo proposito, l'uso di supporti nutraceutici può giocare un ruolo per quanto riguarda alcuni aspetti dell'infezione, in particolare lo stato infiammatorio e la funzione del sistema immunitario dei pazienti, rappresentando così una strategia per controllare gli esiti peggiori di questa pandemia. Per questo motivo, abbiamo eseguito una ‘overview’ che include meta-analisi e revisioni sistematiche per valutare l’associazione tra melatonina, vitamina C, vitamina D, integrazione di zinco e marcatori infiammatori utilizzando 3 database come MEDLINE, PubMed Central e Cochrane Library of Systematic Reviews. Servono dosaggi terapeutici di melatonina, vitamina C, vitamina D, integrazione di zinco per ridurre non tanto l'impatto dell'infezione, ma di una malattia che potrebbe avere aspetti severi che sappiamo può portare alla morte. Possono essere presi singolarmente o alcuni combinati. I fatti ci dicono che prendendo singolarmente uno o due grammi di vitamina C al giorno, che 50 mila unità di vitamina D una volta al mese, che la melatonina intorno tra 6 e 25 milligrammi la sera, che 50 milligrammi di zinco base ogni giorno, si abbassa la proteina C reattiva che come tutti sanno è un indicatore di infiammazione. Tali sostanze possono ridurre anche le citochine infiammatorie tipiche del Covid. Non comprendiamo perché non sia stata fatta una campagna di popolazione dall'Oms e dagli enti governativi che potrebbe abbattere il Covid grave in soggetti come ad esempio i diabetici.
Quindi, stando al risultato dell'indagine, la “chimica” potrebbe non essere l’unica strada per combattere l’infezione da SARS-CoV2. Sulla base dei dati riportati dallo studio, il ricercatore suggerisce di considerare una possibile integrazione delle attuali misure preventive con il supporto di questi nutrienti su larga scala.
Dalle prove disponibili sulla vitamina D, l’assunzione di 50.000 UI (si parla di 50.000 UI in un’unica assunzione ogni 1-2 mesi o una volta la settimana per 2-3 mesi in caso di carenza), ha mostrato la riduzione in modo particolarmente efficace della produzione della Proteina C Reattiva (PCR) in diverse popolazioni di pazienti. – mentre - Uno o due grammi al giorno di vitamina C hanno dimostrato di essere efficaci sia sulla PCR che, stavolta, sulla funzione endoteliale. Un dosaggio di melatonina, invece, compreso tra 5 mg e 25 mg al giorno ha rilevato una buona evidenza di efficacia su PCR, TNF-alfa (fattore di necrosi tumorale) e IL-6 (un’interleuchina che agisce come citochina multifunzionale, sia pro-infiammatoria, sia anti-infiammatoria). Una dose invece di 50 mg al giorno di integrazione di zinco elementare ha mostrato risultati positivi sulla PCR.
Confermato e poi contestato il ruolo dell’acido ascorbico nella cura del coronavirus. Il trattamento della vitamina C è riconosciuto per il suo effetto benefico nel prevenire/neutralizzare la risposta infiammatoria, ridurre lo stress ossidativo e stimolare gli interferoni e altre citochine antivirali, peculiarità che rendono la vitamina C importante nella terapia di contrasto al virus. Inoltre, il ruolo benefico della vitamina C come antiossidante e antinfiammatorio ha portato l’intera comunità scientifica a indagare sull’efficacia e sugli effetti di alte dosi di vitamina C nel trattamento e nella riduzione delle complicanze relative a una serie di infezioni virali. Conosciuto anche come acido ascorbico, questo nutriente è noto per il suo effetto antiossidante e immunomodulante. Un concentrato di proprietà nutritive benefiche per il nostro organismo, non solo d’estate. Infatti, questo indispensabile nutriente rinforza le difese immunitarie, contrasta i radicali liberi e protegge dalle infezioni. Diversi ricercatori e medici hanno ipotizzato che l'uso di acido ascorbico potrebbe ridurre l'infezione da SARS-CoV-2 attraverso la capacità degli integratori di aumentare la risposta immunitaria insieme alla diminuzione della gravità della risposta infiammatoria mediata dal virus.
