Sarcopenia per gli esperti del settore, ma per tutti gli altri questa condizione è meglio nota come riduzione della massa muscolare. Un altro nome che si aggiunge alla lista di malattie, oltre a obesità e patologie cardiovascolari che ci rendono maggiormente vulnerabili al rischio Covid e alle sue capacità di generare gravi complicazioni nei pazienti ospedalizzati. Ennesima evidenza scientifica, anche questa, dimostrata da uno studio italiano coordinato dall’Istituto Galeazzi e dal Policlinico San Donato, in collaborazione con l'Università di Milano. Insomma, dati alla mano, anche una massa muscolare ridotta si è rivelata quindi un fattore prognostico negativo nei pazienti affetti da questa grave infezione, esattamente, come dimostrato, accade in altre patologie e principalmente in ambito oncologico. La ricerca ha coinvolto 552 pazienti, di cui 364 uomini (con età media di 65 anni), ricoverati durante la prima ondata della pandemia nel periodo febbraio-aprile 2020. L’analisi dei parametri si è basata su un modello statistico che ha incrociato le informazioni relative allo stato della muscolatura, ottenute grazie alla Tac toracica eseguita per verificare la presenza di polmonite, con alcuni dati fisici e clinici di ciascun paziente. Lo studio ha messo in luce un’associazione significativa tra la ridotta massa muscolare e l’insorgenza di complicanze da Covid. Teoria che si lega a quella di uno studio inglese che ha valutato l'impatto dell'inattività sulla gravità della malattia. La ricerca pubblicata sul British Journal of Sports Medicine dimostra che chi non pratica attività sportiva ha il 73% di probabilità di finire in terapia intensiva.
Parliamo di "SARCOPENIA" nella puntata n°30 de "Il Cerca Salute"
Non sottovalutare le conseguenze dell’invecchiamento. Oltre alla perdita della massa muscolare anche la conseguente diminuzione della forza. L'avanzamento dell'età adulta è associato a profondi cambiamenti nella composizione corporea, la cui componente principale è una diminuzione della massa muscolare scheletrica. Questa perdita legata all'età nel muscolo scheletrico è stata definita sarcopenia. Questa malattia si origina prevalentemente in tre step: il muscolo viene lentamente sostituito da tessuto adiposo (grasso), le giunzioni tra fibre muscolari e nervose (giunzione neuromuscolare) tendono a degenerare e di conseguenza, aumenta lo stress ossidativo a carico delle fibre muscolari. Si tratta di un processo fisiologico che inizia sostanzialmente dopo i 30 anni di età per poi procedere più rapidamente una volta superata la soglia dei 70. A questo si aggiunge una conseguente perdita di forza pari al 20% entro i 60 anni e al 50% intorno agli 80 anni. Da qui l’importanza di rallentare l’avanzamento di questa patologia invalidante attraverso la costante attività fisica ed una corretta alimentazione in modo tale da evitare che tale condizione degeneri rapidamente in una sindrome da fragilità dell’anziano con conseguente disabilità. Tra le cause principali la scarsa attività motoria e tutte quelle patologie che causano un malassorbimento intestinale come ad esempio diverticolite, malattie infiammatorie croniche dell’intestino (morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa) e disturbi intestinali. Tra i primi sintomi, invece, debolezza, stanchezza, atrofia muscolare e graduale perdita della forza.
Oltre alla funzione che svolge nei confronti del metabolismo energetico, il muscolo scheletrico e il suo declino correlato all'età possono contribuire a importanti cambiamenti associati all'avanzare degli anni come la riduzione della densità ossea, della sensibilità all'insulina e della capacità aerobica. Un processo che è possibile, come già aticipato, rallentare grazie a un approccio combinato: corretta alimentazione, attività fisica e integrazione. Alcuni studi hanno indagato l’eventuale utilità dell’integrazione alimentare (principalmente proteica e/o amminoacidica), spesso in combinazione con un’adeguata attività fisica. Altre indagini hanno invece evidenziato come per tutelare l’anziano dal rischio di sarcopenia siano necessari almeno 1,2 g di proteine per chilogrammo di peso corporeo al giorno (mentre nel soggetto giovane sedentario sono sufficienti meno di 1.0 g per chilogrammo di peso al giorno). Alle proteine (anche e soprattutto di origine vegetale) bisogna poi affiancare altri macro e micronutrienti come fibre, acidi grassi, sali minerali, vitamine, ferro ed acido folico. «Una dieta nutriente over 65 – spiega il professor Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - dovrebbe sempre prevedere l’apporto di [...] polifenoli, aminoacidi, acidi grassi essenziali, antiossidanti, omega-3, sali minerali e vitamine, coenzima Q10, steroli, selenio, acido folico e ferro insieme a supplementi proteici e a integratori specifici suggeriti dal medico di riferimento o dallo specialista».
Le tac toraciche eseguite sui pazienti affetti da Covid-19 ci hanno dato la possibilità di avere accesso a una fonte preziosa di informazioni relative allo stato dei muscoli paravertebrali - conferma Luca Maria Sconfienza, responsabile dell’Unità di Radiologia diagnostica e interventistica all’Istituto Galeazzi e docente all’Università Statale di Milano -Questo ci ha permesso di validare la nostra ipotesi, ovvero che la ridotta massa muscolare sia un fattore rilevante da considerare nei pazienti Covid, come già accade per altre comorbidità. Questi risultati potrebbero essere utili ai colleghi clinici impegnati nei reparti Covid. - Lo studio ha convolto quattro ospedali, il Niguarda a Milano, l'Istituto ospedaliero di Brescia, l'azienda ospedaliero-universitaria di Novara e l'Istituto ortopedico Galeazzi nel capoluogo lombardo. - La grande sfida della pandemia ci ha mostrato nuovamente quanto sia preziosa la collaborazione tra diversi ospedali - sottolinea Simone Schiaffino, del Policlinico San Donato e primo autore della ricerca - E' il modello dello studio multicentrico che integra molteplici esperienze per uno scopo comune: ricavare dalle indagini eseguite dati utili alla prognosi, mediante un dato normalmente non considerato, lo stato muscolare, che esprime in modo efficace una possibile 'fragilità' dei pazienti, concetto quanto mai attuale in questo momento di emergenza.
RIPRODUZIONE RISERVATA LIFE 120 © Copyright A.R.
Per approfondimenti:
Il Giorno "Covid e complicanze, occhio a chi ha pochi muscoli"
La Repubblica "Covid: chi non fa attività fisica ha il 73% di probabilità di finire in terapia intensiva"
PubMed "What is sarcopenia?"
Fondazione Umberto Veronesi "Dieta proteica e attività fisica contro la sarcopenia"
Corriere Nazionale "Covid e sedentarietà: più rischi per la salute"
Gazzetta dello Sport "Aminoacidi ramificati: la corretta integrazione per gli sportivi"
Food Spring "L’effetto degli aminoacidi nello sport"
Gazzetta dello Sport "Antiossidanti, perché sono fondamentali per gli sportivi? Ecco dove trovarli"
Vanity Fair "Quattro modi facili per aggiungere antiossidanti alla tua dieta"
Sapere e Salute "Antiossidanti"
LEGGI ANCHE: Cibo e capelli: aminoacidi e antiossidanti per contrastare la caduta
Antiossidanti: alleati degli sportivi, contrastano i radicali liberi
Sport e vitamina D: riduce il rischio di fratture ed aumenta la tonicità muscolare
Salute e benessere: quando l’attività fisica migliora la qualità della vita
Non solo azzurro. Anche tonno, salmone e tutte le varietà di pesce ricche di omega 3. Buoni e salutari per l’organismo e utili nel contrasto di tante patologie. Due porzioni a settimana di cibi ricchi di questi acidi grassi essenziali riducono l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Giunge a questa conclusione lo studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Internal Medicine, condotto dagli scienziati della McMaster University, che hanno esaminato i dati di oltre 190 mila persone provenienti da 58 Paesi per correlare il consumo di pesce alle condizioni di salute. «Abbiamo osservato dei benefici significativi – sostiene Andrew Mente della McMaster University – ma è noto da tempo che gli acidi grassi omega 3 siano positivi per l’organismo». Il team di studiosi ha raccolto i dati relativi a diversi studi precedenti, considerando un totale di 191.558 persone provenienti da tutto il mondo, 51mila delle quali avevano sviluppato disturbi cardiaci. I partecipanti sono stati monitorati per oltre nove anni, in cui sono stati analizzati i rapporti sul consumo di pesce e di altri alimenti. Stando ai dati dell’équipe di ricercatori, le morti improvvise e i tassi di mortalità complessivi erano rispettivamente del 21 e del 18% più bassi tra i consumatori di almeno due porzioni di pesce azzurro ogni settimana. Altro studio recente, quello della Universitat Rovira i Virgili (URV) e della Harvard Medical School che dimostra i notevoli benefici degli omega 3 sul nostro organismo. Secondo questi ricercatori, il consumo di omega 3, principalmente attraverso il pesce, ma anche negli integratori contenenti questi acidi grassi, contrasta le malattie grazie all’azione che consente di modulare le lipoproteine, le particelle che spostano i lipidi attraverso il sangue. Nello studio gli scienziati si sono concentrati soprattutto su tre tipi di acidi grassi omega-3: acido α-linoleico (ALA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido eicosapentaenoico (EPA), che si possono trovare nel pesce e in altri alimenti, essenziali per la nostra salute.
Teoria già confermata da una precedente ricerca condotta nel 2018 e pubblicata sulla rivista Diabetes Care dove un gruppo di esperti dall’American Heart Association ha concluso che «le attuali evidenze scientifiche supportano fortemente la raccomandazione che i frutti di mare siano parte integrante di una dieta sana per il cuore». Questi alimenti ad alto contenuto di acidi grassi polinsaturi omega 3 a catena lunga (n-3 LCPUFA) sono fonti benefiche che riducono il rischio di morte per cause cardiovascolari, malattie coronariche e ictus ischemico. «I pesci grassi di acqua fredda come salmone, acciughe, aringhe, sgombri, tonno e sardine hanno i livelli più alti di acidi grassi n-3 a catena lunga, in particolare acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico(DHA)». Inoltre, il consumo del pesce azzurro è fortemente raccomandato anche per prevenire lo sviluppo del diabete di tipo 2. Lo studio prospettico e osservazionale condotto Qibin Qi e colleghi dell’Albert Einstein College of Medicine di New York su un campione di 400mila adulti britannici senza diabete o malattie cardiovascolari ha mostrato che il consumo di pesce riduce del 22% l’incidenza di diabete. Altra importante fonte di omega 3 sono i semi di lino, valido supporto per sopperire alla carenza di questi preziosi acidi.
Una persona su tre muore per malattie cardiovascolari. 17,9 milioni di vittime ogni anno. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), infatti, le malattie cardiovascolari in generale rappresentano la prima causa di morte a livello globale. Fino ad oggi era stato dimostrato che un elevato consumo di acidi grassi omega 3 era associato a livelli più bassi di trigliceridi nel sangue. Tuttavia, era stato anche correlato ad un aumento del colesterolo LDL, cioè colesterolo a bassa densità trasportato dalle lipoproteine, noto anche come colesterolo cattivo. Il colesterolo LDL aumenta il rischio di malattie cardiovascolari perché può accelerare la formazione di aterosclerosi, cioè il processo mediante il quale le arterie si induriscono e perdono la loro elasticità. Per contro, lo studio ha scoperto che un aumento del consumo di colesterolo LDL dai pesci è associato principalmente al colesterolo trasportato dalle particelle più grandi di LDL, che sono meno aterogeniche e non con un aumento del numero totale di particelle di LDL. Questa diminuzione del numero di trigliceridi trasportati da qualsiasi tipo di lipoproteina aiuta a proteggere l'individuo dalle malattie cardiache. «Sulla base di questi dati – evidenzia Victoria Taylor, dietista presso la British Heart Foundation, che non è stata coinvolta nello studio – due porzioni di pesce a settimana sembrerebbero rappresentare la quantità minima di pesce necessaria per ottenere il massimo beneficio dalle proprietà nutritive dell’alimento».
