Non solo per le ossa. Tra le altre peculiarità quella di dimezzare il rischio di cancro al colon retto. Altra scoperta importante, tra le notevoli proprietà della vitamina D anche un valido supporto nella lotta contro il tumore. È la recente scoperta di un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Harvard che incrociando i dati sull’assunzione di vitamina D, sviluppo di polipi intestinali e cancro al colon retto in 95mila donne ha dimostrato che l’assunzione di circa 300 UI al giorno di vitamina D è in grado abbattere di circa il 50% il rischio di sviluppare il cancro intestinale. Una riduzione significativa associata al consumo di vitamina D che diminuisce notevolmente le possibilità di sviluppare questa malattia soprattutto nelle persone con meno di 50 anni. Secondo il nuovo studio, nessun miracolo, ma solo un quantitativo giornaliero pari almeno a 7,5 milligrammi. Già in passato altre indadini di laboratorio avevano trovato un legame tra la patogenesi del diffuso cancro intestinale, uno dei principali “big killer” in Italia e nel mondo e la vitamina D, tuttavia, questa è la prima ricerca a trovare un'associazione così rilevante tra il rischio di sviluppare la neoplasia e l'assunzione della vitamina, in particolar modo da fonti alimentari.
Tutte le proprietà benefiche della VITAMINA D per stare bene
A condurre il nuovo studio un team di ricerca internazionale guidata da scienziati della prestigiosa Scuola di Salute Pubblica “T.H. Chan” dell'Università di Harvard in collaborazione con i colleghi del Dana-Faber Cancer Institute, del Dipartimento di Chirurgia dell'Università di Washington, della Clinical and Translational Epidemiology Unit del Massachusetts General Hospital, dello Yale Cancer Center e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Edward L. Giovannucci, docente presso il Dipartimento di Epidemiologia dell'ateneo di Boston, sono giunti a queste conclusioni dopo aver messo a confronto il consumo di vitamina D, l'emersione di polipi precancerosi e del cancro al colon-retto in circa 95mila donne, con un'età compresa tra i 25 e i 42 anni. Durante il periodo oggetto dell’indagine ovvero, tra il 1991 e il 2015 l’équipe di ricercatori ha registrato 111 casi di cancro del colon-retto (tutti sotto i 50 anni) e 3.317 polipi del colon-retto (precursori della malattia maligna). Dallo studio è emerso che le donne che assumevano un maggiore quantitativo di vitamina D avevano un rischio sensibilmente ridotto di polipi e cancro al colon retto. L'assunzione totale di vitamina D è stata calcolata aggiungendo l'assunzione di vitamina D nella dieta e l'assunzione supplementare di vitamina D da integratori e multivitaminici specifici della vitamina D.
La vitamina D ha un'attività nota contro il cancro del colon-retto in studi di laboratorio. Poiché la carenza di vitamina D è aumentata costantemente negli ultimi anni, ci siamo chiesti se ciò potesse contribuire all'aumento dei tassi di cancro del colon-retto nei giovani individui - spiega in un comunicato stampa la professoressa Kimmie Ng, direttrice dello Young-Onset Colorectal Cancer Center del Dana-Farber Institute. - Abbiamo scoperto che l'assunzione totale di vitamina D di 300 UI al giorno o più, approssimativamente equivalente a tre bicchieri di latte, era associata a un rischio inferiore di circa il 50 percento di sviluppare il cancro del colon-retto a esordio giovanile. I nostri risultati supportano ulteriormente che la vitamina D può essere importante nei giovani adulti per la salute e possibilmente nella prevenzione del cancro del colon-retto.
Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici
L'incidenza del cancro del colon-retto tra gli adulti di età inferiore ai 50 anni è in aumento. Poiché l'eziologia del cancro del colon-retto ad esordio precoce rimane in gran parte sconosciuta, stabilire i suoi fattori di rischio è essenziale per guidare la prevenzione. Quindi, garantire un'adeguata assunzione di vitamina D potrebbe essere raccomandato come strategia per la potenziale prevenzione del cancro del colon-retto, soprattutto per i giovani adulti. Difati, si prevede che entro il 2030, quasi l'11% dei tumori del colon e il 23% dei tumori del retto si verificheranno tra gli adulti di età inferiore ai 50 anni. Rispetto al CRC diagnosticato dopo i 50 anni, il CRC a esordio precoce (definito come CRC diagnosticato prima dei 50 anni) viene tipicamente diagnosticato in uno stadio più avanzato, probabilmente a causa di ritardi nella diagnosi e un comportamento potenzialmente più aggressivo relativo alle diverse caratteristiche clinicopatologiche. Poiché una parte sostanziale dei pazienti con CRC ad esordio precoce non ha una storia familiare di CRC o sindrome ereditaria si ipotizza che i recenti cambiamenti nei fattori dello stile di vita e nei modelli dietetici scorretti contribuiscano alla crescente incidenza di CRC ad esordio precoce. Recentemente, i ricercatori hanno riscontrato anche un'associazione significativa con i comportamenti sedentari.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Fondamentale per rafforzare il sistema immunitario ed evitare sintomi di stanchezza o debolezza muscolare c’è la vitamina D. Aiuta a mantenere livelli ottimali di calcio nel sangue, fa bene ai reni e al sistema cardiovascolare. Il consiglio, soprattutto per affrontare l'autonno e preparsi all'arrivo mesi invernali, è quello di aumentare l’assunzione di alimenti che ne contengono grandi quantità come pesci grassi: salmone, acciughe e sgombro, ma anche uova, fegato e funghi.
La vitamina D, che sappiamo essere contenuta in pochi alimenti come latte, formaggi, tuorlo d’uovo, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (come sgombro, sardina, salmone) – spiega la nutrizionista nell’intervista alla Gazzetta Act!ve -, ma la abbiamo soprattutto esponendoci al sole, oppure attraverso integrazioni. Un livello di vitamina D basso porta anche ad una maggiore predisposizione ad alcune patologie come la dermatite atopica o il morbo di Crohn: alti livelli di vitamina D riducono le recidive e tengono sottotono la parte acuta di queste patologie. Questo nutriente è, infatti, indispensabile per rafforzare la risposta immunitaria contro gli attacchi esterni, ma anche per rendere più forti e sani sia i denti che le ossa. Inoltre favorisce la prevenzione di numerose malattie cronico-degenerative oltre al metabolismo del calcio. La vitamina D è quasi sempre insufficiente e spesso va integrata separatamente. Proprio per questo può essere assunta come alimento solo in minima parte, il resto è prodotto grazie all’esposizione alla radiazione solare, in particolare ai raggi UVB. Quindi, non dimentichiamo di stare al sole il più possibile per fare il pieno di questa preziosa vitamina.
Sintomi e cause di un’ipovitaminosi D, come riconoscerla.
La vitamina D in sé quando è carente non dà segnali evidenti. Ma dal momento che la sua azione principale è l’assorbimento del calcio, in caso di carenze gravi si possono avere i sintomi tipici di una ipocalcemia, come formicolii e parestesie alle mani e ai piedi. Anche una propensione alle fratture può essere un segnale in questo senso, come pure l’astenia, la debolezza muscolare e la conseguente facilità alle cadute, poiché la vitamina D ha funzioni extrascheletriche, sul muscolo». «Con un semplice esame del sangue che misuri i livelli di calcifediolo o 25 idrossivitamina D. Livelli inferiori ai 20 nanogrammi per millilitro indicano una carenza di vitamina D». «Le cause possono essere molteplici, ma quella principale è, appunto, la ridotta esposizione al sole. La gran parte della vitamina D che serve all’organismo viene prodotta dalla pelle sotto forma di vitamina D3 o colecalciferolo (la forma inattiva della vitamina D), in risposta alle radiazioni solari. Come abbiamo visto parlando del possibile legame tra deficit di vitamina D e Covid, lo stile di vita attuale, che ci vede sempre più in luoghi chiusi, è un fattore di rischio in questo senso. Per questo il consumo di cibi addizionati di vitamina D può essere risolutivo, soprattutto a livello di popolazione generale, come sanno i Paesi del Nord Europa, in cui questa è una consuetudine consolidata e il deficit di vitamina D è meno diffuso che nei Paesi del Mediterraneo.
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Per approfondimenti:
Gastroenterology "Total Vitamin D Intake and Risks of Early-Onset Colorectal Cancer and Precursors"
Fanpage "La vitamina D può dimezzare il rischio di cancro al colon retto in chi ha meno di 50 anni"
PubMed "Burning mouth syndrome: results of screening tests for vitamin and mineral deficiencies, thyroid hormone, and glucose levels-experience at Mayo Clinic over a decade"
Fanpage "Questo sintomo sulla lingua potrebbe suggerire una carenza di vitamina D"
Manuale MSD "Carenza di vitamina D"
La Repubblica "Glossolandia"
National Institutes of Health "Vitamin D"
The American Journal of Clinical Nutrition "Vitamin D and calcium supplementation reduces cancer risk: results of a randomized trial"
Asco Meeting Library "Clinically sufficient vitamin D levels at breast cancer diagnosis[...]"
Gazzetta Active "Carenza di vitamina D: ecco perché è facile averla. Come diagnosticarla ed evitarla?"
Il Giornale "Come fare il pieno di vitamina D in estate"
Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"
La Repubblica "Un mare di bellezza"
Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"
Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"
Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"
Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"
Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"
Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"
Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
Vanity Fair "Mega-dosi di vitamina C contro il cancro: il nuovo studio"
La Stampa "Le “bombe” di vitamina C potenziano le difese e l’immunoterapia anti-cancro"
Giornale di Sicilia "Tumori, uno studio conferma: Mega dosi di vitamina C endovena aiutano a difendersi"
Di Lei "Uno studio dimostra che la Vitamina C è efficace contro il cancro. Ma solo ad alte dosi"
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La via del sole: la vitamina-ormone di cui non possiamo fare a meno
Bruciore, intorpidimento e formicolio di lingua e bocca. Sono questi i principali sintomi della sindrome della bocca urente molto frequente tra la popolazione. Una patologia che sembrerebbe correlata a una carenza importante. Difatti, una recente indagine condotta da un team di ricerca della Mayo Clin ha dimostrato, analizzando le analisi di circa 700 pazienti affetti da questo fastidioso disturbo che una delle condizioni più diffuse era proprio l’ipovitaminosi D ovvero, la carenza di vitamina D, un pro-ormone che si sintetizza principalmente attraverso l’esposizione solare, l’integrazione e, seppur in misura minore, con l’alimentazione. Associata soprattutto alle fratture, ma anche alla modulazione del sistema immunitario e all’aumento del rischio di infezioni. Insomma, avere livelli adeguati di vitamina D è sicuramente importante per la salute.
Glossodinia, nota anche con i nomi di sindrome della bocca urente o bruciante è una condizione patologica per la quale si riscontra un dolore intenso, percepita lungo i bordi o sulla punta della lingua, simile a quello provocato da un'ustione, a livello del cavo orale. Una sensazione anomala e spiacevole, dovuta all’azione di un agente che compromette l’integrità somatica o suscitata dallo stato di sofferenza anatomica o funzionale di un organo. Le parti colpite possono essere la lingua, le labbra, gengive, guancia, palato o l'intera bocca. Bersagliate da questa sindrome prevalentemente le donne in un'età compresa tra i 50 ed i 70 anni. La glossodinia può essere dovuta a una glossite o a un’irritazione della lingua causata da denti in cattivo stato o legata a un fattore psicologico. Inoltre, la sua forma “esfoliativa” è caratterizzata da lingua arrossata e dolente e si verifica in alcuni stati carenziali. Insomma, la sindrome della bocca ardente (BMS) è un disturbo le carenze di vitamine o minerali possono avere un ruolo nell’insorgenza di questo fastidio.