Numerosi studi supportano la teoria che una dose elevata di vitamina aiuta a rafforzare il sistema immunitario. La vitamina C, preziosa per il sistema immunitario, interviene nella formazione di ossa, pelle e denti, sostiene l’attività muscolare, partecipando alla produzione di energia a livello cellulare. Numerose ricerche indicano che la vitamina C si concentra nelle cellule del sistema immunitario e viene consumata velocemente durante un’infezione portando, infine, a sintomi più lievi e a una durata inferiore. La vitamina C è fondamentale per il mantenimento dell’integrità delle barriere mucosali, ad esempio nel tratto gastrointestinale e respiratorio supporta infatti la sintesi del collagene e protegge le membrane cellulari allo stress ossidativo. È coinvolta nella regolazione delle cellule immunitarie, potenzia l’azione dei linfociti natural killer e l’attività dei macrofagi, e promuove la sintesi di anticorpi. Le evidenze scientifiche secondo cui un apporto elevato di vitamina C potrebbe portare a una minore suscettibilità alle infezioni delle vie respiratorie ha origine dalle teorie di Linus Pauling pubblicate negli anni Settanta.
Tra le diverse patologie associate a una maggiore esposizione al Covid, viene allocata sin dall’esordio di questa pandemia, anche l’ipovitaminosi D. Inoltre, recenti evidenze scientifiche hanno confermato che il trattamento con vitamina D riduce l'incidenza di infezioni virali delle vie respiratorie, specialmente nei pazienti con carenza di vitamina D. Dalla capacità di modulare e influenzare meccanismi fisiologici dell’organismo al mantenimento di ossa e denti in salute, dal buon funzionamento dei muscoli al rinforzo del sistema immunitario. L’azione della vitamina D è ormai da anni oggetto di ricerca. Studi precedenti avevano già evidenziato un legame tra livelli più bassi di vitamina D e tassi più elevati di malattie respiratorie, come asma, tubercolosi o infezioni virali capaci di compromettere la regolare attività polmonare.
Secondo un recente studio statunitense, la melatonina potrebbe aiutare ad abbassare il rischio di contrarre l’infezione. Dopo le numerose indagini e delle evidenze scientifiche circa il rapporto tra vitamina D e SARS-CoV2, la scoperta dei ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) che identificando nell’ormone che regola il ciclo sonno-veglia, solitamente utilizzato come integratore alimentare per risolvere i problemi di insonnia una possibile opzione di trattamento per il Covid. Secondo gli studiosi, l’uso regolare di questo ormone che regola il ritmo circadiano, comunemente utilizzato come integratore contro l’insonnia, è associato a una probabilità ridotta di quasi il 30% di positività al test diagnostico per Sars-Cov-2. Insomma, considerate le alte prestazioni della melatonina, la sua prescrizione nella profilassi del COVID-19 è fortemente raccomandata.
Dalla MELATONINA alle teorie del dottor PIERPAOLI: tutte le verità
«Presente nel fegato, nella carne in generale e nei molluschi (soprattutto ostriche), riduce la replicazione dei coronavirus. Altro importante modulatore della risposta immunitaria è proprio lo zinco a cui si attribuisce la capacità di rimarginare rapidamente le ferite (comprese le ulcere e i danni alle arterie), di aiutare a prevenire i raffreddori (migliora la risposta immunitaria), di migliorare la vista, di migliorare l’odore corporeo, di combattere l’acne e l’ingrossamento prostatico» si legge nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti di Adriano Panzironi.
Ansa "Covid: studio, integratori riducono rischio malattia grave"
La Repubblica "Dalla vitamina D alla melatonina: ecco i nostri alleati contro Covid-19"
Gazzetta del Sud "Covid, studio siciliano: integratori riducono rischio malattia grave"
Sanità in Sicilia "Infiammazione e nutraceutica: una strategia per controllare il virus"
Blog Sicilia "Integratori per combattere il Covid, da Palermo uno studio pubblicato su Nutrients"
Vanity Fair "Gli integratori per rinforzare il sistema immunitario"
Storia della vitamina C: dalla prevenzione del raffreddore al trattamento del Covid