OMEGA 3, ecco perchè è importante integrarli per la nostra salute
Chi assumeva almeno 175 grammi di pesce a settimana – osservano gli scienziati – era anche associato a un rischio inferiore del 16% di subire un ictus o un infarto. Mangiare pesce può infatti aiutare a combattere le malattie cardiovascolari e le condizioni cliniche associate a disturbi cardiaci o dei vasi sanguigni. Sardine, sgombro, merluzzo, salmone, tonno e tutte le varietà di pesce ricche di omega 3 possono portare a benefici a livello cardiaco, oculare e cerebrale l’acido docosaesaenoico, o DHA, della categoria degli omega 3, in particolare, è fondamentale per la crescita e lo sviluppo dell’organo cerebrale, tanto che costituisce circa il 14% degli acidi grassi nel cervello umano. Salmone e tonno non sono propriamente pesci azzurri ma sono assimilabili alla categoria per via delle proprietà nutritive». - Gli studiosi aggiungono inoltre che i benefici sono stati osservati indipendentemente dalla modalità di conservazione dell’alimento - «Fresco, congelato o in scatola, il pesce è fondamentale per la salute cardiovascolare – precisa Taylor – che sia bianco o grasso, inoltre, il pesce rappresenta un’ottima fonte di proteine ed è un’alternativa preferibile alla carne rossa e lavorata. La dieta […] ricca di verdura, frutta […] e pesce, rappresenta una delle abitudini alimentari più sane, in grado di ridurre il rischio di problemi legati a ipertensione, colesterolo alto e malattie cardiache.
I 3 tipi di acidi grassi omega 3 studiati, acido α-linolenico, DHA e EPA sono presenti nei pesci e in altri alimenti e lo studio ha scoperto che differiscono nella loro associazione con il rischio di patologie cardiovascolari. Altro punto a favore: gli effetti positivi sul cervello. Dimostrati da decine di studi internazionali, gli acidi grassi entrano a far parte delle membrane cellulari, che si mantengono elastiche, e combattono l’invecchiamento mentale, infatti, gli omega 3 influenzano soprattutto la memoria, l’orientamento spazio-temporale, l’attenzione, la fluidità di parola e la velocità di elaborazione dei dati, migliorando sia le performance. Hanno, inoltre, un’azione antitrombotica e migliorano il ritmo cardiaco evitando l’insorgenza di aritmie. Conservano l’elasticità cutanea, rendendo la pelle compatta e meno segnata dalle rughe del tempo. Svolgono un’azione riparatrice delle membrane cellulari, ne ritardano la comparsa e rimediano ai danni già fatti.
AGI "Pesce azzurro in tavola due volte a settimana riduce i rischi cardiaci"
Ansa "Meno rischio cardiaco con 2 porzioni di pesce a settimana"
URV "A study identifies the mechanism by which eating fish reduces the risk of cardiovascular disease"
Corriere Nazionale "Chi mangia regolarmente pesce azzurro ha un rischio significativamente inferiore di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a chi prende integratori"
Notizie Scientifiche "Omega-3 del pesce riduce rischio di malattie cardiovascolari modulando lipoproteine"
Ragusa News "Omega-3: perché inserirli nella dieta"
Journal of the American Heart Association (JAHA) "Habitual Fish Consumption, n‐3 Fatty Acids, and Nuclear Magnetic Resonance Lipoprotein Subfractions in Women"
Il Fatto Alimentare "Omega 3: guida al consumo degli acidi grassi essenziali molto presenti nel pesce azzurro e nel salmone e pochissimo nei filetti di sogliola"
Il Giornale "Gli integratori omega 3 salvano cuore, mente e portafogli"
Prima Lodi "Che cosa sono gli Omega 3 e a cosa servono"
Prima Milano Ovest "I benefici degli Omega 3, fra pesce, frutta e verdura"
LEGGI ANCHE: Columbia University: ecco il perché gli omega 3 proteggono dall'Alzheimer
Cibi ricchi di omega 3 aiutano a combattere la stanchezza
Ricerca: i semi di lino ottimi per abbassare il colesterolo e ricchi di omega 3...
Ricercatori: per infiammazione e depressione, consigliata integrazione con Omega 3
Una proteina “impalcatura” che dona sostegno al nostro corpo. Effetto confermato anche da diversi studi scientifici, i quali dimostrano con risultati alla mano che l’assunzione di peptidi di collagene migliora l’idratazione della pelle, l’elasticità e aiuta a ridurre le rughe del viso. Secondo uno studio, l’assunzione del collagene mostra effetti positivi sulla profondità delle rughe degli occhi, le cosiddette zampe di gallina. Dopo aver assunto 2,5 grammi di peptidi di collagene bioattivo ogni giorno per un periodo di otto settimane, la profondità delle rughe dei soggetti in questione si è ridotta in media di circa il 18 percento e la carnagione si è raffinata (Proksch, E. et al. 2014). Tra gli altri effetti positivi sulla pelle: l’assunzione di collagene aumenta l’idratazione della pelle (Asserin, J. et al. 2015 e Kim, D. U. et al. 2018). Un’altra indagine dimostra che l’assunzione giornaliera di un preparato di collagene porta a un miglioramento dell’elasticità della pelle. I partecipanti allo studio hanno consumato una fiala di un prodotto di collagene contenente 5 grammi di peptidi di collagene bioattivo ogni giorno per 90 giorni (Genovese, L. et al. 2017). Efficace anche contro gli inestetismi della cellulite, nota anche come pelle a “buccia d’arancia”, si verifica quando un tessuto connettivo si indebolisce e non è più in grado di trattenere la cellule adipose nel tessuto sottocutaneo. Il tessuto adiposo sottocutaneo in questione può quindi penetrare più facilmente negli strati superiori della pelle e gonfiare visibilmente la pelle all'esterno. E ancora, secondo uno studio, il collagene può aiutare a combattere la cellulite e a ridurre le ondulazioni della pelle sulle cosce. Una dose giornaliera di 2,5 grammi di peptidi di collagene ha portato dopo 6 mesi a una riduzione del livello di cellulite nelle donne con un peso regolare o in sovrappeso. (Schunck, M. et al. 2015).
Stabili e flessibili. E quando i legamenti si strappano e le ossa si rompono, il collagene diventa anche un prezioso aiuto per le articolazioni. Fondamentale soprattutto per gli sportivi, in caso di sforzo eccessivo, ma anche per chi soffre di artrosi (usura articolare) o artrite reumatoide (malattia infiammatoria delle articolazioni). Effetto benefico dimostrato da altre due ricerche: nel primo studio si è visto che l’assunzione giornaliera di capsule di collagene hanno migliorato il funzionamento dell’articolazione del ginocchio e ridotto la rapida insorgenza di disagio e di dolore articolare durante l’esercizio fisico (Lugo, J. P. et al. 2013) e nel secondo, è stato esaminato l’effetto del collagene in caso di artrosi. Il risultato: l’assunzione di 40 milligrammi di collagene di tipo II ha migliorato nei pazienti con artrosi al ginocchio i sintomi dell'articolazione del ginocchio e i sintomi correlati (Lugo, J. P. et al. 2015). Infine, il contributo fornito alla costruzione muscolare: in uno studio, condotto su soggetti anziani con perdita muscolare, è stato riscontrato che l'assunzione di collagene idrolizzato in combinazione con l'allenamento di forza aiuta la costruzione muscolare (Zdzieblik, D. et al. 2015).
La riduzione di collagene, in età avanzata, è associata alla comparsa delle rughe (figura sopra)
Contorni meno definiti e tonici. Una rigenerazione che decresce inesorabilmente per poi crollare dopo i 40. La produzione di collagene rallenta dell’1,5% ogni anni a cominciare dal ventesimo/venticinquesimo anno di vita e di conseguenza diminuisce anche il livello di collagene nel corpo. Oltre a un fattore strettamente genetico, questa produzione si riduce anche in conseguenza con il calo dei livelli di estrogeno, alla diminuzione del numero di fibroblasti nella pelle diminuisce, alla carenza di vitamina C (che inibisce la degradazione del collagene e grazie alla sua azione altamente ossidante evita il deterioramento delle fibre di collagene) oltre a influssi esterni come le radiazioni UV, il fumo, lo stress o un’alimentazione scorretta. SOS glicazione. Colpevole lo zucchero in eccesso può raggiungere la pelle attraverso il sangue sotto forma di glucosio e fruttosio. Si origina così una reazione (glicazione appunto), in cui le molecole di zucchero si attaccano alle fibre di collagene e le induriscono. Troppo zucchero, carboidrati o cibi ricchi di zuccheri, oltre a rallentare e inibire la sintesi del collagene, accelerano quindi l’invecchiamento e la comparsa di rughe sulla pelle. Obiettivo: mantenere compattezza e tonicità, prevenendo le rughe. A questa proteina, infatti, è affidato l’arduo compito di sostenere il viso, conferendo alla pelle resistenza ed elasticità. E allora stop all’invecchiamento cutaneo! Per una pelle soda, liscia e giovane? Stimolare la produzione di collagene con una dieta sana e migliorare quest'apporto con prodotti di bellezza adeguati. Diverse funzioni complesse e fondamentali. Gloria Mosconi, biologa mette in luce le peculiarità di questa notevole proteina in un'intervista esclusiva a Life 120:
Come avviene la biosintesi del collagene?
La biosintesi del collagene avviene sia all’interno che all’esterno della cellula ed è enzimaticamente coadiuvata. Nella fase iniziale l’m-RNA di circa 34 geni viene trascritto e successivamente tradotto a livello dei ribosomi a ridosso della parete del RER; nella catena nascente di procollagene alcuni residui di prolina e lisina vengono idrossilati da due specifici enzimi per formare idrossiprolina e idrossilisina con catene alfa di procollagene. Tre di queste catene si avvolgono a formare una tripla elica, stabilizzata dal legame idrogeno. Questa catena passa all’apparato del Golgi, dove i filamenti idrossilati subiscono una glicosazione, ovvero l’aggiunta di zuccheri sulla catena peptidica in corrispondenza dell’idrossilisina. A questo punto la molecola è escreta verso l’esterno dove subisce l’azione del procollagene peptidasi. Questo enzima è necessario per il processamento extracellulare del collagene che sarà in grado di rimuovere i residui Ne C terminali con formazione di tropocollagene tra le cui molecole si instaureranno legami covalenti e che tenderanno a disporsi in file parallele formando le fibrille.
Considerato un potente “anti-età”, secondo la scienza può essere utilizzato nel contrasto a rughe e segni d’espressione?
Purtroppo la sintesi di collagene diminuisce con l’invecchiamento aumentando infatti la sua degradazione e con essa la rugosità della cute, che diviene meno compatta e più sottile. È per questo che il collagene trova largo spazio anche nella cosmetica.
Oltre all’invecchiamento cutaneo è prezioso anche per l’organismo? In che modo esercita la sua azione benefica?
L’importanza di questa proteina svolge il suo ruolo non solo dal punto di vista estetico, come è noto, ma anche dal punto di vista strutturale dando sostegno al corpo. Infatti a lungo andare, man mano che l’età tende ad avanzare , anche la produzione di collagene tende a diminuire contribuendo così ad una perdita di tono muscolare, una lentezza dei movimenti, una fragilità di unghie e capelli, e la pelle si raggrinzisce. Stimolare la sua produzione , contribuisce alla guarigione e la riparazione di danni alle ossa e cartilagini e quindi al mantenimento del sostegno, della forza e dell’elasticità di queste. Migliora l’ampiezza di movimento in caso di osteoartrite , previene il deterioramento delle articolazioni, previene la demineralizzazione ossea, ed accelera anche la cicatrizzazione delle ferite.
Come opera nel processo di costruzione del muscolo?
La quantità delle proteine corporee viene associata alla massa magra o più precisamente massa muscolare scheletrica e ne fanno parte le proteine oltre all’acqua e sali minerali. Ora le proteine sono macromolecole composte da tanti mattoncini detti amminoacidi; nella sintesi proteica intervengono solo 20 amminoacidi diversi fra loro, mentre nell’organismo il numero di proteine è di centinaia di migliaia. Come è noto le funzioni delle proteine sono diversissime. Fra queste emerge la funzione strutturale in cui il tessuto connettivo del corpo (cioè quello che sostiene e fa da ponte tra i diversi organi e strutture corporee) è costituito principalmente dal collagene. Il collagene ha proprio il ruolo di collegare ed “incollare” gli elementi cellulari di organi e tessuti quindi anche del muscolo ed ha la capacità di rinnovarsi sempre.
Ci sono controindicazioni ed effetti collaterali?
È chiaro che la stimolazione fisiologica di produzione del collagene è un evento molto positivo che ci protegge dai fenomeni legati ai processi di invecchiamento. L’intento di tutti dovrebbe essere quello di stimolare il più possibile, attraverso la corretta alimentazione, questo fenomeno naturale. Il contributo di creme ed integratori può essere senza dubbio, un’azione di rinforzo, sinergica allo stile di vita, che deve essere sempre al primo posto. Gli integratori di collagene sono bene tollerati e possono considerarsi prodotti sicuri, purché utilizzati in maniera responsabile. Sono chiaramente controindicati a chi soffre di allergia a qualche componente del prodotto, ai bambini e alle donne in gravidanza. È comunque sempre opportuno consultare il medico. Per minimizzare i rischi è preferibile scegliere integratori di collagene idrolizzato e che provengano da un animale a cui non si è allergici.