Generalmente, la carenza di vitamina D è causata dalla mancata esposizione alla luce solare. Tuttavia, anche alcuni disturbi possono causare la carenza. Tra le cause più comuni, oltre ad alcune malattie anche un’alimentazione poco bilanciata. Infatti, in condizioni di ipovitaminosi D, si manifestano in primis dolori osteo-muscolari, debolezza muscolare e fragilità ossea. Una condizione che non colpisce solo gli anziani poiché anche i neonati sviluppano il rachitismo: il cranio è molle, le ossa crescono in modo anomalo e hanno difficoltà a sedersi e a gattonare. Per scongiurare questi rischi sarebbe buona abitudine fin dalla nascita, somministrare integratori di vitamina D ai neonati. Due forme indispensabili per la buona salute: la vitamina D2, o ergocalciferolo, viene sintetizzata dalle piante e dai precursori del lievito, ed è anche la forma generalmente usata negli integratori ad alto dosaggio; mentre la vitamina D3, o colecalciferolo, è la forma più attiva di vitamina D e si origina nella pelle quando questa viene esposta alla luce diretta del sole. Le fonti alimentari più comuni sono l’olio di fegato di pesce e il pesce grasso. Le vitamine D2 e D3 non sono attive nell’organismo. Entrambe le forme devono essere elaborate (metabolizzate) nel fegato e nei reni in una forma attiva chiamata vitamina D attiva o calcitriolo. Questa forma attiva stimola l’assorbimento di calcio e fosforo nell’intestino. Il calcio e il fosforo, due minerali, vengono assorbiti nelle ossa per renderle resistenti e dense (danno origine a una processo chiamato mineralizzazione). Utilizzata per trattare psoriasi, iperparatiroidismo e osteodistrofia renale. Si è dimostrata poi un trattamento efficacie nella prevenzione di depressione o malattie cardiovascolari. Alcune evidenze scientifiche, tuttavia, indicano che l'assunzione combinata del fabbisogno giornaliero raccomandato di vitamina D e calcio riduce il rischio di fratture dell'anca nei soggetti che sono maggiormente a rischio.
Una vitamina liposolubile che si scioglie nel grasso ed è assorbita in modo ottimale se consumata con i grassi. Nella carenza di vitamina D, l’organismo assorbe una quantità inferiore di calcio e fosfato. Poiché calcio e fosfato non sono disponibili in quantità sufficienti per mantenere le ossa sane, la carenza di vitamina D può causare un disturbo osseo detto rachitismo nei bambini o osteomalacia negli adulti. Nell’osteomalacia, l’organismo non incorpora sufficiente calcio e altri minerali nelle ossa, causando debolezza ossea. La carenza di vitamina D in una donna in gravidanza causa la carenza nel feto e il neonato presenta un rischio elevato di sviluppare rachitismo. A volte, la carenza è tanto grave da causare osteomalacia nella donna. La carenza di vitamina D peggiora l’osteoporosi. E ancora, la carenza di vitamina D si traduce in un basso livello di calcio nel sangue. Per tentare di aumentare i livelli di calcio, l’organismo può produrre una maggiore quantità di ormone paratiroideo. Tuttavia, quando i livelli di ormone paratiroideo diventano alti (una condizione chiamata iperparatiroidismo), l’ormone induce la mobilizzazione del calcio dalle ossa per aumentare i livelli ematici di calcio. L’ormone paratiroideo causa anche l’eliminazione di più fosfato nelle urine. Sia il calcio sia il fosfato sono necessari per mantenere ossa sane. Di conseguenza, le ossa s’indeboliscono.
Gli anziani hanno maggiori probabilità di sviluppare una carenza di vitamina D per diversi motivi: il loro fabbisogno è maggiore rispetto a quello dei soggetti più giovani e tendono a trascorrere meno tempo all’aperto, quindi non sono esposti a una quantità sufficiente di luce solare. Insomma, questa carenza in genere si manifesta in soggetti che non si espongono al sole e che non consumano dosi sufficienti di vitamina D con la dieta. L’organismo potrebbe non essere in grado di assorbire una quantità sufficiente di vitamina D dal cibo. Ad esempio, nelle malattie da malassorbimento, i soggetti non sono in grado assorbire normalmente i grassi, né di assorbire la vitamina D, in quanto si tratta di una vitamina liposolubile che normalmente viene assorbita con i grassi nell’intestino tenue. Con l’avanzare dell’età, è possibile che nell’intestino venga assorbita una quantità inferiore di vitamina D. Dolori muscolari, debolezza e dolori ossei, ma non sono in età avanzata. Gli spasmi muscolari (tetania) possono essere il primo segno di rachitismo nei neonati. Sono causati da un basso livello ematico di calcio nei soggetti con grave carenza di vitamina D. Nei fanciulli e negli adolescenti camminare è indubbiamente più doloroso. Una grave carenza di vitamina D può causare varismo o valgismo delle ginocchia. Negli adulti, le ossa, soprattutto quelle della colonna, del bacino e delle gambe, diventano fragili. Le aree interessate possono essere dolenti al tatto e oggetto di fratture. Negli anziani, le fratture ossee, in particolare la frattura dell’anca , possono verificarsi semplicemente con un leggero sobbalzo o una caduta insignificante. Proprio per questo, gli integratori alimentari sono particolarmente importanti per i soggetti a rischio (come i soggetti anziani, costretti a casa o che vivono in strutture di lungodegenza).
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Non sottovalutare le conseguenze delle vacanze… o meglio, della fine. Conosciuta come sindrome da rientro o post vacation blues, anche i postumi delle ferie hanno il loro lato negativo. Stress, stanchezza, irritabilità, mal di testa e difficoltà di concentrazione. Mangiare bene, dormire bene e fare attività fisica sono le regole per affrontare serenamente il rientro e ritornare senza traumi alla nostra quotidianità. Innanzitutto bisogna ritrovare le energie perdute senza appesantirsi troppo a tavola e il modo migliore è quello di puntare su elementi importanti come vitamine e sali minerali. Ad esempio la vitamina B1 o tiamina, contribuisce al processo di conversione del glucosio in energia e, una sua carenza, potrebbe diventare la causa principale di stanchezza e disturbi dell’umore fino a sfociare in depressione. Buone fonti di vitamina B1 sono soprattutto le uova e la carne (in particolare quella di maiale). Notevole importanza riveste anche la vitamina B2, o riboflavina con la caratteristica principale di rilasciare al corpo l’energia necessaria per svolgere le attività di routine. Questa vitamina si trova soprattutto nel latte, nei formaggi, nelle uova e nelle verdure a foglia verde.
Dalle vacanze al temporaneo squilibrio fisico. La sindrome da rientro (o da adattamento) è un insieme di sintomi o emozioni che compaiono dopo le vacanze o un lungo periodo senza lavorare. Classificato come via di mezzo tra un disturbo psicologico e una forma di depressione, ma comunque capace di scatenare sintomi sia fisici che psicologici. Una fase transitoria che può durare tra i 10 e i 15 giorni, ovvero il tempo necessario adattarsi nuovamente alla routine, dal punto di vista mentale, comportamentale ed emotivo. Spossatezza, stanchezza, vertigini, mancanza di concentrazione e di attenzione, ma anche insonnia, tachicardia, inappetenza, mal di testa, problemi digestivi, apatia, irritabilità, tristezza e malinconia. Tuttavia, nei casi più gravi o prolungati nel tempo si presenta un quadro caratterizzato da stress acuto, ansia generalizzata e attacchi di panico. Oltre che dall’adattamento alla quotidianità lavorativa, questo squilibrio, può essere favorito dal sovrappeso (a causa dei cibi in eccesso e della scarsa attività fisica durante le vacanze), stanchezza (il ritmo sonno-veglia, alterato durante le vacanze, e la stanchezza accumulata).
Ogni anno circa sei milioni di italiani si ritrovano ad affrontare lo stress da rientro dalle vacanze. Ma come affrontare il “down” post-vacanza? Tra i consigli per facilitare il ritorno alla “solita vita” recuperare le ore di sonno perse e riposare bene, prendersi cura del proprio corpo (mantenendosi idratati e mangiando correttamente). L’energia perduta, come le buone abitudini, si recuperano da un’alimentazione ben strutturata e uno stile di vita sano. Vitamine e antiossidanti per favorire le normali funzioni cognitive e favorire le prestazioni mentali mentre i minerali, per contrastare la perdita di liquidi e far fronte alle abbondanti sudorazioni, mantenere il normale equilibrio elettrolitico e idrosalino e a favorire il normale metabolismo energetico nella quotidianità. Dati Istat rilevano che lo stress da rientro colpisce circa il 35% della popolazione, ovvero più di un italiano su 3, con maggior incidenza tra i 25 e i 45 anni. Questa sindrome è una condizione passeggera che regredisce spontaneamente, ma, in alcuni casi, può scatenare problemi latenti più seri e duraturi legati ad ansia e depressione. «I micronutrienti importanti da questo punto di vista sono molti: dalle vitamine del gruppo B al magnesio, dal sodio alla vitamina D, passando per gli antiossidanti e la vitamina C, ma anche il potassio. Sono molti gli alleati contro lo stress nella dieta quotidiana», spiega in un’intervista a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista INCO (Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità) dell’IRCCS Policlinico San Donato di Milano.
INTEGRAZIONE ALIMENTARE, preziosa per il benessere psicofisico
Al via, quindi, con gli alimenti ricchi di preziose sostanze benefiche capaci di prevenire l’insorgenza di questi fastidi. Questo perché uno stato prolungato di stress induce un aumento del metabolismo che può tradursi in una carenza di micronutrienti che, a loro volta, inducono una ridotta tolleranza allo stress. Insomma, un circolo vizioso che mette a rischio la nostra salute e il regolare svolgimento delle attività quotidiane. Fiori all’occhiello, sicuramente le vitamine del gruppo B, importanti per il sistema nervoso e considerate antistress per eccellenza poiché forniscono all’organismo tutte le energie necessarie per combattere il sovraffaticamento, psichico o fisico che sia. Indispensabili poi, anche per la sintesi della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere che migliora il tono dell’umore alleviando la sensazione di disturbo. La B5 (acido pantotenico) crea una sostanza chimica naturale che può portare alla produzione di neurotrasmettitori. La B6 (piridossina) è nota nella riduzione dell’ansia. Alla protezione della funzione cognitiva, invece, pensa l’acido folico (vitamina B9) che aiuta a bilanciare i neurotrasmettitori. Una carenza di vitamina B12 può portare a stati di ansia e stress. Inoltre, queste vitamine, con il supporto del magnesio riequilibrano il buon funzionamento del sistema nervoso, facilitando la trasmissione degli impulsi. Fondamentale anche il connubio zinco e vitamina C, ricche di proprietà antiossidanti, immunomodulanti e di rinforzo del sistema immunitario. Permette il corretto funzionamento delle ghiandole surrenali e delle reazioni chimiche nel cervello. Secondo alcuni studi, a dosi maggiori, la vitamina C avrebbe un effetto tranquillizzante capace di ridurre l’ansia. Inoltre, la vitamina C fa parte degli antiossidanti che mantengono il nostro sistema nervoso centrale perfettamente funzionante. E ancora, calcio (considerato un tranquillante naturale) e magnesio (aiuta ad alleviare l’ansia, la tensione e il nervosismo) che facilitano la prevenzione delle tensioni nervose.
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Gazzetta Active "Rientro dalle vacanze, come combattere la stanchezza con gli alimenti giusti"
Il Corriere della Sera "«Sindrome da rientro», le regole per evitare i disturbi post-vacanza"
Roma Today "Stress da rientro, cos'è e come affrontarlo"
Gazzetta Active "Dieta anti stress: vitamine e minerali che aiutano a combatterlo"
Il Giornale "Sindrome da rientro in ufficio: come superarla"
Trieste Prima "Sindrome da rientro dalle vacanze: come superarla"
PubMed "Effects of Oral Vitamin C Supplementation on Anxiety in Students: A Double-Blind, Randomized, Placebo-Controlled Trial"
Alimentazione sportiva "Vitamine contro lo stress e l’ansia"
Vanity Fair "Gli integratori per rinforzare il sistema immunitario"
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Sbalzi d’umore e irritabilità, spossatezza e dolori muscolari, disturbi del sonno e sudorazione eccessiva. La risposta agli effetti negati dell’estate per affrontare le vacanze pieni di energia e vitalità. Magnesio, potassio, melatonina e antiossidanti. L’estate, oltre al mare e alle ferie porta se anche gli aspetti negativi come le conseguenze di caldo e afa che si ripercuotono inevitabilmente sulla nostra quotidianità, sulle nostre abitudini e, sulla nostra salute. Colpevoli in primis di stanchezza, affaticamento, crampi, sudorazione, ma anche delle lunghe notti insonni a rigirarsi nel letto e lo stress ossidativo. Al via la combinazione vincente contro i nemici dell’estate. Quando le temperature aumentano è necessario un livello di energie maggiori per mantenere costante la temperatura corporea poiché, nel lungo periodo, questo maggior dispendio energetico si farà sentire, rischiando di far andare in riserva anche le vitamine coinvolte proprio nella produzione di energia. Ancora più indispensabili per chi pratica sport. Difatti, l’attività fisica se praticata con le alte temperature tipicamente estive porta, in primis, a una considerevole perdita di liquidi. Il rischio è proprio quello di andare incontro a una carenza vitaminica e a una demineralizzazione che indeboliscono le strutture dell’organismo. La risposta giusta contro la lunga serie di disturbi tipici dell’estate si trova a tavola. È importante ridurre lo stress ossidativo attraverso l’assunzione, nella dieta, di tutte quei nutrienti che hanno una sorta di funzione di reintegro. Minerali come il potassio, il sodio e il magnesio, ma anche vitamine coma la C, potente antiossidante, oltre a quelle del gruppo B, sono in grado di ridurre il senso di stanchezza e migliorare la condizione stressogena generale a livello fisico e mentale. Queste sostanze stimolano la contrazione e il rilassamento muscolare, agendo proprio come miorilassante e migliorando oltre alla qualità del sonno anche le nostre vacanze!
Causa delle carenze nutrizionali e di un più diffuso senso di malessere, sicuramente un’alimentazione poco equilibrata. Infatti, per combattere la stanchezza non basta solo il riposo, ma è bene selezionare con attenzione quello che si decide di portare a tavola. Insomma, la combinazione giusta di micro e macro elementi per il supporto delle regolari attività quotidiane. Tuttavia, un’alimentazione corretta, spiega Christian Orlando, biologo, potrebbe non essere sufficiente, per cui, soprattutto d’estate, alle prese con caldo torrido e vacanze, sarebbe meglio giocare d’anticipo bilanciando la propria dieta tra cibo sano ed integratori alimentari così da fornire al nostro corpo la benzina necessaria:
Come tutti sappiamo durante l’estate, il nostro corpo si disidrata e disperde molto più facilmente i liquidi e i sali minerali. Uno dei sintomi della disidratazione sono i crampi muscolari e la debolezza generale e si dà il caso che il magnesio ed il potassio siano importantissimi per i nostri muscoli perché permette di aiutarli nel loro lavoro e quindi è molto utile anche per le persone che passano molto tempo all’aria aperta e che amano fare sport sulla spiaggia. Il magnesio supporta diverse reazioni biochimiche coinvolte nella trasformazione delle sostanze nutrienti assunte con il cibo in energia e, insieme al potassio, interviene nei processi di contrazione muscolare e di trasmissione degli impulsi nervosi. Utilizzare integratori di magnesio e potassio danno una nuova carica di energia per affrontare le afose giornate estive.
Miorilassante per eccellenza e minerale del buonumore. Nervi tesi, cattivo umore e irritabilità. Il magnesio favorisce il rilassamento delle tensioni nervose e mentali, contribuendo a distendere l’umore e facilitando anche in caso di disturbi legati al sonno, riduce gli stati di irritabilità, evitando sbalzi d’umore improvvisi. Difatti, una carenza di magnesio e potassio, intacca anche il nostro sistema nervoso, che può essere riequilibrato tramite l’assunzione di questi minerali, che contribuiscono a ridurre l’aggressività. Insomma, contro lo stress fisico e psichico poiché agisce anche a livello del sistema nervoso, favorendo la distensione e avendo come effetto anche un miglioramento della qualità del sonno. Un minerale per la produzione di energia e alleato del nostro sistema muscolare. Valido supporto nell’attività sportiva, migliora i processi di recupero perché aiuta nella conduzione neuromuscolare. Inoltre, il suo effetto miorilassante (ovvero di rilassamento della muscolatura), si rivela utile contro i crampi, anche quelli mestruali. Inoltre, contribuisce all’aumento dei livelli di serotonina e normalizza l’attività dell’ipotalamo, che influisce poi sulla secrezione dell’adrenalina. Una carenza di questo minerale può portare, oltre alla sindrome delle “gambe senza riposo”, ad un abbassamento del tono dell’umore e della depressione (conseguenza evidenziata in diverse evidenze scientifiche).
Salute a rischio con STRESS e CORTISOLO, come influisce lo stile di vita
Il magnesio si rivela anche un potente alleato nel contrasto di stress e insonnia, fondamentali per contrastare episodi di eccessiva sudorazione. Altro problema dell’estate quei fastidiosi, improvvisi e dolorosi crampi. Considerato un macroelemento, cioè uno di quei minerali che devono essere assunti ogni giorno in quantità piuttosto alta, si dimostra da sempre indispensabile per la salute delle ossa e dei denti, per il funzionamento del cuore e del sistema nervoso, nella prevenzione dell’osteoporosi e contro la cosiddetta sindrome pre-mestruale. Contribuisce ancora a regolare l'insulina e svolge un’azione antidepressiva e distensiva, contrastando gli stati di ansia e la sensazione di stanchezza. Rinforza muscoli, tessuti mobili e non fa ingrassare. Il magnesio è un nutriente cruciale in numerose reazioni che vedono coinvolte le cellule dell’organismo, tra cui la sintesi delle proteine, così come il controllo della glicemia e della pressione arteriosa, i processi di produzione dell’energia, così come la sintesi del glutatione, tripeptide naturale con efficacia antiossidante. Non solo questo minerale è un toccasana per la salute, la sua presenza nella dieta, come dimostrato in diverse evidenze scientifiche, aiuta anche a proteggersi dal rischio di depressione. Inoltre, è coinvolto in oltre 300 diversi processi metabolici risultando fondamentale per l’assimilazione del fosforo, del calcio e del potassio.
Contro spossatezza, affaticamento, stress, stanchezza, cali di pressione e ipotensione cronica. Dai giramenti di testa ai crampi, i diversi segnali dell’ipopotassiemia (o ipokaliemia) non vanno mai sottovalutati. Tra gli ingredienti del benessere. Essenziale per l’organismo, soprattutto d’estate quando le alte temperature ne aumentano il fabbisogno. Controlla il ritmo del cuore, l'eccitabilità neuromuscolare, la ritenzione idrica, l'equilibrio acido-base e la pressione osmotica. Coinvolto in diversi processi e funzioni importanti regola il battito cardiaco, assicura il corretto funzionamento di muscoli e nervi ed è fondamentale alla sintesi delle proteine e alla metabolizzazione dei carboidrati. Un macroelemento estremamente importante, nella contrazione dei muscoli, compreso quello cardiaco. Insomma, contrasta caldo, afa e grande dispendio energetico nelle calde giornate estive.
Prezioso per il nostro organismo, il potassio è tra i sali minerali fondamentali più importanti poiché serve al corpo per ridurre la ritenzione idrica, coordinare la trasmissione nervosa e regolare la contrattilità muscolare. Conosciuta come ipokaliemia, la carenza di potassio, è una condizione caratterizzata da sintomi come stanchezza, debolezza o crampi muscolari, nausea, sonnolenza, palpitazioni, aritmie o costipazione. «Proprio per questo gli alimenti ricchi di potassio aiutano chi fa sport a reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione a contrastare i crampi muscolari», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Chiara Saccomani, nutrizionista presso il Palazzo della Salute di Milano. Dai giramenti di testa ai crampi, i diversi segnali dell’ipopotassiemia non vanno mai sottovalutati. Il primo indicatore è proprio la stanchezza poiché il 98% circa del potassio presente nel nostro corpo è contenuto all'interno delle cellule, in particolare nel tessuto muscolare. Essendo poi anche un è un ottimo vasodilatatore, un'eventuale carenza provoca un innalzamento della pressione sanguigna. Utile anche contro gonfiori, crampi addominali e stitichezza. Insieme al potassio, contribuisce al corretto funzionamento dei polmoni e al contrasto della fibrillazione atriale.
Afa e buon riposo sono da sempre nemici giurati. L’estate e alte temperature incidono negativamente sul nostro riposo rendendo l’addormentamento più lento e complesso. Un sonno regolare è il requisito fondamentale per una vita sana. Una correlazione, quella tra il buon riposo e il benessere che è stata confermata da una lunga serie di indagini scientifiche. Rituale fondamentale alla base dello sviluppo fisico e cognitivo di tutti gli individui. L’importanza di dormire bene per evitare l’impatto negativo che, proprio la carenza e i disturbi del sonno producono a livello psico-fisico. Dai cali di attenzione alla scarsa concentrazione, dagli stati di irritabilità agli sbalzi d’umore. Già prima della pandemia, il 45% delle persone soffriva di insonnia, durante e dopo il lockdown la situazione è peggiorata vertiginosamente con conseguenze negative sia nel privato che nel sociale. «Viviamo una silente epidemia di stanchezza» spiega a Gazzeta Active il dottor Luca Mazzucchelli, psicologo e direttore scientifico di MindCenter, autore di best seller e public speaker: «Il covid ci ha tolto il sonno e ha fatto emergere disturbi latenti tra cui ansia, insonnia, incremento di stress». Aumentare non solo la qualità, ma anche la quantità del sonno è l’obiettivo dell’estate. Soprattutto per chi pratica sport poiché il sonno, quello ristoratore e ancora meglio se continuativo e quindi, non frammentato, assume le sembianze di un vero e proprio allenamento passivo. E poi, dormire bene è importante perché nel sonno avvengono i processi fisiologici come il ripristino delle energie spese durante la giornata. Poiché il sonno, insieme con l’alimentazione e un regolare esercizio fisico, è uno dei tre pilastri fondamentali di uno stile di vita sano. Per contro, insonnia, latenza e disturbi del sonno possono portare, alla lunga, a gravi disturbi da stress, basso rendimento e irritabilità, oltre a una serie di patologie.
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
A peggiorare uno scenario già critico anche l’afa il caldo estivo che rendono le notti tormentate e inibiscono il meccanismo della melatonina (l’ormone che favorisce l’addormentamento). Prodotta proprio nel momento in cui la temperatura del corpo si abbassa di circa un grado durante le ore notturne, e quando questo non avviene a causa dell’alta temperatura esterna si interrompe un meccanismo essenziale. Inoltre, il sonno ci protegge dalle infezioni. Quindi, dormire è fondamentale a livello di difese immunitarie perché facilita la liberazione delle citochine. Inoltre, scongiura il rischio di sviluppare patologie come ipertensione, diabete e malattie cardiache. Senza contare poi l’aumento sulla produzione di cortisolo e adrenalina. Un riposo destrutturato agisce negativamente sui cosiddetti clock-gene, i “geni-orologio” preposti all’alternanza sonno-veglia che, in caso di attivazione scorretta, agiscono negativamente sul nostro metabolismo. Tra i rimedi naturali per il corretto riposo, questa molecola naturale antichissima (la sua evoluzione risale a 3 miliardi di anni fa), prodotta dalla ghiandola pineale (epifisi), allocata nell’encefalo, a forma di pigna e presente in qualsiasi organismo animale o vegetale. La sua principale funzione è quella di regolare il ritmo circadiano, laddove l’alternarsi del giorno e della notte inducono variazioni dei parametri vitali. Deleterie, inoltre, per il nostro benessere psicofisico anche ansia e stress poiché influenzano negativamente l’energia mentale di ogni individuo oltre alla salute del corpo stesso. È altresì un potente antiossidante con azione di pulizia nei confronti dei radicali liberi, (per certi versi anche più efficace delle vitamine C, E e del beta-carotene). Rafforza il sistema immunitario, innescando un processo inibitorio del cortisolo. Insomma, un concentrato di benefici dal russamento al contrasto di gravi patologie.