È possibile ottimizzare l’approvvigionamento di collagene con l’alimentazione giusta e cosmetici mirati?
L’invecchiamento è la prima causa di diminuzione del collagene. Lo stile di vita, gioca un ruolo fondamentale per la riduzione di questa proteina all’interno del proprio corpo. Prima cosa da focalizzare è che una dieta che presenta una elevata quantità di alimenti zuccherati, porta alla GLICAZIONE, un processo attraverso cui zuccheri sia intra che extracellulare, si legano alle proteine generando la formazione di molecole alterate, chiamate Glicotossine o AGE, che legandosi a specifici recettori, chiamati RAGE, si accumulano in maniera importante, aumentando la produzione e la liberazione all’interno dei tessuti dei Radicali Liberi e di molecole pro-infiammatorie, con conseguente alterazione della funzionalità e distruzione degli stessi. Questo è un processo infatti, non a caso, particolarmente abbondante nei pazienti diabetici di tipo II. Il legame tra zuccheri e proteine è un fattore biologico che condiziona il processo di invecchiamento cellulare, quello dei tessuti ed in generale dell’organismo. Non può esistere longevità quindi, senza una riduzione o quantomeno un controllo di questo processo metabolico. Anche a livello cutaneo assistiamo alla conseguenza di questo accumulo di glicotossine con conseguente accumulo nelle pelle che si manifesta con un aumento dello spessore apparendo dura ed ispessita. Chiaramente questo processo di glicazione proteica crea alterazione, oltre che sulla pelle, anche in altri organi del nostro organismo. Alla luce di ciò l’orientamento è verso il consumo di particolari zone di alimenti proteici, come ad esempio nelle lische, nelle pinne, nelle squame presenti nelle sardine, acciughe e sgombri , nella pelle, nelle zampe e cotenna del maiale, nelle ossa sottoforma di brodo, , e nelle cartilagini degli animali (pesce, pollame, maiale, bovini), nella gelatina che si ottiene da ossa, tendini, cartilagini e pelle di diversi animali. A livello cosmetico, l’applicazione di collagene così come tale, non può considerarsi la scelta ottimale in quanto questa proteine presenta una struttura chimica troppo grande per essere assorbita. E’ proprio per questo motivo che nei cosmetici di alta qualità si preferisce utilizzare collagene in forma idrolizzata o piccoli peptidi per favorirne l’assorbimento e quindi la loro funzione. In conclusione la riduzione della produzione di collagene inizia già a partire dai 25 anni e può essere accelerata da fattori genetici, alimentazione non sana, soprattutto ricca di zuccheri, fumo, esposizione ai raggi solai, smog e condizioni ambientali e stress. Siamo noi i primi a poter fare qualcosa per la salvaguardia della nostra salute.
Qual è la correlazione tra collagene e vitamina C?
A dare un contributo alla sintesi del collagene, gioca un ruolo importante la Vitamina C. Infatti quest’ultima interviene nella conversione della Prolina in Idrossiprolina e della Lisina in Idrossilisina ad opera dei rispettivi enzimi che richiedono Ferro 2+. Ed è proprio la Vitamina C che permette di mantenere il ferro in questa forma ridotta e consentire quindi la sintesi di collagene.
Il Corriere della Sera "Dai peperoni rossi alle uova, ecco i cibi che aiutano a fare il pieno di collagene"
AGI "Pelle: contro l'invecchiamento, glicani stimolano collagene"
Ansa "Rughe, è tutta una questione d'acqua"
Io Donna "Il collagene è il trend beauty del momento. Come funziona e cosa bisogna sapere?"
Wikipedia "Collagene"
DiLei "Collagene: cos’è, a cosa serve, cosa mangiare e integratori"
JAAC "Trehalose-Induced Activation of Autophagy Improves Cardiac Remodeling After Myocardial Infarction"
Alimentazione Gazzetta "Dieta e beauty routine per una pelle luminosa e sana: alimenti, creme e trattamenti"
Il Secolo XIX "C’è uno zucchero che piace anche al cervello"
Alimentazione Gazzetta "Vitamine per la pelle, nella dieta e nelle creme: quali sono le più utili?"
Wikipedia "Pelle"
Starbene "Salute della pelle e alimentazione"
Gazzetta Act!ve "Zuccheri, ecco perché troppi fanno male. Quali sono i benefici di una dieta che ne è priva?"
LEGGI ANCHE: Un’impalcatura tra bellezza e salute: il sostegno fondamentale del collagene
La pelle: estesa, complessa ed esposta. Un organo di cui prendersi cura quotidianamente
Argento colloidale, le notevoli virtù di un antico rimedio naturale
Trealosio: un amico della pelle tra proprietà conservative e antiossidanti
La vitamina della bellezza: tanti benefici per una pelle sana e radiosa
Vitamine C e D: alleati del benessere per una pelle sana e abbronzata
Un ruolo prezioso per salute e bellezza. Dalla pelle alle articolazioni, dalle ossa e ai muscoli, ma previene anche la fragilità di unghie e capelli. Naturalmente presente nel derma cutaneo, i suoi notevoli effetti si estendono a tutto il corpo. Il collagene è il componente essenziale della nostra pelle, la proteina strutturale principale del nostro tessuto connettivo, quella più comune del corpo umano che fornisce la resistenza alla trazione del tessuto connettivo stesso. Non solo nella pelle, si trova anche nei legamenti, nei tendini, nella cartilagine, nelle ossa, nei muscoli scheletrici, nei vasi sanguigni e persino nei denti. Una struttura che consente di offrire resistenza meccanica. Costituito da diverse catene proteiche lunghe che a loro volta sono composte da diversi aminoacidi (glicina, prolina e idrossiprolina). Esistono 28 tipi di collagene diversi che si distinguono per composizione, struttura e funzione. Formato poi da diverse cellule, a seconda del tipo e della funzione svolta: i fibroblasti (cellule del tessuto connettivo) e gli osteoblasti (cellule del tessuto osseo) producono principalmente collagene di tipo I e III, mentre i condrociti (cellule del tessuto cartilagineo) formano principalmente collagene di tipo II.
Attraverso la sintesi del collagene le varie cellule vengono allineate in oltre 1000 aminoacidi per formare una catena lunga, la catena polipeptidica, chiamata anche procollagene. Utilizzato come rimedio in caso di ustioni gravi della pelle e impiegato anche in medicina estetica come riempitivo. Noto agente anti-invecchiamento, insieme all’acqua rende la pelle più tonica e compatta, ma niente dura per sempre. Difatti, la produzione di collagene diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i principali segnali di questa scomparsa sicuramente secchezza cutanea, linee pronunciate e rughe sempre più evidenti. Un valido supporto per integrare questa carenza deriva dall’esterno grazie a cosmetici mirati e dall’interno con un’alimentazione sana e bilanciata. Durante il processo di invecchiamento la struttura della pelle diventa inevitabilmente più instabile con il conseguente rilassamento cutaneo e la formazione delle prime rughe e l’assottigliamento della pelle. Questo avviene perché causa della sempre più ridotta densità della struttura del collagene, la struttura e l’elasticità della pelle si deteriorano. Il segreto per prevenire efficacemente questo invecchiamento è la giusta sinergia tra un’alimentazione intelligentemente bilanciata e la corretta selezione di prodotti cosmetici mirati ed efficaci per scoraggiare l’avanzare degli anni e sostenere i bisogni del tessuto connettivo.
Diverse funzioni complesse e fondamentali. Gloria Mosconi, biologa mette in luce le peculiarità di questa notevole proteina in un'intervista esclusiva a Life 120:
Che cos’è e com’è composto il collagene?
Il collagene è uno dei componenti principali del tessuto connettivo che contribuisce a conferire resistenza ai tessuti, tonicità, compattezza e turgore della pelle. Occupa un ruolo importantissimo fra le proteine strutturali nella matrice extracellulare cioè nello spazio tra una cellula e l’altra. E’ presente nel nostro corpo in misura pari al 20% fino 35%, fino ad arrivare al 90% nella nostra pelle, in particolare a livello del derma, dove, insieme alla presenza di fibre elastiche e glicosaminoglicani, dà origine alla sua caratteristica struttura tridimensionale che rappresenta proprio l’impalcatura della nostra pelle. Dal punto di vista strutturale, la prolinia, l’idrossiprolina e la glicina sono gli amminoacidi predominanti nelle fibre di collagene. Queste ultime sono organizzazioni di molecole di tropocollagene, che si associano in modo diverso tra loro, per generare diversi gradi di resistenza. Il tropocollagene è l’unità funzionale del collagene, costituito da tre filamenti (tre catene proteiche) che unendosi fra di loro formano la tripla elica, costituita da due catene identiche, ed una terza che differisce dalle prime due. Come già detto, gli amminoacidi che la caratterizzano, sono tre: glicina, prolina e idrossiprolina, che durante il corso della vita, hanno la particolarità di rinnovarsi sempre.
Quanti tipi di collagene esistono e a cosa servono?
I collageni sono un gruppo di glicoproteine naturali che si trovano nel tessuto connettivo degli animali. Il collagene associato in fibrille, oltre che nel derma, è presente anche nelle ossa, nelle cartilagini, tendini, legamenti, cornea, pelle, vasi sanguigni, ed annessi cutanei (capelli ed unghie), in sostanza ovunque ci sia del tessuto connettivo. Per questo motivo, il collagene si distingue in diversi tipi, quelli più importanti sono: Collagene di tipo I, che rappresenta circa il 90% del collagene totale; Collagene di tipo II, componente del tessuto cartilagineo; Collagene di tipo III, presente nel derma e vasi sanguigni ed infine Collagene di tipo IV che svolge le funzioni di sostegno ed è una componente anche della membrana basale.
Questa proteina è davvero così importante? Quali sono i benefici per la pelle?
L’importanza del collagene è legata principalmente alle sue molteplici funzioni di sostegno nei confronti non solo del derma ma anche di ossa tendini cartilagini e vasi sanguigni; non a caso infatti è una delle proteine più abbondanti dell’organismo. Nel derma in particolare insieme alle fibre elastiche e ai glicosamminoglicani, dà origine a quella struttura tridimensionale compatta e resistente che sorregge la cute conferendo resistenza ed elasticità, compattezza e turgore, minimizzando la presenza di rughe.
LEGGI ANCHE: La pelle: estesa, complessa ed esposta. Un organo di cui prendersi cura quotidianamente
Esposti e vulnerabili. Sul banco degli imputati finiscono insonnia e stress. Condannati da nuovi studi, queste patologie influiscono negativamente non solo sul nostro stile di vita, ma anche sulla nostra azione difensiva da attacchi esterni. Un accumulo di ansia e stress per adattarsi a questa nuova quotidianità con cui conviviamo da più di un anno. Le alterazioni del sonno sono un fattore di rischio per l'obesità, l'ipertensione, il diabete oltre ad alcune forme di cancro, tra cui al seno e alla prostata. Anche lo stress abbassa le nostre difese, oltre a renderci particolarmente irritabili e ansiosi ci espone maggiormente al rischio di contagio. Legato a una situazione temporanea, contingente, facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. Quindi, tra le soluzioni tra adottare nell’immediato sicuramente quella di intervenire sullo stile di vita abbassando i livelli di cortisolo e aumentando così la capacità immunitaria del nostro organismo. Un prezioso aiuto arriva poi anche dall'assunzione di integratori alimentari che limitano la produzione stessa del cortisolo.
Il sonno ci protegge dalle infezioni. Difatti, l’insonnia o un sonno frammentato incidono negativamente sul nostro sistema immunitario e, di conseguenza, sul nostro benessere psicofisico. Insomma, due importanti condizioni da non sottovalutare. L'insonnia è un grave problema di salute associato a un grande carico psicologico. Mentre lo stress (dall’inglese “sforzo o spinta”) indica una “trasformazioni morfologiche tangibili in vari organi, particolarmente nelle ghiandole endocrine che stanno sotto il controllo dell'ipofisi anteriore” (Selye, 1936). Tra i notevoli danni provocati, il cortisolo non indebolisce solo il sistema immunitario, ma agisce sul cuore, aumentando la pressione e la frequenza cardiaca, agisce sul sistema respiratorio, stimolando la funzione respiratoria, aumenta la funzione metabolica, e quindi i livelli di glicemia nel sangue, rallenta il sistema digestivo e inibisce il sonno. In altre parole, di fronte ad uno stress non fa altro che peggiore una condizione critica. Un sondaggio dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico) ha evidenziato che a incidere sullo stress è stato anche lo smart working. Le prime vittime di questo stress da pandemia sono proprio le donne che hanno registrato un incremento dell’ansia di ben il 73%.