In vacanza senza ansia né stress. Dannose per il benessere psicofisico. Tra le mille cose da fare, le ultime faccende da sbrigare e gli oggetti da non dimenticare, i giorni che precedono la partenza per le vacanze estive si trasformano in un vero e proprio incubo e fonte principale di stress. Un circolo vizioso che ci lascia alla mercè dei virus. Difatti, poiché lo stress abbassa le nostre difese immunitarie, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di tante patologie. Lo stress, non è altro che una reazione che si manifesta quando una persona percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta, precisamente, di una sindrome generale di adattamento (SGA) atta a ristabilire un nuovo equilibrio interno (omeostasi) in seguito a fattori di stress (stressors). Uno stato che peggiora facilitando persino la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress e le alterazioni dell'equilibrio interno possono avvenire a livello endocrino, umorale, organico, biologico.
Lo STRESS e i tanti rischi per la nostra salute
Il termine viene introdotto per la prima volta in biologia da Walter Cannon nel 1935, mentre la sindrome viene definita da Hans Selye nel 1936. Sugli eventi cosiddetti 'stressori' apre una parentesi anche Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni - Le verità che nessuno vuole raccontarti: «Siamo bombardati da eventi stressori che attivano, pur non volendo, il medesimo meccanismo. Se, infatti, nel passato, l’ambiente circostante attivava la nostra reazione definita “combatti o scappa” una volta al giorno, oggi esistono centinaia di stimoli quotidiani che attivano tale meccanismo, facendoci vivere una vita stressata e sempre sul chi va là». Inoltre, in situazioni come quella che precede la partenza, in cui siamo alle prese con fattori di stress 'straordinari' oltre a quelli ordinari, che dobbiamo migliorare l'efficienza dell'organismo, contro gli effetti dannosi dello stress. E il modo migliore rinforzare il nostro corpo è seguire uno stile di vita equilibrato, una sana alimentazione e una corretta integrazione. Senza dimenticare poi che elevati livelli di cortisolo potrebbero aumentare il rischio di una serie di patologie come ipertensione, diabete e altre malattie metaboliche.
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Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali
A, B, C e D. Dal potassio al magnesio, dal calcio allo zinco. E ancora B6, B12, acido folico (B9) e sodio. Con questi alleati la stanchezza ha le ore contate. Quando la produzione di energia comincia da micro e macronutrienti. Per combattere, dunque, stanchezza e affaticamento che nelle calde giornate estive la fanno da padrone è importante fare la scorta di queste sostante benefiche e seguire una dieta ricca di alimenti che li contengono. In aggiunta ad un’alimentazione bilanciata, l’integrazione fornisce l’apporto necessario e garantisce l’approvvigionamento quotidiano di questi nutrienti così da evitare fastidiose conseguenze dovute a queste carenze. Le vitamine, infatti sono un potente alleato per la nostra salute e un valido sostegno contro la stanchezza. «In generale tutte le vitamine del gruppo B e il magnesio sono fondamentali perché sono direttamente coinvolti nell’utilizzo dell’energia all’interno del ciclo di Krebs», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista presso l’INCO dell’IRCCS Policlinico San Donato e dell’Istituto Clinico S. Ambrogio di Milano e presso il Marathon Center di Palazzo della Salute – Wellness Clinic.
Conosciuta anche come paladina della vista, la vitamina A, combatte il senso di affaticamento e di irritabilità. Inoltre, previene la secchezza e le ulcerazioni della cornea, favorisce la crescita di vari tessuti aumenta, quindi, la resistenza alle infezioni. Contrastare efficacemente i processi di invecchiamento delle cellule e preserva in salute pelle e mucose. Le vitamine del gruppo B sono una famiglia importantissima: favoriscono l’assimilazione di carboidrati e proteine ovvero, trasformano il cibo in energia, partecipando attivamente ai processi del metabolismo permettono ai muscoli e al sistema nervoso di avere a disposizione tutta la vitalità di cui ha bisogno. Non solo per malanni e raffreddore, la vitamina C non serve solo d’inverno, ma è indispensabile tutto l’anno per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Le sue notevoli capacità antiossidanti depurano l’organismo e contrastano i processi di invecchiamento. Fondamentale anche per la struttura delle ossa, delle cartilagini, del sistema muscolare e per la salute dei vasi sanguigni. Sulla salute di ossa e denti invece vigila la vitamina D, al via la scorta tra sole e integrazione. Mentre la vitamina E è essenziale per prevenire le fastidiose irritazioni cutanee e aumentare forza e resistenza muscolare.
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La vitamina B12 - precisa a Gazzetta Active la dottoressa Russo - si trova in particolare nella carne, nel pesce e nel tuorlo d’uovo, e questo è il motivo per cui spesso chi segue una dieta vegana si ritrova a doverla integrare. La B6, come anche l’acido folico o B9, è invece molto più presente negli alimenti di origine vegetale, in particolare nelle verdure a foglia, come gli spinaci, e nelle crucifere, come broccoli, cavoli, cavolfiori. Queste vitamine influiscono positivamente sulla costituzione del gruppo eme, complesso chimico composto da ferro, vitamina B12 ed acido folico (o vitamina B9) deputato al trasporto dei globuli rossi e dell’ossigeno nell’organismo, muscoli compresi. Se manca il gruppo eme non arriva ossigeno nemmeno ai muscoli. Per questo motivo quando un atleta, soprattutto se donna, si sente particolarmente stanco potrebbe avere carenze a livello di ferro, vitamina B12 o B9. La vitamina C è necessaria per assorbire il ferro, ma deve essere ‘fresca’: ad esempio, si può spremere del succo di limone sui legumi per rendere più biodisponibile il ferro in essi presenti, ma non bere una spremuta d’arancia fatta il giorno prima, visto che nel frattempo la vitamina C si è dispersa.
Il magnesio - prosegue l'esperta - è sicuramente tra i più noti e utilizzati, di aiuto contro la stanchezza e lo stress ma anche per la contrazione muscolare. Una funzione che però viene svolta anche da altri due minerali meno noti per questo fine: il calcio e il sodio. Spesso nel caso di crampi muscolari si pensa ad una carenza di potassio e magnesio, ma in alcuni casi a mancare è proprio il sodio, che pure talvolta viene ridotto nella dieta. Ma, essendo anche molto idrosolubile, in caso di carenza non è così peregrino. Spesso per coprire il proprio fabbisogno di sodio basta semplicemente aggiungere un po’ di sale da cucina, meglio se iodato, alla verdura, senza andare a mangiare alimenti ricchi di sodio che spesso non sono particolarmente sani, come gli insaccati. Per uno sportivo consumare formaggio è importante sia per il calcio sia per il fosforo, anche perché gli sportivi hanno spesso perdite di micronutrienti durante la prestazione. Un pezzo di grana o parmigiano possono essere spuntini utili in questo senso.
Per chiudere il cerchio del benessere è opportuno annoverare anche l’importanza delle proteine all’interno di un regime alimentare
Aiutano a contrastare la stanchezza - conclude nell'intervista - fornendo aminoacidi, che vanno a tamponare e riparare le microlesioni a livello muscolare prodotte dallo sforzo fisico. Se non introduco proteine a sufficienza rischio di innescare il processo di catabolismo, che porta a bruciare il muscolo. Ma ricordiamo che le proteine sono fondamentali non solo per chi fa sport: gli stessi enzimi che producono succhi gastrici sono fatti di proteine. Per questo è sempre bene avere una dieta che ne sia ricca.
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Insostituibile per l’organismo, soprattutto d’estate quando le alte temperature ne aumentano il fabbisogno. Un elettrolita necessario al funzionamento cellulare, il potassio, è essenziale per il nostro organismo perché deputato allo svolgimento di una serie di funzioni importanti: regola il battito cardiaco, assicura il corretto funzionamento di muscoli e nervi ed è fondamentale alla sintesi delle proteine e alla metabolizzazione dei carboidrati. Un macroelemento estremamente importante, nella contrazione dei muscoli, compreso quello cardiaco. Il potassio è coinvolto in diversi processi: contribuisce a regolare l’equilibrio dei fluidi (sia dentro che fuori le cellule), ha un effetto vasoattivo sui vasi sanguigni e favorisce il mantenimento della pressione sanguigna nella norma, ma soprattutto ha un ruolo importante nell’attività neuromuscolare, aiutando ad ossigenare meglio il cervello e quindi a stimolare la contrazione muscolare, compresa quella del muscolo cardiaco. «Proprio per questo gli alimenti ricchi di potassio aiutano chi fa sport a reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione a contrastare i crampi muscolari», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Chiara Saccomani, nutrizionista presso il Palazzo della Salute di Milano. Tra le cause più comuni di una carenza: disturbi e malattie dell'apparato digerente che provocano vomito o diarrea (come la colite ulcerosa o l’adenoma villoso del colon), l’eccessivo sforzo fisico, un eccesso di sodio nella dieta, sindromi da malassorbimento, diabete, malattie renali, sindrome di Cushing, abuso di particolari farmaci e assunzione di cortisonici.
Tra i principali responsabili dell’ipertensione, che solo in Italia colpisce il 33% degli uomini e il 31% delle donne, proprio la carenza di potassio. Contro spossatezza, affaticamento, stress, stanchezza, cali di pressione e ipotensione cronica. Dai giramenti di testa ai crampi, i diversi segnali dell’ipopotassiemia (o ipokaliemia) non vanno mai sottovalutati. Il primo indicatore è proprio la stanchezza poiché il 98% circa del potassio presente nel nostro corpo è contenuto all'interno delle cellule, in particolare nel tessuto muscolare. Essendo poi anche un è un ottimo vasodilatatore, un'eventuale carenza provoca un innalzamento della pressione sanguigna. Inoltre, consumare frequentemente cibi “conservati” fa crollare i livelli di potassio, perché il sale contenuto in questi alimenti accelera l'eliminazione del minerale. «Ridurre la quantità di cibi conservati, e quindi salati, aiuta l'organismo a trattenere una maggior quantità di potassio», avverte la dottoressa Brill. E ancora, durante l’attività fisica, i muscoli necessitano di un maggior afflusso di sangue per apportare alle cellule i nutrienti di cui hanno bisogno, ne consegue quindi, che bassi livelli di potassio non consentono a queste cellule neuromuscolari di ricaricarsi velocemente e resistere allo sforzo, e di evitare fastidiosi dolori e spasmi muscolari. Inoltre, la carenza di potassio, rientra tra le molteplici cause che possono provocare un battito cardiaco irregolare o palpitazione. Infine, i bassi livelli di potassio influenzano negativamente anche le altre funzioni dell'organismo tra cui proprio il sistema digerente: una mancanza di tale minerale potrebbe quindi dare luogo a gonfiori e crampi addominali sfociando poi in stitichezza.
Insieme al magnesio poi si dimostra estremamente efficace per il buon funzionamento dei polmoni. Ricercatori della Keck School of Medicine dell'Università della California del Sud a Los Angeles hanno dimostrato che i bambini che assorbono scarse quantità delle due sostanze hanno una tendenza ad avere una funzione polmonare sotto la media. Secondo lo studio, pubblicato di American Journal of Epidemiology, questo problema in molti bambini sarebbe in particolare legato al magnesio il cui apporto è spesso insufficiente nella normale dieta. Il potassio si è dimostrato anche un prezioso alleato della salute nel contrasto alla fibrillazione atriale (dove le fibre dell’atrio si muovono in maniera disorganizzata, ottenendo come risultato l’annullamento della contrazione atriale). Tra i maggiori rischi di questo rallentamento del flusso sanguigno la formazione di trombi (flocculi di sangue addensato che, dal cuore, possono essere spinti nei vasi sanguigni principali, e quindi, aorta e arteria polmonare, e finire altrove, causando ictus, embolia polmonare o ischemia). Tuttavia, l’alimentazione e l’integrazione sono le principali forme di prevenzione e cura, per cui al via con i cibi ricchi di potassio. Presente soprattutto in frutta e verdura, ne sono particolarmente ricchi alimenti come banane, albicocche, spinaci, funghi, avocado e mandorle.
Spesso si pensa che gli integratori salini servano solo d’estate – spiega a La Stampa il nutrizionista Giorgio Donegani, direttore scientifico di Food Education Italy - ma non è così. Anche se non soffriamo di stati di carenza drammatici, ci sono alcuni minerali per cui assistiamo a una sotto-assunzione diffusa. Con il sudore eliminiamo grandi quantità di magnesio, sodio, potassio, che è importante integrare. Anche chi soffre di disturbi cardiocircolatori può trarre vantaggio dalle integrazioni di potassio, e lo stesso vale per chi segue regimi dietetici restrittivi.
Per tenere sotto controllo i valori della pressione oltre al rischio di ictus e infarti, non è sufficiente ridurre il consumo di sale, ma è necessario aumentare quello del potassio. Come suggerito dai cardiologi, il sale, considerato il nemico numero uno della salute, è da sempre bandito dalla tavola del benessere. In aggiunta pero, diverse evidenze scientifiche sostengono che per limitare il rischio di insorgenza di una lunga serie di gravi patologie, parallelamente al rispetto rigoroso di questo suggerimento, è fondamentale un apporto quotidiano di questo importante minerale.
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Il buono e il cattivo. Demonizzato da quelli che non sanno che è in realtà, il colesterolo, è un grasso essenziale per la nostra vita. Infatti, al di là delle convinzioni comuni «Noi ogni giorno abbiamo bisogno di molto colesterolo per il turn over delle membrane cellulari, costituite proprio da colesterolo. Inoltre questo lipide serve per la formazione degli ormoni a noi necessari, come gli ormoni steroidei e gli ormoni sessuali, sia maschili sia femminili. In altre parole, non possiamo prescindere dal colesterolo» spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Carmine Gazzaruso, responsabile del Servizio di Diabetologia, Endocrinologia, Malattie Metaboliche e Vascolari e del Centro di Ricerca Clinico (Ce.R.C.A.) dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano e docente di Endocrinologia all’Università degli Studi di Milano. In Europa, le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte, con una stima che si aggira intorno ai 4 milioni di decessi l’anno. In parte prodotto dall’intestino e in parte attraverso l’alimentazione. Presente nel sangue, il colesterolo è di fondamentale importanza per la salute dell’organismo e deputato allo svolgimento di diverse funzioni. Una molecola organica della famiglia degli steroli che favorisce la produzione di molti ormoni, contribuisce alla formazione delle membrane cellulari e al loro corretto funzionamento, favorisce la digestione e migliora la sintesi della vitamina D. Trasportato dal fegato ai tessuti attraverso le lipoproteine: HDL (colesterolo buono) e LDL (colesterolo cattivo). Quando questi ultimi superano i precedenti, si attaccano alle pareti delle arterie generando delle placche estremamente pericolose per la salute fino a impedire il passaggio del sangue e aumentare il rischio di patologie cardiovascolari.
Il COLESTEROLO ALTO è davvero pericoloso per la salute del cuore?
Ogni anno, in Italia, muoiono più 224.000 persone per malattie cardiovascolari: di queste, circa 47.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. Il colesterolo, infatti, rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare. «Le malattie cardio e cerebrovascolari sono ancora oggi nel mondo la prima causa di morte e di disabilità. La pandemia Covid 19 ha peggiorato questa situazione, è ora di ripartire! Dobbiamo assolutamente agire contro i principali fattori di rischio cardiovascolari e tra questi sicuramente l’ipercolesterolemia è uno dei più importanti. Dobbiamo trattare al meglio i nostri pazienti, ridurre il colesterolo LDL a valori a target per i pazienti. Ora abbiano diverse opportunità per poterlo fare, fondamentale è instaurare un’alleanza tra specialisti, medici di famiglia e pazienti per raggiungere questo ambizioso obiettivo», dichiara all’Ansa Stefano Carugo, direttore UOC Cardiologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. Le principali cause sono sicuramente da ricercare nella dieta e nello stile di vita. Inoltre, anche la presenza di precise patologie e la predisposizione genetica possono influenzare in maniera significativa l’ipercolesterolemia. Oltre a stress, il fumo, l’assenza di attività fisica, l’uso continuato ed eccessivo di farmaci immunosoppressori, contraccettivi orali, steroidi anabolizzanti, cortisonici e altri ancora. La raccomandazione di tante società scientifiche, compresa l'American Heart Association, è quella di ridurre al minimo il consumo di grassi saturi, ma non tutti gli esperti sono d'accordo. Cardiologi e dietologi della University of South Florida hanno messo in discussione questo suggerimento poiché, secondo il loro studio, pubblicato sulla rivista Bmj Evidence-Based Medicine, non ci sono prove sufficienti che dimostrino che una riduzione del consumo di grassi saturi possa abbassare il colesterolo nel sangue e ridurre il rischio per le persone con ipercolesterolemia di sviluppare malattie cardiache. «Negli ultimi 80 anni, alle persone con ipercolesterolemia familiare è stato raccomandato di abbassare il colesterolo con una dieta a basso contenuto di grassi saturi» - chiarisce l'autore dello studio David Diamond - «Il nostro studio suggerisce che una dieta più salutare per il cuore è povera di zuccheri, e non di grassi saturi».
Secondo quanto mostrano i dati raccolti nel corso dell’indagine, i pazienti che sviluppano malattie coronariche presentano fattori di rischio associati all'insulinoresistenza (o sindrome metabolica), come obesità, livelli elevati di trigliceridi nel sangue, ipertensione e diabete, per cui l'indicazione è quella di seguire una dieta a basso contenuto di carboidrati e povera di zuccheri. Inoltre «Gli effetti deleteri dell’ipercolesterolemia sul sistema cardiovascolare diventano più gravi quando è accompagnata da trigliceridi elevati, che potrebbero essere ridotti da una dieta povera di carboidrati» spiega Giaccari. In pratica, non solo non ci sono prove degli effetti dei grassi sull’ipercolestemia, ma una dieta a basso contenuto di carboidrati (LCD) migliora significativamente i biomarcatori delle malattie cardiovascolari, rispetto a una dieta a basso contenuto di grassi. Banditi quindi, oltre ai carboidrati anche in particolare gli zuccheri semplici e gli amidi con elevato indice glicemico (pane, pasta, legumi). E ancora una meta-analisi del 1992 e portata avanti da un team di esperti dell’Università di Maastricht. Gli esperti in questione hanno preso in esame i dati di 27 studi scientifici, scoprendo che gli acidi grassi hanno, rispetto ai carboidrati, effetti maggiormente positivi sui livelli di colesterolo buono HDL. Nel 2014 un’indagine sviluppata da ricercatori britannici (Università di Warwick) e svedesi (Università di Linköping), pubblicata su Nutrition & Diabetes, ha evidenziato che la glicazione (fenomeno dovuto a un eccesso individuale di glucosio, fruttosio o alcol) contribuisce alla trasformazione del colesterolo buono (HDL) in colesterolo cattivo (LDL) determinando cioè un aumento del rischio cardiovascolare. Ulteriore conferma arriva da un lavoro recente (2021) effettuato su soggetti diabetici e pubblicato su Biomedicines ha evidenziato che la lesione endoteliale (quella cioè che contribuisce all'infarto o all'occlusione delle coronarie) dipende dalla glicazione delle lipoproteine. In sostanza, residui di fruttosio e glucosio vanno a inserirsi su alcune proteine determinandone il malfunzionamento e facilitando la formazione della placca arteriosa che porta poi all'ischemia o all'infarto.
COLESTEROLO: tra approfondimenti ed evidenze scientifiche
Insomma, è necessario fare attenzione all’eccesso di colesterolo, o meglio, a quello di un particolare tipo.
L’eccesso di colesterolo – spiega Gazzaruso - può provocare dei danni dovuti al fatto che questo grasso tende ad accumularsi all’interno delle pareti dei vasi, in particolare dei grossi vasi, i vasi arteriosi, determinando aterosclerosi, patologia che ostruisce gradualmente le arterie. Se questo si verifica non arriva più sangue a sufficienza agli organi irrorati proprio da queste arterie e si possono verificare le tre patologie principe di tipo aterosclerotico: l’infarto, l’ictus e la arteriopatia degli arti inferiori. - Se infarto e ictus sono piuttosto noti, è bene chiarire di che cosa si parla quando si parla di arteriopatia degli arti inferiori - Si tratta di una patologia purtroppo poco cercata, diagnosticata e curata che è frequente in particolare nei grandi fumatori, oltre che nelle persone con diabete. La prognosi di sopravvivenza è peggiore rispetto a quella dei più comuni tumori maligni. Quando si avvertono i sintomi, ovvero dolori al polpaccio camminando, si ha già l’angina a livello di arti inferiori e a quel punto spesso è troppo tardi. Di fatto è dunque una aterosclerosi a livello di gambe. Ricordiamo infatti che l’aterosclerosi non colpisce mai un solo distretto, bensì è presente in tutte le arterie. Poi, a seconda del soggetto, si può manifestare in uno, due o più distretti. E il responsabile principale è il colesterolo che si accumula nelle arterie.
Ma qual è la differenza sostanziale tra HDL e LDL?
Essendo un grasso – chiarisce l’esperto -, per circolare nel sangue il grasso deve essere integrato in sistemi solubili nel plasma che si chiamano lipoproteine. Ma esistono diversi tipi di lipoproteine. I più noti sono le LDL (o lipoproteine a bassa densità) e le HDL (o lipoproteine ad alta densità). Le LDL trasportano prevalentemente colesterolo, in una percentuale di circa il 40% del totale, oltre a trigliceridi e altri grassi. Lo trasportano dal fegato, dove viene prodotto, alle periferie del corpo, andando ad integrare il colesterolo in tutto l’organismo. Se le LDL sono in eccesso, il colesterolo che arriva in periferia è superiore alla quantità che serve fisiologicamente, e quindi, tende ad accumularsi nelle arterie, con i danni di cui abbiamo detto. È qui che intervengono le lipoproteine HDL. Anch’esse sono deputate al trasporto del colesterolo, ma in un percorso inverso rispetto alle LDL, dalla periferia al centro. Di conseguenza una carenza di HDL determina una maggiore presenza di colesterolo a livello delle arterie. - Proprio per questo motivo il valore relativo al colesterolo totale conta poco - Ad essere importanti sono i valori relativi all’LDL e all’HDL. Ricordando che se l’HDL sale, l’LDL si riduce, come spiega la formula di Friedwald. Maggiore è la quantità di LDL, minore è la quantità di HDL. Ed è proprio ai livelli di LDL che dobbiamo prestare attenzione.
LDL e HDL, tutto quello che dobbiamo sapere sul COLESTEROLO
Secondo quanto scrive Adriano Panzironi, nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
La comunicazione semplicistica operata dalla stampa e dalla classe medica, ha reso ingiustizia al concreto ruolo esercitato dal colesterolo nei confronti del nostro metabolismo. Sappiamo che esiste un colesterolo buono e uno cattivo, ma a cosa veramente servano, quasi nessuno ne è a conoscenza. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Il colesterolo è un grasso usato principalmente per la costruzione, la manutenzione ed il buon funzionamento del nostro corpo. Approfondiamo le funzioni del colesterolo. Innanzitutto è essenziale per la membrana delle nostre cellule, in quanto si inserisce tra i due strati di fosfolipidi, aumentando la stabilità meccanica e la flessibilità della membrana. Inoltre regola lo scambio di sostanze messaggere tra l’esterno e l’interno della cellula. Le cellule neuronali (del cervello) sono più ricche di colesterolo. 1) La cellula, grazie al colesterolo riesce a staccare pezzi di membrana, al fine di creare degli organuli interni. Inoltre solo per la presenza di questo particolare grasso, la cellula può dividersi e crescere. 2) Senza colesterolo il fegato non potrebbe produrre la bile e quindi emulsionare i grassi, rendendoli assorbibili nell’intestino tenue. 3) Il colesterolo è alla base di moltissimi ormoni tra cui il cortisolo, l’aldosterone, il Gh, il testosterone, etc. 4) Questo grasso è necessario alla produzione endogena (autoproduzione) di vitamina D, essenziale per il nostro metabolismo. Parlare di colesterolo buono o cattivo non ha senso (vista la sua importanza). Per la precisione si dovrebbe parlare di quantità eccessiva di colesterolo nel sangue. Difatti non esistono riserve di tale grasso (come invece accade per i trigliceridi), essendo prodotto esclusivamente dal fegato in caso di esigenza da parte del corpo o assunto ingerendo alimenti che lo contengono. Il colesterolo ed i grassi non si trovano nel sangue allo stato libero, ma all’interno di alcune molecole chiamate lipoproteine.