Tirando le somme, questa condizione decisamente critica porta a un aumento del 45% dei problemi di salute. Infatti, secondo gli esperti della World Sleep Society (Wss), i responsabili sarebbero proprio insonnia, disturbi del sonno e cattivo riposo notturno. In media, in quasi tutti i Paesi, il 10-15% della popolazione nazionale è affetta da patologie del sonno mentre un altro 30% circa riferisce una sensazione di riposo non riparatore e di stanchezza al risveglio. Un quadro critico che è indubbiamente peggiorato a causa della pandemia da Covid-19 e con le relative restrizioni che hanno modificato inevitabilmente i nostri ritmi di vita. Eppure un sonno regolare favorisce il miglioramento del sistema immunitario che ci rende vulnerabili a virus e a tante altre malattie. Infatti, come spiegano gli studiosi della Wss, le alterazioni del sonno hanno conseguenze psicologiche e psichiatriche molto negative, quali l'aumento dell'ansia e dello stato depressivo. Sulla salute del corpo umano poi, sono un ulteriore fattore di rischio aumentato di sovrappeso, obesità, ipertensione, diabete ed alcune forme di cancro, soprattutto del seno e della prostata.
Ma quali sono gli accorgimenti per riposare correttamente e arginare questa condizione rischiosa?
Lo stress è sicuramente legato ad una situazione temporanea, contingente, che facilita la produzione di cortisolo, il cosiddetto ormone dello stress. E questo vale anche per noi, che stiamo subendo una pressione cronica legata a questa situazione. Ma lo stress non migliora la risposta immunitaria, anzi. Quindi è importante cerca di arginarlo. Dormire, sicuramente, perché il riposo abbassa i livelli di cortisolo e aumenta la capacità immunitaria del nostro organismo. E’ la cosa più importante. A livello di alimentazione una dieta mediterranea vera, equilibrata, è sicuramente ottima in termini di acquisizione di tutti i nutrienti. Di certo un apporto di vitamina C e di vitamine del gruppo B è utile. Ma è bene soprattutto dormire.
INSONNIA? Come DORMIRE bene e svegliarsi riposati
Senza trascurare quanto dimostrato da una ricerca della Clinica universitaria di Navarra, in Spagna, ha anche evidenziato l'incidenza del cattivo sonno sull'insorgere del morbo di Parkinson: il 33% dei pazienti con disturbi del riposo notturno lo sviluppano entro 5 anni e più del 75% entro 10 anni. Tra i principali suggerimenti per migliorare la qualità del sonno c'è sicuramente quello di rispettare orari fissi sia per andare a letto che per alzarsi, riposare in media tra le 7 e le 8 ore a notte, non pensare di compensare nei weekend il sonno perso durante la settimana. Contribuiscono, inoltre, a una buona dormita anche l’alimentazione sana ed equilibrata per fare il pieno di sostanze nutritive senza appesantirsi troppo, una regolare attività fisica, la programmazione della propria giornata, l'esposizione ai raggi del sole per fare la scorta di vitamina D, l'esposizione ai dispositivi elettronici nelle ore serali e prima di andare al letto, e l'attività fisica troppo pesante, la moderazione nei consumi di fumo e alcool, evitare infine cibi pesanti, zuccheri, bevande gassate e caffeina, nemici per antonomasia del corretto riposo. Allontana le estenuanti notti insonni anche il magnesio, un prezioso minerale dall’effetto miorilassante, fondamentale per la nostra salute soprattutto in vista dell’estate. «Sicuramente si tratta di un sale minerale molto utile in caso di stress fisico e psichico», spiega a Gazzetta Active la dottoressa Jessica Falcone, biologa nutrizionista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro e la RAF First Clinic di Milano. Un vero e proprio toccasana per il benessere, la sua presenza nella dieta, come evidenziato nell studio statunitense "Magnesium intake and depression in adults", riduce il rischio di depressione.
Stimola il rilassamento muscolare, contrastando i crampi e ripristinando la contrazione muscolare, come il calcio, ma agisce anche a livello del sistema nervoso, favorendo la distensione e avendo come effetto anche un miglioramento della qualità del sonno. Questa sua azione miorilassante è data dal fatto che questo minerale riduce la produzione di adrenalina. Carenze di magnesio si possono osservare in condizioni di forte stress, intensa attività fisica e sportiva o sudorazione importante. Anche l’insonnia e i disturbi gastrointestinali possono indicare una carenza di magnesio.
La risposta giusta contro stress, notti insonni, sbalzi d’umore, ansia e stati d’irritabilità si trova a tavola. In sostanza, è importante ridurre lo stress ossidativo attraverso l’assunzione, nella dieta, di tutte quelle vitamine e quei sali minerali che hanno una sorta di funzione di reintegro. Minerali come il potassio, il sodio e il magnesio, ma anche vitamine coma la C, potente antiossidante, oltre a quelle del gruppo B, in grado di ridurre il senso di stanchezza e migliorare la condizione stressogena generale a livello fisico e mentale. E ancora la vitamina D, grande alleata del sistema immunitario. Queste sostanze stimolano la contrazione e il rilassamento muscolare, agendo proprio come miorilassante, migliora la qualità del sonno.
Gazzetta Active "Lo stress abbassa le difese immunitarie. Il virologo: “Dormire è fondamentale"
Agi "Dormire male indebolisce le difese immunitarie"
Gazzetta Active "Sistema immunitario, così il sonno ci protegge dalle infezioni. Dormite poco? Ecco i rischi"
PubMed "Magnesium intake and depression in adults"
Radio 24 "Il sonno amico del nostro cervello"
Corrriere della Sera "Gli effetti sul sonno della pandemia"
Il Messaggero "Covid: stanchezza, affaticamento e insonnia. Gli strascichi della malattia nello studio del Careggi"
Il Giornale "Coronavirus e insonnia: cosa fare per dormire meglio"
The italian times "Insonnia: cause e rimedi per curare ansia e stress da mancanza sonno!"
Plos Biology "A bidirectional relationship between sleep and oxidative stress in Drosophila"
Vanity Fair "INSONNIA E PROBLEMI COL SONNO: ECCO COSA FARE SE NON RIESCI A DORMIRE"
La Repubblica "Dormire poco fa male al cuore"
Plos Biology "Broken sleep predicts hardened blood vessels"
Fondazione Veronesi "Insonnia: se dormi male anche il cuore rischia"
La Repubblica "Anziani, se troppo sonno diventa la spia di diabete e problemi di cuore"
Il Giorno "Effetto Coronavirus: Aumentati i pazienti con disturbi del sonno"
La Repubblica "Coronavirus: irritabilità, insonnia e paura per il 70% dei ragazzi"
Io Donna "Post lockdown: 6 bambini su 10 mostrano ansia, irritabilità e disturbi del sonno"
LEGGI ANCHE: Cortisolo, vittime le "casalinghe disperate": donne più stressate del 73%
Arriva la dieta antistress. Alla riconquista delle energie perdute con vitamine e minerali
Dall’insonnia al raffreddore, quando dormire poco indebolisce il sistema immunitario
+ 25%. Tra Covid, insonnia e stress: le ”ore piccole” dei nottambuli
Insonnia e disturbi del sonno triplicano il rischio di sviluppo del Parkinson
Melatonina e vitamina D: il connubio vincente contro il Covid
L'insonnia fa male al cuore: dalle notti tormentate alle patologie cardiovascolari
Dormire bene ai tempi del Covid: post lockdown, + 71% con disturbi del sonno
Dormire poco danneggia cuore e cervello: ecco tutti i possibili rischi dell'insonnia
Sonno e apnee notturne: oltre al fastidio, aumenta il rischio di infarto e ictus
Non solo per insaporire. Oltre al contributo a tante opere culinarie, le spezie sono preziose anche per il nostro apparato digerente. Donano sapore al cibo e ci aiutano a metabolizzarlo. Tra quelle poi che facilitano la digestione sicuramente curcuma, zenzero, cumino, finocchio e menta. Concentrati di vitamine e minerali, con azione antiossidante e di contrasto ai radicali liberi. Le spezie sono gli alleati della nostra salute, a zero calorie. Utili per alleviare i sintomi di indigestione e gonfiore addominale. Riducono le contrazioni dell’apparato digerente rilassando i muscoli intestinali permettendo così al cibo, di passare più facilmente. Diverse indagini hanno poi dimostrato che le spezie aumentano notevolmente l’attività della lipasi intestinale, un enzima utilizzato nella digestione e alleviano le irritazioni gastrointestinali. Tra le loro funzioni fondamentali il contrasto alla sindrome dell'intestino irritabile, uno dei disturbi gastrointestinali più comuni caratterizzati da dolore addominale cronico, abitudini intestinali alterate o cambiamenti nella consistenza delle feci. Insomma, ricche di proprietà e indubbiamente diverse da tutti gli altri condimenti come evidenzia a Gazzetta Active la dottoressa Emanuela Russo, dietista INCO (Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità) dell’IRCCS Policlinico San Donato e del Marathon Center del Palazzo della Salute di Milano.
Sicuramente hanno tutte un potere antinfiammatorio e antiossidante e riducono la produzione di radicali liberi. Come sanno bene in Oriente, dove l’uso delle spezie è molto più diffuso, hanno delle proprietà quasi curative, tanto che spesso molti integratori contengono proprio i principi attivi di alcune spezie. Ricordiamo, però, che non sono farmaci, quindi vanno usate con costanza per ottenerne i benefici, e sono perfette proprio laddove non c’è una reale patologia ma una propensione a determinate patologie.
Spezie utili per la salute: curcuma, zenzero, cannella e peperoncino
La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è uno dei disturbi funzionali più comuni del tratto gastrointestinale (GI) e la sua presentazione clinica è un dolore addominale inferiore ricorrente progressivo accompagnato da cambiamenti dell'abitudine intestinale (in consistenza e frequenza). Di solito uno stress fisico o emotivo o una specifica abitudine nutrizionale innesca i sintomi. Anche la colite ulcerosa (CU) e il morbo di Crohn (MC) sono condizioni infiammatorie croniche del tratto intestinale: sono la conseguenza di influenze ambientali, disordini genetici, alterazioni del microbiota intestinale, che portano ad una risposta immunitaria anormale con relativa infiammazione. Sebbene l'infiammazione possa rimanere limitata a determinati segmenti gastrointestinali, la funzione dell'intero tratto è alterata. Sebbene l'IBS sia una malattia bio-psico-sociale complessa con un'eziologia multifattoriale, che coinvolge, tra gli altri, la dieta e lo stile di vita, la motilità intestinale alterata è una caratteristica comune, con conseguente disagio addominale cronico, dolore, associato a cambiamenti nelle abitudini intestinali che compromettono la qualità della vita. Come dimostra uno studio condotto da un team di ricercatori della Pennsylvania State University, grazie alla capacità di frenare l’infiammazione che è alla base di alcune patologie molto serie, le spezie proteggono l’organismo da tumori, diabete e malattie cardiovascolari. L’indagine di questi studiosi, con l’utilizzato di un composto di spezie, nasce con l’obiettivo di studiare l'effetto postprandiale di una miscela di spezie sulle risposte infiammatorie delle citochine. L'infiammazione postprandiale che si verifica in concomitanza con iperglicemia e iperlipidemia dopo l'ingestione di un pasto ad alto contenuto di grassi saturi e alto contenuto di carboidrati (HFCM) è un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (CVD). Gli studiosi hanno dimostrato che l’aggiunta spezie riduceva sensibilmente questo rischio. Tuttavia, la ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Nutrition, ha mostrato la capacità di questi ingredienti di apportare benefici per la salute, riducendo l’infiammazione dell'organismo. Ovvero, i ricercatori hanno scoperto che quando i partecipanti allo studio consumavano un pasto con l’aggiunta di sei grammi di una mescolanza di spezie, questi manifestavano marcatori di infiammazione più bassi rispetto a un pasto privo di queste sostanze. Precedenti ricerche avevano già collegano le spezie alle notevoli proprietà antinfiammatorie.
Utilizzata, oggi come nel passato, per il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali. La Curcuma longa (curcuma) è un'erba perenne, coltivata nel sud-est asiatico. Nella medicina tradizionale è impiegata da secoli per le sue proprietà antitumorali, antimicrobiche, antinfiammatorie, antiossidanti e presenta attività inibitoria dell'acetilcolinesterasi (come riportato nello studio "Curcuma longa Extract Exerts a Myorelaxant Effect on the Ileum and Colon in a Mouse Experimental Colitis Model, Independent of the Anti-Inflammatory Effect". Il costituente principale responsabile del suo colore giallo è la curcumina, antiossidante e antinfiammatorio per antonomasia. L'attività antinfiammatoria della curcumina è stata studiata in varie ricerche in vitro e in vivo. Nell'animale da esperimento è stato dimostrato che un estratto di curcuma previene lo sviluppo della colite indotta dall'acido trinitrobenzene sulfonico (TNBS) attraverso l'inibizione delle vie di trasduzione del segnale critiche per le risposte infiammatorie. Inoltre, è stato dimostrato che previene l'infiammazione attraverso il blocco nella mucosa nella colite cronica indotta da Destrano Sodio Solfato (DSS) e inibisce le funzioni immunostimolatorie delle cellule dendritiche bloccandone l'attivazione. Inoltre, la curcuma, in uno studio randomizzato in doppio cieco e controllato con placebo, ha dimostrato di essere efficace e sicura nel mantenere, anche nel lungo periodo, la remissione della colite ulcerosa e di ridurre la produzione di specie di ossigeno attivo.