Dal COLESTEROLO "CATTIVO" ai TRIGLICERIDI, le vere cause dell'aumento
Dati scientifici alla mano, la riduzione dei carboidrati aiuta a controllare alcuni valori fondamentali per la salute cardiovascolare. Ovvero, nel caso specifico, si verifica aumento dei livelli di colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità), il cosiddetto colesterolo buono che diventa superiore di quello LDL. Questi livelli vengono influenzati da precisi schemi alimentari a basso contenuto di carboidrati e contraddistinti dalla presenza di numerose fonti di acidi grassi essenziali (come gli omega 3), nutrienti essenziali per tenere sotto controllo il colesterolo cattivo.
NCBI "Arginine-directed glycation and decreased HDL plasma concentration and functionality"
Ansa "Colesterolo perché si forma e come si può ridurre"
BMJ "Dietary Recommendations for Familial Hypercholesterolaemia: an Evidence-Free Zone"
Gazzetta Active "Colesterolo Ldl e Hdl: la differenza e i rischi di averlo alto"
PubMed "Effect of dietary fatty acids on serum lipids and lipoproteins. A meta-analysis of 27 trials"
Ansa "Ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare: “La best practice della Regione Lombardia”"
NCBI "Endothelial Dysfunction in Diabetes Is Aggravated by Glycated Lipoproteins; Novel Molecular Therapies"
Eurosalus "Sale il colesterolo? Attenti a zuccheri e carboidrati"
DiLei "Dieta chetogenica: tieni a bada colesterolo e trigliceridi"
The Lancet "Associations of fats and carbohydrate intake with cardiovascular disease and mortality [...]"
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Dalla sintesi di carboidrati, lipidi e proteine, alla contrazione muscolare. Coinvolto in oltre 300 vie metaboliche, il magnesio è un oligoelemento essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Benefico per ossa, muscoli, cuore e cervello. Questo minerale contribuisce al corretto funzionamento del metabolismo ed è un alleato del nostro benessere psicofisico. Astenia, stanchezza, spossatezza, debolezza muscolare, crampi, tachicardia sono alcuni sintomi di una ipotetica carenza ovvero, sono campanelli d’allarme di ipomagnesemia. Tra le sue più comuni manifestazioni anche emicrania, sbalzi d’umore, irritabilità e disturbi del sonno. Fenomeni di aritmia cardiaca, invece, ricorrono solo nei casi di grave ipomagnesemia. Nella fase premestruale, in gravidanza e in menopausa. Alle prese con questo importante minerale soprattutto le donne. Tra gli altri anche gli sportivi. Un’intensa attività fisica, infatti, può provocare perdite significative di magnesio, a causa della sudorazione eccessiva e degli sforzi muscolari prolungati. Presente in tantissimi alimenti tra cui le verdure a foglia verde, i cereali integrali, la frutta secca, le banane e il cacao. Gli esperti dell’EFSA, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, per un'limentazione varia, corretta ed equilibrata raccomandano almeno un apporto quotidiano di 350 mg per l’uomo e 30 mg per la donna. Anche l’acqua è una fonte di magnesio, in grado di coprire il 10% del fabbisogno giornaliero.
Emicrania e cefalea? Tra gli alimenti consigliati nel contrasto al mal di testa, causa principale delle situazioni di stress acuto, responsabili della riduzione dei livelli di magnesio. Quindi non solo riposare bene, ma per prevenire questi fastidi è opportuno mangiare fare la scorta di questo prezioso minerale. Il magnesio è indispensabile per migliorare il metabolismo del calcio e di conseguenza aiuta ad evitarne depositi sul cuoio capelluto. Contribuisce al rinforzo dei capelli e mantiene la chioma forte e sana. Quindi, utile per ridurre le infiammazioni ai follicoli piliferi (l’ostruzione dei pori) e contribuisce a rinforzare i capelli permettendo che essi crescano in maniera non solo più sana, ma anche molto più rapida. Inoltre, questo minerale favorisce l’attivazione della vitamina D che aiuta, di conseguenza, anche l’assorbimento del calcio. Aiuta poi, a migliorare la circolazione del sangue nel cuoio capelluto causando la diminuzione delle cellule morte che vi si depositano. Estremamente utile in caso di forfora poichè permette la riduzione della desquamazione. Dall’effetto miorilassante, che aiuta a distendere i muscoli in caso di sforzo fisico (come ad esempio dopo l’attività sportiva oppure in caso di particolare stress o tensione) alla sua capacità di alleviare i sintomi premestruali come i crampi e i dolori addominali o il mal di testa di tipo tensivo. Prezioso per il benessere di muscoli, contrasta lo stress ossidativo e allontana le lunghe notti insonni. Secondo quanto dimostrato da uno studio statunitense condotto nel 2015, riduce persino il rischio di depressione e si dimostra un alleato indispensabile per chi pratica sport oltre che per lo sviluppo, la crescita (nei bambini) e il rinforzo (negli anziani) delle ossa.
Vigila sulla nostra salute contribuendo a una serie di processi importanti: favorisce la riduzione della stanchezza e dell’affaticamento, contribuisce all’equilibrio elettrolitico, vigila sul metabolismo energetico, favorisce il funzionamento del sistema nervoso, incentiva la funzione muscolare, facilita la sintesi proteica, contribuisce alla funzione psicologica, rinforza ossa e denti.
Influenza la sintesi proteica, la contrazione muscolare, gli impulsi del sistema nervoso, il controllo glicemico e la pressione arteriosa – spiega Luca Colucci, biologo, nutrizionista -. È fondamentale per la produzione di energia a livello cellulare, aiuta le funzioni digestive e gli organi implicati nella disintossicazione del corpo. Bisogna assumerlo mediante l’alimentazione: importante scegliere il cibo e far attenzione all’acqua che assumiamo ogni giorno: sempre più spesso la nostra dieta, ricca di zuccheri e cibo non sano, risulta “scarica” di questo prezioso minerale, (200mg al giorno circa rispetto a un fabbisogno medio di circa 350-400mg). Anche l’eccesso di caffè e l’assunzione continuata di alcol, contribuiscono alla diminuzione dei suoi livelli nei nostri tessuti.
7 segni che il corpo ha bisogno di Magnesio
Le peculiarità e le principali funzioni di questo minerale sul nostro organismo vengono spiegate anche da Adriano Panzironi nel libro Vivere 120 anni: le verità che nessuno vuole raccontarti:
È coinvolto in oltre 300 diversi processi metabolici risultando fondamentale per l’assimilazione del fosforo, del calcio e del potassio. Facilita l’utilizzo di alcune vitamine, come quelle del gruppo B, la vitamina C e la vitamina E. Il magnesio svolge diverse azioni protettive nei confronti del sistema circolatorio. Favorisce la diminuzione della pressione sanguigna, agendo sulle cellule muscolari del cuore (facendole rilassare), prevenendo palpitazioni e battito cardiaco irregolare. È un ottimo vasodilatatore. Inibisce la coagulazione del sangue (diminuzione del rischio dell’ictus ischemico) e riduce il colesterolo. Facilmente rintracciabile in alimenti come cacao, frutta secca oleosa, frutti di mare, pesci (aringa e merluzzo), legumi, verdure a foglie verdi, cereali integrali. La cottura del cibo può ridurre del 75% la quantità di magnesio.
Se non sono sufficienti -prosegue il biologo -, è necessario adoperarsi per rifornirlo in maniera rapida e efficace, ricalibrare l’alimentazione con l’integrazione. Nella maggior parte dei casi, è consigliabile un apporto giornaliero di magnesio pari a 5-6 mg per ogni chilo di peso corporeo per evitare problemi di salute. Tuttavia, per alcune situazioni particolari, queste quantità variano raggiungendo i 10 mg per chilo di peso corporeo nelle donne in gravidanza e addirittura 15 mg per i bambini in fase di sviluppo. Il fabbisogno è influenzato da diversi fattori: la quantità di calcio presente nel sangue, l’apporto alimentare di proteine e fosforo, le riserve di vitamina D nell’organismo. In caso di sudorazione eccessiva, vomito, diarrea e disturbi gastrointestinali, la dose deve essere aumentata per evitare carenze. Un suo eccesso, invece, è molto raro ed è spesso correlato a disfunzioni ormonali, patologie renali o interazioni con farmaci specifici. Molti i disturbi fisici e nervosi legati al deficit di magnesio: stanchezza, palpebre tremanti, crampi, insonnia, depressione, ansia , spasmi, tensioni muscolari legate a uno sforzo fisico intenso sono tra le principali manifestazioni. È possibile ricorrere ad esami del sangue per quantificare possibili mancanze, valutando anche livelli di sodio, potassio e calcio, i cui deficit sono spesso associati all’ipomagnesemia. Il migliore modo per identificare subito possibili carenze è quello di ascoltare i segnali del corpo: una stanchezza eccessiva già dalle prime ore del mattino, vertigini ricorrenti, formicolio a braccia e gambe, potrebbero essere chiari segnali di allarme. Anche il dolore premestruale eccessivo può essere sintomo di problemi legati ai livelli di questo minerale. Ogni giorno due porzioni di frutta e di verdura in media garantiscono un buon apporto di questo prezioso minerale. I cereali sono la maggiore fonte di questo oligoelemento: 100 grammi di grammi di crusca di frumento, contengono fino a 550 milligrammi di magnesio. Altre fonti di carboidrati ne sono molto ricche: mais, miglio e in generale tutte le farine integrali. Anche frutti di mare, pesce, bresaola, mandorle secche, anacardi, […] ne rappresentano un’ottima fonte. Per chi soffre di carenze, si consiglia di fare uno spuntino al giorno con due quadrati, 30grammi circa di cioccolato amaro fondente: contengono oltre 90mg di magnesio. Ci sono gli integratori alimentari: il magnesio è di sicuro un classico. E’ utile approfittare nei cambi di stagione per ripristinarne le scorte, prima dell’inverno e dell’estate. In questo modo si possono prevenire crolli dei livelli energetici, purificare al meglio il corpo dalle tossine accumulate, prepararsi alle nuove sfide. Se si procede con una integrazione esterna è bene protrarla per almeno un mese. Si può partire con 100mg al giorno, salire con gradualità fino a 400mg al giorno in base alle necessità. Di solito problematiche derivate da sovradosaggi sono molto rare poiché il surplus viene eliminato attraverso le urine. Da non dimenticare che anche le acque magnesiche con una concentrazione di magnesio che supera i 50 mg/litro possono essere un valido aiuto nel ripristinarne i livelli ottimali.
Gazzetta Active "Il magnesio ai raggi X: perché, quando e come assumerlo"
Il Giornale "Assumere magnesio per combattere la depressione"
Io Donna "Magnesio: l’amico della salute"
Tuo Benessere "Magnesio per i capelli: quali sono i principali benefici"
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La prima linea di difesa è il sistema immunitario, tutti i segreti per rinforzarlo
Il peggior nemico del cancro è la vitamina D! Tra i più importanti ricercatori al mondo su questa vitamina, Carole Baggerly, direttrice e fondatrice del Grassroots Health. La sua passione per questo nutriente fondamentale è nata da un’esperienza personale: sopravvissuta al cancro al seno proprio grazie al supporto della vitamina D. Ripetutamente dimostrata poi la sua efficacia su tante patologie, tra cui malattie cardiache e diabete oltre alla riduzione del dolore cronico. Inoltre, le diverse teorie che collegano l’ipovitaminosi D al cancro sono state testate e confermate in più di 200 studi epidemiologici e da oltre 2.500 studi di laboratorio. Secondo gli esperti negli Stati Uniti si registra, tra la popolazione, un elevato livello di carenza vitaminica, perché presente naturalmente solo pochi alimenti. Quindi, secondo quanto riportato da un nuovo studio evidenziato alla riunione annuale virtuale dell’American Society of Clinical Oncology 2021, avere livelli sufficienti di vitamina D al momento della diagnosi è associato, di conseguenza, a migliori esiti nel percorso di guarigione dal cancro al seno. I ricercatori hanno misurato i livelli di vitamina D al momento della diagnosi, e quindi i risultati di sopravvivenza 10 anni dopo in quasi 4.000 persone; si è poi notato che l’assunzione di integratori di vitamina D, l’indice di massa corporea e la razza/etnia sono tutti fattori che influiscono sui livelli di vitamina D presenti nel sangue.
Tra le categorie di persone che necessitano maggiormente di questo apporto sicuramente le donne in post-menopausa e durante l’allattamento, chi assume steroidi a lungo termine, gli anziani, le persone con malattia renale cronica, con malattia paratiroidea e chi soffre di patologie come obesità e sovrappeso. La maggior parte delle ricerche scientifiche sulla vitamina D si sono concentrate prevalentemente sui tumori del colon-retto e della mammella dimostrando che livelli ematici più elevati di vitamina D sono associati a un minor rischio di cancro del colon-retto e ha una maggiore possibilità di sopravvivere in caso di cancro al seno. Un’altra indagine particolarmente degna di nota è stata completata da Joan Lappe e Robert Heaney, nel 2007 dove ad un gruppo di donne in menopausa è stato somministrato un integratore di vitamina D per raggiungere i livelli ematici di 40 ng/ml. Per livelli ematici più elevati di vitamina D si intende qualsiasi livello che soddisfi o superi il cut-off clinico “sufficiente” (≥30 ng/ml). Secondo l’Office of Dietary Supplements del National Institutes of Health la carenza di vitamina D è inferiore a 20 ng/ml. I risultati hanno poi mostrato che queste donne hanno avuto una riduzione del 77% in termini di incidenza di tutti i tipi di tumori dopo soli quattro anni. Inoltre, 40 ng/ml di vitamina D è un livello relativamente medio, il livello ottimale di vitamina D è da 50 a 100 ng/ml. Ottenere tali risultati con soli 40 ng/ml sottolinea quanto sia potente e importante la vitamina D per il funzionamento ottimale del corpo.
La vitamina D (detta anche “calciferolo”) è una vitamina liposolubile naturalmente presente in alcuni alimenti, aggiunta ad altri e disponibile come integratore alimentare. Viene anche prodotto in modo endogeno quando i raggi ultravioletti (UV) della luce solare colpiscono la pelle e innescano la sintesi della vitamina D. La vitamina D favorisce l'assorbimento del calcio nell'intestino e mantiene adeguate concentrazioni sieriche di calcio e fosfato per consentire la normale mineralizzazione ossea e per prevenire la tetania ipocalcemica (contrazione involontaria dei muscoli, che porta a crampi e spasmi). È anche necessaria per la crescita ossea e il rimodellamento osseo da parte di osteoblasti e osteoclasti. Senza una quantità sufficiente di vitamina D, le ossa possono diventare sottili, fragili o deformate. La sufficienza di vitamina D previene poi il rachitismo nei bambini e l'osteomalacia negli adulti. Insieme al calcio, la vitamina D aiuta anche a proteggere gli anziani dall'osteoporosi. La vitamina D svolge altri ruoli importanti nel nostro corpo, inclusa la riduzione dell'infiammazione e la modulazione di processi come la crescita cellulare, la funzione neuromuscolare e immunitaria e il metabolismo del glucosio. Negli alimenti e negli integratori alimentari, la vitamina D ha due forme principali, D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo), che differiscono chimicamente solo nelle loro strutture a catena laterale. Entrambe le forme sono ben assorbite nell'intestino tenue. L'assorbimento avviene per semplice diffusione passiva e da un meccanismo che coinvolge le proteine di trasporto della membrana intestinale. La contemporanea presenza di grasso nell'intestino migliora l'assorbimento della vitamina D, ma parte della vitamina D viene assorbita anche senza grassi alimentari. Né l'invecchiamento né l'obesità alterano l'assorbimento della vitamina D dall'intestino. Pochi alimenti contengono naturalmente vitamina D tra cui la carne di pesce grasso (come trota, salmone, tonno e sgombro) anche se gli oli di fegato di pesce sono tra le migliori fonti. La dieta di un animale influisce sulla quantità di vitamina D nei suoi tessuti. Fegato di manzo, formaggio e tuorli contengono piccole quantità di vitamina D, principalmente sotto forma di vitamina D3.
Proprio in virtù dei suoi potenti effetti è stata descritta come una “sindrome da carenza da vitamina D”. Naturalmente, altri fattori nello stile di vita sono altrettanto importanti nella prevenzione del cancro: in primis l’alimentazione (come zuccheri e farine raffinate che aumentano il rischio di cancro al seno). Inoltre, dalle analisi di Carole Baggerly emerge che il 90% del cancro al seno ordinario è legato alla carenza di vitamina D, la quale è al 100% prevenibile! Il primo epidemiologo ad aver messo in relazione il binomio “carenza vitaminica-cancro al seno” è stato il dottor Cedric F. Garland della University of California di San Diego, secondo il quale in quasi tutte le forme di cancro al seno, la vitamina D influisce sulla struttura delle cellule epiteliali. Queste cellule sono tenute insieme da una sostanza simile a colla chiamata E-caderina, che fornisce la struttura alla cellula. L’E-caderina è costituita principalmente da vitamina D e calcio. Questo avviene perché in caso di deficit la struttura si sfascia e quelle cellule fanno ciò che sono programmate di fare per sopravvivere – vanno avanti e si moltiplicano. Quando questo processo di crescita (proliferazione cellulare) va fuori controllo, si trasforma in cancro. Tuttavia, anche se il cancro al seno è in corso, l’aggiunta di vitamina D può aiutare a far regredire le cellule tumorali agendo sull’E-caderina. Difatti, una volta rallentata la crescita del cancro, il sistema immunitario può cominciare a smaltire gli avanzi delle cellule tumorali.
Oltre a prevenire il cancro, l’ottimizzazione della vitamina D riduce il rischio di parto prematuro del 50%. Infatti, l’80% delle donne in gravidanza è alle prese con l’ipovitaminosi D. Carol Wagner e Bruce Hollis hanno studiato, con risultati inaspettati, anche gli effetti dei livelli di vitamina D sulle donne in gravidanza. Gli studiosi hanno dato 4.000 IU di vitamina D ad un gruppo di donne in stato di gravidanza, riducendo l’incidenza di parti prematuri del 50%. Inoltre, la vitamina D riduce anche una serie di rischi legati proprio alla gravidanza, tra cui la probabilità di avere un bambino sotto peso. Indubbiamente, il modo migliore per ottimizzare il livello di vitamina D è attraverso l’esposizione al sole. In linea di massima, è necessario esporre circa il 40% di tutto il corpo al sole per circa 20 minuti tra le ore 10 e le 14 del pomeriggio, quando il sole è allo zenit. Ovviamente, senza correre alcun pericolo con l'sposizione ai raggi ultravioletti. In assenza di tempo libero e di giornate soleggiate, una valida alternativa al sole e fonte di questo importante nutriente sono gli integratori alimentari. Una sana abitudine sostenuta e incoraggiata anche dall’Istituto di Medicina Conservativa poiché priva di particolari rischi. Numerose evidenze scientifiche dimostrano che la vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie e nel mantenimento di una salute ottimale. Ci sono circa 30.000 geni nel nostro corpo, e la vitamina D ne influenza 3.000, così come i suoi recettori si trovano in tutto il corpo. Difatti, come dimostra una ricerca su larga scala, i livelli ottimali di vitamina D possono ridurre drasticamente il rischio di cancro. Mantenere i livelli ottimali può aiutare quindi a prevenire almeno 16 diversi tipi di cancro, tra cui pancreas, polmone, ovaie, prostata e tumori della pelle.
Non solo per insaporire. Oltre al contributo a tante opere culinarie, le spezie sono preziose anche per il nostro apparato digerente. Donano sapore al cibo e ci aiutano a metabolizzarlo. Tra quelle poi che facilitano la digestione sicuramente curcuma, zenzero, cumino, finocchio e menta. Concentrati di vitamine e minerali, con azione antiossidante e di contrasto ai radicali liberi. Le spezie sono gli alleati della nostra salute, a zero calorie. Utili per alleviare i sintomi di indigestione e gonfiore addominale. Riducono le contrazioni dell’apparato digerente rilassando i muscoli intestinali permettendo così al cibo, di passare più facilmente. Diverse indagini hanno poi dimostrato che le spezie aumentano notevolmente l’attività della lipasi intestinale, un enzima utilizzato nella digestione e alleviano le irritazioni gastrointestinali. Tra le loro funzioni fondamentali il contrasto alla sindrome dell'intestino irritabile, uno dei disturbi gastrointestinali più comuni caratterizzati da dolore addominale cronico, abitudini intestinali alterate o cambiamenti nella consistenza delle feci. Insomma, ricche di proprietà e indubbiamente diverse da tutti gli altri condimenti come evidenzia a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista INCO (Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità) dell’IRCCS Policlinico San Donato e del Marathon Center del Palazzo della Salute di Milano.
Sicuramente hanno tutte un potere antinfiammatorio e antiossidante e riducono la produzione di radicali liberi. Come sanno bene in Oriente, dove l’uso delle spezie è molto più diffuso, hanno delle proprietà quasi curative, tanto che spesso molti integratori contengono proprio i principi attivi di alcune spezie. Ricordiamo, però, che non sono farmaci, quindi vanno usate con costanza per ottenerne i benefici, e sono perfette proprio laddove non c’è una reale patologia ma una propensione a determinate patologie.
Spezie utili per la salute: curcuma, zenzero, cannella e peperoncino
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è uno dei disturbi funzionali più comuni del tratto gastrointestinale (GI) e la sua presentazione clinica è un dolore addominale inferiore ricorrente progressivo accompagnato da cambiamenti dell'abitudine intestinale (in consistenza e frequenza). Di solito uno stress fisico o emotivo o una specifica abitudine nutrizionale innesca i sintomi. Anche la colite ulcerosa (CU) e il morbo di Crohn (MC) sono condizioni infiammatorie croniche del tratto intestinale: sono la conseguenza di influenze ambientali, disordini genetici, alterazioni del microbiota intestinale, che portano ad una risposta immunitaria anormale con relativa infiammazione. Sebbene l'infiammazione possa rimanere limitata a determinati segmenti gastrointestinali, la funzione dell'intero tratto è alterata. Sebbene l'IBS sia una malattia bio-psico-sociale complessa con un'eziologia multifattoriale, che coinvolge, tra gli altri, la dieta e lo stile di vita, la motilità intestinale alterata è una caratteristica comune, con conseguente disagio addominale cronico, dolore, associato a cambiamenti nelle abitudini intestinali che compromettono la qualità della vita. Come dimostra uno studio condotto da un team di ricercatori della Pennsylvania State University, grazie alla capacità di frenare l’infiammazione che è alla base di alcune patologie molto serie, le spezie proteggono l’organismo da tumori, diabete e malattie cardiovascolari. L’indagine di questi studiosi, con l’utilizzato di un composto di spezie, nasce con l’obiettivo di studiare l'effetto postprandiale di una miscela di spezie sulle risposte infiammatorie delle citochine. L'infiammazione postprandiale che si verifica in concomitanza con iperglicemia e iperlipidemia dopo l'ingestione di un pasto ad alto contenuto di grassi saturi e alto contenuto di carboidrati (HFCM) è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD). Gli studiosi hanno dimostrato che l’aggiunta spezie riduceva sensibilmente questo rischio. Tuttavia, la ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition, ha mostrato la capacità di questi ingredienti di apportare benefici per la salute, riducendo l’infiammazione dell'organismo. Ovvero, i ricercatori hanno scoperto che quando i partecipanti allo studio consumavano un pasto con l’aggiunta di sei grammi di una mescolanza di spezie, questi manifestavano marcatori di infiammazione più bassi rispetto a un pasto privo di queste sostanze. Precedenti ricerche avevano già collegano le spezie alle notevoli proprietà antinfiammatorie.