L'ampio uso clinico di Curcuma longa come agente antinfiammatorio e il suo uso empirico nella diarrea nei paesi orientali hanno spinto un‘indagine al fine di valutare se la curcuma eserciti qualche effetto miorilassante sulla motilità ileale intestinale e del colon in segmenti intestinali sani, sia questo effetto, se presente, oltre all’osservazione della colite sperimentale acuta e cronica e, infine, se questo effetto è indipendente dall'effetto antinfiammatorio (come descritto nell'indagine "Curcuma longa L. as a Therapeutic Agent in Intestinal Motility Disorders. 2: Safety Profile in Mouse"). Difatti, l'uso della curcuma come agente antinfiammatorio e quello empirico tradizionale come farmaco sintomatico antidiarroico nei disturbi funzionali del tratto gastrointestinale hanno suggerito un effetto anche sulla motilità intestinale. In conclusione, l'estratto di curcuma esercita un effetto miorilassante sull'ileo e sul colon indipendentemente dall'effetto antinfiammatorio. Il meccanismo d'azione è dovuto sia ad un effetto miorilassante diretto sugli strati muscolari intestinali sia ad una inibizione non competitiva e reversibile dell'agente colinergico. E ancora, questo studio fornisce il razionale per l'uso della curcuma nei disturbi della motilità e suggerisce una possibile applicazione ai disturbi motori funzionali del tratto gastrointestinale, dovuti all'effetto miorilassante sull'intestino normale, indipendente dall'attività antinfiammatoria.
I rizomi dello Zingiber officinale (zenzero) sono stati utilizzati fin dall'antichità come rimedio tradizionale per i disturbi gastrointestinali. Gli ingredienti più attivi dello zenzero sono i principi pungenti, in particolare gingeroli e shogaoli. Vari studi preclinici e clinici hanno valutato lo zenzero come un trattamento efficace e sicuro per la nausea e il vomito nel contesto della gravidanza e come trattamento adiuvante per la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia. Nello studio viene esaminato l'uso dello zenzero per la prevenzione di nausea e vomito, con particolare attenzione ai tipi e alle presentazioni di zenzero disponibili oltre anche alle proprietà farmacocinetiche dello zenzero. In relazione alle sue proprietà antiemetiche, lo zenzero (e i suoi costituenti) agisce perifericamente, all'interno del tratto gastrointestinale, aumentando il tono gastrico e la motilità grazie alle azioni anticolinenergiche e antiserotoninergiche. Lo zenzero è un'erba antica ampiamente utilizzata nella storia per le sue numerose proprietà medicinali naturali e in particolare come antiemetico. Valida difesa contro l’ulcera e ottimo supporto per alleviare i dolori mestruali. Ricco vitamina B6 e vitamina C e di minerali come potassio, rame, manganese, magnesio, niacina, fosforo e ferro.
Alimentazione e salute: le virtù curative delle spezie
Lo zenzero (Zingiber officinale Roscoe) è un'erba perenne appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae, coltivata principalmente in Asia e nelle regioni tropicali, ed è una delle erbe più importanti e ampiamente consumate al mondo. Coltivato per il suo stelo commestibile sotterraneo (rizoma), lo zenzero è stato usato fin dall'antichità sia come spezia che come medicinale a base di erbe per trattare una varietà di disturbi principalmente gastrointestinali, come nausea, vomito (emesi), diarrea e dispepsia, e anche diversi disturbi, tra cui artrite, dolori muscolari e febbre. Questa lunga e consolidata storia di uso medicinale negli esseri umani ha stimolato studi clinici in corso per valutare scientificamente l'efficacia dello zenzero come terapia adiuvante o come medicina complementare e alternativa (CAM) in una serie di indicazioni relative a nausea e vomito. I più studiati di questi includono nausea e vomito in gravidanza (NVP), nausea e vomito indotti da chemioterapia (CINV), nausea e vomito postoperatori e, in misura minore, cinetosi. Infine, lo zenzero è considerato un'erba sicura per il consumo umano e compare nella Food and Drug Administration degli Stati Uniti generalmente riconosciuta come lista sicura oltre ad essere inclusa nelle farmacopee di molti paesi occidentali. Il British Herbal Compendiumelenca definisce lo zenzero come rimedio per il vomito durante la gravidanza.
Stop a gonfiore, indigestione, flatulenza, diarrea e nausea! Riconoscibile dal gusto intenso. Il cumino (come riportato nella ricerca "Cumin Extract for Symptom Control in Patients with Irritable Bowel Syndrome") ha la capacità di aumentare il flusso biliare che accelera i processi digestivi del fegato. Ricco di fibre, calcio, fosforo, ferro e potassio. Ottimo digestivo e prezioso per curare l’intestino e rafforzarne le difese immunitarie, grazie alle sue proprietà antibatteriche e virali. Il C Aluminum Cyminum della famiglia "A Piaceae" conosciuta come cumino è una delle erbe più antiche coltivata in Iran. Il frutto del cumino ha un olio essenziale composto da trepenoidi ed è stato utilizzato come potenziatore energetico e immunitario, digestivo, diuretico, antiparassitario, anti-convulsivo e anti-flatulenza nella medicina tradizionale iraniana ed è utilizzato per la perdita di peso. Uno studio condotto in Germania nel 1996 ha dimostrato che l'olio essenziale di erbe contenente cumino può essere utile nel controllo del dolore addominale in pazienti con disturbi gastrointestinali non ulcerativi. Inoltre, uno studio condotto nel 2000 ha dimostrato che il cumino può alleviare il dolore nei pazienti con malattia gastrointestinale funzionale. L’indagine condotta da Fazel et al. ha anche dimostrato che il cumino può essere utile nella prevenzione delle complicazioni gastrointestinali dopo un taglio cesareo di emergenza riducendo la distensione intestinale, i dolori di coliche, il bruciore di stomaco e il passaggio di gas e la defecazione ritardata. Il cumino è stato anche efficace nel controllo del dolore neurogenico e infiammatorio. Inoltre, secondo evidenze scientifiche, incoraggia l’attività degli enzimi digestivi e diversi studi dimostrano che i pazienti con sindrome del colon irritabile notano una riduzione dei sintomi con un’assunzione regolare.
Allevia i problemi di stitichezza e protegge il colon. Stimola la produzione di succhi gastrici (come evidenzia lo studio "Foeniculum vulgare Mill: A Review of Its Botany, Phytochemistry, Pharmacology, Contemporary Application, and Toxicology") e in virtù di questo viene spesso utilizzato come aiutino digestivo dopo i pasti. Inoltre, contiene numerosi composti preziosi, come composti volatili, flavonoidi, composti fenolici, acidi grassi (circa ventuno) e amminoacidi, una varietà di antiossidanti, oltre alla quercetina che protegge dall’invecchiamento e contrasta le malattie. Foeniculum vulgare Mill comunemente chiamato finocchio è stato utilizzato nella medicina tradizionale per una vasta gamma di disturbi legati ai sistemi digestivo, endocrino, riproduttivo e respiratorio. Inoltre, è anche usato come agente galattagogo per l’allattamento. È un'erba tradizionale e popolare con una lunga storia di utilizzo come medicinale. Una serie di studi ha dimostrato che questa spezia controlla efficacemente numerose malattie infettive di origine batterica, fungina, virale, micobatterica e protozoica. Ha attività antiossidante, antitumorale, chemiopreventiva, citoprotettiva, epatoprotettiva, ipoglicemica ed estrogenica. Alcune delle pubblicazioni hanno affermato che il Foeniculum vulgare Mill ha un tipo speciale di effetto di potenziamento della memoria e può ridurre lo stress. È utilizzato in molte parti del mondo per il trattamento di una serie di malattie, ad esempio, dolori addominali, antiemetici, aperitivo, artrite, cancro, coliche nei bambini, congiuntivite, costipazione, depurativo, diarrea, dieresi, emmenagogo, febbre, flatulenza , gastralgia, gastrite, insonnia, colon irritabile, disturbi renali, lassativi, leucorrea, dolore al fegato, ulcera alla bocca e mal di stomaco.
Dalle notevoli proprietà carminative, con la capacità di evitare la formazione e soprattutto il ristagno di gas a livello gastro-intestinale. È anche apprezzato per le sue proprietà antispasmodiche: allevia gli spasmi intestinali che possono portare a diarrea, quindi è utile per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile. È anche ricco di sostanze fitochimiche e antiossidanti con notevoli benefici.
Facilita la digestione e sgonfia la pancia. Queste, le doti nascoste della menta che svolge un ruolo importante per il nostro apparato digerente. Insomma, un rimedio naturale per chi soffre di problemi digestivi. La menta, infatti, agisce aiutando il rilassamento della muscolatura liscia, diminuendo di conseguenza la sensibilità viscerale e agendo come antimicrobico e antimicotico. In una revisione di 9 studi su 926 persone con la sindrome dell’intestino irritabile, la menta è risultata significativamente superiore al placebo per il miglioramento globale di questi sintomi: con un miglioramento del dolore addominale per il 95% dei soggetti.
PubMed "The efficacy of an herbal medicine, Carmint, [...] with irritable bowel syndrome"
Gazzetta Act!ve "5 spezie per digerire: dal cumino allo zenzero"
Plos One "Curcuma longa [...] of the Anti-Inflammatory Effect"
Middle East Journal "Cumin Extract for Symptom Control in Patients with Irritable Bowel Syndrome"
Plos One "Curcuma longa L. as a Therapeutic Agent in Intestinal Motility Disorders"
Gazzetta Act!ve "Spezie: concentrati di vitamine, minerali e antiossidanti a zero calorie"
Plos One "Foeniculum vulgare Mill: A Review of Its [...] Pharmacology, Contemporary Application è [...]"
PubMed "Peppermint oil for the treatment of irritable bowel syndrome"
Sky Tg24 "I benefici delle spezie, possono aiutare a ridurre l'infiammazione"
The Journal of Nutrition "Spices in a High-Saturated-Fat, High-Carbohydrate Meal Reduce Postprandial Proinflammatory Cytokine Secretion in Men with Overweight or Obesity"
MSN "I benefici delle spezie nell'alimentazione sana"
Letto Quotidiano "Spezie ed erbe aromatiche in cucina che hanno benefici sulla tua salute"
Proiezioni di Borsa "Lasciare nel cassetto le medicine e curarsi con le spezie"
LEGGI ANCHE: Spezie: concentrati di antiossidanti, vitamine e minerali. Tante virtù e zero calorie
Spezie e rimedi naturali, a tavola con i potenti alleati del benessere
Vitamine, minerali, spezie e altri nutrienti: gli ingredienti per vivere al massimo
Ricerca: ecco le erbe e spezie per curare naturalmente le malattie dell'intestino
Ricerche confermato impiego della curcuma nel trattamento del cancro
Ricerca: ecco erbe aromatiche e spezie per prevenire il cancro
Ricercatori: la cannella riduce la reazione delle allergie
Quattro spezie incredibili aiutano a prevenire l'Alzheimer
La dieta con le spezie, un sapore in più e tante proprietà salutari
Più vitamina D significa meno cancro. Una sorta di terapia naturale che ci difende dal cancro, una vera e propria strategia di prevenzione. È la volta dei ricercatori tedeschi che in un lavoro segnalano il ruolo centrale della vitamina D, come alleato dei malati di tumore. A questa conclusione è giunta uno studio condotto dal Centro tedesco di ricerca sul cancro (DKFZ) di Heidelberg dove il team di ricercatori ha scoperto che l’integrazione della vitamina D potrebbe avere un impatto decisivo sulla riduzione della mortalità, nel contesto di un quadro patologico di cancro grave. Un decremento del 13% che potrebbe cambiare le sorti di un numero significativo di pazienti oncologici. Hermann Brenner, epidemiologo della DKFZ ha precisato che il tasso di mortalità per tumori legati all’età è diminuito negli ultimi anni in modo costante, tuttavia, in alcuni Paesi europei i numeri dei decessi rimangono ancora rilevanti. Sempre secondo Brenner, che ha messo a confronto le morti dei pazienti oncologici della Germania con quelle della Finlandia, di gran lunga inferiori, il motivo sarebbe da rintracciare nel stile alimentare adottato da ciascuno. Difatti, in Finlandia, molti alimenti sono stati rafforzati con l’aggiunta di vitamina D ormai da tempo. Sfortunatamente per tutti gli altri, solo un numero limitato di alimenti, come i pesci grassi salmone, tonno e sgombro, contengono notevoli quantità di vitamina D3. Questo rende l'integrazione una strategia alternativa per ottimizzare lo stato di questa preziosa sostanza.
L'importanza della Vitamina D - intervista ad Adriano Panzironi
Registrata in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, la carenza della vitamina D colpisce principalmente gli over 50. È quindi fondamentale integrare questa vitamina, per salvaguardare la salute, in quanto sostanza con un impatto decisivo sul sistema immunitario capace di favorire la prevenzione di diverse malattie. Recenti meta-studi hanno dimostrato che una dieta sana, caratterizzata da un livello equilibrato di questo ormone, potrebbe ridurre notevolmente i decessi causati dal cancro. La conferma arriva dallo studio firmato dal Centro tedesco di ricerca sul cancro (DKFZ). L’indagine pubblicata ha evidenziato che un’integrazione della vitamina in tutte le persone sopra i 50 anni potrebbe prevenire fino a 30.000 decessi per cancro ogni anno. In modo tale da attuare una forma di prevenzione importante, dal momento che un gran numero di persone soffre di un significativo deficit di vitamina D. Caduta di capelli, unghie fragili e mal di testa sono tra i principali sintomi di questa pericolosa condizione. Già 40 anni fa, uno studio epidemiologico suggeriva che la vitamina D potesse essere protettiva contro il cancro del colon-retto (CRC), poiché una maggiore esposizione al sole (UV-B) e una vita a latitudini più basse (che causano entrambi una maggiore formazione di vitamina D 3) porta a una minore incidenza per questo tipo di cancro.
Da quello del colon a quello del seno, da quelli del sangue a quello alla prostata. Una missione “salva-vite” quella della vitamina D che avrebbe dunque la capacità di sostenere l’arduo compito delle terapie contro il cancro. Hermann Brenner ha spiegato poi che l’integrazione di questo nutriente è fondamentale soprattutto per le persone sopra i 50 anni, per questo è bene consultare il proprio medico curante. Inoltre, è bene esporsi di più al sole, con le dovute cautele, per assimilarla dai raggi considerato che il nostro corpo non è capace di produrla. Un altro studio, quello condotto dall'Università della Finlandia orientale e dall'Università autonoma di Madrid e pubblicato sulla rivista scientifica Seminars in Cancer Biology a conferma della teoria dei colleghi tedeschi. Secondo questo precedente lavoro, le sue funzioni preventive sono molto più ampie e questa sostanza potrebbe essere un’arma vincente contro alcuni tumori, tra cui quelli del colon, del seno, della prostata e del sangue. L’indagine si basa sulla correlazione tra l’elevata reattività alla vitamina D alla riduzione del rischio di cancro. Gli autori hanno osservato che la vitamina D regola il sistema immunitario e che i suoi effetti anticancro vengono mediati principalmente dalle cellule immunitarie, come i monociti e le cellule T. Inoltre, questa sostanza applica i suoi effetti tramite il recettore della vitamina D (VDR). I suoi effetti sono particolarmente evidenti nella prevenzione del cancro del colon-retto e dei tumori del sangue, come leucemie e linfomi. Gli altri due tumori sensibili alla vitamina D sono il carcinoma mammario e prostatico. Anche in questo caso un basso livello di vitamina D è stato associato a una maggiore incidenza di cancro e una prognosi peggiore.
Vitamina D, un prezioso alleato ricco di proprietà e benefici
Secondo i ricercatori, ogni individuo ha una risposta molecolare e una sensibilità diversa alla vitamina D (e alla sua supplementazione). «La vitamina D contribuisce a mantenere e difendere la normale fisiologia dell'organismo contro l'apparizione e lo sviluppo delle neoplasie. L'identificazione dell'uso clinico ottimale del sistema vitaminico D è un compito che richiede sforzi continui» concludono gli autori. Dal punto di vista evolutivo, il ruolo principale della vitamina D è stato probabilmente il controllo del metabolismo energetico che successivamente si è spostato per modulare l'immunità innata e adattativa, nonché per regolare l'omeostasi del calcio e delle ossa. Poiché le cellule immunitarie e cancerose in rapida crescita utilizzano entrambe le stesse vie e geni per controllare la loro proliferazione, differenziazione e apoptosi, non sorprende che la segnalazione della vitamina D modifichi questi processi anche nelle cellule neoplastiche. Pertanto, gli effetti anti-cancro della vitamina D possono derivare dalla gestione della crescita e della differenziazione nell'immunità ovvero, gli effetti dell'1,25 (OH) 2 D 3 sull'epigenoma e sul trascrittoma e la sua relazione con la prevenzione e la terapia del cancro.
Nel 2018, in tutto il mondo, sono morte di tumore circa 10 milioni di persone. Il cancro è il termine generale che descrive una moltitudine di malattie molto eterogenee che hanno in comune la visualizzazione di una crescita eccessiva incontrollata di cellule in qualsiasi tessuto di un individuo. La base molecolare del cancro è l'accumulo di mutazioni puntiformi e variazioni del numero di copie, come amplificazioni e delezioni o grandi alterazioni cromosomiche come traslocazioni e aneuploidie, che aumentano l'attività degli oncogeni e diminuiscono quella dei geni oncosoppressori. Queste instabilità genomiche sono modulate da cambiamenti epigenetici attraverso azioni dirette degli enzimi che modificano la cromatina, nonché tramite effetti indiretti dei fattori di trascrizione. Sia i modificatori della cromatina che i fattori di trascrizione si trovano spesso al punto finale delle cascate di trasduzione del segnale che sono stimolate da vari segnali intra ed extracellulari. I cambiamenti dell'epigenoma sono innescati da segnali dell'ambiente cellulare, come nutrienti, tossine e citochine e chemochine correlate all'infiammazione. Pertanto, i cambiamenti epigenetici possono avere effetti sia dannosi che benefici sull'insorgenza e sulla progressione del cancro.
Tutte le proprietà benefiche della VITAMINA D per stare bene
Vi è ampio consenso sul fatto che la modulazione del sistema immunitario sia la più importante funzione extra-scheletrica della vitamina D. La vitamina D stimola il sistema immunitario innato a combattere in modo più efficiente contro le infezioni batteriche, come la tubercolosi, mentre previene le reazioni eccessive del sistema immunitario adattativo che possono causare malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla. In generale, la vitamina D agisce come un induttore dell'immunità innata, come attraverso la regolazione della catelicidina peptidica antimicrobica secreta o della glicoproteina CD14 ancorata alla membrana plasmatica. Pertanto, la risposta precoce dei monociti e dei macrofagi alla stimolazione della vitamina D è un'azione pro-infiammatoria. In una fase successiva, la vitamina D spesso sposta la polarizzazione dei macrofagi dallo stadio M1 pro-infiammatorio e antitumorale allo stadio M2 immunosoppressivo e pro-tumorale. La carenza di vitamina D è associata anche al morbo di Crohn e alla colite ulcerosa, che sono le due manifestazioni fisiopatologiche predominanti della malattia infiammatoria intestinale. I tassi di malattia infiammatoria intestinale sono probabilmente in aumento a causa dei moderni stili di vita che influenzano la funzione del microbioma intestinale attraverso alti livelli di grassi saturi e zuccheri nella dieta e l'uso di antibiotici. La vitamina D è importante per regolare l'immunità della mucosa intestinale attraverso la modulazione della funzione di barriera immunitaria innata, l'integrità dell'epitelio intestinale e lo sviluppo e la funzione delle cellule T. Pertanto, la vitamina D può prevenire l'insorgenza di malattie infiammatorie intestinali attraverso la stabilizzazione dell'omeostasi del microbiota e migliorare la progressione della malattia tramite risposte immunitarie antinfiammatorie.
Science Direct "An update on vitamin D signaling and cancer"
Di Lei "Cancro al colon, la vitamina D funziona come uno scudo"
Gazzetta Active "Carenza di vitamina D: ecco perché è facile averla. Come diagnosticarla ed evitarla?"
Il Giornale "Come fare il pieno di vitamina D in estate"
Fondazione Veronesi "Sette italiani su dieci sono sotto i livelli minimi di questo prezioso micronutriente con grave rischio di osteoporosi"
La Repubblica "Un mare di bellezza"
Il Giornale "Tintarella salvavita: da 15' di sole vitamina D come 100 uova"
Ansa "Salute: importante ruolo vitamina D in infartuati"
Meteo Web "Infarto, importante ruolo della vitamina D: una carenza può aumentare il rischio"
Fanpage "Cancro, vitamina D e Omega-3 riducono il rischio di morte e infarto"
Quotidiano di Ragusa "Carenza di vitamina D? A rischio infarto"
Meteo Web "La vitamina D può aiutare a prevenire l’insufficienza cardiaca dopo un infarto"
Onco News "Legame tra infarto miocardico e deficit di Vitamina-D"
Huffington Post "Bagni di sole e camminate nei boschi per difendervi dal virus. I consigli del Trinity College"
LEGGI ANCHE: Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza
Covid, calo morti e trasferimenti in terapia intensiva dell'80%: merito della vitamina D
Tintarella di sole: al via la scorta di vitamina D per l'inverno
Il sole contro il Covid: la vitamina D ci rende più forti e meno vulnerabili
Cuore e vitamina D: riduce il rischio di infarto e le complicanze future
Vitamina D, gli scienziati: dopo l'isolamento, "bagni di sole" e integrazione
Dal sovrappeso all'obesità: Vitamina D, nemica dei chili di troppo
Calcio, magnesio e vitamina D: i principali nemici dell'osteoporosi
Fate largo agli ultracentenari! Quanto dura la vita umana? Esiste davvero un limite? Sulla correlazione tra invecchiamento e durata della vita si interrogano da tempo medici, biologi e studiosi dell’evoluzione. Molti studi confutano la tesi sostenuta in un’indagine del 2016 dove, si evidenziava che la soglia massima di vita era fissata al tetto dei 115 anni. Ma qual è veramente il massimo che possiamo vivere? Una soglia precisa non c’è, sostengono i nuovi studi, ma qualora ci fosse, sarebbe ben più alta dei 115 anni. Per Jim Vaupel, esperto di invecchiamento presso il Max Planck Institute for Demographic Research in Germania, «I dati indicano che non c'è un limite delineato. Al momento le evidenze scientifiche sembrano suggerire che, se di limite si può parlare, questo si situa oltre i 120 anni, forse anche di più, o forse non esiste affatto un limite». I nuovi dati fanno scricchiolare le conclusioni a cui era sopraggiunta della ricerca di Jan Vijg, il genetista dell'Albert Einstein College of Medicine di New York che aveva firmato il paper originale. Tuttavia, il presunto calcolo messo a punto dallo studio precedente sembrerebbe errato poiché basato su interpretazioni "visive" delle curve di longevità, su eccezioni che falsano i risultati, nonché su conclusioni arbitrarie e circolari. Inoltre, i notevoli progressi raggiunti soprattutto nell'alimentazione e nella cura della persona introdotti dai primi del '900 hanno portato ad un aumento pressoché costante nell'aspettativa di vita media. Difatti, l'Italia è tra i Paesi più longevi. Insomma, uno stile di vita sano oggi per diventare i “pionieri della longevità” di domani.
Sicuramente la scienza concorda che la capacità di vita delle cellule umane sia ben oltre i 120 anni e lo dimostrano tutte quelle persone che hanno superato quella soglia di età. Gli scienziati si sono concentrati sulle persone che hanno raggiunto o superato i 110 anni di età nei quattro Paesi con il maggior numero di ultracentenari (USA, Francia, Giappone e Gran Bretagna) e hanno notato che l'età della morte di questi individui super longevi è aumentata rapidamente tra gli anni '70 e i primi anni '90, per raggiungere un plateau attorno al 1995. Non a caso, nel 1997 è morta la francese Jeanne Calment, 122 anni, la persona più longeva che sia mai esistita. Molto spesso sentiamo parlare di persone che sostengono di aver vissuto anche più a lungo, ma la loro nascita non può essere verificata. Si dice che la maggior parte degli animali esistenti sulla terra possa vivere fino a sei volte oltre il periodo di crescita. Sulla base di questa teoria, molti studiosi ritengono che la durata della vita umana, la quale include un periodo di crescita di vent’anni, possa essere portata a 120 anni. Numerose tradizioni orientali di allenamento mente-corpo suggeriscono che gli esseri umani possano vivere in buona salute fino all’età di 120 anni, ovviamente se capaci di prendersi cura di se stessi, in accordo con i principi naturali. Dati alla mano, il limite assoluto di durata di vita umana è stato fissato, in base ai calcoli, a 125 anni. Tra i fattori capaci di migliorare l'aspettativa di vita media indubbiamente l’importanza della prevenzione e del trattamento delle malattie croniche. Tirando le somme, in considerazione di un prolungamento della vita umano ben oltre i 100 anni, ne consegue un altro aspetto importante: vivere questi anni nelle migliori condizioni di salute. Questo perché, in certe condizioni, uno stile di vita sano ed equilibrato diventa il nostro grande alleato nel contrasto a tante malattie, consentendo così alla vecchiaia di procedere ad oltranza.