Utilizzata, oggi come nel passato, per il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali. La Curcuma longa (curcuma) è un'erba perenne, coltivata nel sud-est asiatico. Nella medicina tradizionale è impiegata da secoli per le sue proprietà antitumorali, antimicrobiche, antinfiammatorie, antiossidanti e presenta attività inibitoria dell'acetilcolinesterasi (come riportato nello studio "Curcuma longa Extract Exerts a Myorelaxant Effect on the Ileum and Colon in a Mouse Experimental Colitis Model, Independent of the Anti-Inflammatory Effect". Il costituente principale responsabile del suo colore giallo è la curcumina, antiossidante e antinfiammatorio per antonomasia. L'attività antinfiammatoria della curcumina è stata studiata in varie ricerche in vitro e in vivo. Nell'animale da esperimento è stato dimostrato che un estratto di curcuma previene lo sviluppo della colite indotta dall'acido trinitrobenzene sulfonico (TNBS) attraverso l'inibizione delle vie di trasduzione del segnale critiche per le risposte infiammatorie. Inoltre, è stato dimostrato che previene l'infiammazione attraverso il blocco nella mucosa nella colite cronica indotta da Destrano Sodio Solfato (DSS) e inibisce le funzioni immunostimolatorie delle cellule dendritiche bloccandone l'attivazione. Inoltre, la curcuma, in uno studio randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo, ha dimostrato di essere efficace e sicura nel mantenere, anche nel lungo periodo, la remissione della colite ulcerosa e di ridurre la produzione di specie di ossigeno attivo.
L'ampio uso clinico di Curcuma longa come agente antinfiammatorio e il suo uso empirico nella diarrea nei paesi orientali hanno spinto un‘indagine al fine di valutare se la curcuma eserciti qualche effetto miorilassante sulla motilità ileale intestinale e del colon in segmenti intestinali sani, sia questo effetto, se presente, oltre all’osservazione della colite sperimentale acuta e cronica e, infine, se questo effetto è indipendente dall'effetto antinfiammatorio (come descritto nell'indagine "Curcuma longa L. as a Therapeutic Agent in Intestinal Motility Disorders. 2: Safety Profile in Mouse"). Difatti, l'uso della curcuma come agente antinfiammatorio e quello empirico tradizionale come farmaco sintomatico antidiarroico nei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale hanno suggerito un effetto anche sulla motilità intestinale. In conclusione, l'estratto di curcuma esercita un effetto miorilassante sull'ileo e sul colon indipendentemente dall'effetto antinfiammatorio. Il meccanismo d'azione è dovuto sia ad un effetto miorilassante diretto sugli strati muscolari intestinali sia ad una inibizione non competitiva e reversibile dell'agente colinergico. E ancora, questo studio fornisce il razionale per l'uso della curcuma nei disturbi della motilità e suggerisce una possibile applicazione ai disturbi motori funzionali del tratto gastrointestinale, dovuti all'effetto miorilassante sull'intestino normale, indipendente dall'attività antinfiammatoria.
I rizomi dello Zingiber officinale (zenzero) sono stati utilizzati fin dall'antichità come rimedio tradizionale per i disturbi gastrointestinali. Gli ingredienti più attivi dello zenzero sono i principi pungenti, in particolare gingeroli e shogaoli. Vari studi preclinici e clinici hanno valutato lo zenzero come un trattamento efficace e sicuro per la nausea e il vomito nel contesto della gravidanza e come trattamento adiuvante per la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia. Nello studio viene esaminato l'uso dello zenzero per la prevenzione di nausea e vomito, con particolare attenzione ai tipi e alle presentazioni di zenzero disponibili oltre anche alle proprietà farmacocinetiche dello zenzero. In relazione alle sue proprietà antiemetiche, lo zenzero (e i suoi costituenti) agisce perifericamente, all'interno del tratto gastrointestinale, aumentando il tono gastrico e la motilità grazie alle azioni anticolinenergiche e antiserotoninergiche. Lo zenzero è un'erba antica ampiamente utilizzata nella storia per le sue numerose proprietà medicinali naturali e in particolare come antiemetico. Valida difesa contro l’ulcera e ottimo supporto per alleviare i dolori mestruali. Ricco vitamina B6 e vitamina C e di minerali come potassio, rame, manganese, magnesio, niacina, fosforo e ferro.
Alimentazione e salute: le virtù curative delle spezie
Lo zenzero (Zingiber officinale Roscoe) è un'erba perenne appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, coltivata principalmente in Asia e nelle regioni tropicali, ed è una delle erbe più importanti e ampiamente consumate al mondo. Coltivato per il suo stelo commestibile sotterraneo (rizoma), lo zenzero è stato usato fin dall'antichità sia come spezia che come medicinale a base di erbe per trattare una varietà di disturbi principalmente gastrointestinali, come nausea, vomito (emesi), diarrea e dispepsia, e anche diversi disturbi, tra cui artrite, dolori muscolari e febbre. Questa lunga e consolidata storia di uso medicinale negli esseri umani ha stimolato studi clinici in corso per valutare scientificamente l'efficacia dello zenzero come terapia adiuvante o come medicina complementare e alternativa (CAM) in una serie di indicazioni relative a nausea e vomito. I più studiati di questi includono nausea e vomito in gravidanza (NVP), nausea e vomito indotti da chemioterapia (CINV), nausea e vomito postoperatori e, in misura minore, cinetosi. Infine, lo zenzero è considerato un'erba sicura per il consumo umano e compare nella Food and Drug Administration degli Stati Uniti generalmente riconosciuta come lista sicura oltre ad essere inclusa nelle farmacopee di molti paesi occidentali. Il British Herbal Compendiumelenca definisce lo zenzero come rimedio per il vomito durante la gravidanza.
Stop a gonfiore, indigestione, flatulenza, diarrea e nausea! Riconoscibile dal gusto intenso. Il cumino (come riportato nella ricerca "Cumin Extract for Symptom Control in Patients with Irritable Bowel Syndrome") ha la capacità di aumentare il flusso biliare che accelera i processi digestivi del fegato. Ricco di fibre, calcio, fosforo, ferro e potassio. Ottimo digestivo e prezioso per curare l’intestino e rafforzarne le difese immunitarie, grazie alle sue proprietà antibatteriche e virali. Il C Aluminum Cyminum della famiglia "A Piaceae" conosciuta come cumino è una delle erbe più antiche coltivata in Iran. Il frutto del cumino ha un olio essenziale composto da trepenoidi ed è stato utilizzato come potenziatore energetico e immunitario, digestivo, diuretico, antiparassitario, anti-convulsivo e anti-flatulenza nella medicina tradizionale iraniana ed è utilizzato per la perdita di peso. Uno studio condotto in Germania nel 1996 ha dimostrato che l'olio essenziale di erbe contenente cumino può essere utile nel controllo del dolore addominale in pazienti con disturbi gastrointestinali non ulcerativi. Inoltre, uno studio condotto nel 2000 ha dimostrato che il cumino può alleviare il dolore nei pazienti con malattia gastrointestinale funzionale. L’indagine condotta da Fazel et al. ha anche dimostrato che il cumino può essere utile nella prevenzione delle complicazioni gastrointestinali dopo un taglio cesareo di emergenza riducendo la distensione intestinale, i dolori di coliche, il bruciore di stomaco e il passaggio di gas e la defecazione ritardata. Il cumino è stato anche efficace nel controllo del dolore neurogenico e infiammatorio. Inoltre, secondo evidenze scientifiche, incoraggia l’attività degli enzimi digestivi e diversi studi dimostrano che i pazienti con sindrome del colon irritabile notano una riduzione dei sintomi con un’assunzione regolare.
Allevia i problemi di stitichezza e protegge il colon. Stimola la produzione di succhi gastrici (come evidenzia lo studio "Foeniculum vulgare Mill: A Review of Its Botany, Phytochemistry, Pharmacology, Contemporary Application, and Toxicology") e in virtù di questo viene spesso utilizzato come aiutino digestivo dopo i pasti. Inoltre, contiene numerosi composti preziosi, come composti volatili, flavonoidi, composti fenolici, acidi grassi (circa ventuno) e amminoacidi, una varietà di antiossidanti, oltre alla quercetina che protegge dall’invecchiamento e contrasta le malattie. Foeniculum vulgare Mill comunemente chiamato finocchio è stato utilizzato nella medicina tradizionale per una vasta gamma di disturbi legati ai sistemi digestivo, endocrino, riproduttivo e respiratorio. Inoltre, è anche usato come agente galattagogo per l’allattamento. È un'erba tradizionale e popolare con una lunga storia di utilizzo come medicinale. Una serie di studi ha dimostrato che questa spezia controlla efficacemente numerose malattie infettive di origine batterica, fungina, virale, micobatterica e protozoica. Ha attività antiossidante, antitumorale, chemiopreventiva, citoprotettiva, epatoprotettiva, ipoglicemica ed estrogenica. Alcune delle pubblicazioni hanno affermato che il Foeniculum vulgare Mill ha un tipo speciale di effetto di potenziamento della memoria e può ridurre lo stress. È utilizzato in molte parti del mondo per il trattamento di una serie di malattie, ad esempio, dolori addominali, antiemetici, aperitivo, artrite, cancro, coliche nei bambini, congiuntivite, costipazione, depurativo, diarrea, dieresi, emmenagogo, febbre, flatulenza , gastralgia, gastrite, insonnia, colon irritabile, disturbi renali, lassativi, leucorrea, dolore al fegato, ulcera alla bocca e mal di stomaco.
Dalle notevoli proprietà carminative, con la capacità di evitare la formazione e soprattutto il ristagno di gas a livello gastro-intestinale. È anche apprezzato per le sue proprietà antispasmodiche: allevia gli spasmi intestinali che possono portare a diarrea, quindi è utile per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile. È anche ricco di sostanze fitochimiche e antiossidanti con notevoli benefici.
Facilita la digestione e sgonfia la pancia. Queste, le doti nascoste della menta che svolge un ruolo importante per il nostro apparato digerente. Insomma, un rimedio naturale per chi soffre di problemi digestivi. La menta, infatti, agisce aiutando il rilassamento della muscolatura liscia, diminuendo di conseguenza la sensibilità viscerale e agendo come antimicrobico e antimicotico. In una revisione di 9 studi su 926 persone con la sindrome dell’intestino irritabile, la menta è risultata significativamente superiore al placebo per il miglioramento globale di questi sintomi: con un miglioramento del dolore addominale per il 95% dei soggetti.
PubMed "The efficacy of an herbal medicine, Carmint, [...] with irritable bowel syndrome"
Gazzetta Act!ve "5 spezie per digerire: dal cumino allo zenzero"
Plos One "Curcuma longa [...] of the Anti-Inflammatory Effect"
Middle East Journal "Cumin Extract for Symptom Control in Patients with Irritable Bowel Syndrome"
Plos One "Curcuma longa L. as a Therapeutic Agent in Intestinal Motility Disorders"
Gazzetta Act!ve "Spezie: concentrati di vitamine, minerali e antiossidanti a zero calorie"
Plos One "Foeniculum vulgare Mill: A Review of Its [...] Pharmacology, Contemporary Application è [...]"
PubMed "Peppermint oil for the treatment of irritable bowel syndrome"
Sky Tg24 "I benefici delle spezie, possono aiutare a ridurre l'infiammazione"
The Journal of Nutrition "Spices in a High-Saturated-Fat, High-Carbohydrate Meal Reduce Postprandial Proinflammatory Cytokine Secretion in Men with Overweight or Obesity"
MSN "I benefici delle spezie nell'alimentazione sana"
Letto Quotidiano "Spezie ed erbe aromatiche in cucina che hanno benefici sulla tua salute"
Proiezioni di Borsa "Lasciare nel cassetto le medicine e curarsi con le spezie"
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