«120 anni è il limite previsto dal nostro DNA», sottolineava qualche anno fa l’oncologo Umberto Veronesi. Ecco come continuare ad essere “diversamente giovani”. E finalmente, dopo anni di ricerche, gli scienziati cominciano a capire come raggiungerlo, controllando i nostri geni e l’alimentazione. Spinta dal progresso tecnologico, l'aspettativa di vita umana è aumentata notevolmente dal XIX secolo ad oggi. L'evidenza demografica ha rivelato una continua riduzione della mortalità in età avanzata e un aumento dell'età massima alla morte con la conseguente estensione, seppur graduale, della longevità stessa. Insieme alle osservazioni secondo cui la durata della vita in varie specie animali è flessibile e può essere aumentata, questi risultati hanno portato a suggerire che la longevità potrebbe non essere soggetta a vincoli genetici specifici per specie. Nello studio in questione, analizzando i dati demografici globali, viene mostrato come i miglioramenti nella sopravvivenza con l'età tendano a diminuire superati i 100 anni.
EMMA MORANO e il segreto della donna più vecchia del mondo
Questi risultati suggeriscono fortemente che la durata massima della vita degli esseri umani è fissa e soggetta a vincoli naturali. Lo dimostrano anche i dati delle Nazioni Unite del 2015, la popolazione mondiale con età superiore ai cento anni è di circa 500.000 individui. Si tratta di un aumento quadruplo rispetto a vent’anni fa e si prevede che la cifra aumenterà ancora più rapidamente in futuro. Secondo un sondaggio, nel 2014 avevano più di cento anni 72.000 americani.
Meglio essere chiari, l’elisir di lunga vita non esiste. Invecchiare in buona salute però è possibile, ritardando al massimo la comparsa della fragilità, che è sinonimo di vulnerabilità — spiega Nicola Ferrara, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) —. Un anziano fragile non ha acciacchi evidenti, ma vive in equilibrio precario perché la sua funzionalità si è pian piano deteriorata: un evento acuto come una frattura, una polmonite, un lutto possono alterare la situazione in maniera irreversibile, facendo precipitare le condizioni di salute.
Centenari si nasce o si diventa grazie all’alimentazione? Dieta corretta, una buona vita sociale per stimolare la mente e un’attività fisica adeguata. È questa la ricetta per invecchiare in salute. Con un regime alimentare corretto l’“invecchiamento attivo” (il momento in cui si dovrà affrontare il declino), dovrà aspettare. E anche se l’elisir di lunga vita non esiste, esistono tuttavia una serie di raccomandazioni per invecchiare in buona salute. Insomma, quello che mangi diventa il tuo corpo e la tua energia, da qui l’importanza nella scelta di come e cosa portare a tavola. Nascosto in Ecuador, il segreto di lunga vita. Nel 1969, il cardiologo ecuadoriano Miguel Salvador decide di esaminare 338 persone, tra uomini, donne e bambini di Vilcabamba per scoprire successivamente che nessuno di loro non solo non era affetto da arteriosclerosi e disfunzioni cardiache, ma neanche da cancro, diabete e Alzheimer. Inoltre, gli uomini sopra i 65 anni erano incredibilmente sani. «Verrebbe da pensare che alla base della longevità – come spiega un medico di Quito – ci sia una semplice dieta […], capace di ridurre l’insidia delle malattie cardiache. Alla salute di queste persone contribuiscono l’alimentazione, con il grande consumo dei prodotti naturali locali, frutta e verdura, ma anche carne e pesce».
Ad esempio, una ricerca dell’università di Londra condotta su 65.000 soggetti ha rivelato che chi consumava porzioni di frutta e verdura quotidianamente, presentava un tasso di mortalità prematura inferiore del 42% rispetto a chi le consumava sporadicamente o in misura ridotta. Inoltre, per mantenersi sani e forti, altro valido aiuto arriva dal movimento fisico, con benefici anche sulla qualità della vita stessa. Il passo diventa meno sicuro, i movimenti più lenti, i muscoli più deboli ed il pensiero meno lucido. Tanti piccoli segnali che, insieme all’avanzare degli anni ci allontanano dal benessere. La buona notizia è che il momento in cui si diventa vulnerabili non è scritto, ma può essere allontanato nel tempo con l’obiettivo di restituire vita agli anni. Vecchietti si, ma arzilli e pieni di energie. «Significa però poter diventare “grandi vecchi” in buona forma fisica e autonomia. Succede sempre più spesso: negli ultimi dieci anni i centenari sono cresciuti del 300%, oggi in Italia sono circa 17mila» Niccolò Marchionni, vicepresidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica. E molti di loro sono arzilli, energici, vecchietti.
Obiettivo: vivere fino a 120 anni, ma senza patologie. Nessun gene della longevità, solo comportamenti salutari. Tra le più efficaci strategie antiage, mangiare meglio e soprattutto alimenti che nutrono correttamente e proteggono le cellule. Praticare poi attività fisica regolare, ridurre lo stress, l’ansia, i pensieri negativi e, infine, dormire bene. Prima regola: un’attenzione particolare all’alimentazione evitando quei cibi che intaccano la salute e accorciano la nostra vita.
Una volta si pensava che il grasso addominale fosse un magazzino inerte. Invece abbiamo capito che quando le cellule del grasso diventano più grandi si mettono a produrre degli ormoni che causano infiammazione - spiega Luigi Fontana, docente di Nutrizione all’Università di Salerno e alla Washington University in St. Louis, Stati Uniti. - L’accumulo di grasso addominale favorisce gli stati infiammatori, il diabete, le malattie cardiovascolari e i tumori. Il girovita deve rimanere piatto: ogni volta che aumenta di un centimetro mi devo mettere a dieta e devo cominciare a fare attività fisica [...].
Come rallentare l’invecchiamento? Oltre alla durata cellulare scritta nel nostro DNA, invecchiamo anche a causa dell’accumulo, con il tempo, di danni cellulari all’organismo. Il conto alla rovescia è scandito dai telomeri, una sorta di tappi che rivestono la parte finale del DNA. Quando la cellula si divide, i telomeri si accorciano fino al loro deperimento che porta alla morte della cellula stessa. Colpevoli dei danni, invece, i radicali liberi, molecole che aggrediscono e danneggiano tutte le strutture cellulari. Questo avviene, ad esempio, quando introduciamo quei cibi che aumentano la produzione di radicali liberi che vanno poi a infiammare e a distruggere le nostre cellule. Nel corso degli ultimi anni sono stati scoperti circa 25 geni dell’invecchiamento (gerontogeni) che regolano la durata della vita nei topi, nei vermi e nei topolini: eliminandoli, gli animali vivono più a lungo. Lo stesso avviene anche per il genere umano. Per sommi capi, contro un declino inesorabile la soluzione per manipolare i geni dell’invecchiamento è nascosta proprio in quello che ogni giorno decidiamo di mettere nel piatto.
Nature "Maximum human lifespan may increase to 125 years"
New York Post "Scientists claim many people could soon live beyond 120 years old"
Focus "Esiste o no un limite alla durata della vita?"
Corriere della Sera "Vivere fino a 120 anni è possibile, la guida per arrivarci in buona forma"
Focus "Si può stabilire un limite massimo della vita umana?"
Riza "I segreti per vivere 120 anni"
Time "The New Age of Much Older Age"
Gazzetta dello Sport "Ecco la dieta antinfiammatoria, uno stile alimentare per prevenire le patologie dell’era moderna"
Philippe Lagarde "Libro d'oro della prevenzione: difendere la salute con gli integratori alimentari e le vitamine"
LEGGI ANCHE: Infiammazione? Lo stile alimentare che aiuta la prevenzione di tante patologie
'Obiettivo salute': contro le patologie una dieta a basso indice glicemico
L'alimentazione, la grande alleata dei nostri occhi
La pelle, il nostro organo speciale, ma complesso. Il più esteso, il più “pesante” ed il più esposto dell’intero corpo umano e proprio in virtù della sua collocazione, come avviene anche per il resto del nostro organismo, abbiamo il dovere di prendercene cura con maggiore attenzione. Un importante rituale quotidiano che si fonda sui tre pilastri fondamentali del benessere: alimentazione, integrazione e skincare. Ancora meglio se a completare il quadro generale si aggiunge anche l’attività sportiva. Sono questi gli ingredienti per vivere in salute a 360° gradi. Costituito da diversi tessuti, questo organo rivestire il corpo umano. Assicura la protezione all’organismo e permette i rapporti con il mondo esterno. Altra curiosità: il suo spessore. Diverso nelle varie sedi del corpo umano, lo spessore medio nell’adulto è tra 1,5 e 2 mm nel palmo delle mani e nella pianta del piede mentre raggiunge i 4 mm nel cuoio capelluto. Solchi, pieghe e rilievi ne costituiscono la superficie che varia in base a una serie di fattori, tra cui l’adesione della pelle all’apparato locomotore e la disposizione degli annessi cutanei, cioè peli e unghie. Considerato lo specchio del corpo perché capace di riflettere eventuali disturbi del metabolismo (come avviene nei casi di eccesso di sebo o di batteri alla base di alcune malattie dermatologiche, tra cui la dermatite seborroica). Uno stile di vita sano con una regolare attività sportiva, una quotidiana igiene personale e una dieta equilibrata, sono gli elementi necessari per ristabilire l’equilibrio e la salute sia dell’organismo che della cute.
Il benessere interiore comincia dall’esterno. Importante, estesa ed esposta. La pelle è la nostra prima linea di difesa dagli attacchi esterni e svolge mansioni essenziali per il corretto funzionamento della “macchina-uomo”. Salute, benessere e bellezza sono legate dallo stesso filo conduttore e dipendono soprattutto dalle nostre scelte alimentari. Insomma, sani e forti sia dentro che fuori. Il primo segreto per mantenerla in salute, oltre al prezioso contributo delle giuste creme, è quello di fornire al nostro organismo un’idratazione costante e un’alimentazione corretta ed equilibrata, ricca di vitamine essenziali. Pelle e alimentazione procedono di pari passo, difatti, numerose patologie cutanee si acuiscono a causa di una cattiva alimentazione. Tra i nutrienti fondamentali per il suo mantenimento indubbiamente figura la vitamina C, indispensabile nella formazione del collagene, svolge un ruolo non indifferente nella crescita e nella riparazione dei tessuti, oltre a proteggere la pelle dall’inquinamento atmosferico e dalla foto-ossidazione causata ai raggi UV. La vitamina A favorisce il rinnovamento cellulare, migliorando l’idratazione della pelle e rendendola più elastica. La vitamina-ormone, la D con il suo ruolo essenziale di barriera cutanea, di strumento di difesa della nostra pelle, oltre che di fattore di crescita delle cellule cutanee. Altrettanto importanti poi gli omega 3 (in grado di contrastare la produzione di radicali liberi, rallentando l’invecchiamento cellulare e con il loro triplice ruolo fanno da barriera per gli elementi dannosi, aiutano il passaggio delle sostanze nutritive e permettono l’espulsione di sostanze di scarto) oltre alle vitamine B ed E (fondamentale per combattere l’invecchiamento cutaneo, con azione di contrasto ai radicali liberi). Contro la secchezza poi, l’importanza dell’idratazione, dall’interno così come dall’esterno. Ma per mantenere sana e luminosa la nostra cute ci sono anche altri accorgimenti che passano dalla dieta all’attenzione per l’idratazione fino ai trattamenti. Una pelle è sana e luminosa se si è in equilibrio dentro!
Protezione, controllo, regolazione termica, escrezione, assorbimento, difesa, etc… Un mediatore fondamentale tra il mondo esterno e quello interno che svolge tantissime importanti funzioni. La pelle esercita la sua principale funzione come una sorta di barriera anatomica contro potenziali patogeni ed eventuali agenti nocivi e tutte le varie forme di aggressioni esterne. Insomma, la prima linea di difesa forte, ma al tempo stesso uno strato sensibile e delicato, poiché contiene, al suo interno, numerose terminazioni nervose che rilevano le variazioni termiche (termocettori), le pressioni (pressocettori), vibrazioni e sensazioni dolorose (algocettori), media il senso del tatto. Si presenta poi, regolando anche l'escrezione di elettroliti tramite la sudorazione, come uno scudo asciutto e impermeabile contro la perdita di liquidi. Inoltre, la pelle è un ottimo mezzo per espellere dall’organismo sostanze di rifiuto (acqua, sali, etc…) attraverso la sudorazione che svolge, per l'appunto, una funzione termoregolatrice. Grazie all’afflusso ematico notevolmente superiore alle sue effettive necessità metaboliche, si dimostra perfettamente idonea per la regolazione della temperatura corporea. Nello specifico, questo si verifica perché la vasodilatazione provoca un incremento del flusso ematico locale che favorisce la cessione dell'energia termica all'ambiente esterno e viceversa, la vasocostrizione, riducendo la quantità di sangue in transito, preserva per contro le dispersioni termiche. Infine, la pelle costituisce un serbatoio di lipidi e acqua tale da permettere la sintesi di alcune sostanze necessarie, tra cui la preziosa vitamina D3.
La cute rappresenta lo strato più esterno dell'apparato tegumentario appena sopra il tessuto sottocutaneo o ipoderma, una regione di connettivo fibrillare lasso ricco, a seconda del posto, di tessuto adiposo. A sua volta la pelle è formata da epidermide e derma. Il legame con l'ipoderma conferisce un'aderenza negli strati più profondi (come muscoli od ossa) molto variabile. Formata da tre parti, l'epidermide, il derma e l’ipoderma che rappresentano rispettivamente un epitelio di rivestimento pavimentoso pluristratificato cheratinizzato e un tessuto connettivo di sostegno e originano da ectoderma e mesoderma. L’epidermide è quella parte a contatto diretto con l’esterno e svolge essenzialmente una funzione di protezione. Sotto l’epidermide e sostenuto da esso, il derma che offre sede alle appendici epidermiche, cioè a peli e ghiandole. Costituito dal collagene che assicura robustezza alla pelle, l’elastina che la rende elastica e dai mucopolisaccaridi con una funzione cementante. In questo strato cutaneo sono, altresì presenti i vasi sanguigni, le innervazioni e gli annessi cutanei. Ovvero, le ghiandole sudoripare, i follicoli piliferi, i peli, le ghiandole sebacee e il muscolo del pelo. Scendendo poi ancora più in profondità, e quindi, al di sotto del derma si trova l’ipoderma, un tessuto di natura prevalentemente adiposa. La sua funzione principale è quella di cuscinetto, di isolante. Si presenta come una riserva di calorie per i periodi di digiuno ed è copiosamente innervato e vascolarizzato. La pelle è una struttura estremamente complessa che svolge funzioni molto importanti per il nostro corpo e proprio per questo deve essere attentamente pulita, idratata e protetta in particolari situazioni facendo attenzione ai prodotti utilizzati: rigorosamente salutari e che non arrechino danni a questo complesso e prezioso ecosistema.
La pelle è un vero e proprio organo a cui dare la stessa importanza e la stessa cura, al pari dei nostri organi interni. Possiamo aiutarla in misura significativa, oltre che con l’utilizzo di micronutrienti, come sali minerali e vitamine, anche con altri due prodotti come l’argento colloidale al 100% naturale ed il trealosio, ove gli studi scientifici di settore, ne hanno comprovato la loro eccellenza in termini di efficacia, stabilità e sicurezza. Un validissimo aiuto naturale dalle innumerevoli proprietà, per il benessere del nostro organo pelle.
Sottolinea Gloria Mosconi, biologa. Un organo che svolge funzioni essenziali: da quella protettiva a quella di termoregolazione, da quella sensoriale a quella respiratoria, passando poi per quella secretiva, difensiva e riproduttiva.
LEGGI ANCHE: Argento colloidale, le notevoli virtù di un antico rimedio naturale
Acclarata già da tempo la relazione che associa la carenza di vitamina D alle forme più gravi di coronavirus, viene confermata ancora volta da un altro studio che dimostra i tanti benefici di questo ‘ormone del sole’ e gli eventuali rischi di un eventuale deficit. Questa volta lo sostiene una ricerca condotta all’Ospedale Sant’Andrea di Roma e pubblicata sulla rivista scientifica Respiratory Research. «Abbiamo osservato in particolare 52 pazienti ricoverati da noi con polmoniti da Covid durante la prima ondata, pazienti anziani con un’età media di 68 anni e mezzo, accomunati da livelli estremamente bassi di vitamina D, inferiori a 10 ng/ml. Tutti avevano quadri respiratori e immunologici particolarmente gravi», spiega in un’intervista a Gazzetta Active il professor Alberto Ricci, direttore dell’U.O.C. di Pneumologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. Insomma, che la carenza di vitamina D potrebbe diventare un fattore predisponente per ammalarsi di Covid e portare ad un esito severo o addirittura letale della malattia l’aveva già sostenuto a inizio pandemia, in una lettera al British Medical Journal, il professor Andrea Giustina primario di Endocrinologia all’Ospedale San Raffaele di Milano, ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele e presidente della European Society of Endocrinology. Nella lettera, il primario evidenziava come carenze di vitamina D aumentino la predisposizione ad infezioni sistemiche e abbassino la risposta immunitaria, favorendo anche il rischio di malattie autoimmuni.
Uno scenario critico soprattutto in un momento storico in cui il Covid stava compiendo la sua prima strage, soprattutto di anziani, nel Nord Italia. Caratteristica che è rimasta poi invariata anche nella seconda ondata dove tra le regioni più colpite risultano sicuramente quelle settentrionali. Dal Veneto al Piemonte, dalle Valle D’Aosta alla Lombardia. E non dimentichiamo che sono stati proprio i dati di quella parte di Italia a far schizzare il bilancio dei contagi e delle vittime nel Paese, portandoci in vetta alle tristi classifiche mondiali sullo stato dell’infezione da Sars-CoV-2. Quindi, la peggior letalità del Sars-CoV-2 scaturita dalla minore (o nulla) esposizione ai raggi solari, mezzo primario per sintetizzare la vitamina D. Stando a quanto riportato in diversi studi, nella popolazione italiana si registrano, soprattutto negli ultimi anni, bassi livelli di vitamina D. Questo perché noi non addizioniamo il cibo come fanno, per esempio, i Paesi scandinavi. Inoltre, emerge da un’altra importante metanalisi pubblicata nel 2017 sul British Medical Journal che i pazienti particolarmente carenti di vitamina D, ai quali venivano somministrate integrazioni della stessa, avevano meno infezioni respiratorie. Altro importante collegamento è quello che emerge tra predisposizione alle fratture, bassi livelli di calcio e di vitamina D e vulnerabilità all’infezione da coronavirus e outcome peggiore dei malati. Tuttavia, questo ormone che è un composto naturale fisiologicamente già presente nell’organismo non può essere addizionato completamente mediante alimentazione poiché il cibo fornisce solo il 20% del fabbisogno giornaliero di questo prezioso nutriente.
L’indagine ha inoltre evidenziato i tanti effetti benefici della vitamina “del sole” oltre che sul sistema immunitario anche per il metabolismo delle ossa ed, in particolare, contro le infezioni.
Lungi dal considerare la vitamina D come un trattamento – sottolinea il professor Ricci – va però detto che rappresenta probabilmente, e non soltanto per il Covid-19, un elemento da valutare per le implicazioni legate ad una sua carenza. Non è solo di una vitamina necessaria per il metabolismo dell’osso, ma probabilmente svolge funzioni molto più complesse anche per quanto riguarda la parte immunologica, sia durante lo sviluppo del sistema immunitario sia nelle fasi successive di mantenimento e attività del sistema immunitario stesso - chiarisce Ricci. - Si tratta di un’osservazione interessante che potrebbe essere considerata anche in altri tipi di patologie infettive, non solo nel Covid.
Un nuovo studio che riporta sotto i riflettori un fenomeno di tutti quei Paesi del Nord Europa, quelli meno esposti al sole, il cosiddetto “paradosso scandinavo”: «C’è una campagna di implementazione di vitamina D importante che noi non facciamo, forse perché ci riteniamo naturalmente più protetti perché più esposti al sole. Ma certe popolazioni fragili come gli anziani stanno prevalentemente chiusi in casa o nelle Rsa e il sole non lo vedono. Proprio in questi casi, ma non solo, studiare i livelli plasmatici di vitamina D può essere molto importante per decidere eventuali integrazioni». Inoltre, a differenza degli italiani, gli scandinavi hanno sopperito a questa carenza, noi invece no, spiega l'autore dello studio.
I suoi importanti effetti a livello immunitario era confermati già nell’Ottocento quando, per contrastare la tubercolosi, le persone venivano esposte al sole, senza neanche sapere che assumevano in questo modo vitamina D e senza neanche conoscerne gli effetti sul piano immune. Il risultato fu che quelli che vivevano di più all’aria aperta e quindi erano maggiormente esposti ai raggi ultravioletti, si ammalavano di meno di tubercolosi o guarivano più velocemente. Un paradosso, quello scandinavo, che permette di formulare un’ipotesi per l’Italia, colpita così duramente dalla pandemia, a causa degli scarsi, e quindi insufficienti, livelli di vitamina D registrati tra la popolazione. A questo scenario critico si lega l’importanza dell’integrazione che non prevede nessuna controindicazione. «La vitamina D non è un farmaco tossico, somministrarla a chi ha una carenza ne potenzia le risposte immunitarie. Dal lato opposto, chi ha livelli di vitamina D molto bassi è probabilmente molto più esposto alle infezioni in generale, respiratorie e non solo», conclude il professor Ricci.
Alimentazione Gazzetta "Vitamina D e Covid, un altro studio evidenzia carenze nei malati ospedalizzati"
Respiratory Research "Circulating Vitamin D levels status and clinical prognostic indices in COVID-19 patients"
Agi "La carenza di vitamina D può aggravare la malattia"
Nurse Time "Coronavirus, carenza di vitamina D associata a stadi clinici più compromessi"
Comune di Torino "Vitamina D nella prevenzione e nel trattamento del COVID-19: nuove evidenze"
Regione Piemonte "Covid, aggiornato il protocollo delle cure a casa"
Ansa "ANSA-IL-PUNTO/ COVID: PIEMONTE si attrezza contro varianti"
Nutrients "Effectiveness of In-Hospital Cholecalciferol Use on Clinical Outcomes in Comorbid COVID-19 Patients: A Hypothesis-Generating Study"
Jama Network "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19 Test Results"
Springer Link "Associations between hypovitaminosis D and COVID-19: a narrative review"
Il Messaggero "Covid, morti in calo con l'assunzione di vitamina D"
Ansa "Covid: calo morti con trattamento con vitamina D"
Il Resto del Carlino "Covid, con la vitamina D rischio di decesso e ricovero in Intensiva calato dell'80%"
La Nazione "Covid, calo di morti con la vitamina D"
La Gazzetta di Parma "Calo dei morti da Covid col trattamento con vitamina D: uno studio anche parmigiano"
Il Giornale "La Vitamina D ci salverà dal Covid?"
The Guardian "Add vitamin D to bread and milk to help fight Covid, urge scientists"
ANSA "Covid: carenza vitamina D per oltre 80% pazienti ricoverati"
Queen Mary University "Clinical trial to investigate whether vitamin D protects against COVID-19"
ISS "COVID-19: la vitamina D potrebbe cooperare con l’interferone nella risposta antivirale"
Today "Coronavirus e Vitamina D: la ricerca sull'olio di merluzzo e Covid-19"
Journal of American Medical Association Network Open "Association of Vitamin D Status and Other Clinical Characteristics With COVID-19"
Università di Torino "Possibile ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19"
Leggo "Covid, 8 pazienti su 10 ricoverati in ospedale erano carenti di vitamina D"
Giornale di Brescia "Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti ricoverati"
Corriere del Ticino "Carenza di vitamina D nell’80% dei pazienti COVID"
Corriere della Sera "La carenza di vitamina D potrebbe avere un ruolo in Covid-19?"
AGI "Le carenze di vitamina D potrebbero aumentare la vulnerabilità al Covid"
Fanpage "La vitamina D riduce il rischio di COVID-19, lo conferma un nuovo studio"
LEGGI ANCHE: Covid, l’Iss conferma: con carenza di vitamina D il virus è più aggressivo
Il Piemonte rompe gli schemi: vitamina D introdotta nel protocollo contro il Covid
Calcifediolo contro il Covid. Lo studio di Barcellona: morti in calo del 60% con la vitamina D
Dalla vitamina D al Covid: una lunga storia tra mito e scienza
Covid, studio a Pavia: carenza di vitamina D associata all’infezione
Regno Unito: contro il Covid, vitamina D a oltre 2 milioni di persone
Covid, carenza di vitamina D nell'80% dei pazienti
Covid: aumenta il rischio del 60% con carenza di vitamina D